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INTRODUZIONE
Questo è un lavoro che vuole studiare le caratteristiche e le dinamiche del passaparola
con un’attenzione particolare rivolta al passaparola on-line, e indagare questo fenomeno
attraverso un’analisi empirica riferita al settore cinematografico.
Lo scopo è quello di verificare un aspetto unico del passaparola, cioè il suo essere causa e
conseguenza delle vendite: un processo nel quale il passaparola influenza positivamente
le vendite, le quali a loro volta generano un flusso maggiore di passaparola.
Nel contesto cinematografico significa capire se esiste una relazione biunivoca tra incassi
al botteghino e recensioni on-line, intese numericamente e come voto di recensione.
Un altro punto sul quale il presente lavoro vuole dare una risposta, riguarda la relazione
tra il passaparola positivo e la quantità dello stesso; nel contesto cinematografico in
questione significa verificare se esiste una qualche relazione tra il voto di recensione e il
numero di recensioni per film.
Il passaparola è l’azione di alcuni consumatori o clienti che consiste nella diffusione,
attraverso una rete sociale, di informazioni e/o consigli tra consumatori, e come tema si
inserisce nella vasta disciplina del marketing. Un altro appellativo per chiamare il
passaparola è Word of mouth, abbreviato in WOM.
Questo scambio di informazioni è un fenomeno che permea tutta la società, perché le
persone si scambiano continuamente opinioni: i consumatori raccontano ai propri amici,
parenti o conoscenti circa un ottimo paio di scarpe o della comodità di una nuova
tecnologia, si lamentano del pessimo soggiorno in un hotel o di come hanno mangiato la
sera prima al ristorante. Si stima che queste conversazioni generino oltre 3,3 miliardi di
commenti sui brand (Keller e Libai, 2009) ed interessano di tutto, dalle medicine
prescritte dal medico (Iyengar, Van den Bulte e Valente 2009) ai beni di consumo (Godes
e Mayzlin, 2009; Leskovec, Adamic e Huberman, 2007; Moe, 2009).
Il fenomeno del passaparola è giunto ai massimi livelli di importanza nell’arco degli
ultimi vent’anni, continuamente in crescendo, grazie all’uso sempre maggiore di Internet
e alla proliferazione di siti social-network, blog e forum di discussione, i quali facilitano
notevolmente questi scambi di informazioni. Il passaparola on-line viene chiamato
brevemente e-WOM, stando ad indicare tutte le informazioni, consigli e giudizi scambiati
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sul web (attraverso blog, forum e social-network) tra gli utenti e consumatori di un
qualsiasi prodotto o servizio.
L’importanza del passaparola è cresciuta anche grazie al passaggio, relativamente
recente, da una visione di marketing transazionale a una relazionale, la quale pone
l’individuo e consumatore in primo piano.
Lo schema seguito è illustrato qui di seguito:
Nel primo capitolo descrivo il passaparola nelle sue generalità, soffermandomi sul
marketing del passaparola e sulle sue varie forme; nel paragrafo 1.3 spiego poi
l’importante differenza tra pubblicità e marketing del passaparola.
Nel secondo capitolo passo in rassegna le possibili cause o antecedenti che stanno alla
base del passaparola e che lo generano.
Nel terzo capitolo individuo i fattori soggettivi esistenti alla base di una partecipazione
attiva al meccanismo dello scambio di informazioni, evidenziando le motivazioni che
spingono due o più soggetti a prendere parte al processo.
Nel quarto capitolo affronto l’argomento del word of mouth on-line, inteso come
evoluzione del comune passaparola; nel paragrafo 3.1 descrivo i tre fattori grazie ai quali
il passaparola influenza le decisioni di acquisto dei consumatori: forza della relazione,
omofilia e credibilità della fonte. Questi tre sono analizzati sia nel contesto del
passaparola on-line che in quello off-line; nei paragrafi 3.2 e 3.3 poi illustro le differenze
tra questi due contesti.
