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ogni Paese a scambiare i beni nella cui produzione si è specializzato con i
prodotti in cui si sono specializzati altri individui o altri Paesi , accresce
notevolmente la gamma e la quantità dei consumi e innalza il tenore di vita
collettivo .
La moneta è l’ istituzione che consente agli individui di effettuare le
transazioni desiderate . In sua assenza si renderebbe necessario impiegare
notevoli risorse e sopportare costi di ricerca proibitivi per appagare l’ esigenza
della simultanea coincidenza delle volontà e delle dotazioni , ovvero per barattare
di volta in volta un bene con un altro . Il baratto , in realtà , richiedendo spesso
laboriose operazioni di scambio multiplo di merci contro altre merci ( che
risultano desiderate non per se stesse , bensì in funzione di scambi successivi )
sospingerebbe le parti coinvolte nello scambio ad accordarsi per accettare
sistematicamente in pagamento una sola merce - purchè tale accettazione sia
unanime - in modo che chiunque la riceva possa poi utilizzarla con certezza per
acquistare qualsiasi altro bene .
E’ questa , in sintesi , l’ essenza dell’ origine della moneta e del suo ruolo
di mezzo di pagamento nell’ ambito di un sistema economico evoluto . Date tali
premesse , analizzare il processo di monetizzazione di un Paese significa
soffermarsi sull’ esame delle ragioni storiche e delle modalità operative che
hanno condotto all’ introduzione e alla diffusione di differenti forme di moneta e
del sistema monetario , individuando sia il ruolo che le istituzioni ( le Autorità
governative e monetarie , in particolare ) hanno svolto in tale processo evolutivo ,
sia i riflessi generati dall’ agevolazione degli scambi sul livello dell’attività
produttiva e , in definitiva , sullo sviluppo dell’ economia .
In questo contesto , può risultare proficuo utilizzare lo strumento
interpretativo delle istituzioni , intese come norme e regole non codificate ma
pagina - 6
radicate e consolidate in ogni comunità , pronta a sanzionare eventuali
comportamenti devianti . Tale approccio si discosta dagli assunti del tradizionale
paradigma neoclassico dell’ homo oeconomicus , che postula l’ esistenza di un
agente razionale e calcolatore il quale , anzichè assegnare la giusta valenza
funzionale cognitiva ed informativa alle istituzioni e alle consuetudini sociali ,
interpreta queste ultime solo in termini negativi , come vincoli e restrizioni che
circoscrivono i confini del comportamento individuale all’ interno del sistema
sociale , sostanzialmente limitandolo . In realtà , le pratiche abitudinarie svolgono
una funzione positiva laddove - attraverso l’ indicazione di modelli di
comportamento più o meno stabili , schemi di azione o veri e propri vincoli -
orientano e trasmettono agli agenti le informazioni relative al probabile
comportamento di altri individui , e quindi le conoscenze essenziali per decidere
razionalmente in un ambiente economico complesso .
Il percorso storico della monetizzazione nel nostro Paese rivela come il
processo di transizione dalla moneta - merce alla moneta - segno , avviato nel
secolo scorso , non abbia potuto prescindere dalla “ fiducia ” sia nella moneta , in
quanto mezzo di scambio generalmente accettato dalla collettività , sia nello
Stato, in quanto garante del valore della moneta medesima . Tale fiducia ,
sebbene scaturisca da un atto deliberato di piena consapevolezza , viene
confermata quotidianamente dall’ osservazione delle transazioni monetarie ed
infine consolidata dall’ esperienza che , trasformando in abitudine ed in pratica
consuetudinaria lo scambio monetario , sottrae gli individui al calcolo razionale
ed utilitario altrimenti applicabile ad ogni atto di scambio : l’
istituzionalizzazione della moneta , in sostanza , non si configura come prodotto
di scelte concertate dai soggetti o di decisioni centralizzate , bensì emerge “
naturalmente ” dal processo di evoluzione e di consolidamento delle strutture e
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delle pratiche consuetudinarie , che possiedono quelle caratteristiche di stabilità
ed inerzia tali da garantire la sopravvivenza e la trasmissione nel tempo di
determinati modelli di comportamento e di azione , che rendono possibili anche
le azioni future . In contrasto con l’ assunto neoclassico , che esclude
incondizionatamente concetti di abitudine e di consuetudine sociale dagli schemi
del comportamento economico , sembra dunque ragionevole indagare con
maggiore scrupolo i rapporti tra pratiche consuetudinarie ed attività economica ,
tra istituzioni ed informazioni , alla luce di un approccio alternativo che , non
assumendo più i gusti e le preferenze individuali come variabili esogene
indipendenti da fattori economici e sociali , consenta di comprendere meglio il
mondo economico nel suo complesso e , al suo interno , il processo di evoluzione
della moneta .
