IV
territorio ligure per individuarne altri. Per questo motivo si sono qui
seguiti gli stessi limiti geografici indicati da Calegari e Moreno che
comprendono una vasta area appenninica tra le Valli Polcevera e Lemme
a est e la Valle Bormida a ovest, entro i quali sono localizzati gli
insediamenti di produzione vetraria qui analizzati e distribuiti nelle Valli
Polcevera, Lemme, Stura, Erro e Bormida.
Lo studio di Calegari e Moreno costituisce quindi il punto di
riferimento di questa tesi poiché esso ha inaugurato a livello scientifico
le ricerche sulle vetrerie liguri di epoca preindustriale cercando di
affrontare il “problema di delineare una storia della manifattura vetraria
nella Liguria di antico regime”
2
, organizzando dati e proponendo ipotesi
e indirizzi di ricerca.
Partendo da tale contributo si è quindi proceduto a recuperare la
memoria storica degli insediamenti individuati negli anni passati che
ormai appariva molto labile e a organizzarne la documentazione sia
archeologica sia scritta raccogliendo per la prima volta notizie
significative riguardo i siti. Al fine di proporre, in questo modo, un
valido punto di partenza per lo sviluppo di future indagini, si sono
ordinate le tematiche qui proposte in tre sezioni che aiutano a delineare
un quadro più unitario della manifattura vetraria ligure.
2
CALEGARI e MORENO 1975 p. 13.
V
La parte introduttiva offre una panoramica degli studi principali
condotti sul tema in Italia e in Europa in particolare di quelli liguri
evidenziando come gli aspetti qui affrontati siano stati solo
occasionalmente toccati da queste opere (capitolo primo). Si presenta
invece brevemente il ciclo produttivo del vetro utile nella comprensione
di quali risorse ambientali fossero coinvolte in questa attività e dei
riferimenti tecnici presenti nelle pagine successive (capitolo secondo).
La seconda parte di approfondimento è formata da diversi capitoli
che illustrano le diverse tipologie di documentazione utilizzate e le
metodologie operative adottate. L’indagine ha, infatti, preso avvio, da un
lato, con l’analisi delle fonti scritte edite in Liguria precisandone le
caratteristiche e le informazioni che se ne possono trarre anche attraverso
uno studio topografico condotto con l’ausilio di un archivio
informatizzato realizzato per disporre di un mezzo che consenta un
rapido accesso ai documenti per le diverse esigenze di ricerca (capitolo
terzo).
Dall’altro, le ricognizioni preliminari effettuate nei venti siti
produttivi studiati hanno permesso di approdare ad una schedatura che
fornisce in modo sintetico le informazioni relative ai diversi aspetti degli
insediamenti sottoposti a ricognizione (capitolo quinto). Con tale
procedere è stato possibile, nella maggior parte dei casi, il
VI
riconoscimento e la definizione dei caratteri ambientali presumibilmente
coinvolti nel processo produttivo (risorse idriche e boschive, vene
quarzose, viabilità). Le schede sono precedute da una breve premessa
metodologica (capitolo quarto) che giustifica le scelte e i metodi adottati
sia nel lavoro sul campo sia in fase di elaborazione delle informazioni
ottenute.
Nella sezione conclusiva si sono discussi e analizzati i dati
presentati nei capitoli precedenti al fine di stabilire confronti tra i diversi
impianti necessari per la valutazione dei fattori che si ritiene
determinarono la distribuzione delle fornaci da vetro nell’Appennino
ligure.
Troppo spesso le ipotesi di localizzazione si sono basate in
maniera univoca sulle abbondanti risorse ambientali di combustibile
trascurandone altre disponibili nelle aree circostanti gli insediamenti.
Ma, come affermato da Calegari e Moreno, “possibilità ambientali
analoghe si presentavano probabilmente in Liguria nell’Appennino
orientale o nelle Alpi marittime” dove però non è rimasta traccia di
insediamenti produttivi vetrari. La distribuzione di essi è quindi frutto
“di scelte storiche mediate cioè da precise possibilità tecniche e relative
strutture sociali e come tali vanno analizzate”.
3
Si è quindi cercato di
3
CALEGARI e MORENO 1975 p. 17.
VII
chiarire il ruolo delle risorse ambientali che possono aver guidato la
scelta insediativa delle vetrerie (capitolo sesto).
