Albania postcomunista. Il nuovo sistema politico e il ruolo dell'Italia
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INTRODUZIONE
All'indomani del secondo conflitto mondiale, l’Albania fu l’unico
Paese europeo a sconfiggere i nazi-fascisti senza l’aiuto statunitense o
sovietico. Il paese dà al nuovo governo, che era controllato dal Partito
Comunista e dominato dalla figura di Enver Hoxha, una libertà di decisioni
che ebbe delle ripercussioni nei successivi quarant’anni.
In seguito alla vittoria militare della Resistenza comunista, processi
sommari vennero intentati contro gli oppositori, a opera del ministro degli
interni Koci Xoxe. Nelle elezioni del dicembre 1945 il Fronte
Democratico,
1
ottenne il 93% dei suffragi su una massa di votanti pari al
92% degli aventi diritto al voto.
Il partito unico, una volta eliminate le formazioni non comuniste
come Balli Kombetar (il Fronte Nazionale) di Mithat Frasheri o Legaliteti
(la Legalità) di Abaz Kupi e frazioni dissidenti come quella di Andrea Zizi
e quella dei “giovani” Lula-Premte, si affermò anche in Albania,
analogamente a quanto stava accadendo negli altri Paesi dell'Europa centro-
orientale inseriti nella orbita dell'egemonia sovietica.
I comunisti albanesi, come anche quelli iugoslavi, si attribuivano il
merito della resistenza contro il nazismo e il fascismo, e, dunque, la
prerogativa di costruire il nuovo assetto politico istituzionale. I dirigenti
vararono, subito dopo la Iugoslavia, una costituzione che ricalcava quella
sovietica del 1936 differenziandosi, in questo modo, dalle altre democrazie
popolari, come aveva fatto a sua volta l'Unione Sovietica che aveva voluto
dimostrare che le nuove forme di governo occidentali non rispondevano
1) Che altro non era che la nuova veste del movimento della liberazione nazionale o Lufta
Nacional Clirimtare.
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alla logica della dittatura del proletariato. L'Albania invece, nel rispetto di
questa logica, non volle attenersi ad una formula, precedentemente
concordata, con gli ex alleati secondo la quale, i Paesi dell'Europa centro-
orientale avrebbero dovuto essere governati da coalizioni politiche di tutti i
partiti a esclusione di quelle di ispirazione fascista o nazista.
Inizialmente, dato lo stretto legame tra comunisti albanesi e
iugoslavi, il partito comunista, vista la grave situazione economica del
paese, portò il governo di Tirana a firmare un trattato nel 9 luglio 1946 che
prevedeva la restituzione del Kosovo alla Iugoslavia in cambio di una
consistente prestito, assolutamente necessario per la sopravvivenza stessa
del Paese. In quel momento infatti, secondo il disegno di Tito, la
Iugoslavia sperava di poter fare dell'Albania una settima repubblica della
federazione. Il conflitto tra Belgrado e Mosca e i contrasti tra i loro capi,
Tito e Stalin, determinarono le scelte della politica sia interna che esterna
dell'Albania. Il leader albanese Enver Hoxha ne approfittò, da una parte per
allearsi al potente Stalin, ma dall'altra per eliminare fisicamente dei
dirigenti vicini alle posizioni iugoslave facendo così piazza pulita
all'interno del comitato centrale, epurando il partito da personaggi per lui
scomodi, con l'accusa di reati di tradimento. Accusa questa, che, ad
esempio, toccò all'allora ministro degli interni Koci Xoxe, che fu
condannato a morte e ucciso nel 1949. Ma questa “pulizia politica”
continuò anche quando i rapporti tra Mosca di Chruscev e Belgrado
ripresero come, con la condanna e uccisioni di Liri Belishova, Maqo Como,
Koco Tashko e altri, accusati di aver aderito al revisionismo chrusceviano.
La rottura ufficiale con l'Unione Sovietica venne annunciata dal
leader stesso nella conferenza dei Partiti comunisti a Mosca nel novembre
del 1960, rottura che fu poi ribadita nel discorso di apertura del I congresso
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del Partito del lavoro dell'Albania nel febbraio 1969. Ben presto tuttavia,
agli ormai ex alleati, si sostituirono i Cinesi di Mao Ze dong. Per tutti gli
anni '60 la politica dell'Albania si ispirò, quindi, al modello cinese fino al
punto da importare tra il '65- '69 la cosiddetta rivoluzione culturale. In Cina
questa rivoluzione rappresentava un momento cruciale della lotta politica
tra le due opposte rappresentanze, che sotto l'apparente unanimismo di
facciata, proponevano linee diverse per lo sviluppo economico del Paese.
