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Introduzione
Con questo lavoro si propone in partenza, un excursus sui diversi ambiti che
caratterizzano il fenomeno indefinito dei rapporti tra le industrie di marca e le
imprese distributive, con riferimento specifico alla realtà di mercato italiana.
Toccando i vari aspetti ne risulta un quadro che tenta di descrivere un tema allo stesso
tempo complesso, ma che offre molti spunti di riflessione presso i studiosi di settore,
poiché alcuni di loro cercano da tempo di offrire soluzioni concilianti ai problemi che
possono frapporsi fra soggetti, che per interessi spesso discordanti tra loro, troppo
spesso non riescono a collaborare.
Se non si trovano delle strategie efficaci che permettano di gestire in ottica integrata
realtà, che sono sì per loro natura differenti tra loro, gli operatori di mercato a valle e
a monte del canale, non potranno mai da soli raggiungere obiettivi e risultati
soddisfacenti con performance di qualità elevata. Essi non ce la possono fare, senza
aver provato a collaborare con l'altro stakeholder, di cui inevitabilmente necessita per
soddisfare un'esigenza operativa, per poter svolgere la propria attività produttiva.
Nel primo capitolo, in cui è trattato tale argomento, si chiariscono dapprima le radici
e l'evoluzione di carattere storico delle dinamiche relazionali tra industria e
distribuzione, portando alla luce gli equilibri di potere che si sono contrapposti negli
ultimi decenni sullo scenario competitivo globale.
Poi, perché tali equilibri di potere non degenerino in situazioni di monopolio, i vari
paesi dell'Unione Europea hanno emanato diversi provvedimenti legislativi onde
tutelari gli interessi in gioco che sono contrastanti.
La risposta comune che i governi propongono è la collaborazione, realizzando delle
moderne forme di partnership tra gli attori del canale commerciale.
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Le modalità di partnership interaziendali che è più comunemente adoperata negli
ultimi anni, segue le logiche e le ideologie della filosofia gestionale “Just In Time”,
proveniente dal Giappone. Altre forme anch'esse diffuse, sono i Sistemi Verticali di
Marketing, oppure il Value Managed Relationship (attuato dall'impresa quando si
vogliono raggiungere traguardi importanti nell'ambito del Customer Service).
Infine, utile è avere pure una visualizzazione delle consuetudini che regolano le
trattative commerciali all'interno del canale commerciale, il tutto dipendente da chi
detenga o meno il potere contrattuale d'acquisto, ovvero il distributore o il fornitore.
Il secondo capitolo verte a discutere del Category Management, un processo
gestionale per reparti, sviluppatosi negli Stati Uniti negli anni '90 e utilizzato per la
prima volta dalla catena commerciale Wal Mart.
A un soggetto dotato di responsabilità decisionali e operative, è affidata da parte della
direzione del punto vendita, la gestione e la cura dell'assortimento relativo a un intero
reparto (sia dell'area food che non-food), che si compone di una molteplicità di
categorie di prodotto.
Egli dovrà attuare un Category Plan, coerente con gli obiettivi di fatturato che
l'impresa distributiva intende raggiungere nel medio periodo, mediamente sono
calcolati su rapporti a base percentuale e temporale annua.
Il responsabile di reparto dovrà allocare tutte le attrezzature espositive di supporto,
tenendo in considerazione lo spazio che dovrà essere assegnato per ogni categoria di
prodotto.
Nell'effettuare scelte così importanti, occorre che il Category Manager abbia
acquisito una matura conoscenza delle dinamiche comportamentali che regolano i
meccanismi d'acquisto del consumatore (acquisti programmati o occasionali).
Potrà dopo egli mettere in atto l'insieme di politiche di category pricing e di
merchandising per tentare di orientare il consumatore verso determinate categorie di
maggiore interesse da parte del distributore.
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Nell'ultimo capitolo, infine, si è offerta un'essenziale e interessante panoramica delle
principali macro-categorie di prodotti trattate da un'impresa distributiva nel proprio
assortimento, con una particolare attenzione ai principi che regolano la loro gestione
in ottica di category management distributivo.
Ne escono delle strategie molto efficaci e fondate sullo shopping experience, che
puntano a suscitare delle reazioni positive nella mente del consumatore, per
indirizzarli ad un approccio positivo nei confronti della categoria che s'intende
promuovere.
