1
1. Introduzione
- Cominciamo col perché
Certo 116 anni di cinema offrono grandi spunti di approfondimento, a partire dalle
origini, il suo sviluppo, passando per la ricerca e arrivando all’epoca moderna. Si
sarebbe potuto parlare di un certo tipo di cinema piuttosto che di un altro, di un tal
modo di fare regia o di una determinata maniera di raccordare le inquadrature. Gli
argomenti sarebbero tantissimi, una marea, e il cinema in se è un campo
profondamente indagato, studiato, approfondito e sviscerato in ogni singolo
aspetto. Trovare un preciso campo di interesse in questo marasma di tematiche non
è quindi semplice. La storia ci offre mille e più esempi di indagine, districarsi tra di
essi è come tentare di uscire da una fitta boscaglia. Se ne esce spesso molto male,
ma una volta trovata la via spianarla risulta più facile del previsto. Se poi le vie da
battere sono due e quasi parallele come in questo caso diciamo che si può quasi
andare sul sicuro. Certo simili a queste ce ne sono altre migliaia, ma determinate
caratteristiche le si possono trovare solo li. E allora cominciamo a spiegare cosa c’è
stato prima, cosa c’è stato dopo, facciamo luce su quello che è stato. E poi
approfondiamoli anche questi due aspetti, avremo un quadro più completo, più
chiaro, e certo potremo arrivare prima al nostro obiettivo e magari anche trarne
qualche conclusione, senza esagerare però. Questo a grandi linee il percorso che
andremo a sviluppare in seguito. Però qualcuno qualche domanda se la starà
facendo. Ad esempio perché proprio questa indagine? Perché andare a scomodare
autori degli anni 60 per affiancarli ad altri degli anni 90? E perché proprio loro?
Nouvelle vague e Dogma 95, perché non New American Cinema e Free Cinema?
Quasi 40 anni di distanza ma pare abbiano comunque qualcosa in comune, ma cosa
2
in realtà? E soprattutto perché questo qualcosa dovrebbe attirare la vostra
attenzione? Certo limitare il campo può sembrare egoistico, selettivo, ma è
necessario, non si può indagare qualcosa di troppo ampio, non in una tesi di laurea
per lo meno.
Comincerei col dire, senza mettere in mezzo la tecnica che verrà ampiamente
indagata in seguito, che la caratteristica principale di entrambi i movimenti fu quella
di essere un chiaro momento di rottura. In Francia alla fine degli anni 50 quando più
ce n’era bisogno, in Danimarca a metà degli anni 90 quando l’artificio aveva
cominciato a stancare. Come le avanguardie storiche del 900, una volta acquisita la
tecnica e indagata la storia, così anche queste due “avanguardie” diedero una
notevole scossa al torpore dell’epoca. Qualcosa di nuovo era certamente necessario,
se ne erano accorti tutti, ma solo questi due pionieri seppero fare qualcosa di
davvero concreto. Come l’impressionismo formalmente ma più simile al dadaismo in
campo ideologico, Dogma seppe prendere le regole stilistiche, formali e narrative
del film classico e stravolgerle creando davvero qualcosa di nuovo. Non vorrei però
togliere nessun merito alla Nouvelle vague, che quasi quarant’anni prima seppe
risvegliare dal torpore il cinema francese, adagiatosi su quella produzione ormai
passata tipica degli anni 30. Certamente ispiratore dei suoi successori questo
movimento seppe sperimentare in ogni campo, divenendo un vero e proprio punto
di svolta per la cinematografia mondiale. Da qui in poi, come dai primi del 900 in poi
per l’arte, il cinema non fu più lo stesso. La produzione precedente venne quasi
dimenticata, o comunque del tutto rielaborata a favore di un ringiovanimento
totale. Certo Dogma non ottenne lo stesso risultato, ma seppe in ogni caso far
parlare di se, ottenendo anche parecchi successi. Direi che innovazioni come queste
nel campo cinematografico mai ce ne furono, e soprattutto mai ne trovammo di
tanto simili tra loro. Nate da presupposti simili, in alcuni casi anche da regole uguali,
3
gli autori aderenti alle due “avanguardie” seppero creare un nuovo linguaggio
tipicamente filmico, non più certo ispirato o facente riferimento a quello letterario o
teatrale, come i precedenti, ma del tutto autonomo, privo di legami col passato.
