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INTRODUZIONE
Il presente studio valuta alcuni aspetti dell’uso del verbo nei pazienti afasici. Nello specifico
si mette a confronto la produzione del verbo come forma “isolata” del lessico con la
produzione del verbo in contesto di frase, allo scopo di valutare un’eventuale dissociabilità di
prestazione ed eventuali connessioni con il tipo di afasia e/o con alcuni aspetti linguistici del
verbo in oggetto.
Il mio interesse per il linguaggio e le patologie linguistiche è nato nel corso degli studi
universitari frequentando dapprima un seminario della Dott.ssa Taddei, che mi appassionò a
tal punto da preparare la mia tesi triennale in lingue e letterature straniere, sotto il consiglio
della mia relatrice Prof.ssa Florida Nicolai, su una particolare patologia linguistica, cioè la
sindrome di Williams (“Linguaggio e gesto nel bambino Williams”). Il mio interesse sullo
studio del cervello e sul suo funzionamento è continuato durante il corso di specializzazione
in linguistica seguendo il corso della Prof.ssa Nicolai di neurolinguistica.
Ho scelto l’afasia come argomento poichØ è una patologia frequente, non sempre molto
conosciuta, il cui disturbo principale coinvolge il linguaggio causando forti difficoltà per una
vita “normale”.
Il lavoro è suddiviso in due parti. Nella parte introduttiva è descritta sinteticamente l’afasia:
sono analizzate le principali sindromi afasiche, la riabilitazione, i disturbi categoria-specifici
per nomi e verbi. Segue una rassegna degli studi clinici sull’elaborazione delle classi lessicali
del nome e del verbo nei pazienti afasici.
La seconda sezione è dedicata alla parte sperimentale condotta con la collaborazione di un
gruppo di trenta soggetti afasici, ad ognuno dei quali sono stati somministrati sei test: tre test
di ripetizione, lettura e denominazione di nomi e verbi come parole isolate (trenta nomi e
trenta verbi), e tre test di ripetizione, lettura e produzione di frasi semplici (contenenti gli
stessi verbi dei test precedenti).
Prima di iniziare la somministrazione dei test ai pazienti afasici e ai soggetti di controllo, ho
trascorso circa un mese di tirocinio presso il Presidio Ambulatoriale di Riabilitazione di San
Leonardo in Treponzio (Lucca) per cercare di capire i problemi dei pazienti afasici: leggere e
documentarsi sui libri e riviste è molto diverso dal trovarsi di fronte ai pazienti, toccando con
mano il problema. In questo modo ho potuto capire le reali difficoltà. Questo periodo di
preparazione è stato molto importante. Mi si è presentata una panoramica generale anche sul
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modo in cui avrei dovuto lavorare durante la somministrazione dei test: qual è l’atteggiamento
giusto da assumere durante un test con questi pazienti? Come comportarsi con i pazienti, con
un tipo di afasia molto grave, che quasi non riescono a parlare? Cosa fare se un paziente non
riesce a parlare e inizia a disperarsi o ad assumere atteggiamenti agitati? Queste e altre sono
alcune delle domande che iniziavo a pormi in previsione della somministrazione dei test.
Trascorso questo primo periodo di osservazione, costantemente affiancata dalle logopediste e
sotto la supervisione della responsabile del Dipartimento, Dott.ssa Lucia Ferroni, ho potuto
iniziare la strutturazione e la somministrazione dei test a tutti i soggetti in trattamento e non,
dopo averne valutato la somministrabilità assieme al personale sanitario.
I test sono stati eseguiti a San Leonardo in Treponzio (LU), a Maggiano (LU) e all’ospedale
di Lucca. Altri test sono stati eseguiti a domicilio, nel caso di soggetti con difficoltà a uscire
di casa. L’accoglienza di queste persone e dei loro familiari è stata eccezionale.
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CAPITOLO PRIMO
IL LINGUAGGIO
Il linguaggio è rappresentato nell’emisfero cerebrale sinistro nel 90% delle persone e la
lateralizzazione è già presente nel bambino di tre mesi. L’emisfero destro non è tuttavia
“muto”.
