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Introduzione
“Una volta partito non torni più indietro.” Questa è una frase che amo ripetere spesso, quando la
gente mi guarda attonita, cercando di capire quest‟amore incondizionato per la lingua tedesca; sono
partito per l‟Erasmus con un‟idea già ben precisa della Germania e della gente che la popola, ma poi
mi sono letteralmente innamorato, e allora sì che non torni più indietro, per lo meno col cuore. A
dire la verità ero già innamorato da parecchi anni, dalle scuole medie addirittura; e fu proprio in
prima media che la mia famiglia mi spinse ad intraprendere il faticoso cammino di apprendimento
di questa “seconda lingua”, come molto spesso figura nei programmi scolastici. Proprio allora mi
resi conto di quanto mi prendesse emotivamente questa lingua, così simile ma completamente
diversa dall‟inglese.
Il mio percorso continua alla scuola superiore, quando solo poche persone della mia classe decidono
di unirsi a me nella classe di tedesco, mentre la restante parte si dedica, quasi come un dovere e non
un piacere, alla lingua spagnola; a me, testardo, è invece dedicata questa classe di 25 alunni, quelli
ricavati da ben tre sezioni differenti. Che importa, ormai c‟ero abituato, ed anzi ti permette di
conoscere meglio le altre (poche) persone, “pazze” come te, che hanno deciso di tentare la fortuna;
il primo anno trascorre bene, forse per inerzia delle conoscenze acquisite nel precedenti anni, ma gli
altri due (la terza lingua, infatti, era programma del triennio) si rivelano molto più duri del previsto.
Nonostante tutto, me la cavo egregiamente e con uno spirito rinvigorito da uno scambio culturale in
Germania al quarto anno, mi appresto ad iscrivermi all‟università, Lingue e Culture europee, of
course. Si ripete quindi un ritornello che mi trascino fin da tenera età: i pochi iscritti. E quindi la
difficoltà di dividere gli studenti in gruppi a seconda dell‟esperienza maturata con la lingua tedesca,
la difficoltà con gli orari e via dicendo. Il fatto di essere sempre stato uno dei pochissimi maschi a
fare questa scelta non mi ha mai disturbato particolarmente, anzi…
Già nel corso del primo anno mi sono accorto che il mio posto non era qui ma “là”, ovvero in
Germania; volevo andare incontro alle mie aspettative di studente modello, non certamente per i 30
che non ho mai preso negli esami, piuttosto per rincorrere questa passione, questo sogno che va ben
al di là di una sterile votazione universitaria. Fin dal primo anno di università dunque, il mio
obiettivo era ben chiaro, e nell‟ottobre del 2008 sono partito alla volta di Saarbrücken. Il mio
periodo di permanenza, inizialmente previsto di sei mesi, è stato poi prolungato a dieci mesi, che il
tempo in Erasmus passa veloce, troppo veloce.
Sono dunque alla chiusura del mio breve racconto autobiografico, “Una volta partito non torni più
indietro.” Fisicamente sei qui, certo, ma la tua mente viaggia e viaggia, ed arrivi ad un punto, il
terzo ed ultimo anno di corso che pensi: “Su cosa dovrà concentrarsi la mia tesi?”. Il tedesco,
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ovviamente, e la traduzione, che in quei dieci mesi ha avuto un ruolo fondamentale per me, quasi di
sopravvivenza i primi tempi. La scelta del materiale da tradurre è stata forse la parte più semplice
del tutto, in quanto mi trovavo ancora all‟estero, e già pensavo al fatto che “Der Spiegel – Jahres-
Chronik 2008 Der Rückblick“ sarebbe diventato la base della presente tesi.
1 - “Der Spiegel”: uno dei settimanali più letti in Germania
La scelta della fonte primaria, per me, non poteva che cadere sullo “Spiegel”, di gran lunga il
settimanale tedesco più letto e conosciuto in Germania e nel mondo. Ne ho sempre sentito parlare,
spesso ho comprato delle copie da sfogliare per piacere personale, ma mai mi era capitato di
pensare che potesse diventare la base su cui elaborare la mia tesi di laurea.
