Introduzione 1. Human herpesvirus 8 e le patologie correlate 1.1 Cenni storici Nel 1872 il dermatologo ungherese Moritz Kaposi (1837-1905) descrisse per la
prima volta, in cinque pazienti anziani, una rara forma di sarcoma della pelle che
chiamò “sarcoma multiplo pigmentato idiopatico” ( Kaposi, 1872 ).
Successivamente questa condizione patologica prese il nome dal suo scopritore ed
è nota ancora oggi come “Sarcoma di Kaposi” (KS). Per oltre un secolo è stato
considerato un tumore relativamente raro che si manifestava dopo i 60 anni d'età e
presentava un decorso clinico molto lento ( Dorffel , 1932 ).
Il KS colpiva prevalentemente pazienti anziani dell'Europa Mediterranea ed
Orientale, tuttavia elevati tassi di incidenza del tumore si registravano anche in
Africa centrale dove una forma particolarmente maligna colpiva i bambini
(Sarmati 2004).
Negli anni Sessanta i pazienti sottoposti ai primi trapianti di organo
presentavano un tasso di incidenza del sarcoma di Kaposi superiore a quello della
popolazione generale (Penn, 1988). L'esplosione epidemica di questo tumore in
gruppi di omosessuali maschi affetti da AIDS, ha consolidato l'ipotesi, basata
all'epoca solo su dati epidemiologici, di un'eziologia infettiva del sarcoma (Biggar,
1990; Patil et al., 1995) .
E' stato infatti necessario attendere più di dieci anni prima che l'agente
eziologico del KS venisse identificato. L' Human herpesvirus 8 (HHV8), detto
anche herpesvirus associato al sarcoma di Kaposi (KSHV), è stato isolato per la
prima volta da Chang e collaboratori da tessuti di pazienti affetti da AIDS e
sarcoma di Kaposi (Chang et al., 1994). Si tratta del primo virus umano
identificato con tecniche di biologia molecolare: l'amplificazione differenziale
(representational difference analysis) ha consentito l'individuazione di piccoli
frammenti di DNA virale nelle lesioni cutanee dei pazienti selezionati. La
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dimostrazione, in studi successivi, della presenza del DNA dell'HHV-8 in tutti i
soggetti affetti da KS ha permesso di confermare il suo ruolo di agente eziologico
del sarcoma di Kaposi (Moore et al., 1995). Il virus è inoltre l'agente causale di
due rare patologie linfoproliferative: la malattia multicentrica di Castleman
(Soulier et al., 1995) ed il linfoma cavitario ad effusione primaria (Cesarman, et
al.,1995). L'identificazione dell'HHV8 ha aperto nuove strade alla ricerca, alla
terapia e alla prevenzione del KS.
1.2 Il virus HHV-8
Il virus HHV-8 ( Famiglia: Herpesviridae , sottofamiglia: γ-Herpesvirus ,
genere: Rhadinovirus ) è l'agente eziologico di tutte le forme di sarcoma di Kaposi
(classica, endemica, iatrogena, epidemica) (Moore et al., 1995) e costituisce l'unico
virus appartenente a questo genere in grado di infettare l'uomo.
Il sequenziamento completo del genoma virale ha permesso di identificare
numerose omologie di sequenza con l'Epstein-Barr virus (EBV) e l'Herpesvirus
Saimiri (HSV) (Russo et al., 1996).
Il genoma dell'HHV-8 è stato rivelato nei linfociti B (principale reservoir del
virus), nei linfociti T, nei monociti/macrofagi, nelle cellule dendritiche, nelle
cellule endoteliali ed in quelle epiteliali (Schulz, 1998).
1.2.1 La morfologia
Figura 1 - Rappresentazione schematica della particella virale dell’ HHV-8.
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HHV-8 ha dimensioni piuttosto grandi (circa 110-150 nm) e forma sferica. Il virus
possiede un involucro lipidico ed un core centrale denso contenente il doppio
filamento di DNA virale, ripiegato in forma di toroide. Il capside è di tipo
icosaedrico con pareti spesse, circondato da uno strato proteico amorfo detto
tegumento. La struttura più esterna è costituita da un doppio strato lipidico dal
quale protrudono differenti glicoproteine virali (fig. 1) ( Said et al., 1996).
Il capside è costituito da 12 pentoni (i capsomeri ai vertici dell'icosaedro) e da
150 esoni (altri capsomeri) contenenti rispettivamente 5 o 6 copie della proteina
capsidica principale MCP ( major capsid protein , orf 25). I capsomeri sono saldati
tra loro attraverso strutture eterotrimeriche formate da due proteine capsidiche
minori, TR-1 (orf 62) e TR-2 (orf 26) combinate nel rapporto 1:2 ( Said et al.,
1996; Trus et al. , 2001). Si conosce poco sulle proteine che costituiscono il
tegumento, si pensa che esercitino importanti funzioni nella regolazione della
replicazione virale (Trus et al. , 2001). L'envelope comprende le glicoproteine gB
(orf8), gH (orf 22), gL (orf 47), gM (orf 39) e gN (orf 53), conservate in tutti gli
Herpesviridae , e i prodotti dei geni orf K8.1, orf 68 e orf 28 specifici dell'HHV-8.
