Introduzione
In Russia, la nascita della regia lirica è databile intorno agli anni ’20 del XX
secolo, in coincidenza con la costituzione dell’Unione Sovietica (1922).
Proprio in questo periodo muovono i primi passi i grandi registi Konstantin
Stanislavskij e Vsevolod Mejerchol’d, preceduti da Fëdor Komissarţevskij e
Vladimir Losskij, rappresentanti del fenomeno della pre-regia, caratterizzata
dall’ancora non totale autonomia del regista, quale figura dominante della
realizzazione scenica.
Negli anni ’30 il teatro lirico si arricchisce di una nuova figura, quella
di Boris Pokrovskij, che quasi fino alla fine del XX secolo determinerà
tendenze e tecniche della regia operistica, dando un contributo fondamentale
a questa professione. Proprio per questo Boris Pokrovskij è il protagonista
del mio lavoro, essendo colui che ha dato autorità e centralità alla figura del
regista lirico nel senso moderno:
Col termine “regia” si è soliti identificare un’opera dominata da un progetto estetico
cui devono rispondere tutte le componenti spettacolari secondo una strategia
unificatrice, ossia secondo un piano facente capo all’unica mente del metteur en
scène, in modo che ogni elemento scenico aderisca in ogni suo punto ad una sola
prospettiva.
1
L’importanza della figura di Boris Pokrovskij è dettata da due principali
fattori: il primo è che per decenni ha rappresentato il Bol’šoj in qualità di
direttore artistico, sapendo cogliere tutte le potenzialità che il teatro
“imperiale” con il suo enorme palcoscenico offriva alla nascente arte della
regia. Il secondo risiede nel fatto che fu il padre del Teatro da Camera con
tecniche di estetica e repertorio completamente diversi, spostando negli anni
’70-’80 l’attenzione della Mosca lirica sul suo piccolo teatro, laboratorio di
sperimentazione, diventato in seguito famoso in tutto il mondo.
1
Elena Randi, I primordi della regia in Europa, in Il teatro di regia. Genesi ed evoluzione (1870-1950), a
cura di Umberto Artioli, Carocci editore, Roma, 2004, pp. 29-30.
6
Negli anni ’30 il regime stringe le sue maglie totalitariste, chiudendo il
paese, filtrando con rigida censura gli scambi culturali con i paesi
occidentali. Pertanto, la scarsa conoscenza che ad oggi si ha del teatro lirico
sovietico è la conseguenza diretta della politica adottata in quel periodo, che
sarebbe del tutto inesistente, se non fosse per il contributo dato dalle
tournées di compagnie teatrali o dai concerti di alcuni famosissimi cantanti
del Bol’šoj e del Mariinskij che riuscirono, pur limitati da tante restrizioni,
ad esportare il “made in URSS” dando un’idea, se pur approssimativa, del
teatro lirico sovietico e i processi che lo guidavano, senza far comprendere
però a pieno l’importanza del lavoro di Pokrovskij, che si accingeva a
codificare per il teatro lirico, un sistema paragonabile a quello di
Stanislavskij per il teatro di parola, ponendosi quale principale obbiettivo la
formazione e l’educazione degli attori-cantanti futuri divulgatori dell’arte
sovietica nel mondo.
Dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica nel ’91 lo scambio
culturale tra il teatro russo e quello occidentale ha conosciuto momenti più
favorevoli, nonostante questo, a mio avviso, esistono ancora alcuni aspetti
interessanti sulla regia lirica di quel periodo che varrebbe la pena analizzare
e approfondire. Avendo già conseguito nella mia città natale (Mosca) una
laurea presso l’Università Statale Russa degli Studi Umanistici, presentando
una tesi sulla regia lirica italiana, ho ritenuto interessante proseguire gli studi
affrontando, in Italia, una fase importante della storia della regia russa.
Questo lavoro è dunque frutto di uno studio approfondito, almeno nelle
mie intenzioni, di tutte le fonti disponibili in lingua russa su Boris
Pokrovskij: libri e saggi, sia di carattere biografico, che metodologico,
analisi della critica lirica russa, testimonianze dei colleghi e dei collaboratori
del regista, comprese le trascrizioni delle sue prove, che potrebbero sostituire
le mancanti “disposizioni sceniche”.