Il primo numero dello “Spiegel” risale addirittura al secondo dopo guerra, il quattro gennaio 1947,
per la precisione, e la casa editrice si trovava ad Hannover, luogo di nascita del fondatore, Rudolf
Augstein; nato da una famiglia borghese e cattolica, alla tenera età di nove anni fu mandato a
studiare dai genitori in un diverso quartiere della città, ritenuto subire meno dell‟influsso del
nazionalsocialismo che ammorbava la Germania all‟epoca.
La nascita dello “Spiegel” è qualcosa di molto particolare: all‟età di 23 anni, Augstein rilevò
insieme a due colleghi la rivista “Die Woche”, che era pubblicata in Germania con la supervisione
delle forze militari inglesi. Fin dal primo numero della rivista, Augstein fu direttore responsabile ed
editore; la sede prescelta fu l‟Anzeiger-Hochhaus, un celebre grattacielo ad Hannover, uno dei primi
costruiti in Germania, nella prima metà del secolo scorso. Poco dopo la nascita venne dichiarato lo
statuto del giornale: „Alle im Spiegel verarbeiteten und verzeichneten Nachrichten, Informationen,
Tatsachen müssen unbedingt zutreffen. Jede Nachricht und jede Tatsache ist [...] peinlichst genau
nachzuprüfen.“
“Tutte le notizie scelte e trattate, le informazioni date e i fatti devono essere assolutamente veritieri.
Ogni fatto e ogni notizia deve essere scrupolosamente verificato.” (traduzione mia)
1.1 - „Der Spiegel“ Jahres Chronik 2008 – Der Rückblick
La “Jahres-Chronik” viene pubblicata ogni anno a fine dicembre, come numero speciale dello
“Spiegel”, e raccoglie in poco meno di 250 pagine (l‟edizione da me in possesso, del 2008) gli
eventi più importanti accaduti nel corso dell‟anno. Vengono trattati gli argomenti che hanno
suscitato più emozioni, che hanno fatto più scandalo o semplicemente fatti che hanno attirato molta
attenzione mediatica.
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Per quanto riguarda la mia tesi, ho deciso di concentrarmi su argomenti che hanno interessato
maggiormente la Germania, senza però tralasciare un confronto dovuto con l‟Italia, soprattutto in
virtù di fatti di portata internazionale, e di personaggi dal forte peso istituzionale e mediatico. Le
tematiche toccate spaziano dalla politica alla società, dalla scienza allo sport, dalla moda alla
letteratura; ecco, nell‟ordine della traduzione da me svolta, gli articoli estratti dalla “Jahres-
Chronik”:
1. Amore per il lusso: il ritiro dalle scene dello stilista Valentino.
2. Corsa a Fiocco: la mania per l‟orsetto nato in cattività allo zoo di Norimberga.
3. Napoli affoga nella spazzatura: la capitale partenopea in un momento di crisi, vista dai
tedeschi.
4. Non-parole: chi vincerà il premio per il neologismo dell‟anno?
5. Amicizia in fiamme: un incendio in un appartamento a Ludwigshafen, rischia di mandare in
fumo l‟amicizia creata faticosamente tra tedeschi e turchi.
6. Il perfetto moralista: un governatore americano alle prese con escort ed sms bollenti.
7. Il padre, la bestia: la terrificante vicenda di un uomo austriaco che ha costretto la figlia,
reclusa in uno scantinato, ad avere rapporti incestuosi per 24 anni.
8. Il ritorno di Silvio: il Premier Berlusconi torna, dopo una breve pausa, alla presidenza del
Consiglio.
9. L‟angelo di ghiaccio: il portiere tedesco Oliver Kahn saluta il pubblico per la sua ultima
partita da giocatore professionista.
10. Un poeta della politica: la vittoria di Barack Obama sulla sfidante Hillary Clinton.
11. Tra cucina e boudoir: una mostra di pittrici impressioniste a Francoforte.
12. La Cermania è cool: errori ed orrori grammaticali nella TV tedesca.
13. I segni distintivi dei re: la carriera dello stilista Yves Saint Laurent.
14. “This way, please!”: l‟esperienza di una schermitrice tedesca alle Olimpiadi di Pechino.
