7
I. LA LETTERATURA, LA LETTERA,
ILVIAGGIO
La letteratura di viaggio è per definizione abituata ad oltrepassare i
confini. Al contrario dello studio letterario recente, la vecchia
comparatistica, di stampo positivista, collocava tra le opere inferiori,
rispetto ai generi “alti”, come il romanzo ed il poema, i resoconti di
viaggio, i diari e i libri di lettere, quella che invece oggi è considerata
letteratura odeporica. Questi generi erano analizzati come
“intermediari” e non come veri oggetti letterari. Un legame lontano
nel tempo, che unisce le azioni di viaggiare e di scrivere, mette in
evidenzia il comune principio antropologico di queste due inclinazioni:
«se componente indissolubile dell'esperienza del viaggio è la modalità
del raccontarlo, il viaggiatore e lo scrittore, in certo modo nascono
insieme»
1
. Ed è in epoca illuministica che questo genere manifesta una
straordinaria diffusione attraverso un eccezionale incremento di titoli.
Ma per capire le ragioni di questo successo non è sufficiente voltarsi
all'ambito antropologico, ma è invece necessario ricorrere ad altre
motivazioni: fra le basilari premesse culturali dell'evento è da
sottolineare la nascita, a metà del Settecento, di una nuova materia
filosofica: l'estetica. Come spiega Elio Franzini, questa disciplina
scaturisce «dall'esigenza mediatrice di un contesto culturale in cui si
cerca di porre sul piano della ragione il mondo della contingenza e in
cui, al tempo stesso, valori assoluti come quello della bellezza sono
riportati a facoltà soggettive come il gusto, al buon senso del senso
1
Luca Clerici, Introduzione, in Scrittori italiani di viaggio, a cura di Luca Clerici, vol. I,
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2008, p. IX.
8
comune […], da un lato attenzione alle dinamiche del sensibile,
dall'altro volontà di “razionalizzarlo”»
2
. Hegel stesso ben chiarisce
come la qualità artistica si diffuse investendo “dall'alto” la dimensione
del quotidiano: «l'arte si mescola dappertutto con le sue piacevoli
forme, dal rozzo abbigliamento dei selvaggi fino al fasto dei tempi
adornati con ogni ricchezza»
3
, a dimostrazione sta il fatto che la
componente estetica non è aliena alle attenzioni naturalistiche,
etnografiche e collezionistiche di molti viaggiatori. A questo punto, ad
una esegesi antropologica e filosofica della fortuna dell'odeporica, si
aggiunge un'altra risposta, quella sociologica. Infatti fu proprio
l'incremento della mobilità turistica ad avviare una crescita della
produzione di letteratura di viaggio, dettata da una richiesta sempre
maggiore da parte dei fruitori in vertiginoso aumento.
Come sappiamo una lettera può essere scritta per i motivi più
disparati, in occasioni e modi differenti. L'epistolografia si presenta
come un genere letterario complesso “una forma primaria di
scrittura”
4
, legata ad una ricchissima varietà di funzioni, modelli e
registri espressivi. Il XVIII secolo aveva creduto di trovare nelle
lettere una forma di particolare immediatezza e di autenticità. Ma sarà
soprattutto l'epistolografia del XIX secolo a far percepire al lettore,
grazie ad un minor controllo degli statuti retorici da parte del mittente,
“il rumore e il colore del tempo”
5
. Per dirla con Tommaseo, in
quest'epoca “s'apre il campo allo studio del cuore umano e allo studio
2
Elio Franzini, L'estetica del Settecento, Bologna , Il Mulino, 1995, p. 14 e 18.
3
Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Estetica, edizione italiana a cura di Nicolao Merker,
tomo I, Torino, Einaudi, 1976, p. 8.
4
Gianfranco Folena, Scrittori e scritture. Le occasioni della critica, Bologna, Il Mulino,
1997, p. 273.
5
Gino Tellini, Premessa, in Scrivere lettere. Tipologie epistolari nell'ottocento italiano,
a cura di Gino Tellini, Roma, Bulzoni Editore, 2002, p. 9.
9
de' tempi”
6
. Ed è sicuramente l'Ottocento il secolo che più di ogni
altro ha conosciuto una cospicua fioritura di epistolari, d'autore e non.