2 . L’ approccio mengeriano
L’ analisi della monetizzazione di una economia non può prescindere
dallo studio della moneta quale mezzo di pagamento e , di conseguenza , del
sistema dei pagamenti in generale , inteso come il complesso di norme ,
intermediari e strumenti su cui si fonda la circolazione della moneta medesima .
La teoria monetaria degli ultimi sessanta anni , tuttavia , ha attribuito
scarso rilievo alla funzione di mezzo di pagamento della moneta , soffermandosi
piuttosto sulla funzione di riserva di valore . A distogliere la letteratura da una
trattazione sistematica del problema della circolazione monetaria hanno
contribuito fattori di ordine teorico e pratico .
pagina - 8
Dal punto di vista teorico , l’ orientamento prevalente si è inserito nella
prospettiva indicata dal noto “ suggerimento per semplificare la teoria monetaria
” proposto nel 1935 da Hicks
2
. In esso l’ autore , nel collocare il proprio
contributo all’ interno dello schema neoclassico-walrasiano di equilibrio
economico generale nel quale l’ informazione dei soggetti viene considerata
perfetta e non esistono costi di transazione , non ritiene rilevante indagare sull’
uso della moneta come mezzo di pagamento : in effetti , quest’ ultima non può
avere alcuna utilità propria in un modello uniperiodale ( e quindi atemporale ) in
cui i prezzi , sincronicamente determinati , possono essere solo quelli di
equilibrio , dal momento che tutte le contrattazioni avvengono simultaneamente e
preliminarmente nel primo periodo rispetto agli scambi
3
. Sulla base di queste
considerazioni , la dottrina ha finito col trascurare i problemi propri della
circolazione della moneta per concentrarsi invece su quelli connessi alla sua
detenzione .
Sul piano pratico , consolidatosi l’ assetto istituzionale fondato sulle due
forme di moneta fiduciaria - la moneta bancaria e la moneta legale - è venuto
meno quello che negli anni precedenti aveva incentivato l’ analisi del sistema dei
pagamenti , cioè il processo di transizione dal regime di moneta - merce ad un
nuovo assetto in cui , per la prima volta , la moneta bancaria assumeva un ruolo
primario . Il disinteresse per la riflessione teorica si è accentuato ulteriormente
nell’ ultimo ventennio , a fronte di innovazioni di ampia portata connesse
all’applicazione delle tecnologie elettroniche ai processi di trasmissione della
moneta e all’ introduzione di nuovi intermediari e di nuovi prodotti finanziari .
2
Cfr. Hicks ( 1935 )“ A suggestion for simplifying the theory of money ” .
3
In sostanza , la moneta è una merce come le altre : eventuali variazioni nella sua offerta si
ripercuoterebbero proporzionalmente solo sul livello assoluto dei prezzi ( nel rispetto della
teoria quantitativa ) , ma non sui prezzi relativi , ovvero sull’ equilibrio reale del sistema
espresso dal valore di scambio dei beni misurato in moneta .