Le glicoproteine dell'envelope rivestono un importante ruolo nell'adesione e nella
penetrazione nella cellula ospite ( Said et al., 1996).
1.2.2 Il genoma virale
Figura 2 - Genoma linearizzato del virus HHV-8.
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Il genoma dell'HHV-8 è costituito da una molecola di DNA lineare a doppio
filamento, di circa 165-170 kb, che circolarizza al momento del rilascio da parte
del capside e si localizza nel nucleo della cellula infettata. La porzione centrale del
genoma (145 kb) è caratterizzata da un basso contenuto in GC, comprende geni
conservati in tutti gli Herpesviridae (Fig. 3) che codificano per proteine ed enzimi
essenziali per la replicazione e l'assemblaggio del virione (Schulz, 1998). Ad
entrambe le estremità del genoma sono presenti una serie di ripetizioni terminali
dirette (TR), prive di sequenze codificanti e caratterizzate da un alto contenuto in
GC (Schulz, 1998). Le TR contengono i segnali di packaging necessari, durante
l'assemblaggio della progenie virale, all'incorporazione di singole molecole di
DNA all'interno dei capsidi neoformati (Schulz, 1998; Gessain, 2005).
Intersperse tra le sequenze conservate, il genoma virale presenta sequenze
codificanti non conservate negli altri Herpesviridae . Alcuni di questi geni (K1-
K15) mostrano un'alta omologia con geni cellulari codificanti per proteine
coinvolte in diverse vie di segnalazione intracellulari, nel controllo della
proliferazione, nell'inibizione dell'apoptosi e nell'evasione dal sistema immunitario
dell'ospite ( Gessain, 2005) . Tali geni sono stati acquisiti dal virus nel corso della
sua evoluzione attraverso fenomeni di pirateria molecolare ( Fujimuro et al., 2007) .
Si tratta di una caratteristica peculiare dell'HHV-8, che lo distingue dagli altri virus
erpetici che infettano l'uomo. Questo meccanismo ha infatti permesso al virus di
incorporare nel proprio genoma numerosi geni cellulari utili per la sua
sopravvivenza, per la sua replicazione e alla base della patogenesi virale ( Fujimuro
et al., 2007) .
I geni dell'HHV-8 sono stati suddivisi in tre classi in base alla loro cinetica di
espressione all'interno della cellula infettata. I geni di classe I, tipicamente
associati alla latenza, comprendono quelli codificanti per le proteine LANA
(Latent Associated Nuclear Antigen), v-Cyc e v-Flip. I geni di classe II vengono
espressi in fase latente, ma l'induzione della fase litica ne incrementa notevolmente
i livelli di espressione. Essi comprendono: il gene v-IL6, quello codificante la
kaposina, molecola chiave nella patogenesi del KS, ed il trascritto PAN. I geni di
classe III, infine, vengono trascritti solo in seguito all'induzione del ciclo litico e
codificano per proteine coinvolte nella produzione della progenie virale (Schulz,
1998).
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La variabilità genomica che caratterizza la glicoproteina del capside K1
permette di distinguere differenti sottotipi di HHV-8, ciascuno dei quali mostra una
tipica distribuzione geografica (Tab. 1) (Nicholas et al., 1998).
Si pensa che l'HHV-8 sia un virus ancestrale la cui diversità genomica
costituisce il risultato dei flussi migratori umani combinati con processi di
selezione naturale (Nicholas et al., 1998). Non è ancora chiaro se i differenti
genotipi siano correlati ad un particolare decorso delle patologie associate
all'infezione virale, tuttavia, un recente studio condotto su 38 pazienti affetti dalla
forma classica del sarcoma di Kaposi, fornisce le prime evidenze di
un'associazione tra l'infezione con il sottotipo A dell'HHV-8 ed una forma più
aggressiva della patologia ( Mancuso et al., 2008).
Sottotipo virale Area di diffusione A
Europa e
Nord America
B Africa
C Medio Oriente ed Asia
D Isole del Pacifico Tabella1 - Sottotipi dell’ HHV-8 identificati sulla base della variabilità del gene
K1.
1.2.3. Il ciclo replicativo virale
Il virus HHV-8, per infettare le diverse cellule bersaglio, riconosce proteine
di membrana non correlate tra loro ed è in grado di utilizzare molteplici recettori
(Nicholas et al., 1998). Il primo contatto tra il virus e la superficie cellulare è di
tipo non covalente e reversibile e prevede l'interazione tra la proteina virale K8.1 e
l'eparan-solfato delle proteine della membrana cellulare. Tale interazione non è
necessaria all'ingresso del virus, ma aumenta l'efficienza di penetrazione poiché
concentra le particelle virali sulla superficie cellulare ( Spear et al., 2003).