15. Ad un tratto sotto le palme: l‟incredibile exploit artistico di una rock band tedesca di
teenager.
16. Sono tutti colpevoli: il doping nel ciclismo.
17. Molta robaccia: un famoso critico tedesco rifiuta l‟assegnazione di un premio per la carriera.
18. La vittoria della speranza: il post-elezione del neo presidente Obama.
19. Contro il muro: la vicenda che ha visto protagonista Andrea Ypsilanti, bloccata nelle sue
aspirazioni di presidente della regione.
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20. Coltivare asparagi su Marte: è davvero possibile la vita sul Pianeta Rosso?
21. L‟umida arma multiuso: il pepato e controverso libro di Charlotte Roche.
22. “Schiavi d‟interessi a breve termine”: un‟interessante intervista sulla situazione delle materie
prime del Pianeta.
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1 - Amore per il lusso
Ha vestito le “star” degli anni ‟60 e fatto del colore rosso brillante la sua bandiera. Con un “Haute-
Couture show” a Parigi, Valentino si congeda dal mondo della moda.
Quando si vuole comprendere quale sia l‟essenza di Valentino Clemente Ludovico Garavani, è
necessario conoscere tre aneddoti. Il primo: da adolescente, Valentino vide al cinema il film
“Ziegfeld Girl”
1
con le “star” di Hollywood Hedy Lamarr, Lana Turner e Judy Garland. Gli abiti
delle splendide protagoniste lo avrebbero “fatto sognare”, raccontò Valentino in seguito. Da questo
momento volle concepire i propri abiti.
Il secondo aneddoto ci porta ai quattordici anni del futuro stilista: un giorno disse alla madre che, da
quel momento in poi, avrebbe indossato solo scarpe fatte a mano, al pari dei maglioni. Non volle
più indossare le cose che a centinaia– o a migliaia si trovavano nei negozi.
Terzo aneddoto: quando Valentino uscì per le strade di Roma agli inizi degli anni ‟60, andò al Café
de Paris, in via Veneto; esso rappresentava il centro della Dolce Vita: in questo bar bevvero il
proprio espresso o mangiarono un gelato, le persone più famose, belle e ricche della città. Proprio in
questo luogo, Valentino conobbe Giancarlo Giammetti, suo amico e socio d‟affari, uno studente di
architettura ricco, annoiato e con un innato senso degli affari: grazie a lui, Valentino trovò
l‟ingresso nell‟alta società.
Senso della bellezza, amore per il lusso e ottimi rapporti con i VIP– sono questi i tre fattori che
permisero a Valentino di diventare uno degli stilisti più bravi e di successo del suo paese. Nel 1975
fu il primo italiano a esporre a Parigi il proprio Prêt–à–porter, fu il primo italiano che fece della
propria ditta un‟impresa internazionale che poteva vantare più di 40 licenze, fu il primo stilista
italiano che portò, a proprio nome, una società per azioni in borsa.
Il 23 gennaio 2008, all‟età di 75 anni, Valentino dà l‟addio alle passerelle con un “Haute–Couture–
Show” nel giardino del museo Rodin di Parigi, con un totale di circa 700 invitati. Per 46 anni ha
concepito a suo nome il mondo della moda facendo del “rosso-valentino” il suo cavallo di battaglia,
vestendo le “star” degli anni ‟60 – Jackie Kennedy, Elisabeth Taylor, Gina Lollobrigida –, e
contemporanee come Julia Roberts, Scarlett Johansson, Cameron Diaz e Cate Blanchett, che hanno
indossato sui tappeti rossi hollywoodiani i suoi sogni di seta.