Da una parte esisteva lo schema stalinista di economia pianificata diretta
dall'alto, e dall'altra, quella delle progressive “liberalizzazioni” per superare
la rigidità della pianificazione senza però intaccare il sistema del potere
autoritario e centralizzato attraverso il quale si riteneva di poter governare
il “continente” cinese con le sue profonde contraddizioni tra diversità
etniche, culturali, geografiche ed economiche.
Nell'Albania che mutua la rivoluzione culturale, però, non esistevano
i problemi appena descritti in Cina, poiché il regime, grazie al ricorso
massiccio a metodi repressivi, era decisamente solido e indiscusso, senza
alcuna opposizione culturale diversa. Nonostante ciò Hoxha utilizzò la
rivoluzione culturale, per fini diversi e ridusse così il numero dei ministri
da 19 a 13, il numero degli enti amministrativi, decurtando gli stipendi dei
funzionari e costringendo inoltre gli studenti a lavorare nei campi affinché
facessero esperienza del lavoro manuale.
Lo stato diventa sempre più ermeticamente controllato, tutte le
istituzioni pubbliche, come sindacati e associazioni, e tutte le
organizzazioni politiche vengono soppresse, inclusa la stampa,
l'associazione culturali delle donne, l’organizzazione dei giovani, e tutte le
imprese economiche private. Ogni confessione religiosa fu proibita nel
1967, e il paese fu dichiarato il primo stato ateo nel mondo. L'anno
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successivo, nel 1968, si consuma l'ultimo strappo con la comunità dei paesi
socialisti con l'uscita dell'Albania dal Patto di Varsavia, in seguito
all'invasione della Cecoslovacchia da parte della Russia, un pretesto questo,
perché ovviamente non era immaginabile che il dogmatico e conservatore
leader albanese potesse condividere le ipotesi riformiste dei dirigenti
cecoslovacchi e stare allo stesso tempo al fianco della Russia.
Il nuovo ruolo che la potenza asiatica stava giocando nel contesto
internazionale non interessava più di tanto ai dirigenti albanesi, che pure,
giudicavano le riforme economiche avvenute in Cina non più come un
bene. Il governo di Tirana, poi, con la morte anche di Ciu En Lai e Mao Ze
dung cercò di staccarsi dalla Cina perché non accettava più di seguire le
idee di Pecchino sulla strada di nuove riforme, le cosiddette “quattro
modernizzazioni”, e non condivideva la scelta di quelle aperture verso il
mondo capitalistico che la Cina stava portando avanti. Allo stesso tempo il
regime comunista albanese si distaccava sempre più dall'Unione Sovietica
che era accusata, ormai da anni, di “revisionismo” e “socialimperialismo”.
La salvaguardia dell'indipendenza nazionale, così importante per il
leader albanese, diventa una vera e propria fissazione e assume
connotazioni di un vero e proprio incubo per la popolazione che viene
isolata sempre più dal resto del mondo. Nel 1976 Enver Hoxha vara una
nuova costituzione che lascia inalterato l'assetto istituzionale – restando
presente una Assemblea del popolo con rappresentanti eletti da una lista
unica – ma vieta ogni possibile collaborazione con altri paesi. Infatti sul
piano internazionale l'Albania non riesce più a costruire un sistema di
rapporti con le potenze del momento mentre si alimentano sempre più
infinite tensioni con i “vicini” paesi, quali Iugoslavia, Grecia e Italia dove
ancora oggi esistono delle minoranze albanesi.
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Vediamo alcuni dati sui Presidenti dell'Assemblea Popolare
2
, dati sui
primi ministri di Governo e sui segretari del partito comunista, per vedere
chi erano e come sono cambiati dal 1944 al 1991.
Tabella n° 1: Presidenti dell'Assemblea Popolare
N° Nome Partito Investitura Inizio
mandato
Fine
mandato
Note
1 Omer Nishani indipend - 26.05.1944 31.12.1945 Presidente del
presidium del Cons.