Si sono scritte lettere in ogni circostanza: lettere familiari, lettere
commerciali, diplomatiche, di affari pubblici o privati e altre ancora.
La lettera odeporica, per l‟appunto, è una tipologia che ebbe grande
sviluppo, seguendo l'andamento della letteratura di viaggio in generale,
fra Settecento e Ottocento. In queste missive è possibile notare come
ogni viaggiatore spesso annoti, accanto a resoconti di viaggio e alle
preoccupazioni che questo solitamente arreca, riflessioni di storia
politica, impressioni e curiosità circa gli usi e i costumi dei popoli
indigeni. Come ha rammentato Walter Benjamin, «“chi viaggia ha
molto da raccontare”, dice il detto popolare, e concepisce il narratore
come colui che viene da lontano». Gli epistolari possono rivelarsi
fondamentali strumenti di conoscenza poiché manifestano “il ritmo
dell'esistere nelle pieghe e nell'assillo della concretezza quotidiana,
fuori da ogni convenzionale astrazione”
7
.
E se soltanto alcuni diventano scrittori di viaggio, tutti sono autori di
lettere di viaggio. Al tal proposito è doveroso citare la pagina di A
sentimental journey through France and Italy in cui Sterne distingue
tipologie differenti di viaggiatori
8
, fino ad individuarne una inedita, il
6
Niccolò Tommaseo, Dizionario estetico (1840), Firenze, Le Monnier, 1867, p. 598.
7
Laura Diafani, «Unsentimental travellers». La lettera di viaggio in Leopardi e
Tommaseo, in Scrivere lettere. Tipologie epistolari nell'ottocento italiano, a cura di
Gino Tellini, Roma, Bulzoni Editore, 2002, p. 13.
8
Cfr. Laurence Sterne, Viaggio sentimentale, a cura di G. Lavezzi, testo inglese a fronte,
Milano, Rizzoli, 1995, p.98 :«Thus the whole circle of travellers may be reduced to the
following heads. Idle Travellers, Inquisitive Travellers, Lying Travellers, Proud
Travellers, Vain Travellers, Splenetic Travellers. Then follow the Travellers of
Necessity. The delinquent and felonious Traveller, The unfortunate and innocent
Traveller, The simple Traveller, And the last of all (if you please) The Sentimental
Traveller (meaning thereby myself) who have travelled, and of which I am sitting down
10
sentimental traveller, ovvero colui che è avvinto più dalle avventure
del cuore che da quelle che lo stesso viaggio può offrire con i suoi
imprevisti. L'abitudine di redigere una testimonianza del proprio
viaggio va perciò espandendosi anche tra coloro che non
appartengono alla cerchia dei letterati. Leggono letteratura odeporica
tutti coloro che sono in procinto di intraprendere un viaggio, coloro
che desiderano comparare le proprie opinioni con quelle di un
viaggiatore rinomato, o chi non può sostenere gli oneri di un viaggio e
quindi non gli rimane che fantasticare, affidandosi alla lettura, che in
questa circostanza “diventa, come nel caso della letteratura tout court,
tradizionale sostituto di una esperienza autentica, sempre più
desiderabile”
9
.
Ma che cosa significa la parola stessa viaggio? Che designi
comunemente lo “spostamento”, il “tragitto”, come è suggerito dai
dizionari, è a tutti noto. Ma se il viaggio sia da intendere solo in senso
reale o anche in senso allegorico, per aver diritto ad entrare a far parte
del genere della letteratura di viaggio è un problema di non semplice
risoluzione. La parola viaggio deriva dal provenzale viatge che a sua
volta ha origine dal latino viaticum che inizialmente designava gli
“alimenti necessari per compiere la via”, quindi “ciò che viene
consumato durante la strada”. “Si da al tutto il nome di una sua parte,
identificando il viaggio vero e proprio con ciò che lo alimenta”
10
. Una
to give an account - as much out of Necessity, and the besoin de Voyager, as any one in
the class».
9
Luca Clerici, Introduzione, in Scrittori italiani di viaggio, a cura di Luca Clerici, cit., p.
XIII.