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Queste considerazioni inducono alla comprensione delle ragioni per cui le
spiegazioni dell’ esistenza e dell’ uso della moneta si richiamano , ancora oggi ,
alla teoria di Menger
4
, elaborata alla fine del secolo scorso all’ interno di uno
schema concettuale che , privilegiando una interpretazione alternativa del
comportamento umano , enfatizza il ruolo delle abitudini e delle pratiche
consuetudinarie nel processo di creazione delle strutture economiche e sociali
5
.
In contrasto con l’ approccio neoclassico , che associa tradizionalmente il
comportamento economico al calcolo razionale e alla massimizzazione dell’
utilità individuale in condizioni di informazione perfetta , e introducendo l’ipotesi
dell’esistenza di costi di transazione per gli attori dello scambio , egli giunge a
delineare la monetizzazione di una economia attraverso un percorso
metodologico innovativo che pone in rilievo il processo di evoluzione dal baratto
diretto al baratto indiretto , fino all’ introduzione nel sistema della moneta -
merce
4
.
Affinchè possa verificarsi uno scambio in una economia di baratto -
osserva Menger - è indispensabile che si realizzi la “ doppia coincidenza dei
desideri ”, occorre cioè che chiunque intenda vendere un dato bene incontri un
soggetto disposto ad acquistare proprio quel bene e a cedere in cambio,
contemporaneamente , il bene desiderato dalla controparte
5
. In questo caso i
4
Cfr. Menger ( 1976 [ 1871 ] ) .
5
Più precisamente , Menger ( 1963 ) definisce il problema centrale delle scienze sociali in
questi termini : “How can it be that institutions which serve the common welfare and are
extremely significant for its development come into being without a common will directed
toward establishing them?” .
4
L’ approccio mengeriano considera esclusivamente il processo di scambio dei beni ,
ignorando il processo produttivo e la funzione che la moneta , in particolare la moneta-credito ,
potrebbe avere in esso.
5
In un sistema di baratto diretto , dunque , diviene di fatto impossibile completare tutti gli
scambi desiderati e raggiungere una posizione di equilibrio senza che permanga una domanda
insoddisfatta .
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beni sarebbero domandati per il loro valore d’ uso , vale a dire in funzione
dell’utilità che un individuo annette ad un determinato oggetto . Nella realtà ,
stante l’ esosità dei costi di ricerca associati al soddisfacimento delle diverse
volontà , raramente lo scambio di merci contro merci assume tale forma : un
operatore sarà disposto invece ad accettare come oggetto di scambio un bene
desiderato non direttamente , bensì in funzione del suo valore di scambio , cioè
della facoltà , connessa al possesso del bene in questione , di acquistare con esso
altre merci e , quindi , della possibilità di avvicinarsi alla merce desiderata
attraverso una catena più o meno lunga di transazioni .
Entrambe le forme di baratto comportano costi di transazione : il costo di
ricerca , che ogni soggetto deve necessariamente sostenere per individuare un
operatore interessato allo scambio che egli intende proporre ; il costo di
contrattazione , indispensabile per trovare l’ accordo sull’ atto di scambio tra i
rispettivi beni ; il costo di consegna , sostenuto per il trasporto dei beni oggetto
dello scambio . Tali inconvenienti possono essere superati ovunque si formino dei
mercati ai quali portare regolarmente le merci , in modo che ognuno trovi ciò di
cui necessita e , a sua volta , possa essere facilmente rintracciato da coloro che
desiderano la sua merce . Tuttavia , con lo sviluppo della divisione del lavoro e
l’aumento del numero delle qualità dei beni , potrà accadere che chiunque porti al
mercato una merce , per la quale esiste una domanda , non sia affatto certo di
poterla scambiare esattamente con i beni di cui ha bisogno . In queste condizioni ,
ogni individuo sarà disposto a scambiare i propri beni con altri di cui non ha
necessità immediata , ma che può reperire presso coloro che desiderano la sua
merce , e a barattare , in seguito , i beni ottenuti con altri più commerciabili dei
suoi , assicurandosi così la possibilità di acquisire sul mercato le merci
pagina - 11
desiderate
6
.