Interessante indagare come queste due strade, partita da capolinea così vicini
seppero svilupparsi in maniere così differenti e raggiungere poi obiettivi tanto
opposti.
Un’indagine questa dettata si, da semplice curiosità e voglia di scoprire più a fondo
aspetti nascosti di questi movimenti, ma anche da ragioni più profonde.
4
2. Ambientazione
- Storia del cinema
È un sabato sera, precisamente il 28 dicembre 1895, siamo a Parigi nello scantinato
del Gran Cafè sul Boulevard des Capucines dove giornalisti, direttori di teatro e vari
altri invitati assisteranno alla prima proiezione pubblica di un film. È il giorno della
nascita del cinema e dietro a uno strano macchinario chiamato cinematografo due
fratelli: Auguste e Luois Lumiere mostrano a un centinaio di persone dei brevissimi
film (circa di un minuto ciascuno) girati da loro, sperando di lanciare sul mercato la
loro nuova invenzione. Il successo è del tutto superiore alle previsioni, fin dai primi
giorni la folla si accalca davanti al locale, desiderosa di vedere quella che verrà poi
definita la “meraviglia del secolo”, il realismo di tali produzioni è ciò che più colpisce
il pubblico. La realtà sullo schermo appare diversa da quella quotidiana, viene quasi
accentuata, la gente comincia, grazie al cinematografo a notare particolari e azioni
della vita quotidiana normalmente trascurati, il pubblico si incuriosisce davanti al
semplice arrivo di un treno in banchina, si spaventa addirittura.
Ecco che grazie a questi semplici elementi arriva per i Lumiere un successo ben poco
sperato, i due fratelli girano infatti circa duemila film in una sola decina d’anni,
rimanendo però comunque legati al documentarismo. La loro produzione inizia a
calare attorno agli inizi del nuovo secolo quando la produzione cinematografica
americana, europea, ma anche francese, cominciarono a svilupparsi in forme molto
più ampie di quanto i due inventori del cinema avessero potuto prevedere. Questi
5
ultimi del resto non furono mai dei veri e proprio produttori cinematografici e
vennero ben presto superati dalla concorrenza che al contrario loro era
maggiormente interessata alla sperimentazione tecnica che non alla produzione
industriale.
Uno di questi pionieri del cinema fu Georges Méliès, uomo di teatro, illusionista e
prestidigitatore, interessato non tanto ai fim dei Lumiere quanto al procedimento
attraverso il quale era possibile far muovere persone e oggetti sullo schermo. Non
potendosi procurare un apparecchio cinematografico Lumiere a causa del rifiuto
dello stesso Antoine, Méliès ne costruì uno proprio su un modello inglese o
americano, e lo chiamò kinetografo. Georges per realizzare la meglio le sue opere
costruisce un vero e proprio studio cinematografico. Grazie ad esso è in grado infatti
di realizzare quei film a trucchi che diventeranno la sua specialità. Le sue sono storie
fantastiche, favolistiche, popolate da personaggi grotteschi e irreali, che attireranno
l’attenzione anche oltreoceano, in America.
Sono i primi anni del 900 quando in Europa, ma anche negli stati uniti si sviluppa una
vera e propria industria del cinema, un catena di produzione e di distribuzione, che
portò questo mezzo espressivo alla pari del suo predecessore, il teatro, con l’aiuto
anche della realizzazione delle prime sale cinematografiche. Il pubblico stesso
cambia in questi anni, si allarga la fascia di popolazione interessata all’evento, e il
cinema si trasforma così in spettacolo di massa capace di coinvolge spettatori
provenienti da tutte le classi sociali dell’epoca. Questo mutamento porterà anche a
un evoluzione del gusto cinematografico che allargherà gli orizzonti stessi delle
produzioni, ampliando le possibilità espressive sia in campo contenutistico che in
campo formale.