10
Domenico Nucera, I Viaggi e la letteratura – Partire, viaggiare, tornare, in
Letteratura Comparata, a cura di Armando Gnisci, Milano, Bruno Mondadori, 2002, pp.
130-131.
11
sineddoche quindi utile per delineare uno degli aspetti più importanti
del viaggio: perché un viaggio sia tale non basta considerare il puro
spostamento che un individuo svolge, ma è doveroso osservare cosa
abbia spronato il suo viaggiare. Dall‟etimologia del termine inglese
travel proviene invece quella sfumatura che spesso caratterizzava i
viaggi di cui si tratterà in questa sede, ovvero quella di travaglio.
Infatti travel conserva nell‟etimologia originaria qualcosa di relativo
alla sofferenza: il tripalium, un antico strumento di tortura così
chiamato poiché formato da tre (tres) pali (palus). E‟ appunto questa
idea di sofferenza che si è conservata nel termine italiano di travaglio.
12
II. VIAGGIATORI NEL SETTECENTO
Già il Seicento ebbe numerosi viaggiatori, secolo in cui ancora il
gusto del viaggiare fine a se stesso, o del viaggio culturale, era frenato
da numerosi, o meglio troppi, riguardi: religiosi, politici, sociali. Il
bisogno di svecchiamento irruppe prepotentemente nel secolo
successivo, il Settecento appunto. “L‟oppressione di quei legami
doveva crescere intollerabilmente, e crescer doveva la forza del
richiamo della vita giovane, che veniva dal di fuori, perché gli si
cedesse. Questo poteva avvenire nel secolo delle rivendicate libertà”
11
.
Come in passato, nel Settecento si continuava a viaggiare per i
motivi più disparati, ma soprattutto nella seconda metà del secolo in
molti intraprendevano viaggi a fini culturali. Già nei secoli precedenti
gli umanisti si erano mobilitati per motivi culturali, una larga parte
alla ricerca di manoscritti preziosi, un‟altra tesa a diffondere i principi
del nostro Rinascimento. Prima di loro, durante il Basso Medioevo,
anche i Clerici vagantes erano soliti compiere viaggi in Europa alla
ricerca di poli universitari che potessero offrir loro le lezioni che
ritenevano più opportune. Ma il motivo che spingeva numerosi
intellettuali a viaggiare in Italia ed in Europa nel Settecento era
alimentato da stimoli differenti come il bisogno di confrontarsi, di
espandere i propri confini per esplorare l‟ignoto. Durante questo
secolo, che Attilio Brilli definisce «il secolo d'oro dei viaggi, degli
itinerari comunemente battuti e di quelli inesplorati, degli amanti
appassionati dell'Italia e dei suoi mille volti, delle instancabili e
11
Leonello Vincenti, Introduzione, in Viaggiatori del settecento, a cura di Leonello
Vincenti, Torino, UTET, 1962, pp. 10-11.
13
geniali viaggiatrici, dell'eccezionale rigoglio della letteratura di
viaggio e delle migliorie che caratterizzavano il viaggio materiale
(strade, ponti, guadi, poste, locande, carrozze)»
12
, la pratica del
turismo si diffonde vorticosamente.
La nostra penisola, forse ancor più che nel passato, continuava a
rimanere meta favorita dagli stranieri, sia da coloro che erano
interessati a portare a compimento il loro percorso intellettuale, sia da
coloro che viaggiavano per piacere, affascinati più dalla vita mondana
che la penisola prometteva di offrire, che dalla fame di sapere. A
testimonianza della grande diffusione del fenomeno Grand Tour in
Italia abbiamo due testi: il Voyage d‟Italie di Maximilien Misson,
apparso in prima edizione nel 1691 in Olanda all‟Aja, composto da
quattro volumi di piccolo formato che divenne un vero best-seller
dell‟epoca; il Voyage en Italie di Joseph-Jerôme de Lalande del 1769.
Questi due testi si sono affermati come veri e propri capifila di questo
genere, ovvero quello della “guida”, strumento sistematico al servizio
di chi intraprende un viaggio, in tal caso in Italia. La fortuna del primo
decadde con la diffusione del secondo, più aggiornato del precedente
poiché edito quasi un secolo dopo. Si può dire che Misson chiuda
l‟epoca dei diaristi e invece il testo di Lalande divenga l‟esempio della
guida sistematica.