Il lavoro è diviso in quattro parti, compresa una piccola parte
conclusiva. La prima parte è costituita da due capitoli, il primo dedicato alla
biografia artistica del regista e il secondo ai suoi “maestri”, che posero le
7
basi dell’estetica e dei metodi della nascente professione del regista lirico.
Mi riferisco al grande basso russo Fëdor Šaljapin ed ai registi, o meglio
“pardi fondatori” Konstantin Stanislavskij e Vsevolod Mejerchol’d.
La seconda parte, è dedicata al metodo registico di Boris Pokrovskij,
con una dettagliata analisi di tutti gli elementi che costituiscono lo
spettacolo, descritti in cinque capitoli: Il regista e il drammaturgo, Il regista e
l’attore, Il regista e il direttore d’orchestra, Il regista e lo scenografo e Il
teatro e il pubblico.
La terza parte, è composta di quattro capitoli, che analizzano in termini
critici quattro delle opere più rappresentative del regista Pokrovskij ed il loro
contesto storico-culturale: Evgenij Onegin, Katerina Izmajlova, Chovanščina
e Il naso.
Nella parte conclusiva della tesi si evidenzia l’importante contributo
dato da Boris Pokrovskij in termini di insegnamento e l’influenza che ha
avuto sullo sviluppo e sull’estetica del teatro lirico russo contemporaneo e
nella formazione di nuovi talenti.
Parte prima
Pokrovskij: La vita nell’arte
Boris Pokrovskij (vedi fig. 1
2
) è stato fondamentale per la storia della lirica
russa, in quanto riformatore dell’arte della regia ed importante testimone di
tre epoche storiche, culturali, teatrali estremamente differenti tra loro.
2
Ho tratto questa immagine da Boris Pokrovskij, Čto, dlia čego i kak?, a cura di Olga Guseva, Moskva,
SLOVO, 2002, p. 7 (la traduzione dei testi in russo, dove non altrimenti indicato, è mia).
Figura 1
10
Iniziando il suo percorso nel primo Novecento – epoca di Stanislavskij,
Mejerchol’d, Šaljapin – attraversa il periodo sovietico nel suo sviluppo,
culmine e degrado, arrivando all’epoca storica e culturale del nuovo
Millennio. Grazie al suo contributo, oggi, abbiamo un’idea più chiara
dell’arte dei “patriarchi teatrali” dell’inizio del Novecento: la loro poetica e
il loro linguaggio non emerge infatti solo dalle testimonianze dell’epoca, ma
anche, in filigrana, attraverso il lavoro di Pokrovskij. Se non ci fossero state
figure del suo calibro e della sua coerenza stilistica, la cultura russa avrebbe
perso continuità di tradizione e autenticità – aspetti fondamentali per
l’identità di ogni paese.
Nonostante la regia lirica odierna, per ovvi processi di tipo evolutivo,
sia cresciuta radicalizzandosi, quasi a negare il lavoro svolto dai suoi
predecessori (considerati ormai banali e superati), è chiaro che non ci
sarebbe mai stato questo enorme passo avanti, se il terreno per le riforme
non fosse stato precedentemente preparato dal “retrogrado” Pokrovskij,
considerato, negli anni del suo regno sulla Mosca lirica, un autentico
riformista nonché combattente spietato contro la routine, dilettantismo e
“concerto in costume”.
3
Boris Aleksandrovič Pokrovskij nasce a Mosca nel 1912; la sua
famiglia ebbe un’importanza fondamentale nello sviluppo dei suoi interessi,
infatti, il padre, insegnante di lingua e letteratura russa, e il nonno, sacerdote
della chiesa ortodossa, aiutarono ed influenzarono la formazione del giovane
Boris, essendo consuetudine famigliare dibattere di teatro lirico, nuovi
spettacoli e dei famosi cantanti. Inoltre, aiutando durante le messe il nonno,
Boris ebbe modo di sviluppare la propria spiritualità e il proprio amore per la
musica.