In questo elaborato ho potuto mettere a frutto le competenze professionali acquisite
negli ultimi cinque anni, in cui ho lavorato part-time al mattino in un ipermercato nel
Veronese, come addetto al punto vendita presso le aree detersivi, profumeria e
prodotti dedicati ai piccoli animali. Ne ho tratto molti spunti utili, perché attraverso la
teoria ho potuto riscontrare nella pratica delle strategie di marketing e di sales
management, che non mi erano ancora del tutto chiare.
Ho potuto in questo modo, anche verificare di persona come realmente i clienti si
comportino in determinate circostanze. Ad esempio, attraverso una campagna
promozionale sotto-costo, l'esercizio commerciale riesce ad attrarre un numero
considerevole in termini d'afflusso di clientela, potendo aumentare le vendite
rapidamente. Però tali iniziative, devono essere gestite con cautela, offrendo agli
utenti un'informazione trasparente e chiara circa le condizioni di prezzo pre e durante
la promozione, per evitare spiacevoli disagi con reclami da parte del cliente.
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Capitolo Primo
Sui Rapporti Industria-Distribuzione
1.1 L'evoluzione dei rapporti industria-distribuzione
L'evoluzione delle tecnologie I.C.T. e la globalizzazione della new economy stanno
rendendo i mercati sempre più complessi e indirizzati ad una sorta di
“digitalizzazione” dei beni e dei servizi. In ciò rientra la difficoltà delle imprese
industriali nel tentativo di riconvertire i propri processi produttivi e di marketing ad
una maggiore flessibilità e tempi decisionali brevissimi.
Tali considerazioni conducono gli imprenditori di grandi imprese-leader a un
ripensamento del pensiero di sviluppo strategico nel lungo periodo, che tendono a
contemperare un orientamento quantitativo alla crescita, con finalità di
soddisfacimento della domanda.
Nei mercati globali vengono lasciate da parte le tradizionali modalità di concorrenza,
centrati su espansione del volume d'affari di una specificità di prodotto in una
determinata area geografica limitata spazialmente, e vanno indirizzate piuttosto alla
Customer Satisfaction, puntando sull'innovazione continua di prodotto, vista la rapida
obsolescenza dei processi tecnologici, al fine di soddisfare i bisogni insoddisfatti
della clientela e nel rispondere ai vuoti d'offerta.
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La strategia organizzativa racchiude in sé la personalità d'impresa e tende a
coinvolgere ogni momento della vita dell'azienda, sia al suo interno che verso
l'ambiente esterno.
Nei rapporti esterni la personalità condiziona la percezione che gli stakeholders
hanno nei confronti dell'impresa stessa.
1 Mauro Gatti, Margherita Corniani, “Competizione globale, risorse immateriali e responsabilità sociale
d’impresa”, AIDEA-Accademia Italiana di Economia Aziendale, Novara, 2002.
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Il marketing dell'industria di marca va orientata alla soddisfazione del distributore.
Il produttore cerca di massimizzare i margini di prodotto, tenendo alti i prezzi e poi di
vendere volumi. Viceversa il distributore cerca di moltiplicare il suo capitale (compra
e vende), diminuisce il proprio margine con il fine di perseguire un fatturato elevato
inoltre lui riceve i ricavi di vendita a pronta cassa e paga con dilazione di pagamento.
La distribuzione deve assicurare al produttore:
copertura geografica e di segmenti;
integrazione di servizi (delegare al canale distributivo parte delle attività che
produttore non è in grado o non vuole seguire, ad es. assistenza tecnica, co-
progettazione);
il distributore definisce il raggio di controllo del mercato, es. prezzo finale
all’utente.
Il “potere” dell'industria nel condizionare le decisioni d'acquisto da parte del target
potenziale deriva dalla politica di marca, accompagnato da pressanti campagne
pubblicitarie sui mass-media. Grazie a ciò essa riesce a praticare una differenziazione
dei propri prodotti ottenendo un vantaggio competitivo verso i competitors,
costruendo le fondamenta del suo mercato di vendita a livello di utente finale dei
propri prodotti. La marca attraverso la pubblicità acquisisce un valore segnaletico una
volta che si è successivamente fissata nella mente del consumatore, quando viene
identificata dal cliente nel punto vendita. L'industria di marca deve fare il possibile
per mantenere costante la qualità del proprio prodotto, evitando il rischio di rovinare
la propria reputazione e immagine per prodotti che non soddisfino il cliente. La
comunicazione dell'industria di marca deve orientarsi al consentire al target di
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centrare l'attenzione sul focus del proprio core business, ovvero il prodotto.