Dagli anni ‟60 a oggi, hanno posato per le sue pubblicità di volta in volta le supermodelle di ogni
epoca, da Veruschka a Claudia Schiffer a Kate Moss, fino a Gemma Ward e Iselin Steiro. I
1
Serie di musical facenti parte della raccolta “Le follie di Ziegfeld”, dal produttore Florenz Ziegfeld Jr. (n.d.t)
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materiali per i suoi eleganti abiti senza tempo, non furono mai costosi abbastanza: abbondanti
paillettes, strass, e pizzi fatti a mano; uno dei suoi modelli di “Haute–Couture” era completamente
guarnito di coralli color salmone. Anche la sua vita privata si trasformò da sogno a lusso concreto:
case a Roma, sull‟isola di Capri, vicino a Parigi, a Londra e un appartamento a New York.
La storia di Valentino non somiglia di certo alla fiaba di Cenerentola; suo padre possedette un
negozio di vendita all‟ingrosso di elettrodomestici e, nonostante immaginasse probabilmente un
altro futuro per suo figlio, fu d‟accordo che lo stesso, appena diciassettenne, andasse prima a
Milano e poi a Parigi per frequentare la scuola di moda. Lo sostenne economicamente per sette
anni, nei quali Valentino sgobbò per un magro salario negli atelier di Jean Dessès e Guy Laroche.
Tutto ciò non rappresentava però nessuna prospettiva per Valentino, che tornò quindi a Roma e aprì
nel 1959 il suo primo negozio in via Condotti. Coinvolgendo perfino un amico, i suoi genitori
finanziarono il tutto; dopo poco tempo, non vedendo nessuna prospettiva futura in quel negozio,
vendettero la loro villa di campagna per continuare a finanziarlo.
Fu invece una grande fortuna per Valentino conoscere Giammetti, nel 1960: una fortuna non solo
personale ma soprattutto professionale. Valentino si era già fatto un nome nell‟ambiente, ma i grossi
guadagni restavano un sogno. Giammetti convinse Valentino a mostrare i suoi abiti alla mostra di
Firenze e, due anni dopo, proprio a Firenze, sfilarono sulla passerella abiti concepiti da lui stesso –
fu l‟ultima sfilata dell‟ultimo giorno, e fu un evento sensazionale. La predilezione per il lusso e
l‟eleganza proprie dello stilista, incontrarono il gusto dell‟epoca, nella quale la “Dolce Vita” ebbe
un ruolo fondamentale nel rompere la sobrietà degli anni ‟50.
Il 1968 fu l‟anno delle rivolte studentesche di Parigi, che segnarono, anche nel Belpaese, la perdita
di una calma apparente: le Brigate Rosse iniziarono una lunga serie di attentati e rapimenti che
segnarono pesantemente i primi anni ‟70. Valentino girava per Roma su una Mercedes blindata,
mentre, ormai da tempo, il jetset di ricchi, intellettuali e artisti aveva abbandonato la città in favore
di altri lidi: Parigi era il luogo più “in”, il “must” dell‟epoca, e lo fu anche per Valentino, che
cominciò così a presentare le proprie collezioni nella città degli innamorati, portando, nel 1990,
anche le collezioni di “Haute Couture”.
Il mondo della moda della fine del XX secolo fu dominata dai gruppi LVMH e Prada, entrambi
appartenenti al settore della moda di alta classe. Sulla scia dell‟apertura del mercato verso nuovi
continenti e nuovi investitori, anche Valentino volle vendere la propria griffe: il 1998 segnò
un‟epoca e lo stilista vendette il tutto per 300 milioni di dollari ad un singolo investitore. Lo stilista
era ora molto, molto ricco, ma non più il padrone: nel 2002, durante una conferenza che lo portò
perfino alle lacrime, comunicò la notizia della vendita della Casa di moda alla Marzotto Group, che
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formò con altre aziende la “Valentino Fashion Group”, quotata dal 2005 in Borsa. Tre anni prima
dell‟addio alle passerelle, così si espresse lo stilista in un‟intervista: “Possiedo cose preziose come
yacht di lusso e ville meravigliose; mi si dice spesso che sarei un folle, perché tutte queste ricchezze
non corrispondono più al mondo odierno, nessuno vive come me. Forse ho sbagliato, ma desidero
tenermi strette queste cose: vedere la perfezione. Qualcuno mi ha detto: „Hai troppe abitazioni,
troppi appartamenti‟. Troppi... Per chi?”