6
I registi e i produttori di questi anni, sia in America che nella stessa Europa,
consentiranno infine al cinema di fare quel fondamentale salto che lo porterà dalla
fase sperimentale alla fase industriale e commerciale, con tutte le conseguenze del
caso. Tutto questo non potè certo lasciare indifferenti intellettuali, critici e scrittori
europei, che per la prima volta dalla nascita del cinema, si interessarono al mezzo
conducendo un analisi delle caratteristiche estetiche e dando origine alle prima
formulazioni teoriche.
Negli stessi anni oltreoceano, gli Stati Uniti vivevano un fermento simile a quello
europeo, spinto però più verso fini commerciali che non artistici come invece
avvenne nel vecchio continente.
Il primo decennio del cinema americano vide come protagonista la cosiddetta
“guerra dei brevetti” portata avanti da Edison, intenzionato a proteggere le sue
apparecchiature prima dal cinematografo dei Lumiere e poi da altre case maggiori
americane sorte sfruttando appunto la sua invenzione.
I primi film furono affrettati, semplici, esteticamente inerti, oltre che una copia mal
riuscita di quelli dei Lumiere o di Melies. Le stesse case produttrici/distributrici,
compresa quella di Edison, addirittura controtiparono film europei facendo passare
per propri film altrui. Questo processo fu però interrotto da una legge che istituì
finalmente il diritto d’autore e che impose l’obbligo di registrazione dei titoli dei film
proiettati negli Stati Uniti. Grazie a questa tutela produttori e registi cominciano ad
avere occasioni maggiori di rinnovare il proprio repertorio, tentando nuove strade e
distaccandosi ancora di più dal cinema europeo. Dal 1905 si comincia a creare una
vera e propria rete di sale cinematografiche, che vedono al loro interno spettatori
provenienti soprattutto dai margini della società, e che proiettano per pochi
centesimi, produzioni brevissime e tematicamente differenti per un totale di
7
mezzora di spettacolo. Sul piano della tecnica non si riscontrano grandi innovazioni,
il racconto e la rappresentazione dello stesso sono entrambi molto elementari,
mentre le riprese e i movimenti di macchina paiono per lo più casuali. Uno dei pochi
innovatori degli Usa fu Porter, primo esempio di cinema narrativo nel nuovo
continente, che fece nascere con le sue produzioni il film americano per eccellenza:
realistico e ispirato a motivi del romanzo popolare e dei giornali illustrati. Ancor più
importante di Porter sarà invece David Griffith che, mentre il cinema americano era
in preda alla guerra dei brevetti, si avvicina al cinema sviluppando le basi del
linguaggio cinematografico. Il suo contributo fu essenziale per il riconoscimento del
cinema come linguaggi autonomo e di espressione, ma anche come espressione
artistica attraverso la quale rappresentare una personale visione del mondo. Un
altra strada presa dal cinema in quegli anni fu quella dei serials, film a puntate
rinnovate settimanalmente, che con costi ridotti attiravano una gran fascia di
pubblico per lunghi periodi di tempo. Ispiratosi ai romanzi a puntate pubblicati su
giornali a grande tiratura, questo tipo di produzione approfondì maggiormente il
carattere narrativo del mezzo cinematografico e ne attualizzò ancor di più le
tematiche, aggiungendo inoltre modernità a scenografie e personaggi. La moda dei
serials si esaurì però in fretta, attorno agli anni 20 infatti, a causa del clima del
dopoguerra e anche di uno sviluppo differente del cinema, il pubblico smise di
interessarsi alle tematiche proposte dai film a puntate, lasciando così esaurire una
stagione durata meno di un decennio. Attorno agli anni 10 inoltre sulla costa
californiana, e più precisamente in un sobborgo di Los Angeles, si viene a creare una
sorta di punto di ritrovo di registi produttori e troupes cinematografiche, tutti
attirati dalle favorevoli condizioni climatiche del luogo. Nascerà qui la Hollywood che
conosciamo ora. Sempre nel primo decennio del 900 si sviluppò e prese piede il
“cinema americano per eccellenza”: il western. Anticipato da Porter e Griffith,
questo nuovo genere sintetizzò al meglio i caratteri principali del mito della società