Antifascista di
liberazione nazionale
2 Omer Nishani indipend Eletto AC 12.01.1946 14.03.1946 Presidente del
presidium
dell'Assemblea
Costituente ( II Rep)
3 Omer Nishan indipend Eletto AP 16.03.1946 28.06.1950 Presidente del
presidium
dell'Assemblea
Costituente ( II Rep)
4 Omer Nishan indipend Eletto AP 28.06.1950 01.08.1953 dimissioni
5 gen.Haxhi Lleshi PPSH - 01.08.1953 maggio1954 Ad interim
6 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 01/05/54 14.07.1958 L'Albania entra nella
Società delle nazioni il
14.12.1955
7 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 14.07.1958 04.07.1962 -
8 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 04.07.1962 10.09.1966 -
9 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 10.09.1966 21.11.1970 -
10 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 21.11.1970 29.10.1974 -
11 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 29.10.1974 26.12.1978 -
12 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 26.12.1978 22.11.1982 -
13 Ramiz Tafe Alia PPSH Eletto AP 22.11.1982 19.02.1987 -
14 Ramiz Tafe Alia PPSH Eletto AP 19.02.1987 20.02.1991 -
15 Ramiz Tafe Alia PPSH
3
20.02.1991 30.04.1991 -
Fonte. http://www.geocities.com/ga57/albania/albania.html; Giovanni Armillota.
2) Oggi non è altro che il Parlamento Albanese.
3) Il 20 di febbraio 1991 Ramiz Tafe Alia, assumendosi pieni poteri presidenziali, destituisce il
gabineto di Adil Carcani, istituisce il consiglio presidenziale composto da: Kicon Blushi,
Minella Dallani, gen. Haxhi Lleshi, Rexhep Kemal Mejdani, Xhenet Muco, Fatos Thnas Nano,
Lefter Xhuveli; e nomina Fatos Thanas Nano, Presidente del Consiglio Provvisorio dei Ministri.
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Dalla tabella si nota che fino al 1954 il Parlamento albanese, che in
quel periodo si chiamava Assemblea popolare, era stato presieduto non dal
Partito di Lavoro Albanese, ma dagli Indipendenti fino a quando Enver
Hoxha cominciò a fare piazza pulita di tutti i suoi avversati politici che
furono eliminati e rimpiazzati da membri del PPSH.
4
Tabella n°2: Capi di Governo dal 1944 al 1991
N° Nome Partito Investitura Inizio
carico
Fine
incarico
Note
1 Gen. Enver Hoxha
(I)
5
coalizione Eletto CALN 24.05.1944 22.10.1944 dimissioni
2 Gen.Enver Hoxha
(II)
6
coalizione Eletto GDA 22.10.1944 11.01.1946 dimissioni
3 Enver Hoxha (III) PKSH el.Ass.Cost 11.01.1946 16.03.1946 assunzione
4 Enver Hoxha (IV) PKSH Eletto AP 16.03.1946 Maggio
1950
riconfermato
5 Enver Hoxha (V) PPSH Eletto AP Maggio
1950
Maggio
1954
riconfermato
6 Enver Hoxha (VI) PPSH Eletto AP Maggio
1954
12.07.1954 dimissioni
7 Mehmet Shehu(I) PPSH - 12.07.1954 14.07.1958 assunzione
8 Mehmet Shehu
(II)
PPSH Eletto AP 14.07.1958 04.07.1962 riconfermato
9 Mehmet Shehu
(III)
PPSH Eletto AP 04.07.1962 Estate 1966 riconfermato
10 Mehmet Shehu
(IV)
PPSH Eletto AP Estate 1966 21.11.1970 riconfermato
11 Mehmet Shehu (V) PPSH Eletto AP 21.11.1970 29.10.1974 riconfermato
4) PPSH: Partito del lavoro albanese.
5) Presidente del Consiglio Antifascista di liberazione nazionale (governo provvisorio)
6) Presidente del Governo Democratico d'Albania riconosciuto nel 1945 da GB, USA, URSS,
Iugoslavia, Bulgaria, Ungheria.