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La trasmissione pubblicitaria deve essere chiara, informativa (per convincere
all'acquisto), e in grado possibilmente di attribuire un'immagine positiva in modo da
accattivare la clientela e fornendo, allo stesso momento, adeguate condizioni di
garanzia della qualità e sicurezza dei propri processi produttivi nel realizzare la
produzione, il tutto va mantenuto uniforme e costante nel tempo. Il brand è in pratica
la “carta d'identità” che permette la visualizzazione e il riconoscimento del prodotto
da parte del cliente una volta ch'egli si reca nel luogo d'acquisto con l'obbiettivo di
ottenere nel tempo una continuità di acquisto.
Si cerca in tal modo di realizzare la brand loyalty, cioè l'ottenimento da parte del
target di un atteggiamento di fedeltà al proprio marchio, che permetta di sviluppare
una posizione di predominio e di “forza” verso l'intermediario, che si vede costretto
ad accettare le condizioni di prezzo dettate dal fornitore e ad inserire il relativo
prodotto di marca se richiesto dalla maggioranza della clientela.
Era proprio ciò che succedeva negli anni '70-'80, periodo in cui le imprese al dettaglio
videro ridursi i propri margini di libertà d'azione nel mercato, limitate ad essere
semplicemente pedine in mano al produttore ch'era solamente orientato a soddisfare
le esigenze di marketing dei propri prodotti.
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Contestualmente al dominio dell'industria di marca sul mercato, un altro soggetto, il
grossista, trovò una certa libertà d'azione fino all'avvento della produzione di massa.
Gli aumenti dei volumi produttivi delle industrie richiedevano la presenza nel canale
di un intermediario specializzato, rispondente alle esigenze delle nuove classi
emergenti, che disponevano di maggiori fonti di reddito disponibile. L'industria
trovava talvolta delle difficoltà nel raggiungimento di un rapporto diretto con il
consumatore finale, non potendone conoscere in modo diretto i trend d'acquisto, si
rivolgeva anche al grossista. Egli predisponeva un assortimento molto ampio, che
presentava ai piccoli dettaglianti, i quali esercitavano la loro attività in piccoli esercizi
2 Pastore Alberto, “I nuovi rapporti tra industria e distribuzione”, Cedam, Padova, 1996.
3 Baccarani Claudio, “Evoluzione dell'apparato distributivo e rapporti industria-distribuzione”, in Sinergie, n. 19.
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commerciali profondamente radicati all'interno del contesto locale, che ben
conoscevano i bisogni latenti e le aspettative dei consumatori. I grossisti quindi,
erano avvantaggiati dal possesso di un patrimonio informativo e di una posizione
privilegiata nei confronti dell'industria di marca, che potevano esercitare verso
quest'ultima dominando lo svolgimento delle trattative di vendita.
Dagli anni Novanta, pure il dettaglio ha conosciuto la sua evoluzione nel tempo, che
si è esplicata in una crescita dimensionale, oltre che sullo sviluppo di una rete
organizzativa efficiente che si è ottenuta mediante l'unione tra piccoli dettaglianti o
grazie all'aumento di superficie dei negozi. Ciò ha comportato la nascita della
moderna Grande Distribuzione Organizzata. Di conseguenza si sono modificati i
rapporti di forza all'interno del canale e di “potere”, determinando lo spostamento di
quest'ultimo nelle mani di quest'ultima.
Tramite tale fenomeno che si può definire di concentrazione, è diminuito il numero
dei centri decisionali d'acquisto del settore. Il fornitore rischia di essere messo in
condizioni servili rispetto alle aziende distributive di maggiori dimensioni.
Il grande dettaglio riesce a estromettere nella relazione con l'utente finale il
produttore, persuadendo la clientela alla store loyalty (fedeltà al punto vendita).