L’episodio più vivo in lui e che sancì definitivamente il suo amore per
l’opera fu la sua prima visita al teatro Bol’šoj in occasione di una
3
Un espressione di Vladimir Nemirovič-Dančenko, determinante lo spettacolo lirico del XIX secolo con
costumi e scenografie ricchi e sfarzosi, dove gli elementi come la musica, il canto, i muovimenti, esistono
separatamente, privi del concetto registico e dell’idea organizzaztiva.
11
rappresentazione lirica. Da quel momento inizia a “volare” e nei suoi giochi
con l’immaginazione analizza e prova a mettere in scena eventi della sua vita
quotidiana o brani di letteratura. Iniziò anche a studiare musica che lo rese
pure un discreto pianista, ma non voleva diventare musicista. L’epoca storica
proponeva altri ideali – non andava di moda il mestiere artistico. L’arte
nell’ideologia sovietica era considerata il capriccio borghese e per “costruire
il comunismo” bisognava essere un bravo operaio, cosa che Pokrvoskij
inizialmente tenta di fare. Frequenta le lezioni all’istituto chimico-
tecnologico. Affronta con buona volontà le sue prime esperienze lavorative
in fabbrica, dove svolge la funzione di tecnico, passando le sue giornate
davanti alle vasche con l’acido solforico. Ma i suoi pensieri erano ben
lontani dalle produzioni chimiche. Il desiderio di creare, immaginare azioni e
avventure non lo abbandona. Il teatro assorbì interamente il suo tempo libero
ed ogni occasione era buona andare al Bol’šoj imparando a memoria gli
spettacoli visti dall’ultima fila della galleria. Nel 1932 Boris Pokrovskij
passa con successo gli esami dell’ammissione alla facoltà della regia
all’Istituto Teatrale Statale (GITIS) dove ancora non esisteva un corso
specifico per la professione di direzione lirica. Spesso l’opera era messa in
scena da registi del teatro drammatico o dagli stessi cantanti più volenterosi.
Inizia a studiare, analizzando da solo questa materia complicata e cercando
di definirne le regole fissando dei punti fermi sul metodo direttivo,
stabilendo i criteri emozionali collegando l’opera allo spazio e all’animo
umano contemporanei. La vasta cultura musicale, la conoscenza dei testi
dell’attore-cantante Fëdor Šaljapin e le lezioni di regia di Konstantin
Stanislavskij sono il valore aggiunto alla sua già naturale predisposizione
artistica.
Nel 1936, finiti gli studi, Pokrovskij viene invitato come regista al
teatro musicale di Gorkij (oggi il nome della città è Niţnij Novgorod), città
famosa per il suo amore per l’arte lirica. Il primo spettacolo del giovane
regista è Carmen di Georges Bizet. Ed è subito successo. Dal 1937 realizza
quattordici spettacoli nei teatri di Gorkij e di Minsk (Bielorussia).
12
Nel 1943, lo invitano al teatro Bol’šoj (fig. 2
4
), dove lavora fino al
1982. Per venticinque dei quasi quarant’ anni dedicati al principale teatro
della Russia, occupa il posto del direttore artistico, mansione a lui poco
gradita, in quanto, dovendo occuparsi anche di gestione amministrativa, non
poteva dedicarsi completamente a ciò che lui più amava: la regia.
Figura 2
Nel titolo “regista principale”
5
è fondamentale la parola “regista”, “principale” è
poco rilevante. La mia esperienza me l’ha confermato più volte. In teatro ci sono
molte persone che si occupano delle stesse cose, il che significa che nessuno le fa
bene. Ognuno deve fare il proprio lavoro: direttore amministrativo, direttore
d’orchestra, solista, regista. Io non mi metterò a risolvere i problemi logistici per
portare gli artisti al teatro. Ve lo dico subito e chiedo di non offendervi. Io non ho
possibilità di risolvere questi problemi. Preferisco occuparmi dell’arte, risolvere
con voi i problemi di creazione dei personaggi negli spettacoli e quelli dell’
individualità artistica. Sono le questioni veramente difficili e sono proprio io a
4
Ho tratto questa fotografia dal sito <http://dic.academic.ru/pictures/wiki/files/66/Bolshoi_Theatre.JPG>
(consultato nel gennaio2011).
5
Nel lessico teatrale russo il titolo di “regista principale” equivale a quello di “direttore artistico” in Italia.