Lo sfruttamento delle risorse fu probabilmente controllato dalle
autorità feudali locali esercitando così un controllo sulla produzione e
definendo diversi modelli di gestione la cui ricostruzione non sempre è
possibile in mancanza di documenti scritti chiarificatori. Un aiuto in
questo senso può essere fornito dalla stessa localizzazione delle strutture
che, unita all’analisi di alcune opere liguri pubblicate negli ultimi anni, si
è dimostrata essenziale nella definizione di alcune ipotesi operative
(capitolo settimo).
Infine si sono proposti alcuni criteri tratti da lavori di autori
precedenti, che appaiono utili per costruire alcuni parametri valutativi
delle potenzialità archeologiche dei siti produttivi analizzati (capitolo
ottavo). Da considerazioni di questa natura dovranno, infatti, partire i
progetti futuri ampliando e approfondendo i temi qui suggeriti in
maniera preliminare al fine di approdare a informazioni utili da una parte
per concentrare le ricerche archeologiche sui casi più promettenti e,
dall’altra, per ricostruire il panorama della manifattura vetraria che
rimane ancora oscuro in molti aspetti.
1
Capitolo primo
GLI STUDI SUL VETRO
In questo capitolo si fornisce un quadro complessivo degli studi
condotti riguardo al tema della produzione vetraria a partire dalla
seconda metà del XIX secolo.
Le ricerche sono presentate secondo un ordine topografico
iniziando dalle pubblicazioni riguardanti la Liguria e continuando con
quelle venete, toscane ed infine europee. All’interno di ogni paragrafo si
segue l’ordine cronologico secondo la data di pubblicazione degli studi.
Poiché questa ricerca indaga il caso ligure si dà maggior risalto
alle opere regionali cercando di non tralasciare nessuno studio edito sul
tema in Liguria. Si è scelto, invece, di analizzare brevemente solo quegli
studi italiani ed europei particolarmente significativi in relazione a quelli
liguri.
1. LA LIGURIA
I primi studi che si sono occupati della ricostruzione storica della
produzione vetraria in Liguria datano alla seconda metà del XIX secolo,
epoca in cui la Società Artistico Vetraria di Altare
1
aveva espresso la
1
La Società Artistico Vetraria di Altare (S.A.V.A.) era nata nel mese di ottobre del 1856, in base ad
un accordo tra centodue vetrai e per l’iniziativa del medico altarese Giuseppe Cesio, con lo scopo di
2
volontà di recuperare, attraverso la ricerca storica, le origini e i fasti
passati dell’arte vetraria altarese
2
.
Sia nello studio di Bordoni sia in quello di Buffa la fonte su cui si
basava la narrazione storica era stata prevalentemente quella orale
essendosi perduti nel 1864 la maggior parte dei documenti scritti; la
tradizione trasmessasi oralmente riportava le origini della produzione
vetraria di Altare all’iniziativa monastica benedettina che, nel X secolo,
avrebbe fatto giungere in paese maestranze franco-fiamminghe poi
stabilitesi definitivamente in zona
3
. Gli argomenti su cui Bordoni e Buffa
basavano le proprie ricostruzioni appaiono assolutamente inattendibili
dal punto di vista storico
4
e mostrano come tali tradizioni si fossero
sviluppate per volontà dei proprietari di fornaci al fine di trovare
un’origine “nobile” per il proprio gruppo sociale così da distinguerlo dal
proteggere i diritti delle maestranze dallo strapotere dei proprietari delle vetrerie. Per gli sviluppi
successivi della vicenda della S.A.V.A. cfr. MALANDRA 1983 pp. 194 e segg.
2
In MALANDRA 1983 pp. 18 e segg. vengono presentati gli studi nati da questa iniziativa della Società
Artistico Vetraria: il primo era stato commissionato a Tommaso Torteroli nel 1864 poi mai concluso,
dei successivi erano stati incaricati BORDONI (1879) e BUFFA (1897). Si sono tralasciati eventuali
accenni all’arte vetraria in opere precedenti, tutte redatte con motivazioni differenti dall’indagine
storica specificatamente inerente la produzione vetraria ligure.
3
Cfr. MALANDRA 1983 p. 18.
4
Nelle tabelle 1-2 sono messi a confronto i punti su cui rispettivamente Bordoni e Buffa basavano le
proprie ricostruzioni e quelli usati da MALANDRA (1983 pp. 25-26) per giudicarle inaccettabili.