I primi studi scientifici di pazienti con disturbo acquisito del linguaggio risalgono all’ultima
metà del diciannovesimo secolo (Caplan, 1987). Il neurologo francese Paul Broca fu il primo
che stabilì una connessione tra lesioni di aree specifiche del cervello e disturbi afasici: nel
1861 descrisse il caso del paziente divenuto noto come il paziente “Tan” (così chiamato
perchØ era in grado di produrre solo quella sillaba) che presentava un grave disturbo nella
capacità di esprimersi attraverso il linguaggio. Alla morte del paziente l’esame autoptico
rivelò una lesione di una specifica area del lobo frontale nell’emisfero sinistro (corteccia
prefrontale inferiore sinistra, aree di Brodmann 44/45). Broca formulò così la teoria secondo
cui quella specifica area del lobo frontale di sinistra era la sede del linguaggio umano (Fig.1),
contraddicendo così alla legge biologica generale degli organi simmetrici (in questo caso, i
due emisferi cerebrali). In seguito, tra il 1861 e il 1865, Broca osservò otto casi analoghi,
ciascuno dei quali presentava una lesione in quell’area specifica dell’emisfero sinistro. Notò
inoltre che tutti i pazienti con disturbi del linguaggio dovuti a lesioni dell’emisfero sinistro
erano destrimani e presentavano una paresi o una paralisi della mano destra. Questa
osservazione condusse all’affermazione del principio, di carattere generale, per cui esiste una
relazione crociata tra dominanza emisferica e l’uso preferenziale della mano.
Un passo successivo fu fatto da Carl Wernicke (1874), il quale osservò pazienti che
presentavano un deficit linguistico diverso rispetto a quello descritto precedentemete da
Broca: i pazienti osservati da Wernicke presentavano un prevalente deficit di comprensione e
un eloquio fluente ma scarsamente informativo. In seguito all’esame autoptico, emersero
lesioni della regione posteriore–superiore del lobo temporale sinistro (area di Brodmann 22).
All’età di soli 26 anni Wernicke pubblicò un lavoro intitolato “The symptom complex of
aphasia: a psychological study on a neurological basis”, dove descriveva un secondo tipo di
afasia (di Wernicke) e ne prediceva un terzo tipo, cioè l’afasia di conduzione, dovuta ad una
lesione che disconnette l’area di Wernicke dall’area di Broca, entrambe intatte. PoichØ l’area
di Broca è preservata, il linguaggio dovrebbe essere fluente ma anomalo; dall’altro lato, la
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comprensione dovrebbe essere intatta perchØ l’area di Wernicke è ancora funzionante, mentre
la ripetizione dovrebbe essere fortemente compromessa.
Wernicke propose così un modello che evidenziava come sono connesse le aree del
linguaggio nel cervello, con il linguaggio organizzato in componenti separate connesse tra
loro e con correlati anatomici distinti. Wernicke assunse che, poichØ l’area di Broca è
adiacente alla regione corticale del cervello che controlla i muscoli coinvolti nella produzione
del linguaggio, questa specifica area incorpora i programmi per la coordinazione complessa di
questi muscoli, mentre l’area di Wernicke, adiacente alla regione corticale che riceve gli
stimoli uditivi, è responsabile della comprensione del linguaggio. Distinse così due centri del
linguaggio: uno per le immagini acustico-verbali, localizzato nelle regioni temporali, uno per
quelle motorie-verbali, situato nelle aree frontali. In base a questi dati, Wernicke fece la
naturale supposizione che l’area di Broca e l’area di Wernicke dovevano essere tra loro
interconnesse (Geschwind, 1972).
Fig.1. Rappresentazione delle aree del linguaggio e delle loro connessioni (numerazione
citoarchitettonica di Brodmann)
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Il modello proposto da Wernicke è stato successivamente modificato da Lichteim e, infine, da
Geschwind circa cento anni dopo. Tale modello, passato alla storia come il modello
Wernicke-Geschwind (Fig.2), pone l’accento sull’importanza di specifiche aree corticali e
sulle loro vie di connessione nella sostanza bianca per la rappresentazione delle funzioni
linguistiche e comunicative. Secondo tale posizione, componenti discrete sul piano anatomico
svolgerebbero specifiche funzioni di input-output per la produzione e la comprensione del
linguaggio, e la loro compromissione comporterebbe un deficit delle abilità cognitive
linguistiche correlate (Anolli, 2002). Secondo la versione finale del modello, durante la
comprensione gli stimoli acustici sono inviati nel sistema sensoriale uditivo che trasmette
l’informazione alla corteccia associativa parieto-temporo-occipitale localizzata nel giro
angolare e poi all’area di Wernicke, dove si accede dall’informazione fonologica alla
rappresentazione delle parole. Da lì attraverso il fascicolo arcuato, un canale di fibre nervose,
l’informazione passa all’area di Broca, dove la percezione del linguaggio viene tradotta nella
struttura grammaticale di una frase e viene assegnata la struttura sintattica. La
rappresentazione delle parole attiva il concetto relato nei centri del concetto e si realizza la
comprensione (Nicolai, 2003:42). Secondo il modello analoghe dovrebbero essere le vie
interessate durante il compito di produzione, ovviamente in direzione opposta: gli stimoli
visivi sono inviati dal giro angolare della corteccia associativa parieto-temporo-occipitale
all’area di Wernicke. Una volta formatosi lo schema sonoro, questo viene trasferito all’area di
Broca attraverso il fascicolo arcuato (Geschwind, 1972).