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12 Mehmet Shehu
(VI)
PPSH Eletto AP 29.10.1974 26.12.1978 riconfermato
13 Mehmet Shehu
(VII)
PPSH Eletto AP 26.12.1978 17.12.1981 suicida
14 Adil Carcani (I) PPSH - 17.12.1981 14.01.1982 Ad interim
15 Adil Carcani (II) PPSH - 14.01.1982 23.11.1982 assunzione
16 Adil Carcani (III) PPSH Eletto AP 23.11.1882 19.02.1987 riconfermato
17 Adil Carcani (IV) PPSH Eletto AP 19.02.1987 22.02.1991 dimissioni
18 Fatos Thanas
Nano (I)
PPSH
(gov.provv
- isorio)
Presidenza 22.02.1991 04.05.1991 dimissioni
Fonte: http://www.geocities.com/ga57/albania/albania.html; Giovanni Armillota.
Dopo il 1954, come si può vedere anche dalla tabella, il ruolo di
primo ministro venne preso dal delfino di Hoxha, Mehmet Shehu, che
venne riconfermato fino al 1981, anno in cui si suicidò, anche se molti
sostengono la tesi che l'uomo sia stato assassinato dai Sigurimi
7
.
Tabella n°3: Segretario del Partito del Lavoro 1941 - 1991
N° Nome Investitura Inizio
carico
Fine
incarico
Note
1 Enver Hoxha Nominato in
clandestinità dal
CC
08.11.1941 22.03.1943 Direttore del Comitato
Centrale del PKSH
2 Enver Hoxha Nominato dal CC 22.03.1943 12.07.1954 Segretario generale
3 Enver Hoxha Nominato dal CC 12.07.1954 11.04.1985 Primo segretario, fino
alla morte 11.04.85
4 Ramiz Tafe Alia Nominato da CC 13.04.1985 04.05.1991 Dal novembre 1990 il
PPSH non e più partito
unico
Fonte: http://www.geocities.com/ga57/albania/albania.html; Giovanni Armillota
Da notare come il partito sia sempre stato governato da Hoxha fino
7) Servizio segreto dello Stato albanese.
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alla sua morte, e come solo dopo, nel 1985, venga governato dal segretario
del partito comunista Ramiz Alia che tentò di preservare il sistema
comunista presentando delle riforme provvisorie per rianimare l’economia
che declinava da tempo ormai. In risposta alle agitazioni crescenti ed alle
proteste del pubblico, Alia ripristinò la libertà religiosa, diminuì il potere di
Sigurimi ed adottò la riforma del mercato libero ed il decentramento
economico.
A dicembre 1990 il governo sotto la pressione popolare dovette
accettare la creazione di partiti indipendenti, cosa che determinò la fine del
monopolio del partito Comunista. Il sistema giudiziario fu riformato e
venne ristabilito il ministero della giustizia e finalmente gli albanesi fu
permesso di viaggiare all’estero.
Con il proseguire delle proteste, Alia, consentì nel 1991 le prime
elezioni libere e pluraliste nella storia del paese, vinte a sorpresa dal partito
comunista PSSH
8
che conquista 169 dei 250 posti, mentre il PDSH
9
solo 75
posti.
Una costituzione provvisoria fu approvata nell'aprile 1991 ed il nome
del paese fu cambiato da Repubblica Popolare dell’Albania soltanto
Repubblica dell’Albania. La legge sulle disposizioni costituzionali ha
funzionato come legge di base del paese. Essa era garante dei diritti e della
libertà dei cittadini e soprattutto garantiva la separazione dei poteri dello
stato fino al 28 novembre con l’approvazione, da parte del corpo elettorale,
della costituzione albanese sottoposta al Referendum Consultivo. Una
costituzione democratica secondo il modello europeo.
Nel giugno 1991 il governo di Alia si dimise e si insediò un altro
8
) PPSH- Partito del Lavoro Albanese
9) PDSH- Partito Democratico Albanese, presidente del partito Sali Berisha.
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governo di coalizione mista che includeva Comunisti, Democratici,
Repubblicani e Democristiani sociali. Tuttavia nell'estate le dimostrazioni
continuarono ancora attraverso poiché i manifestanti esigevano l’arresto dei
primi leader Comunisti e la piena libertà dei media. Il governo della
coalizione crollò a dicembre 1991 e fu nominata un'amministrazione
provvisoria. Elezioni anticipate furono tenute nel marzo 1992 e vinte questa
volta dal partito democratico con 92 posti contro i 38 dei socialisti, 7
PSDSH10, 1 PRSH
11
, 2 PBDNJ12. La riunione elesse il leader del partito
Democratico, Sali Berisha, come Presidente della Repubblica e Aleksander
Meksi come Primo Ministro. Nel 1994 i democratici proposero una nuova
costituzione agli elettori i quali però lo respinsero con un referendum
nazionale. Il governo di Berisha assunse presto i tratti autoritari ed infatti fu
accusato di essere molto intransigente riguardo la libertà di stampa e di
avere sotto controllo tutto, anche le corti giudiziarie.