Nella seconda parte viene discussa l’analisi sperimentale sul settore cinematografico e
vengono riportati i risultati dello studio. Lo scopo di quest’ultimo è verificare attraverso
una serie di variabili, inserite in più modelli di regressione lineare, se il passaparola on-
line (inteso come numero e voto delle recensioni degli spettatori in sala, quindi misurato
quantitativamente e qualitativamente) influisce sugli incassi al box office. Poi
procedendo nel modo inverso, capire se gli stessi incassi settimanali al box office a loro
volta influenzano il volume del passaparola intorno alla pellicola, alimentando così un
presunto meccanismo circolare e virtuoso. Per rendere più completa la mia ricerca,
aggiungo anche altre variabili, come il numero di schermi, la presenza di attori famosi
nel cast, il fatto che il film sia un sequel o remake e il genere dello stesso (queste ultime
tre come variabili dummy). Infine indago in che modo queste variabili a loro volta
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influiscono sugli incassi e sul numero di recensioni.
Il quinto capitolo apre con un’introduzione sul settore cinematografico, spiegando lo
scopo dell’indagine. Nel sesto capitolo parlo del metodo di ricerca dei dati e
successivamente descrivo le variabili utilizzate per la costruzione del modello di
regressione, il tutto supportato da un’ampia della letteratura sul tema.
Nel settimo capitolo procedo con un’analisi descrittiva del campione di film in esame;
nell’ ottavo capitolo mostro i modelli di regressione attraverso i quali rispondo alla mia
tesi sul meccanismo tra passaparola e incassi al box office, e infine nel nono capitolo
vengono formulate le conclusioni.
In fondo, un’appendice contiene alcune immagini relative alla stampa dei siti Internet
considerati come fonti dei dati per l’analisi sperimentale e altre tabelle di analisi
descrittiva.
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1. IL PASSAPAROLA COME FENOMENO SOCIALE E IL MARKETING
DEL PASSAPAROLA
Prima di parlare in specifico del word of mouth on-line, ritengo sia giusto inquadrare
l’argomento in generale, cioè il passaparola come forma di comunicazione sociale che
influenza il comportamento dei consumatori. E’ evidente che alcuni concetti e
implicazioni si ritroveranno inevitabilmente anche nel contesto del word of mouth on-
line.
Il passaparola non è altro che l’azione di alcuni consumatori o clienti che consiste nel
fornire informazioni e giudizi ad altri potenziali utenti circa il prodotto/servizio
acquistato, e in generale di condividere le proprie esperienze. Una definizione presa da
Westbrook (1987) afferma che il passaparola è costituito da “comunicazioni informali
dirette ad altri consumatori circa il possesso, l’uso o le caratteristiche di prodotti e
servizi e/o i loro venditori”. Ancora, Arndt (1967) lo definisce “una comunicazione
persona a persona tra un comunicatore non commerciale e un ricevente, relativa ad un
marchio, un prodotto o un servizio messo in vendita”. Questo tipo di conversazione
informale è il meccanismo più antico attraverso il quale le opinioni su prodotti, brand e
servizi vengono espresse e diffuse (Lau e Ng, 2001).
Il marketing del passaparola a sua volta ha il compito di dare alla gente un motivo per
parlare di alcuni prodotti/servizi, e di facilitare questo scambio di informazioni;
rappresenta l’arte e la scienza nel costruire una comunicazione attiva e mutualmente
utile nella relazione consumer-to-consumer o consumer-to-marketer. Il mondo del
business conosce molto bene il potere del passaparola, dal momento che innumerevoli
ricerche hanno evidenziato che esso è importante nelle decisioni di scelta e di acquisto in
molte aree commerciali, per esempio dei beni e del cibo (Katz e Lazarsfeld, 1955),
medica (Coleman, Katz e Menzel, 1957), dell’agricoltura (Katz, 1961), automobilistica
(Newman e Staelin, 1972), nell’adozione di nuovi prodotti (Engel, Keggereis e
Blackwell, 1969; Rogers, 1983; Sheth, 1971) e nel settore dei servizi (Mangold, Miller e
Brockway, 1999). Uno studio di McKinsey & Co. ha per l’appunto dimostrato che il
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67% delle vendite di un bene è associato al passaparola. (Taylor, 2003).