Lo schema mengeriano , dunque , contempla una progressiva riduzione dei
costi di transazione attraverso un processo di selezione naturale della merce più
commerciabile che , soppiantate le altre , alla fine si afferma come moneta .
“Nessuna cosa è in sè moneta ” , scrive Menger , “nè per la materia di cui è
composta , nè per le sue qualità tecniche , nè per la sua forma esterna o per la
volontà di chi la possiede ”
7
. Un bene qualsiasi può divenire moneta qualora
assuma , nell’ evoluzione storica del commercio di una collettività , quella
funzione di intermediario degli scambi di uso generale che gli permetta di
differenziarsi da tutti gli altri beni . Il richiamo alla concezione della “ mano
invisibile ” di Adam Smith (1776) , che descrive ogni individuo capace di
perseguire inintenzionalmente il benessere sociale perchè mosso ad agire dal
proprio interesse personale , emerge palesemente laddove Menger giustifica
teoreticamente l’ evoluzione delle istituzioni economiche come risultato
involontario del comportamento massimizzante individuale . Secondo questa
visione , le strutture economiche e sociali evolvono spontaneamente attraverso un
processo di interazione sociale che si dispiega “organicamente” da una
molteplicità di azioni individuali , le quali , pur ispirate dal desiderio egoistico di
soddisfare il proprio interesse privato , si traducono in regolarità di
comportamento e in pratiche abitudinarie tali da generare infine l’ istituzione
sociale .
Alla luce dell’ individualismo metodologico che permea il paradigma
mengeriano nell’ enfatizzare il ruolo primario dell’ individuo , dei suoi obiettivi e
6
In un tale contesto , diviene irrilevante individuare il soggetto che opera lo scambio ; al
contrario , è fondamentale determinare che cosa è oggetto di scambio e a quali condizioni
quest’ultimo debba essere effettuato .
7
Cfr. Menger ( 1976 [ 1871 ] ) , pag . 433 .
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dei suoi interessi rispetto al sistema sociale ( inteso qui solo come il prodotto
finale delle decisioni ed azioni individuali ) l’ origine della moneta deve essere
ricercata non tanto in un complesso di norme predeterminate da un pianificatore
sociale , quanto nelle regolarità e nell’ abitudinarietà del comportamento umano .
Tale regolarità trova espressione nelle convenzioni sociali , che segnano il
processo di transizione da una economia di baratto ad un sistema di regolazione
degli scambi in cui una singola merce diventa inintenzionalmente il mezzo
universale di scambio per effetto di azioni che la volontà individuale destinava
piuttosto alla massimizzazione dell’ utilità soggettiva .
Il compimento di tale processo dipenderà dalle aspettative di ognuno circa
il grado di accettazione della moneta - merce da parte degli altri soggetti : ciò
presuppone , a sua volta , un lungo processo di apprendimento , che coinvolgerà
più generazioni , al termine del quale l’ introduzione della moneta nel sistema
economico sarà il risultato non di un atto d’ autorità , ma di scelte oggettivamente
compiute dai singoli individui . A questo proposito , Menger osserva come
“originariamente i mezzi di scambio non sono sorti a seguito di leggi o contratti
sociali , ma per consuetudine , cioè per tendenze , pensieri , azioni comuni ad
individui che vivono in una stessa società ed hanno i medesimi bisogni e lo stesso
sviluppo intellettuale ”
8
.