3
resto della popolazione altarese con la quale, proprio alla fine del XVIII
secolo, iniziavano gravi controversie
5
. Tale tradizione poi era decaduta
in forme leggendarie e fantasiose alla fine del XIX secolo
6
. Da questo
periodo, tranne rari accenni in opere più generali
7
, bisogna attendere il
1965 perché sulle vetrerie liguri ritorni l’attenzione degli studiosi. In
questo anno è pubblicato l’articolo di Guglielmo Rebora riguardante le
vetrerie individuate nella zona di Monte Lecco presso il passo della
Bocchetta in Val Polcevera-Lemme
8
. In tale articolo sono state
presentate le indagini di superficie eseguite nell’area di una fornace
utilizzata per la produzione del vetro
9
. Grazie a questa notizia
preliminare alcuni anni dopo, e precisamente nel 1971-2, le stesse
strutture furono esplorate archeologicamente e i risultati di queste
ricerche pubblicati nella rivista Archeologia Medievale in uno studio
5
Cfr. MALANDRA 1983 pp. 25-26.
6
Cfr. MALANDRA 1983 p. 25 nota 9.
7
Cfr., per esempio, PODESTÀ 1913 pp. 326-328.
8
In REBORA 1965 sono segnalate due vetrerie disposte lungo la mulattiera che percorre il versante
orientale di Monte Lecco; una soltanto è stata scelta, a causa della maggiore accessibilità e visibilità
del luogo, dall’autore per le indagini di superficie condotte all’inizio degli anni Sessanta.
9
Per la localizzazione di queste due vetrerie e delle altre analizzate nella presente ricerca si vedano le
schede nel capitolo quinto.
4
intitolato: La vetreria medievale di Monte Lecco (Appennino genovese)
10
che rimane a tutt’oggi l’unico scavo scientifico di una vetreria medievale
edito in Liguria.
L’articolo di Calegari e Moreno ha costituito l’inquadramento
storico allo scavo di Monte Lecco; in esso sono stati presentati gli
insediamenti produttivi individuati in quegli anni nell’Appennino ligure
centrale sulla base della toponomastica e delle raccolte di superficie
eseguite dallo stesso Gruppo Ricerche e da gruppi di ricercatori locali.
Sulla base della distribuzione geografica degli insediamenti e delle
fonti scritte, riprese in parte da autori precedenti
11
e in parte inedite,
l’articolo ha accentrato l’attenzione soprattutto sui fattori di
localizzazione e sul rapporto tra Genova e Altare così da comprendere la
distribuzione e il modello di gestione delle vetrerie liguri. I due autori
10
Le ricerche furono condotte dal Gruppo Ricerche della sezione genovese dell’Istituto Internazionale
di Studi Liguri e pubblicate dapprima in MANNONI 1972, parzialmente in FOSSATI 1972 e in GRUPPO
RICERCHE 1974, poi nello studio citato che comprende, oltre alla pubblicazione degli scavi in FOSSATI
e MANNONI 1975, anche gli articoli di CALEGARI e MORENO (1975) che inquadrano dal punto di vista
storico la manifattura vetraria in Liguria tra XIV e XVII secolo e di CASTELLETTI (1975) relativo
all’analisi dei carboni delle essenze legnose utilizzate come combustibili nel ciclo produttivo della
fornace.
11
Fra questi PODESTÀ 1913 pp. 326-328 e GRILLO 1959 p. 144.
5
hanno ipotizzato due fasi di gestione della produzione differenziate
cronologicamente: l’una pienamente medievale e l’altra postmedievale
12
.
Nel biennio 1972-73 altri resti di un’attività di produzione vetraria
furono individuati nel corso delle indagini che hanno interessato il
versante occidentale del passo della Bocchetta
13
.
Alcuni anni dopo lo studio di Monte Lecco, l’indagine storica sulle
origini e sullo sviluppo della produzione vetraria di Altare è stata ripresa
con due opere che ritengono determinante, per l’avvio dell’attività
locale, da un lato l’azione dei benedettini e, dall’altro, influssi orientali
14
.
Tali studi hanno liberato il campo dalle narrazioni affermatesi nel XIX
secolo, ma non hanno risolto la questione delle origini delle lavorazioni
12
Per la discussione di questi problemi cfr. i capitoli successivi.
13
I risultati di questa ricerca, effettuata nell’area dell’ospitale medievale di località Cian de Reste,
sono stati parzialmente pubblicati in TORRAZZA 1974; per questa struttura cfr. la scheda n. 2 nel
capitolo quinto.