13
doverle risolvere, mi assumo questa responsabilità...
6
Al Bol’šoj Pokrovskij crea il corpo del repertorio lirico, che diventa famoso
in tutto il mondo grazie proprio al suo metodo di lavoro.
Dedica la grande attenzione al lavoro con gli artisti dell’opera e del
coro. Suo obiettivo principale: scoprire l’intezione del compositore e
realizzarla ottenendo la massima apertura delle capacità e dell’individualità
dell’attore. Ad ogni suo spettacolo “nasce” un nuovo artista: Fidelio – Galina
Višnevskaja
7
, Il destino dell’uomo
8
– Viktor Nečipajlo
9
, Tosca – Vladimir
Atlantov
10
, Ruslan e Ludmila – Evgenij Nesterenko
11
ecc. Durante gli anni
del suo lavoro, Pokrovskij crea ed istrusice due generazioni di attori lirici,
riconosciuti in tutto il mondo per il forte legame tra abilità vocale e teatrale.
Pokrovskij rivoluziona il repertorio del Bol’šoj, il “museo” delle opere dei
compositori classici russi (Glinka, Mussorgskij, Rimskij-Korsakov,
Čajkovskij). Egli sostenne infatti le opere dei compositori contemporanei
come Sergej Prokofiev, Dmitrij Šostakovič, Rodion Ščedrin, tutti suoi amici
e poco tollerati (spesso anche perseguitati) dal regime politico sovietico, che
li accusava di formalismo e “caos invece di musica”. Nonostante tutti gli
ostacoli, Pokrovskij, che non è mai entrato nel partito comunista, riuscì a
portare al Bol’šoj le opere dei compositori osteggiati dal regime: Guerra e
pace, Semën Kotko, Il giocatore, Katerina Izmailova, Anime morte.
Nel 1972 Pokrovskij apre un nuovo teatro, in un contesto mai visto
6
Testimonianza raccolta durante un incontro con la troupe lirica del teatro Bol’šoj. Marina Čurova, Boris
Pokrovskij stavit klassiku, Moskva, GITIS, 2002, p. 91.
7
Galina Višnevskaja (soprano): moglie di Mstislav Rostropovič, per vent’ anni solista del teatro Bol’šoj, ha
avuto grande successo nelle parti di Leonora (Fidelio), Aida, Tatjana, Violetta, Katerina Izmailova, Tosca.
Nel 1978 a Rostropovič e Višnevskaja, che erano in lunga trasferta all’etsero, fu tolta la cittadinanza
sovietica, ridata loro solo nel 1990. Nel 1991 la famiglia Rostropovič torna a vivere in Russia. Oggi Galina
Višnevskaja è direttrice del Centro del canto lirico che porta il suo nome.
8
Opera di Ivan Dzerzhinskij, messa in scena al teatro Bol’šoj nel 1961, creata sulla base letteraria del
romanzo di Michail Šolochov, dedicato alla vita del popolo russo negli anni della Seconda guerra mondiale.
9
Viktor Nečipajlo: famoso baritono, solista del Bol’šoj, interprete delle parti di Fernando (Fidelio),
Falstaff, Amonasro, Šaklovitij (Chovanščina)
10
Vladimir Atlantov: celebre tenore, solista del teatro Bol’šoj, interprete delle parti di Cavaradossi (Tosca).
José (Carmen), German (Dama di picche).
11
Evgenij Nesterenko: basso russo, solista del teatro Bol’šoj, interprete delle parti di Ruslan, Boris
Godunov, principe Gremin (Evgenij Onegin), Ivan Susanin, Mefistofele.
14
prima a Mosca – il Teatro Musicale da Camera (fig.3
12
).
Figura 3
Posizionato quasi in periferia di Mosca, con un piccolo palco e una sala
per duecento persone, il teatro di Pokrovskij crea un nuovo stile con l’
atmosfera di vicinanza, confidenza, intimità della comunicazione fra attori e
pubblico, finezza dell’arte vocale e psicologismo della recitazione.