Ciò , tuttavia , non significa disconoscere allo Stato un ruolo nel sistema
monetario fondato sulla moneta - merce : esso , anzi , può contribuire attivamente
al perfezionamento dell’ istituzione della moneta e della sua funzione di
intermediario degli scambi , garantendo il valore intrinseco della moneta - merce
attraverso l’apposizione di un marchio , e regolamentando il sistema dei
pagamenti in funzione delle varie e mutevoli necessità del commercio . Lo Stato ,
8
Ibidem , pag . 361 .
pagina - 13
infatti , svolge un’attività fondamentale allorchè “ stabilisce un sistema monetario
unitario ( in quanto a metallo , lega , peso , unità di moneta , forma ,
frazionamento , nome, ecc. ) e regola in modo unitario il sistema monetario
statuale entro un determinato territorio secondo le esigenze della popolazione ”
9
.
Stimolando la circolazione di monete che soddisfino tali requisiti , lo Stato crea
una moneta nazionale ( “ la moneta o la valuta del Paese ”
10
) e attua un sistema
di pagamenti estremamente semplificato , tale da agevolare significativamente gli
scambi
13
.
Al contrario , gli interventi d’ autorità sulla quantità di moneta esistente e/o
sulla sua distribuzione comportano , rispetto ad un sistema di allocazione
competitiva della moneta , una diminuzione del benessere sociale : di qui , la
ferma opposizione di Menger all’ introduzione del corso forzoso , che “ non ha lo
scopo di creare un sistema monetario unitario che funzioni normalmente o di
promuovere la sua formazione , bensì di sostenere sul mercato una moneta
indebolita , conferendole un valore fittizio superiore al suo valore reale ”
11
. Il
corso forzoso rappresenta quindi una imposizione giuridica che costringe i
creditori ad accettare in pagamento una moneta il cui valore nominale non
equivale più al suo valore effettivo di mercato , a causa di emissioni eccessive o di
politiche governative che hanno portato alla crisi il sistema monetario .
9
Ibidem , pag . 387 .
10
Ibidem , pag . 387 .
13
“ Solo in questo modo ( mediante provvedimenti tecnici per la coniazione e norme di diritto
amministrativo e privato ) il sistema monetario di un Paese può divenire un sistema di unità di
conto giuridicamente sostituibili ( fungibili ) in modo rigoroso , il che conduce ad una grande
facilitazione nel sistema dei conti e dei pagamenti (...) ” . Ibidem , pag. 389 .
11
Ibidem , pag . 445 .
pagina - 14
3 . Il problema della “ fiducia ”
L’ approccio mengeriano offre una valida interpretazione dell’ origine e
della diffusione di un mezzo di scambio storicamente molto utilizzato , la moneta
- merce , confermando quanto sia importante , anche per collettività socialmente
poco organizzate , istituzionalizzare lo scambio in un regime di baratto dominato
da costi di informazione proibitivi . Ma al contempo esso non si rivela in grado di
spiegare efficacemente altri aspetti , pure importanti , relativi ai sistemi di
pagamento e alla loro evoluzione , quali ad esempio i vantaggi offerti
dall’introduzione della cartamoneta e dalla transizione dalla moneta-merce alla
moneta-segno .
Il paradigma di Menger , infatti , induce a ritenere che siano destinate ad
affermarsi come moneta solo le merci più largamente consumate , quelle che
meglio soddisfano il requisito della “ doppia coincidenza dei desideri ” . In
assenza di interventi da parte del sovrano o dello Stato , la collettività tenderebbe
a selezionare come mezzi di scambio i beni che godono di una domanda diffusa e
stabile , tale da minimizzare i costi informativi associati all’accertamento del loro
valore intrinseco . In realtà , finchè il processo di selezione resta affidato alle sole
forze di mercato , non vi è alcuna garanzia che il bene prescelto sia il più idoneo ,
per natura e caratteristiche , ad essere utilizzato come moneta , in quanto
l’esigenza di contenere gli elevati costi di informazione tende a relegare in
secondo piano ogni considerazione relativa ad ulteriori eventuali oneri ( di
detenzione e di trasmissione in particolare ) , premendo verso l’ adozione del
bene che sia già di uso comune prima dell’ introduzione della moneta . In questo
pagina - 15
contesto , maggiore sarà la capacità di ognuno di valutare la qualità ( o valore
intrinseco ) del bene utilizzato come mezzo di scambio , minori saranno i costi di
informazione circa il valore della moneta-merce . Questa osservazione consente di
spiegare il caso , storicamente ricorrente , del ricorso alle merci relativamente più
abbondanti , cioè di quelle più diffusamente prodotte dalla collettività e la cui
qualità è , quindi , più agevolmente valutabile da tutti gli individui . Inoltre , nell’
ipotesi che tutti i soggetti fronteggino costi di informazione perfettamente identici
, la moneta , comprimendo la lunghezza del processo delle transazioni e l’
incertezza associata alla probità dei contraenti , accrescerebbe considerevolmente
il livello del benessere sociale .