14
Cfr. MALANDRA 1983 pp. 28-9: la tradizione benedettina è proposta dal RICHEBUONO (1981 pp. 21-
22) che ha posto all’origine della produzione vetraria di Altare l’iniziativa dei monaci benedettini
dipendenti dall’Abbazia di San Eugenio sulla vicina isola di Bergeggi insediatisi ad Altare dalla
seconda metà del XII secolo epoca in cui iniziarono la diffusione delle prime tecniche di produzione
vetraria. La ENGLE (1981 pp. 16-17), sostenitrice della tradizione orientale, ha ipotizzato, invece, il
trasferimento ad Altare di maestranze provenienti dalla Siria o dall’Armenia nel XII-XIII secolo sulla
base dei molteplici rapporti commerciali tra il Vicino Oriente e la Liguria durante il Medioevo; nelle
tabelle 3-4 sono messi a confronto i punti su cui rispettivamente Richebuono e Engle hanno basato le
proprie considerazioni e gli argomenti che secondo il Malandra le smentiscono.
6
altaresi non portando alcun elemento certo per la conferma o la smentita
di una o dell’altra tradizione. Due anni dopo è comparsa un’altra opera di
più ampia ricostruzione storica delle vicende dei vetrai di Altare dalle
origini all’espansione produttiva, all’emigrazione fino agli inizi di questo
secolo curata dall’allora direttore dell’Archivio di Stato di Savona,
Guido Malandra
15
.
L’analisi dell’autore si basa pressoché esclusivamente sulle fonti
d’archivio, in special modo gli atti notarili, mentre la documentazione
archeologica è stata solo raramente citata con riferimento alle ricerche di
Monte Lecco. Il Malandra è attento ad indagare i rapporti commerciali
interni ed esterni ad Altare soprattutto con i mercati liguri più importanti
per i prodotti vetrari: Savona e, solo più tardi, Genova. Sono anche
analizzati i contratti di gestione delle fabbriche altaresi e i rapporti non
sempre facili tra il gruppo vetrario, le autorità e il resto della popolazione
altarese
16
.
Alla fine dello stesso decennio sono stati pubblicati, su periodici
locali della Valle Stura, brevi articoli divulgativi che indicano la
15
MALANDRA 1983: lo stesso autore aveva pubblicato già in precedenza, altri studi minori riguardanti
i rapporti commerciali dei vetrai di Altare.
16
Maggiori riferimenti ai documenti presentati in MALANDRA 1983 sono contenuti nel capitolo terzo.
7
presenza di insediamenti produttivi vetrari nella zona
17
. Negli anni
seguenti in Valle Stura le indagini di storia e archeologia locale sono
state particolarmente numerose e feconde grazie all’instancabile
iniziativa di Andrea Tubino fondatore del Museo di Masone dove sono
tuttora raccolti i materiali provenienti dalle ricerche condotte nella valle.
Inoltre, nei primi anni Novanta, è stato pubblicato un articolo che
ha tracciato il quadro d’insieme dei ritrovamenti inerenti la produzione
vetraria effettuati in Valle Stura. Questo breve studio si è basato sulle
informazioni ottenute dall’esame dei reperti vitrei conservati nel Museo
di Masone unito ad una nuova analisi dei dati ricavati dalle ricerche di
superficie condotte negli anni Settanta e dai rinvenimenti successivi
18
.
17
Già in ROSSI 1908 p. 93 erano citati alcuni ritrovamenti di frammenti vitrei e di altri materiali in
località Fossarino di Rossiglione (GE); gli articoli a cui si fa riferimento sono CAPPELLETTO 1985 in
cui è brevemente descritta la zona della vetreria di località Veirera (Val Gargassa-Rossiglione) e
Antiche vetrerie…1987 che presenta le vetrerie della Valle Stura alle quali erano già stati dedicati
brevissimi accenni nella guida turistica della valle (Guida…1984).
18
L’articolo citato è DEFERRARI et ALII 1992 con dati ripresi poi nella guida del Museo Civico Andrea
Tubino di Masone (GIANNICHEDDA 1993); alcuni accenni alle vetrerie della Valle Stura, insieme a
quelle della Valli Erro e Bormida, si trovano anche in Giannichedda 1996 che rimane a tutt’oggi
l’unico articolo che ha presentato brevemente gli insediamenti vetrari posti in territori che non hanno
avuto la stessa fortuna della Valle Stura nello sviluppo di ricerche storico-archeologiche. Al tema
della produzione vetraria in Val Bormida sono dedicati solo rapidi accenni in ROVERETO 1930 con
parziale ripresa di dati da PODESTÀ 1913 pp. 326-328.
8
Due anni dopo un breve articolo ha presentato i risultati di alcune
indagini di superficie eseguite tra il 1991 e il 1993 sui resti di quattro
fornaci da vetro individuate nella zona tra Altare e Montenotte
19
.