Gli spettacoli di Pokrovskij all’estero sono degli eventi importanti per
la cultura teatrale di Germania, Olanda, Austria. Così i teatri europei
scoprono il nuovo repertorio – opere russe contemporanee e classiche, poco
conosciute per la loro complessità, come Il gallo d’oro, La leggenda
dell’invisible città di Kiteţ e della fanciulla Fevronija di Rimskij-Korsakov,
Chovanščina di Mussorgskij, Il giocatore e L’angelo di fuoco di Prokof’ev,
La vita con un’idiota di Šnitke. A parte l’interesse prettamente musicale,
12
Ho tratto questa immagine dal sito <http://allerleiten.livejournal.com/678720.html> (consultato nel
gennaio 2011).
15
questi spettacoli aprivano al mondo la scuola della regia lirica sovietica e le
innovazioni dell’arte realistica teatrale.
Boris Pokrovskij lavorava con calma e attenzione quasi maniacale per i
dettagli. Era esigente, a volte anche spietato nel lavoro con i cantanti,
soprattutto quando non davano il massimo per ottenere il risultato
indispensabile per la realizzazione dello spettacolo. Pokrovskij ha sempre
creduto nei suoi artisti, considerandoli talentuosi e capaci. Ed è proprio per
questo che chiedeva il massimo impegno. Ha sempre lavorato senza pietà nei
confronti di se stesso, dedicando tutto il suo tempo senza mai risparmiare
energie a scapito della sua salute (spesso lavorava con la febbre), per questo
credeva di avere il diritto essere “spietato” ed inflessibile con i suoi artisti.
Anzi, ha sempre pensato che solo nel lavoro continuo l’artista poteva creare
e conservare se stesso. Per lui non esisteva la vita al di là del lavoro. Basti
pensare che le domande più ricorrenti che si poneva erano del tipo:
Che cos’ è la vita di un regista se non fare spettacoli, scrivere libri, articoli,
insegnare e imparare in continuazione?! Che cos’è la vita di un cantante se non
studiare le nuove parti, crescere come attore, leggere, vedere diversi spettacoli nei
diversi teatri?! Quale altro obbiettivo può avere una artista, che arrivando al teatro,
esce sul palco, se non quello di creare un personaggio in un spettacolo e quindi
rinascere ogni volta nella sua professione.
13
Non capiva e non poteva accettare un artista privo di questi stimoli.
Ovviamente, questo massimalismo non piaceva a tutti. Il teatro è una grande
famiglia dove tutti respirano la stessa aria, ma è anche un luogo di intrighi,
invidia, frustrazioni. Non tutti potevano essere all’altezza delle esigenze di
Pokrovskij, che pur godendo della stima della maggior parte delle persone, si
ritrovò con alcuni nemici, che pur essendo una minoranza (soltanto sei
persone) risultavano molto forti a fronte del loro grado di affermazione e
fama a livello mondiale. Personaggi che anteponevano al lavoro di gruppo, il
loro apparire come “prime donne”, cercando di curare la loro esclusiva
immagine, fama, abitudine al successo desiderosi di mostrarsi in esibizioni
di “concerto in costumi”, teorie in totale collisione con la metodologia
13
Marina Čurova, Boris Pokrovskij stavit klassiku, cit., p. 10.
16
direttiva di Pokrovskij. Oltre a queste problematiche ne esistevano altre più
sommerse, ma che giocarono un ruolo decisivo. Una su tutte, era
l’imposizione dettata dalla tradizione del teatro ad interpretare in lingua
russa anche le opere estere, scelta scaturita dalla necessità oggettiva di far
comprendere meglio l’opera al pubblico, ma che creava non poche difficoltà
ai cantanti che si vedevano costretti a reimpostare tutto il lavoro di canto.
Venne accusato di essere troppo anitquato e di non riuscire a rinnovarsi
stando al passo coi tempi. Tutto questo portò a coalizzare questi cantanti in
una battaglia contro di lui, che iniziarono ad esercitare pressioni affinché
venisse allontanato, coinvolgendo anche le alte cariche del partito comunista.
Il Ministero della cultura della URSS non appoggiò il regista, né ascoltò
quella parte di collaboratori che lo difendevano e che reputavano il suo
lavoro indispensabile per il teatro, ed optò per un allontanamento, che
avenne nel 1982
14
. Ma da lì a poco il suo “esilio” si iniziò a sentire, d’altra
parte alcuni operatori del settore si opposero a questa decisione (come fece il
direttore d’orchestra Gennadij Roţdestvenskij, che abbandonò il Bol’šoj
dopo il licenziamento del regista), parlando di un uomo che aveva fatto la
storia ed il successo del Bol’šoj, un personaggio carismatico, una mente che
non poteva essere facilmente sostituita.