Nell’anno 1996, nuove elezione riconfermarono Berisha, ma il crack
di alcune società finanziarie fece scoppiare la protesta popolare e portò il
paese sull’orlo della guerra civile. Berisha venne accusato di frode. Nel
1997 si tennero nuove elezione anche grazie all'intervento di una forza
internazionale.
Il socialista Fatos Nano che era stato condannato da Berisha, liberato dalla
carcere a furor di popolo, vinse le elezioni e divenne il primo ministro
mentre venne eletto Rexhep Mejdani come Presidente della Repubblica.
Queste elezioni permisero al partito Socialista di riguadagnare lo
status di una formazione politica meritevole e capace di governare il paese.
10) PSDSh- Partito Social Democratico d'Albania.
11) PRSh- Partito Repubblicano d’Albania.
12) PBDNJ- Partito dell’unità per i diritti umani.
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Il 1993 e il 1997 sono due date che hanno rilanciato il PS verso un
allargamento della sua base elettorale che gli ha consentito di diventare il
partito dominante e di tornare al potere per due legislature successive.
Intanto la dirigenza del partito rimase sotto il controllo della leadership
Nano senza dare segni d’apertura verso la base del partito, generando
conflitti interni che aumenteranno fino a quando nel 2004, si staccherà dal
suo nucleo una frazione per fondare il Partito LSI
13
, guidato da Ilir Meta,
ex membro PS di nuova generazione. Una nuova formazione politica che si
dimostro subito protagonista nelle elezioni tenutesi nel luglio 2005.
Ma anche all’interno del PD non sono mancati i conflitti interni,
come vedremo meglio anche durante i prossimi capitoli, per esempio già
nel 1992 l’ala dei liberali darà vita al partito di Alleanza Democratica, altro
momento difficile nel 1995 con la fondazione del BSDSH
14
e nel 2000 con
la fondazione del partito Democratico Riformatore guidata da Genc Pollo.
Oggi però come dimostrerò anche nei prossimi capitoli ci sono dei
cambiamenti radicali in Albania perché durante questi ultimi anni, come ho
accennato anche sopra, questo piccolo paese del Balcani, che si estende
28.748 km quadrati ha avuto dei svolgimenti importanti in tutti i campi, sia
politico, economico e quello sociale. Cercherò di dare un quadro più
completo della storia del Albania dagli anni novanta fino ad oggi, e parlerò
inoltre di come l'Italia vede questo paese al di là del mare attraverso
l'illustrazione di alcuni esempi.
13) LSI- Partito Movimento Socialista d’Integrazione.
14) BSDSH- Partito del Unione dei Social Democratici d’Albania
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11
CAPITOLO I
1.1 L’Albania e le sue riforme istituzionali dal 1990 ad oggi
Dopo il 1991, data della fine del regime comunista, il capitalismo
occidentale si era posto per molti albanesi, come simbolo della fine di
un'era e come promessa di una vita migliore. La società stessa, l'economia e
la politica del paese potevano finalmente respirare un'aria diversa da quella
respirata fino a quei giorni bui, anche se, come dimostrerò più avanti,
l'economia così ricambiata, sotto la supervisione del Fondo Monetari
Internazionale e della Banca Centrale, ha portato il paese quasi alla rovina
invece che alla crescita sperata durante tutti gli anni '90. Soltanto più tardi,
all'interno dell'Albania ci si è resi conto che prima di tutto occorreva
cambiare politica per portare la vera democrazia in questo piccolo paese
composto da 3.100.000 abitanti,
15
e per poter mettere in moto un processo
di innovazione e sviluppo socio-economico.
L'improvvisa e rapidissima apertura al mondo di una nazione educata
all'esaltazione del proprio isolamento ha costretto il paese a dover far i
conti con un mondo esterno che non conosceva, in cui non sapeva
assolutamente come muoversi. E' vero, l'Albania si è trovata ad affrontare
problemi tipici dei paesi con economia in transizione, sfide che sono
complesse e molteplici di per sé, che aumentano quando poi si aggiungono
anche pressioni del mondo esterno.