Attualmente si conoscono due proteine cellulari che potrebbero funzionare da
recettore per l'HHV-8: i) l'integrina α 3
β 1
, espressa su alcuni tipi cellulari suscettibili
all'infezione con l'HHV-8, interagisce con il motivo RGD della proteina gB ; ii) la
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lectina DC-SIGN che permette l'ingresso del virus nelle cellule dendritiche e nei
monociti macrofagi tramite il riconoscimento di motivi glucidici specifici
dell'envelope virale ( Akula et al., 2003).
La penetrazione dell'HHV-8 nei linfociti B, nei fibroblasti e nelle cellule epiteliali,
avviene per endocitosi. In seguito alla fusione della vescicola con un lisosoma e
all'abbassamento del pH al suo interno, l'envelope si fonde con la membrana
dell'endolisosoma e si osserva il rilascio del capside virale nel citoplasma
(meccanismo pH dipendente). Il capside viene quindi trasportato, attraverso una
rete di microtubuli, in corrispondenza della membrana nucleare dove il DNA virale
viene rilasciato nel nucleo formando un episoma ( Akula et al., 2003) .
In questa fase il virus entra in latenza e mantiene l'espressione di un limitato
numero di geni virali tra cui quello codificante la proteina LANA. Questa proteina
lega stabilmente l'episoma alla cromatina e recluta i repressori trascrizionali dei
geni di fase litica importanti per il mantenimento della latenza (Schultz, 1998).
L'induzione della fase litica è controllata dalla proteina RTA (orf 50) che,
interagendo con i fattori trascrizionali cellulari, promuove l'espressione dei geni
virali di fase litica. Il programma litico prevede una cascata di eventi che, oltre a
portare all'espressione di geni virali immediati-precoci, alla replicazione del
genoma virale e alla trascrizione dei geni tardivi, culmina con il rilascio dei virioni
neoformati dalla cellula ospite. I geni precoci codificano principalmente per
enzimi deputati alla replicazione del genoma virale e trascrivono per proteine che
mediano i meccanismi di evasione dalla risposta immunitaria specifica dell'ospite,
promuovono il trasporto degli mRNA virali dal nucleo al citoplasma e mediano il
blocco del ciclo cellulare in fase G1, favorendo in questo modo la sintesi del DNA
virale a scapito di quello cellulare. Il controllo e la modalità di espressione dei geni
tardivi è poco nota: le proteine espresse in questa fase costituiscono principalmente
i componenti strutturali del capside, del tegumento e dell'envelope (Dourmishev et
al., 2003). Si ipotizza che l'impacchettamento del genoma virale nel capside
avvenga nel nucleo, successivamente il virus acquisisce il tegumento ed infine
l'envelope per gemmazione dalla membrana nucleare interna. Le particelle virali
neoformate sono quindi trasportate nel reticolo endoplasmatico e da qui giungono
all'apparato di Golgi, sede della maturazione delle glicoproteine virali
(Dourmishev et al., 2003).
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1.3 Le patologie HHV-8 correlate Il virus HHV-8 è l'agente eziologico di tre patologie: il sarcoma di Kaposi, la
malattia multicentrica di Castleman ed il linfoma cavitario ad effusione primaria.
1.3.1 Il sarcoma di Kaposi Il sarcoma di Kaposi (KS) è un tumore di derivazione vascolare, origina
sotto forma di lesioni multiple della pelle e delle mucose che si evolvono in
placche e quindi, fondendosi, in noduli. Esistono quattro forme di KS (tab. 2) che,
nonostante il diverso decorso clinico, sono tutte caratterizzate da neoangiogenesi
con formazione di vasi aberranti, edema, extravasazione eritrocitaria, ed infiltrato
cellulare infiammatorio costituito da linfociti T CD8+, monociti/macrofagi e
cellule dendritiche (Pantanowitz e Dezube, 2004) (fig. 3).
KS POPOLAZIONE
ASPETTI
CLINICI
PROGNOSI
CLASSICO MEDITERRANEO Uomini anziani
(60-80 anni)
residenti nel bacino
del Mediterraneo Lesioni
confinate agli
arti inferiori Indolente,
sopravvivenza per 10-
15 anni ENDEMICO AFRICANO Giovani maschi (15-40 anni) e
bambini africani
Lesioni nodulari
e invasive agli
arti e al dorso Sopravvivenza
< 5 anni IATROGENICO POST-TRAPIANTO Pazienti sottoposti a
terapie
immunosoppressive
(es. trattamenti post-
trapianto)
Lesioni
disseminate in
tutto il corpo e
agli organi
interni Regredisce in seguito
alla sospensione della
terapia
immunosoppressiva
EPIDEMICO AIDS-CORRELATO Soggetti HIV
positivi Lesioni su viso,
mucose,
polmoni e
apparato
gastrointestinale
Fulminante,
sopravvivenza
< 3 anni in assenza di
terapia HAART
Tabella 2 - Popolazione colpita, aspetti clinici e prognosi di ciascuna delle quattro forme
del KS.
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