Marianne Wellershoff
2 - Corsa a “Fiocco”
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Knut, l‟orso-culto, di Berlino, è ormai maturato. Ecco dunque spuntare un nuovo dramma
zoologico, in cui è coinvolto un altro orso. Tutta la faccenda ruota attorno alla prole dell‟orsa
“Vera”, che vuole abbandonare il proprio piccolo, con gli zoologi che si chiedono (come nel caso di
“Knut”) se il piccolo debba essere svezzato da loro stessi oppure morire miseramente di fame; come
sostiene fermamente il direttore sostituto dello zoo Helmut Mägdefrau, la “stupida Knut-mania” e la
commercializzazione dell‟immagine di quell‟“animaletto così dolce” non si ripeteranno a
Norimberga. Parole terribili, che portano tutti i fan degli orsi sul piede di guerra. Gli animalisti
pretendono le dimissioni dell‟insensibile guardacaccia, il partito CSU vede in questa decisione “un
immenso danno d‟immagine per la città”. Stizziti, gli zoologi tornano sui loro passi, e i media si
lanciano enfatici sulla graziosa orsa che, dopo consultazione popolare, dovrebbe chiamarsi
“Fiocco”. L‟ammirato animale, nel frattempo, si lascia massaggiare il ventre dagli addetti allo zoo e
grugnisce dopo dolci grattini dietro le orecchie come “un porcellino adulto”. Il famoso Knut ha già
superato questa fase, cambiando pelliccia, ora di colore grigio, e trovando in “Fiocco” la sua
possibile compagna di vita.
3 - Napoli affoga nella spazzatura
I politici italiani invocano a gran voce lo stato d‟emergenza e si lamentano per la brutta figura
subita dall‟intera nazione: da più di dieci anni, Napoli soffre di un terribile problema legato alla
spazzatura, divenuto oggi un disastro, che causa anarchia e agitazioni nella popolazione partenopea.
Nei viali e nei vicoli tipici della città si ergono metri di spazzatura, centinaia di migliaia di
tonnellate di rifiuti di materiale plastico, rifiuti organici, auto bruciate e automezzi della nettezza
2
Fiocco, orso bianco nato in cattività nello zoo di Norimberga, si è subito guadagnato una grande eco mediatica, fin
dalla sua nascita, l’11 dicembre 2007. (n.d.t.)
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urbana ridotti ormai a catorci. Rifiuti domestici e vecchi pneumatici vengono dati alle fiamme;
inoltre sono fatte chiudere le scuole, per evitare che i bambini si trovino a guadare tutta la sporcizia
lasciata dai ratti che infestano la città; le discariche nell‟intera regione Campania sono da ormai
molto tempo piene oltre misura e, ancora una volta, gli assessori comunali hanno promesso la
costruzione di nuovi inceneritori, che ovviamente non si sono ancora visti. Solo la camorra ha
approfittato dello smaltimento dei rifiuti: nel 1996 fu chiusa l‟unica discarica comunale per
problemi di salute agli abitanti della zona. Nonostante tutto, gli stessi napoletani non erano disposti
alla costruzione di nuove discariche. Ora che le forze dell‟ordine vogliono rimettere in moto la
macchina della nettezza urbana, cominciano a scoppiare rivolte nelle strade contro la polizia; atto
finale: arriva l‟esercito e porta via il grosso della spazzatura con grossi bulldozer. Parte dei
puzzolenti rifiuti sono stati trasportati verso inceneritori tedeschi.