L’area di Broca, adiacente alle parti inferiori dell’area motoria (giro prefrontale), è
responsabile della produzione linguistica, mentre l’area di Wernicke, localizzata nella regione
postero-superiore del lobo temporale (giro temporale superiore), è responsabile della
comprensione. Quindi il centro della comprensione e della produzione del linguaggio sono
connessi dal fascicolo arcuato che, secondo il modello, trasporta unidirezionalmente i segnali
dall’area di Wernicke a quella di Broca. Su questa base neuroanatomica sono state
successivamente classificate le diverse afasie. Tale modello prevede che se una lesione
colpisce l’area di Wernicke, le parole non vengono comprese. Se la lesione è piø estesa
posteriormente e inferiormente, il danno può colpire anche la comprensione del linguaggio sia
orale che scritto. Al contrario, una lesione nell’area di Broca comporta una grave alterazione
nella produzione. Il modello prevede che una lesione del fascicolo arcuato, interrompendo la
connessione tra l’area di Wernicke e l’area di Broca, altera il normale flusso del discorso.
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Fig.2. Modello Wernicke-Geschwind
La specificità delle aree corticali di Broca per la produzione e dell’area di Wernicke per la
comprensione del linguaggio appare, tuttavia, messa in discussione dalla moderna
neurolinguistica e dalle tecniche di neuroimmagine, poichØ gli effetti delle lesioni cerebrali
risultano variabili e non sempre univocamente classificabili.
¨ stato rivelato da recenti studi una multifunzionalità dell’area di Broca. Secondo questi studi
tale area sarebbe coinvolta i) nella fonologia e nel modo in cui sono distribuite e processate le
parole; ii) contiene le risorse che vengono reclutate durante le prove di memoria di lavoro; iii)
è collegata alle immagini mentali; iv) sembra svolgere un ruolo cruciale in campo sintattico:
in particolar modo è stato rivelato un coinvolgimento dell’area di Broca per quanto riguarda la
comprensione e la produzione di frasi sintatticamente complesse (Grodzinsky e Amunts,
2006; Grodzinsky e Santi, 2008; Davis et al., 2008). Come si legge in Davis et al. (2008),
diversi studi hanno mostrato l’attivazione dell’area di Broca durante compiti diversi. Alcuni
mostrano che diverse sottoregioni dell’area di Broca sono responsabili di deficit diversi. Ad
esempio, un numero di studi converge con l’ipotesi che la parte anteriore dell’area di Broca
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risulta critica durante compiti di tipo semantico, mentre quella posteriore per la ripetizione o
la processazione di lettere o sillabe.
Studi sperimentali con afasici agrammatici hanno mostrato le seguenti caratteristiche delle
loro abilità di comprensione (Grodzinsky, 2000): i) mostrano prestazioni migliori durante la
comprensione di frasi attive rispetto a quelle passive; ii) riescono a individuare violazioni di
regole strutturali gerarchiche; iii) sembrano non avere alcun disturbo di comprensione
lessicale; la parte del lessico che fa da interfaccia con la grammatica della frase è intatta.
Questo è dimostrato dalla loro abilità a individuare violazioni di sottocategorizzazione e
struttura argomentale; iv) non mostrano alcun problema in compiti che coinvolgano
l’assegnazione tematica; v) non presentano problemi nell’associare un ruolo tematico di
un’entrata lessicale nella rispettiva posizione sintattica; vi) non violano il criterio tematico;
vii) sono in grado di assegnare il caso ai sintagmi nominali; viii) riescono a manovrare gli
aspetti di legamento, che sono le condizioni che definiscono le relazioni anaforiche tra i
pronomi e i loro antecedenti.
In contrasto con i dati appena riportati sulle abilità ricettive intatte dei pazienti, viene
osservato un grave deficit nella comprensione di costruzioni derivate dal movimento. Secondo
Grodzinsky (2006) l’area di Broca sarebbe specializzata nella conservazione delle tracce dei
movimenti.
Secondo una prima proposta (Grodzinsky, 1984, 1986), nell’agrammatismo, tutte le tracce di
movimento sono cancellate dalla rappresentazione sintattica con conseguenze
nell’interpretazione, nei giudizi di grammaticalità e nel processamento on-line. Un
considerevole numero di dati sembrerebbe supportare questa affermazione suggerendo che i
pazienti soffrono di un crollo di una parte della sintassi (Grodzinsky, 2000). Secondo
Grodzinsky, nell’afasia di Broca le tracce dei movimenti sono invisibili al sistema sintattico
perchØ cancellate nella rappresentazione del paziente. Pertanto, il deficit centrale
dell’agrammatismo sarebbe la delezione della traccia.