Gli intellettuali nostrani invece, a differenza dei “colleghi” europei,
attratti fatalmente dalla culla dell‟antica civiltà e cultura, sentivano
l‟esigenza di uscire “dalle loro città vetuste d‟una gloria inerte”
13
,
12
Attilio Brilli, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Bologna,
Il Mulino, 2006, p. 43.
13
Leonello Vincenti, Introduzione, in Viaggiatori del settecento, a cura di Leonello
Vincenti, cit., p. 10.
14
percepivano la necessità di uno svecchiamento in un tempo che stava
mutando. Il “grande esodo” è individuabile soprattutto nella seconda
metà del secolo, poiché nella prima metà i viaggi degli italiani
avvenivano principalmente per motivi commerciali, religiosi o
geografici. E‟ appunto nella seconda metà del Settecento che
cominciano ad intensificarsi i viaggi in Europa. I paesi in cui si
prediligeva viaggiare erano, come accennato precedentemente, quelli
che emanavano aria di libertà, ovvero Francia, Inghilterra e Svizzera.
Tuttavia ci si spingeva anche oltre: in Spagna, in Russia e in
Scandinavia, anche se sarà la Germania la meta della maggior parte
dei travellers nostrani, soprattutto durante la seconda metà del secolo.
E‟ comunque evidente come fosse comune l‟esigenza di rinnovamento
e di confronto con culture differenti.
L‟insieme dei letterati che lasciarono apprezzabile ricordo dei loro
viaggi all‟interno di corrispondenze sembra essere consistente. Fra
questi è doveroso considerare il veneziano Francesco Algarotti, homo
novus per formazione; i fratelli Pietro ed Alessandro Verri; il gesuita
Francesco Luini; il medico Giovanni Lodovico Bianconi; l‟erudito
Carlo Denina; il toscano Luigi Angiolini; il critico Giuseppe Baretti ed
il celebre Vittorio Alfieri. Caratterizzano alcuni di questi epistolari
settecenteschi la rielaborazione fatta a posteriori dalla maggioranza
degli autori in questione. I libri di lettere, quindi pubblicati, possono
essere considerati un gioco tra realtà e finzione, dove l‟autore può ben
dissimulare le proprie esperienze di vita. Tra loro, alcuni, come
Baretti ed Algarotti, giocarono bene la loro partita, altri, come Alfieri,
non la giocarono, poiché non scrissero mai veri e propri libri di lettere,
ed altri ancora, invece, sfruttarono male questa opportunità.
15
1. Francesco Algarotti
Francesco Algarotti , nato a Venezia nel 1712 e morto a Pisa nel
1764, può essere considerato un precursore dello spirito illuminista, o
quanto meno un modello perseguito in Italia, oltre che “prototipo del
nuovo intellettuale enciclopedico, cosmopolita e viaggiatore”
14
. Come
anticipato, l‟Algarotti è da ascrivere alla cerchia di studiosi chiamati
letterati nuovi: ebbe una formazione sia scientifica che letteraria che
consolidò tra Roma, Bologna e Firenze. Fu viaggiatore instancabile e
frequentatore assiduo di “salotti” e ambienti internazionali, tanto che
quando nel 1735 compì il primo viaggio fuori dall‟Italia, giungendo
per la prima volta a Parigi, non era più uno sconosciuto. Ma ciò che
più di ogni altra caratteristica lo definisce come letterato nuovo è il
desiderio di scrivere per il pubblico e per diffondere informazioni e
concetti utili. Tuttavia la sue opere, anche se si prefiggono
un‟intenzione divulgativa, si pongono come obiettivo il diletto dei
lettori ed è proprio questa caratteristica che distingue l‟Algarotti dagli
illuministi più rigorosi, tesi invece ad un progetto culturale e sociale.
Con la sua opera Il newtonianismo per le dame (titolo poi cambiato
dall‟autore in Dialoghi sopra l‟ottica newtoniana) l‟Algarotti
dimostrò agli intellettuali di tutta Europa le sue qualità di
volgarizzatore. Tuttavia in questa sede appare opportuno occuparsi in
maniera più puntuale dei Viaggi di Russia, un‟opera formata da un
insieme di lettere scritte tra il 1739 e il 1751, periodo che abbraccia sia
il viaggio in Russia, sia quello in Germania, dove lo scrittore conobbe
14
Letteratura italiana e cultura europea tra Illuminismo e Romanticismo, a cura di
Guido Santato, Genève, Edizioni Droz, 2003, p. 21.