L'approccio di alcune organizzazioni, per certi versi e per alcuni
rappresentanti dei maggiori paesi “Occidentali”, come il FMI, il
“Washington Consensus”, ecc, verso l'Albania non fu dei migliori perché
l'aiuto da tali istituzioni e organismi si è esplicato solo nel dare quel poco
15) Censimento di luglio 2001.
Albania postcomunista. Il nuovo sistema politico e il ruolo dell'Italia
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che bastava per fermare l'esodo di molti albanesi verso l'Occidente.
I cosiddetti “programmi mirati” erano finalizzati a dare incentivi e
aiuti alle imprese, e operavano anche per eliminare povertà e disagi,
destinati al “recupero dei costi” e alla “privatizzazione”, dei servizi
educativi e sanitari. Venivano considerati come costitutivi di una modalità
più efficiente di erogare programmi sociali. Le riforme del FMI e della
Banca Mondiale, però, hanno portato ad un collasso economico e sociale
del paese per tutti gli anni '90, poiché sono state applicate direttive poco
adatte ad un paese che non aveva mai sperimentato modelli di economia
aperta e di concorrenza sui mercati. Non si sono adoperati per aiutare il
paese a munirsi di solide istituzioni e di una sana economia, così che
potesse camminare con le sue gambe dopo l'aiuto iniziale.
Parafrasando il tutto in una metafora è come se si fosse cercato di
mettere le tegole sul tetto di una casa, mentre le sue fondamenta erano
instabili, e non vedere più che dentro la casa continuava a entrare il freddo
e la pioggia, e potersi così illudere che gli abitanti dentro stessero asciutti e
al caldo. Beninteso non dobbiamo lasciarsi prendere da inconcludenti
idealismi: nel mondo attuale è logico che l'improvvisa apertura di un paese
lo inserisca, oltre che nella politica internazionale, nella rete degli
investimenti e del mercato globale. Ma se questo procedimento rimane fine
a se stesso non può in alcun modo fare del bene al paese. Sarebbe come
seminare un terreno che non si è mai lavorato prima.
Comunque, Alia aveva cercato di portare avanti un'apertura al
capitalismo nel 1990, dotando il paese di un programma di riforme
economiche che incoraggiava gli investimenti esteri e forniva maggior
autonomia ai manager delle imprese di stato, riforme queste che permisero
anche ad esponenti della nomenclatura comunista di accumulare ricchezze
Albania postcomunista. Il nuovo sistema politico e il ruolo dell'Italia
13
personali. Sempre nel 1991 l'ex presidente Ramiz Alia veniva rieletto da un
parlamento multipartitico, con i vincitori di una nuova coalizione
“socialista” e al opposizione il partito democratico. Nello stesso momento,
poi, si stabilivano anche le nuove relazioni con Washington.
Nel frattempo, mentre perdurava il caos economico anche a causa di
una sempre più crescente inflazione, quello sociale continuava con rivolte
in strada che precedettero le elezioni del 1992; mentre in parallelo gli
interessi del mondo di alcuni stati occidentali, quali Germania, Italia e
U.S.A, si erano prudentemente piazzati all'interno del paese, stringendo
alleanze politiche con l'establishment ex comunista. Molti di loro avevano
visto in Berisha una figura affidabile, che potesse far prendere al paese la
strada della stabilità. Infatti il nuovo Presidente Berisha conquistò sin
dall'inizio del suo mandato i favori di molti governi occidentali:
rappresentava una cesura col passato regime e dunque una figura in grado
di dare rapidamente stabilità ad un paese da lungo travagliato, per cui era
estremamente importante non esplodere.
16
Verso la fine 1993, soltanto ventuno mesi dopo la vittoria di
Berisha, l'export era cresciuto del 50%; nel 1996 la disoccupazione era
diminuita dal 22%, rispetto al 12% del '93. Il tasso di inflazione era sceso
dal mostruoso valore del 236% del 1992 al 6% del 1995; anche sul piano
dell'ordinamento democratico il paese sembrava fare molti progressi: nel
1994, infatti, l'Albania adottò la Convenzione europea per i Diritti umani e
divenne firmataria dell'Atto finale di Helsinki, entrando così a far parte
dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa);
16) Ricordiamo che in quel periodo l'area dei Balcani era già in balia della feroce guerra nei
territori della ex Jugoslavia, ed era fondamentale non aggiungere altre cause di instabilità nella
zona soprattutto vista la consistenza di minoranze albanesi nei territori già coinvolti dal
conflitto.