Ed infatti, come succede in molti casi, quando un pezzo importante
viene a mancare, negli anni 80-90 ci fu un vuoto di potere, un
disorientamento totale che portò ad rappresentazioni “casuali” senza idee e
ispirazione e non all’altezza delle potenzialità del teatro, soprattutto quando
iniziano a scomparire anche i vecchi spettacoli di Pokrovskij.
Non avendo registi “in casa”, il teatro si vede costretto a rivolgersi a
figure esterne provenienti da altre realtà anche estere che nonostante la loro
indubbia fama tendevano a stridere con il concetto del “teatro-casa”, “teatro
tempio dell’arte”, filosofia assai cara alla tradizione teatrale russa. Una volta
Pokrovskij disse della sua separazione dal Bol’šoj:
14
Questo sgradevole episodio è descritto nel libro di Boris Pokrovskij Kogda vigonjajut iz Bol’šogo teatra
(Quando cacciano dal teatro Bol’šoj), pubblicato nel 1992.
17
Il teatro Bol’šoj è per sempre con me, ed io sarò per sempre nel Bol’šoj.
15
In seguito da tutte le parti, compresi gli ambienti ministeriali, iniziarono a
parlare del grave errore commesso e di quella che era stata una grande
perdita per l’arte lirica sovietica; fu così che negli anni ’90 Pokrovskij
ricevette l’incarico di mettere in scena La Pulzella di Orleans di Čajkovskij,
Il Principe Igor’ di Borodin e di riprendere il suo Evgenij Onegin, spettacolo
del 1944.
Ma l’attività del regista, come già accennato, non si fermò mai e
nonostante il sofferto allontanamento seppe trovare nuove fonti di
ispirazione riuscendo a sfruttare, da pratico di scena che era, le peculiarità di
uno spazio limitato che inibiva sì la realizzazione di alcune opere, ma nel
contempo ne favoriva altre, che non avrebbe mai potuto rappresentare in un
teatro come il Bol’šoj. Con il teatro da Camera ha la possibilità di proporre
alla Mosca teatrale tutto il nuovo repertorio di opere, che non hanno mai o
quasi mai visto luce. Il repertorio del teatro da Camera viene costituito da
due linee: l’opera russa del XX secolo (I giocatori, Il paradiso
antiformalista, Il naso di Šostakovič, Non solo amore, Anime morte di
Ščedrin, The Rakes progress di Stravinskij) e l’opera occidentale sei-
settecentesca (Euridice di Peri, L’incoronazione di poppea di Monteverdi, Il
barbiere di Siviglia di Paisiello, Imeneo di Händel, Don Giovanni, Così fan
tutte, Il direttore di teatro di Mozart).
Il teatro da Camera si considerava il teatro progressivo, d’avanguardia.
Per il teatro lirico era una specie di Taganka o Sovremennik (teatri
drammatici che nel tardo periodo sovietico hanno stravolto la Mosca teatrale
per l’attualità e sincerità storica, politica e civile dei temi trattati).
Inoltre creò uno staff di collaboratori, che di fatto provenivano dai corsi
che teneva in GITIS, riuscendo quindi a lavorare con elementi, che
conoscevano e sposavano la sua filosofia.
Boris Pokrovskij si spegne il 5 giugno 2009, all’età di 97 anni, settanta
dei quali dedicati completamente al teatro lirico. Nella sua lunga carriera ha
15
Ibid., p.13
18
realizzato oltre duecento spettacoli di cui quarantadue al Bol’šoj. Nonostante
la vecchiaia ormai lo debilitasse, lavorò quasi fino all’ultimo giorno andando
alle prove. Forse proprio questo gli ha prolungato tanto la vita – vecchio e
malato, lui sembrava ringiovanire, non appena iniziava la prova, trasportato
da quell’energia tipica di chi si sente attratto verso qualcosa di essenziale per
la propria esistenza.