Brunner e Meltzer ( 1971 ) hanno indirizzato proprio in questa direzione la
loro analisi circa la natura e gli utilizzi della moneta . Data una ipotetica catena di
transazioni nella forma A B C D X , per completare lo scambio desiderato del
bene A contro il bene X l’ operatore sarà costretto a valutare attentamente la
qualità del bene che gli viene offerto in cambio , tentando di ottenere informazioni
attendibili sulle caratteristiche e le prospettive di mercato dei beni B , C e D . Una
volta individuato il bene dotato di tali requisiti informativi , la collettività tenderà
spontaneamente ad utilizzare quest’ultimo quale controparte in tutti gli scambi ,
non solo per ridurre la lunghezza della catena delle transazioni , ma anche per
limitare il livello di incertezza implicito in ogni stadio della catena medesima .
Il volume delle transazioni regolate da scambi monetari è destinato
comunque a crescere in concomitanza con l’ aumento della complessità e
dell’articolazione del sistema economico , in funzione della disponibilità di
adeguate informazioni sul comportamento della controparte . Nelle comunità
ristrette , caratterizzate da un basso livello di organizzazione sociale e da un
relativamente elevato grado di certezza circa la solvibilità delle controparti nello
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scambio , la moneta si rivela addirittura uno strumento inutile , sostituibile con un
sistema di registrazione contabile dei crediti e dei debiti in grado di ridurre in
misura significativa i costi di detenzione e di trasmissione , sul modello dei
meccanismi di regolamento dei pagamenti già sperimentati nelle fiere di cambio
del Medioevo o negli attuali sistemi di compensazione di fine giornata del circuito
interbancario .
Rimosse tali ipotesi , ed introdotta invece quella più realistica di una
imperfetta distribuzione delle informazioni tra gli individui , emerge come nelle
comunità più ampie , caratterizzate da un grado di incertezza pressochè assoluto
circa l’ onestà del contraente , l’ uso della moneta sia essenziale per assicurare un
continuativo svolgimento degli scambi . In un siffatto contesto di informazione
imperfetta dei soggetti , diviene allora cruciale il concetto di fiducia di ognuno
nel potere liberatorio del bene o del segno usati come moneta . Tale potere è insito
nella loro capacità di estinguere definitivamente l’ obbligazione contratta
dall’acquirente nei confronti del cedente . Ciò presuppone a sua volta che la
moneta-merce , e soprattutto la moneta-segno , di per sè priva di valore d’uso ,
godano di un’ accettabilità universale , che permetta loro di essere riutilizzate a
fini di pagamento presso qualsiasi altro agente del circuito economico , e di una
“riconoscibilità” del loro valore sociale ( o “ qualità ” ) che sottragga gli
individui a processi di valutazione lunghi e costosi per ogni transazione . In
entrambi i casi , il problema della domanda di fiducia si risolve nell’ accettazione
di una istituzione , generalmente lo Stato , che minimizzi i costi di informazione
associati all’ utilizzo della moneta facendosi garante , in un primo momento ,
della corrispondenza tra valore intrinseco e valore nominale della moneta-merce (
moneta coniata ) nonchè , in seguito , della capacità liberatoria di uno strumento ,
quale è la moneta-segno , privo per definizione di valore intrinseco .