Albania postcomunista. Il nuovo sistema politico e il ruolo dell'Italia
14
nel giugno entrò anche nel Consiglio d'Europa
17
e nell'agosto di quello
stesso anno riuscì a dotarsi dei Codici penali e civili, e questo in un paese
in cui tanto la figura del ministro della giustizia quanto la pratica privata
della giurisprudenza erano state da anni abolite da Hoxha come non
necessarie. Ma non tutto, purtroppo, è proseguito secondo questa tendenza
positiva, poiché l'Occidente aveva riversato un fiume di denaro, di modelli
e idee spesso incontrollati e confusi e il sistema economico che si era
venuto a creare era in realtà un non sistema, una sorta di gigante dai piedi
d'argilla pronto a crollare rovinosamente al minimo problema arrivato.
Possiamo infatti avvallare questa tesi attraverso l'osservazione di alcuni
fatti.
Infatti le riforme adattate dal FMI arrivano fino ad un inevitabile
climax verso la fine del 1996, con la rovina del settore industriale e la
quasi disintegrazione del sistema bancario. Nel febbraio del 1997 il primo
ministro Aleksander Meksi ammise senza mezzi termini davanti al
Parlamento che il paese era “sull'orlo del caos macroeconomico...peggiore
persino di quello del 1992”.
18
Tutto era legato anche alle “piramidi”
finanziarie o agli “schemi-truffa” che avevano usato impropriamente parte
dei risparmi dei cittadini .
La maggior parte delle grandi imprese pubbliche erano state
eliminate o per la liquidazione o tramite fallimento forzato, aprendo così la
strada alla disoccupazione di massa. Il sostegno budgetario alle imprese
statali si sarebbe drasticamente ridotto, mentre “occorreva identificare con
chiarezza a quali imprese statali fosse concesso accedere alle risorse
17) Era molto importante per l'Albania di far parte in queste due Organi internazionali dal
momento che comportava per il paese il rispetto di precisi standard democratici e politici.
18) Michel Chossudovsky, La crisi Albanese.
Albania postcomunista. Il nuovo sistema politico e il ruolo dell'Italia
15
pubbliche e a quali condizioni”. Tale dispositivo contribuì a mettere fuori
gioco un'ampia parte delle attività produttive nazionali. Le imprese
pubbliche più redditizie vennero in un primo momento trasferite a
finanziarie controllate da membri della precedente nomenclatura. I beni
statali entro il portafoglio di queste compagnie dovevano essere messi in
vendita, all'asta, al capitale straniero secondo un calendario stabilito in
accordo con le istituzioni di Bretton Woods. Il programma di
privatizzazione ha portato praticamente dall'oggi al domani allo sviluppo di
un classe proprietaria fortemente legata ai dogmi neoliberisti. Dal 1985 al
1995 le importazioni son state raddoppiate e le esportazioni dall'altro lato
diminuite facendo diventare acuta la crisi della bilancia dei pagamenti del
paese.
Il parlamento albanese nel 1992 “licenzia” una legge bancaria che
permetteva la creazione di “fondazioni” e “finanziarie” operanti nel settore
della attività bancarie commerciali. La Banca Centrale aveva insistito sulla
creazione di nuove banche private. Diversi fondi e le “fondazioni”
dovevano operare liberamente accanto alle banche statali quali la Banca
commerciale nazionale, la Banca commerciale rurale e la Casa di
risparmio. La legge tuttavia da un parte dava il via all'espansione degli
intermediari finanziari privati ma dall'altra parte manteneva alcune
“funzioni di supervisione” della Banca Centrale. Sempre la Banca
mondiale aveva chiesto nel 1995 l'adozione di una legislazione che
trasformasse le banche di proprietà statale in società finanziari. Aveva
inoltre chiesto alle autorità di accantonare una consistente quantità di
denaro da assegnare al sostegno delle imprese statali destinate alla
privatizzazione.
Quindi prima di mettere all'asta la Banca commerciale rurale e la