16
il futuro sovrano Federico II con cui strinse una solida amicizia.
All‟interno delle lettere viene sempre rispettata dall‟autore
un‟impostazione retorica: nell‟introduzione, nel congedo e nel
procedimento espositivo. Si tratta quindi di una produzione epistolare
sicuramente non lontana da un‟impostazione letteraria, ma anzi, di un
carteggio rivisitato appositamente dall‟autore con l‟intento di essere
pubblicato. Infatti queste missive sono una rielaborazione di quel
materiale diaristico che componeva il manoscritto in cartapecora
bianca intitolato Giornale del Viaggio da Londra a Petersbourg
15
,
testo anonimo ma concordemente attribuito all‟Algarotti. L'autore
compie il viaggio a Pietroburgo al seguito di una delegazione
incaricata di rappresentare re Giorgio II d‟Inghilterra al matrimonio di
Anna di Mecklemburg con Anton Ulrich principe di Brunswick. Nella
parte iniziale, corredata da numerosi disegni, l‟autore segue una forma
diaristica, mentre nella seconda parte procede anche per argomenti:
«delle mine», «della fortezza», «della corte».
Nel 1753, dopo un numero consistente di viaggi in Europa,
l‟Algarotti ritornava in Italia, prima a Venezia, poi a Bologna e
infine, nel 1764, a Pisa dove, cercando un clima più mite, come
poi fece anche l‟illustre Leopardi, morì a soli 52 anni.
Antonio Franceschetti, in un articolo presente nella rivista «Lettere
italiane», compiendo una comparazione fra il Giornale e i Viaggi di
Russia afferma: «anche considerando che fra la stesura dell‟uno e la
prima edizione dell‟altra passarono più di venti anni, non può non
15
Il titolo intero dell‟opera è Giornale del Viaggio da Londra a Petersbourg nel
Vascello The augusta di Mylord Baltimore nel mese di maggio V.S. l‟anno
MDCCXXXIX.
17
colpire la quantità di dettagli, di pagine e di intere sezioni del
Giornale che sono scomparse nei Viaggi lasciando posto ad altre
informazioni che non sembrano aver nulla a che fare con le originali
esperienze dell‟Algarotti a Pietroburgo, in Sassonia e in Prussia»
16
.
Infatti nei Viaggi di Russia l‟Algarotti spesso racconta di cose che in
realtà non vide mai, ma che in realtà trovò scritte altrove.
L‟edizione definitiva dei Viaggi, quella livornese del 1764, che
rispecchia sostanzialmente l‟ultima volontà dell‟autore, anche se
l‟Algarotti non vide mai questa edizione, presenta una struttura
eterogenea: le prime due missive hanno carattere odeporico; dalla
terza alla sesta ci si trova di fronte a lettere di carattere saggistico che
trattano aspetti economici, militari e geopolitici dell‟impero russo; la
settima e l‟ottava sono una relazione sulla guerra russo-turca avvenuta
tra il 1736 e il 1739, mentre le ultime quattro sono di argomento
scientifico e si concentrano, in generale, sulla Russia. A tale varietà è
collegata la scansione temporale con cui le lettere furono “inviate”: le
prime otto nel 1939 a Lord Harvey, mentre le altre quattro a Scipione
Maffei tra il 1750 e il 1751.
Così l‟Algarotti racconta del suo viaggio per Helsingør
17
in una
missiva datata 10 giugno 1739, destinata appunto a John Hervey of
Ickworth (1696-1743), statista e scrittore inglese e vice Ciambellano
d‟Inghilterra a Londra:
16
Antonio Franceschetti, L‟Algarotti in Russia: dal “Giornale” ai “Viaggi”, in
«Lettere italiane», a. XXXV, n. 3, luglio-settembre 1983, p.317.
17
Meglio conosciuto in Italia col nome di Elsinore, è un comune danese situato nella
regione di Hovedstaden.