4 - Non-parole
L‟elezione di “Unwort des Jahres”
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è un appuntamento fisso nel mondo della tutela della lingua
tedesca. Dal 1991 vengono scelte annualmente le parole più bizzarre, “parole, nel contenuto rozze,
grossolane e inadeguate, che talvolta offendono perfino la dignità umana.” La procedura di scelta è
piuttosto contestata: alcuni critici hanno sollevato dubbi sull‟effettiva validità tecnica del
“concorso”, che ritengono piuttosto appartenere alla categoria dei Quiz show. Per lo meno, la Non-
parola rappresenta temi sociali, in strutture come “Rentner–schwemme” o “sozialverträgliches
Frühableben”
4
. Nel 2007 sono giunte appena mille parole candidate al giudizio degli esperti, e
stavolta sale sul primo gradino del podio una parola che tanto ha destato scandalo, che proviene
direttamente dalla politica della famiglia: “Herdprämie”
5
. Così è si chiama il mostro che –parole
della giuria– “diffama i genitori e soprattutto le donne, che educano i propri figli in casa anziché
avere per diritto un posticino in un asilo.” Sul secondo gradino del podio sale la sottovalutata parola
3
“Non-parola dell’anno”. (n.d.t.)
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Termini che potremmo tradurre rispettivamente come “invasione dei pensionati” e “morte socialmente utile”.
(n.d.t.)
5
“Herd” significa propriamente “fornello” o “focolaio”. Ecco perché è ritenuto tanto offensivo nei confronti della
donna. “Herdprämie”, più in generale, può essere interpretato come “sussidio educativo”. (nd.t.)
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klimaneutral”
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. Il re della musica pop Dieter Bohlen non riesce a giungere sul podio, con
l‟espressione “sensibile” “epileptisches Singen”
7
.
5 - Amicizia in fiamme
Brucia, a Ludwigshafen, l‟abitazione di una grande famiglia turca. Muoiono nove persone e altre 60
rimangono ferite.
C‟è una fotografia che, alla sola vista, toglie il fiato a tutte le persone tra Berlino e Istanbul: dal
terzo piano di un palazzo in fiamme viene lanciato un piccolo bambino; non si intravedono
materassini per attutirne l‟urto col suolo, e dalle finestre escono dense nubi di fumo nero. La foto
mostra l‟inizio della caduta libera del bimbo, i piccoli arti distesi dalla disperazione e dalla paura.
Pochi attimi dopo, il piccolo turco di nome Onur, che non ha ancora spento la sua prima candelina,
atterra tra le braccia del commissario di polizia tedesco Uwe Reuber.
È la peggiore scena dell‟inferno, ma allo stesso tempo ne rappresenta una più conciliante tra turchi e
tedeschi. Tutto ciò ha inizio a Ludwigshafen il 3 febbraio, domenica di Carnevale. Nell‟incendio
rimangono uccise 9 persone tra donne e bambini e altri 60 i feriti. Poco dopo, a Danziger Platz,
rimane nella cenere non solo la vecchia e ormai disabitata casa plurifamiliare, ma,
temporaneamente, anche l‟amicizia turco-tedesca.
Sebbene il presidente della Renania-Palatinato, Kurt Beck, abbia voluto abbassare i toni già il
giorno successivo alla disgrazia, non ci sono state infatti allusioni di carattere xenofobo, non
possono essere fermate le voci che a causare il disastro sia stato un atto doloso. Due bambine turche
di otto e nove anni, seriamente traumatizzate dal rogo, sostengono di aver visto un uomo appiccare
il fuoco ad una carrozzina, salvo ritrattare tutto più tardi. Il fatto che non possa essere escluso
nemmeno un guasto tecnico, favorito probabilmente dal precario stato della rete elettrica interna o
dalle fondamenta marce dell‟edificio risalente all‟anno 1898, è una questione secondaria per i
politici.
Gli esperti necessitano di mesi per stabilire le cause effettive che hanno scatenato il rogo, mentre
passano poche ore dal disastro che i notiziari turchi, ricordando gli attentati a sfondo xenofobo a
Mölln e Solingen avvenuti negli anni ‟90, titolano “Ora ci bruciano di nuovo”. I politici non aiutano
la situazione, e continuano a gettare benzina sul fuoco.
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“clima neutrale”. (n.d.t.)
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“cantare epilettico”. (n.d.t.)