Nel 1995 è stata pubblicata una ricerca di Anselmo Mallarini in
cui si ricostruisce la storia dell’Arte vetraria altarese dalle origini ad
oggi: questo studio si allinea ad altri precedenti per le fonti utilizzate che
sono state esclusivamente quelle scritte in parte riprese da Malandra e in
parte inedite. L’anno successivo Giulio Montinari ha compiuto uno
studio, poi edito in parte nel 1998, in cui sono analizzati i reperti vitrei
rinvenuti nelle indagini svolte nella Fortezza del Priamàr a Savona e nei
castelli di Andora e Spotorno
20
; ciò al fine di contribuire alla formazione
di un primo repertorio degli oggetti vitrei dell’area savonese sul modello
del lavoro svolto dalla Stiaffini nell’Italia centrale
21
.
L’importanza di questo contributo sta non soltanto nella
formazione di questa prima seriazione tipologica tanto attesa in Liguria,
ma soprattutto nei confronti stabiliti dall’autore tra le tipologie degli
oggetti in vetro provenzali, toscani e genovesi con quelle recuperate a
19
Cfr. SAROLDI 1994.
20
Cfr. MONTINARI 1996 (ma 1998): l’articolo è uno stralcio della tesi dell’autore pubblicato nel 1998
nell’annata LXII (1996) della “Rivista di Studi Liguri”.
21
Cfr. STIAFFINI 1991.
9
Monte Lecco per individuare possibili rapporti e sottolineare la
particolarità della produzione di quest’ultimo impianto.
Recentemente è stata avviata un’indagine archeologica
22
che ha
esplorato parzialmente le strutture di una vetreria medievale localizzata
in Valle Stura colmando, in parte, l’assenza di questo tipo di ricerche che
in Liguria durava dall’epoca dello scavo di Monte Lecco.
Nello stesso anno è stato pubblicato un altro articolo di Montinari
in cui sono analizzati otto bolli vitrei ritrovati negli scavi di Monte
Lecco, del Priamàr e del Castrum Rapallinum, castello genovese
nell’entroterra di Rapallo: tutti i reperti risalgono al XIII-XIV secolo.
Dallo studio di tali materiali e delle fonti documentarie sono tratte
alcune conclusioni e ipotesi di lavoro particolarmente significative per
comprendere la gestione degli impianti produttivi liguri di cui si riparlerà
nei prossimi capitoli
23
.
La più recente opera sul tema della produzione vetraria risale al
luglio di quest’anno
24
: l’autrice in questo caso accentra la propria
attenzione sul ruolo avuto dai vetrai altaresi nel panorama italiano ed
22
Cfr. GIANNICHEDDA 1997 che costituisce la relazione preliminare dello scavo eseguito in Valle
Gargassa (località Veirera) nel territorio di Rossiglione (GE).
23
Cfr. MONTINARI 1997: per l’approfondimento di tali questioni cfr. la scheda n. 4 per i reperti di
Monte Lecco e il capitolo settimo.
24
Cfr. BADANO BRONDI 1999.
10
europeo per la grande diffusione di vetrerie che cominciò nel XV secolo.
Anche in questo caso la fonte esclusiva è quella d’archivio con l’utilizzo
di documenti conservati in Italia e in alcune città europee unito a brevi
riferimenti alle ricerche archeologiche compiute sul tema negli ultimi
anni. La vicenda di Altare e dei vetrai è analizzata dai primordi
leggendari alla seconda metà del XIX secolo e l’opera è completata da
una digressione sulle tecniche produttive utilizzate nel XX secolo.
Inoltre lo studio della produzione vetraria trova un prezioso
organo di informazione nella rivista Alte Vitrie. L’arte del vetro e
dintorni periodico quadrimestrale edito dal giugno del 1988
dall’Istituto per lo Studio del vetro e dell’Arte Vetraria (I.S.V.A.V.) di
Altare. In tale rivista sono, infatti, pubblicate le ricerche condotte in
Italia ed in Europa su diverse tipologie di fonti (scritte,
archeologiche,…) insieme a diverse rubriche utili alla conoscenza di
tutte le iniziative che possono nascere in questo ambito di studio (mostre,
convegni, pubblicazioni…).
2. L’ITALIA
Le regioni italiane nelle quali si è evidenziato un maggiore
sviluppo degli studi riguardanti i diversi aspetti della produzione vetraria
sono state sicuramente il Veneto e la Toscana, grazie anche ad ampi