L’agrammatismo viene dunque ricondotto a un deficit sintattico specifico e circoscritto e la
correlazione con l’area di Broca permetterebbe di attribuire a quest’area una funzione
specifica: sarebbe il centro neuronale dei meccanismi recettivi specificamente coinvolti nella
computazione della relazione tra i costituenti frasali mossi trasformazionalmente e il loro
punto di estrazione. Grodzinsky (2002), a conferma di ciò, osserva che gli afasici di Broca
hanno pochi problemi a comprendere frasi che non coinvolgano il movimento (l’uomo toccò
la donna; l’uomo che toccò la donna; l’uomo che toccò la donna era alto), diversamente dai
casi in cui è invece coinvolto (la donna è toccata dall’uomo; la donna che fu toccata
dall’uomo; la donna che l’uomo toccò era alta).
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Questo approccio all’agrammatismo, che si inserisce all’interno del programma minimalista
di Chomsky, costituisce al contempo una novità e una rottura col modello ottocentesco: l’area
di Broca è considerata coinvolta anche nella comprensione, ma, al contempo, non è piø vista
come la casa di tutte le risorse morfosintattiche. La sua compromissione è responsabile di un
deficit sintattico parziale (Nicolai, 2003:45). La specificità di questo tipo di comprensione
sintattica svolto dall’area di Broca è, secondo Grodzinsky, confermata ulteriormente dalla
mancanza di tale deficit negli afasici di Wernicke.
Grodzinsky (2000) afferma dunque che la sintassi è per lo piø conservata nella comprensione
agrammaticale e che il movimento sintattico è danneggiato seguendo le linee di
argomentazione dell’ipotesi della delezione della traccia.
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CAPITOLO SECONDO
IL DISTURBO ACQUISITO DEL LINGUAGGIO
Con “afasia” si indica un disturbo acquisito del linguaggio in seguito a una lesione cerebrale
coinvolta nelle funzioni linguistiche. L’afasia acquisita consiste dunque nella perdita della
capacità di utilizzare in modo efficace la funzione linguistica integra prima del danno
cerebrale, non compromettendo altre capacità cognitive.
L’afasia può essere conseguenza di un ictus cerebrale (piø frequentemente), di un trauma
cranico e, piø raramente, di malattie come i tumori.
I livelli di gravità nel parlare, nel comprendere, nel leggere e nello scrivere variano a seconda
di fattori diversi, tra cui l’ampiezza della lesione. Molti pazienti perdono le capacità di
esprimere verbalmente anche le piø semplici esigenze della vita quotidiana. Ciò può avere
conseguenze gravissime sull’autonomia del paziente sul piano personale e lavorativo, nei
rapporti sociali, nonchØ nell’equilibrio emotivo. L'afasico ha infatti consapevolezza del suo
stato, conserva tutte le emozioni e le capacità di capire e percepire il mondo che lo circonda.
Rinuncia pertanto ai propri diritti e alle proprie mansioni, chiudendosi in un doloroso
isolamento. L’afasia non compromette l’intero processo di comunicazione: il paziente, infatti,
riesce a comunicare (almeno parzialmente e in rapporto alla gravità del danno) attraverso
strategie extraverbali come, ad esempio, il gesto.
La classificazione dei disturbi afasici tiene conto della localizzazione, del tipo e
dell’estensione della lesione cerebrale, della tipologia dei disturbi linguistici. Altri fattori che
intervengono nel quadro sintomatologico sono la competenza linguistica pregressa e la
personalità del soggetto. Fluenza, comprensione, ripetizione e denominazione possono essere
compromesse in modo differenziato (Fig.3).
Una prima importante classificazione delle afasie tiene conto della fluenza, cioè dell’abilità e
scorrevolezza nella produzione verbale, portando alla distinzione tra afasici fluenti e afasici
non fluenti: l’afasico fluente presenta un eloquio relativamente produttivo, riuscendo a
produrre una sequenza ininterrotta di piø di quattro parole; articolazione, ritmo e intonazione
sono relativamente preservati; l’afasico non fluente produce soltanto parole isolate o frasi
molto brevi costituite da pochi elementi (si eliminano, ad esempio, aggettivi e avverbi, mentre
per lo piø preservati sono sostantivi e verbi), motivo per cui si parla, in tal caso, di
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“linguaggio telegrafico”; ha difficoltà articolatorie, che si manifestano con sforzi nella
produzione di fonemi ed errori di vario tipo. Presenta alterazioni nel ritmo e negli schemi
intonativi.
Appartengono alle afasie non fluenti l’afasia globale, l’afasia di Broca, l’afasia transcorticale
motoria e l’afasia transcorticale mista. Appartengono alle afasie fluenti l’afasia di Wernicke,
l’afasia di conduzione, l’afasia transcorticale sensoriale e l’afasia anomica.
Fig.3. Grafico delle principali caratteristiche linguistiche correlate ai siti della lesione delle afasie (A.
Marini 2008:161)