Un'impresa così organizzata ha una propria modalità comportamentale, nonché
l'attitudine a pianificare delle politiche di marketing customer oriented.
Un consumatore ricerca prodotti e servizi nel mercato, al fine di soddisfare i propri
bisogni. La numerosità e l'eterogeneità di ciò di cui esso necessita, le diverse
situazioni d'ordine spaziale e temporale in cui vengono manifestate tali esigenze,
rendono indispensabile la presenza di un soggetto che svolga in modo efficiente ed
efficace la funzione di intermediazione tra produzione e consumo. È fondamentale
che tale operatore garantisca un servizio di qualità e consenta agli attori a valle e a
monte della filiera produttiva, di ridurre i costi l'uno di fornitura (minimizzando gli
oneri di consegna) e l'altro di approvvigionamento di merci (cercando di fornire al
meglio un servizio di prossimità ottenendo un risparmio dei tempi di acquisto e dei
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costi di tragitto).
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Il distributore realizza nel punto vendita la vendita del proprio “servizio”, ovvero il
negozio (composto da vari elementi, tra cui l'assortimento), che si fonda sull'offerta
produttiva dei vari produttori, che vengono selezionati con cura e professionalità dal
commerciante, tenendo conto primariamente delle tendenze di un cliente che negli
ultimi anni si mostra sempre più esigente, selettivo e informato.
La distribuzione realizza un avvicinamento tra produttore e utilizzatore finale, che in
sua assenza, sarebbe pressoché complesso da realizzare. In sua presenza vi è una
semplificazione nel processo di scambio, agevolando quindi le relazioni nella rete
commerciale.
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Fig. 1 Le relazioni di scambio tra produttore e consumatore (in assenza e in presenza
del distributore)
Fonte: G . Pellicelli, Il marketing, Utet, Torino, 1988, p. 363.
4 CESCOM, “I Rapporti Industria-Distribuzione. Nuove tendenze nel grocery”, Franco Angeli, 1986.
5 C. Baccarani, “Imprese Commerciali e sistema distributivo” – Cedam Padova.
P P P
P P P
C C C C C
C C C C C
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Il ruolo della distribuzione, tra produzione e consumo
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Nella figura a sinistra vi è una relazione diretta tra produttore e consumatore (senza
intermediario) ed essa si realizza quando il primo sintetizza in sé la funzione
distributiva nella forma dello spaccio aziendale, che rappresenta un tentativo della
marca industriale di avvicinare l'utente finale.
Nella figura a destra, invece, s'identifica una relazione di tipo indiretto tra gli attori
economici, semplificata dalla presenza di un terzo agente che proietta all'esterno
dell'industria la funzione distributiva delle merci, riducendo i rapporti indispensabili
al compimento delle funzioni di scambio commerciale. Il prodotto dell'impresa
industriale si ritrova al centro di un insieme di politiche di retailing mix (azioni di
programmazione delle promozioni e sottocosti, assortimento, spazio destinato sugli
scaffali) messe a punto dall'intermediario, al fine di realizzare un'adeguata
remunerazione delle merci esposte nel punto vendita, portando ad alcuni cambiamenti
dei cambiamenti alle percezioni iniziali dei consumatori nei confronti del prodotto.
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Il ruolo di marketing della distribuzione si qualifica innanzitutto:
mediante la creazione di un assortimento, selezionando accuratamente l'offerta
industriale, al fine di soddisfare al meglio il consumatore finale, il tutto
supportato da una competizione particolarmente forte a livello orizzontale;
nella funzione informativa del servizio commerciale, che permette di trasferire
al produttore informazioni preziose di carattere commerciale (dati di vendita,
indicazioni sulle preferenze della domanda e sui comportamenti d'acquisto dei
clienti), oltre che legate alla distribuzione fisica del prodotto (quantità e tempi
dei carichi di trasporto, livelli di stock, ecc.) consentendo a tal fine un rapido
adeguamento dei fornitori alle esigenze proprie degli acquirenti.
attività promozionali, realizzate all'interno del punto vendita, ex. pubblicità,
promozione alle vendite, propaganda;
6 U. Collesei, “Le relazioni tra industria e distribuzione tra conflitto e collaborazione”, CEDAM, Padova, 1999.