Il concetto di fondo è che le persone utilizzano il passaparola e il suo contenuto per
ridurre l’incertezza e il rischio derivante da una scelta di acquisto. “I manager in
definitiva sono interessati allo scambio di informazioni tra consumatori per una semplice
ragione: il successo di un prodotto è legato al passaparola che esso genera; infatti
esistono come abbiamo visto evidenze empiriche che dimostrano un collegamento
positivo tra il passaparola e la vendita dei prodotti” (Godes e Mayzlin, 2003).
L’obiettivo del marketing del passaparola è quello di massimizzare i giudizi positivi
riguardo a un determinato prodotto/servizio (Rosen, 2009, pag.2).
E’ poi fondamentale riconoscere che il cliente insoddisfatto è altrettanto potente: esso
può infatti lamentarsi per una ragione fondata, aiutando l’impresa a individuare un
problema rimediabile (Rosen, 2009, pag.19). Quest’ultimo concetto spesso viene
trascurato, infatti negli anni, nonostante molti studi siano stati intrapresi, ci si è
concentrati soprattutto sul passaparola positivo rispetto a quello negativo. Per
passaparola negativo intendiamo informazioni e giudizi negativi di clienti insoddisfatti
verso un certo prodotto. Per capire il peso del passaparola negativo, basti pensare che
ostacola le vendite di un nuovo cibo due volte di più di quanto un passaparola positivo
non lo promuova (Arndt, 1967). Infine esso ha la proprietà di diffondersi in maniera più
vasta, quindi di raggiungere più persone (Richins, 1984). Ecco un chiaro motivo per
l’implementazione di un corretto marketing del passaparola: siccome ci saranno sempre i
commenti negativi (a volte perfino di gente che non ha mai avuto a che fare col prodotto,
ma solo per sentito dire), il fatto di creare richiami che spingono chi ha avuto esperienze
positive con un prodotto a parlarne, ridurrà l’incidenza dei commenti negativi sul mix
complessivo. “La questione cruciale è la seguente: un’azienda può e deve essere fattiva
nell’opera di minimizzazione del passaparola ingiustamente negativo e di
massimizzazione di quello positivo; non è una faccenda da potersi permettere di lasciare
al caso” (Rosen, 2009, pag.20).
In aggiunta, uno studio di Sweeney (2005) ha dimostrato come il passaparola positivo
sia più cognitivo e razionale e più associato alla qualità del prodotto, mentre quello
negativo è più emozionale. Così, mentre il passaparola positivo potrebbe essere guidato
da una valutazione razionale, quello negativo potrebbe essere più legato a caratteristiche
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comportamentali e istintive dell’individuo.
A parte i casi estremi, ricordiamo che studi recenti hanno messo in luce come la
maggior parte del passaparola sia comunque positiva. “Il Keller Fay Group, società di
ricerche di mercato specializzata nell’analisi del passaparola, riferisce che il 64% delle
conversazioni riguardanti marche di prodotti vengono classificate dagli intervistati
come “sostanzialmente positive”, una percentuale otto volte superiore a quell’8% di
coloro che le definiscono “sostanzialmente negative”. Una possibile spiegazione è che il
passaparola negativo tende a limitarsi da sé; un’altra interpretazione nasce dalla
semplice constatazione che noi parliamo delle nostre esperienze e, tutto sommato, come
consumatori ne facciamo più di positive che di negative” (Rosen, 2009, pag.20).
Al fine di gestire il passaparola e generarne possibilmente di positivo, il management
può investire in customer satisfaction (tra le principali determinanti del passaparola sia
positivo che negativo), dialogo bilaterale e trasparenza nella comunicazione.
A proposito è importante:
• educare le persone circa i propri prodotti/servizi;
• identificare le persone più portate a condividere le opinioni dell’azienda;
• fornire gli strumenti che facilitino la condivisione delle opinioni;
• studiare come, dove e quando le opinioni vengono condivise;
• ascoltare e saper rispondere ai clienti soddisfatti, insoddisfatti e neutrali.
• riconoscere che un cliente soddisfatto rappresenta la pubblicità migliore.