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1. Introduzione
Scopo di questa tesi è analizzare un fenomeno dilagante nel settore
cinematografico ma comunque presente trasversalmente in tutta l‟industria
mediale: il remake.
La letteratura sul remake può sembrare vasta ma è composta
prevalentemente da descrizioni e da limitate analisi comparative di testi, portate
avanti coi più diversi e non sistematici criteri. I tentativi di definire i remake sono
spesso vaghi e tautologici.
La povertà di fonti rende più complicato affrontare un oggetto, che già per
sua natura appare sfuggente e inadatto a categorizzazioni costrittive. Per non
cadere nell‟errore di seguire empiricamente un percorso che rischia di rivelarsi
senza uscita, cercherò di analizzare varie sfaccettature dell‟oggetto remake,
avvalendomi di fonti provenienti da diversi ambiti culturali, le quali saranno
necessarie per costruire il percorso da me immaginato. Per quanto la semiotica sia
spesso il terreno di manovra privilegiato nell‟ambito della critica cinematografica,
questa tesi procederà su un terreno prevalentemente sociologico, essendo il film
da me scelto un cult movie del 1975 (tratto da un romanzo di Ira Levin messo in
scena da Bryan Forbes) del genere fantascienza-sociale. Una precisazione: Le
mogli di Stepford il cui titolo originale è The Stepford Wives fu tradotto in
italiano con La fabbrica delle mogli; questo film viene comunemente associato al
filone horror fantascientifico, a causa dell‟atmosfera inquietante che pervade la
narrazione; io preferisco la definizione fantascienza sociale (sebbene la
fantascienza abbia quasi sempre una forte componente sociologica) a causa dello
scarso contenuto horror, il quale acquisisce senso solo in funzione della
drammaticità dell‟argomento trattato: l‟eterna guerra tra i sessi, l‟inquietudine
della donna in rapporto alla condizione familiare e sociale, l‟incomunicabilità tra
marito e moglie.
Il remake, datato 2004, frutto del lavoro di Frank Oz, viene distribuito
negli USA con lo stesso titolo del predecessore, ma viene tradotto in Italia con La
donna perfetta. Mi riferirò a quest‟ultimo usando questo titolo e userò invece La
fabbrica delle mogli per indicare quello di Bryan Forbes. Quando invece farò
riferimento al romanzo userò il titolo originale The Stepford Wives, anche a causa
della sua mancata pubblicazione in Italia.
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Ma del film mi occuperò nella seconda parte di questa tesi; la prima sarà
interamente dedicata all‟analisi del concetto di remake; la terza illustrerà le
conclusioni a cui sono giunto.
L‟obiettivo è analizzare un remake per metterne in luce le logiche estetiche
e l‟ideologia che ne stanno alla base, tenendo conto della molteplicità e della
pluralità di questo fenomeno, aldilà di giudizi e pregiudizi. E da qui intendo
iniziare: i pregiudizi.
2. Pregiudizi
Il remake è un fenomeno ben conosciuto e immediatamente riconoscibile (anche
dal non specialista), il termine viene usato sia nella lingua comune che nelle
campagne pubblicitarie dei film, tuttavia è un fenomeno il cui status è ancora
indefinito. Possiamo anche dire che è un fenomeno in cerca di una definizione.
Scandagliando la rete alla ricerca di opinioni si riscontra una certa dose di
sospetto nei confronti dei rifacimenti cinematografici, sospetto che in alcune
circostanze si trasforma in fastidio; inutile dire che nella grande maggioranza dei
casi il remake di un film viene considerato inferiore al suo predecessore. Si nota
inoltre che nel pubblico agisce spesso un rapporto di proporzionalità inversa: tanto
più si è amato un film, tanto più si disprezzerà il suo rifacimento.
I giudizi e i pregiudizi sui remake sono diffusi, sia da parte del pubblico
che della critica, ma quasi sempre frutto di gusti personali.
Da ciò si può dedurre la fragilità delle opinioni relative che tendono a
valutare o svalutare gli oggetti presi in esame al di là di ogni quadro di riferimento
teorico.
Per alcuni i remake sono un fenomeno recente, prodotto da una presunta
“crisi delle idee” che secondo molti non investe solamente il cinema ma tutto il
mercato della produzione culturale. Alcuni di questi, poi, circoscrivono il
fenomeno alla macchina produttiva americana, (Hollywood in sostanza), che a
causa dello “star system” e di altri elementi costitutivi del sistema si è
incancrenita nella ripetizione. Questa prospettiva, che è più diffusa di quanto si
possa pensare, non verrà presa in considerazione in funzione della assoluta
mancanza di elementi in grado di darle fondamento. Per smontarla è sufficiente
dire che i remake non sono affatto un fenomeno recente, affondano le loro radici
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molto indietro nel tempo. Il concetto di crisi delle idee verrà invece discusso più
avanti.
Un altro atteggiamento molto comune consiste nel prendere un qualsiasi
elemento (ad esempio la naturale tendenza dei produttori di vedere il “nuovo”
come un proverbiale salto nel buio) e attribuirgli la paternità (o la colpa) del
remake, come se esistesse una spiegazione univoca e assoluta, in grado di
assemblare tutte le categorie di remake in un unico blocco autodefinito dall‟atto
stesso del “rifare”.
In questo caso ci troviamo di fronte a una forma di ingenuità tipica
dell‟essere umano, la naturale tendenza che tutti abbiamo verso la riduzione, quel
meccanismo di semplificazione che scatta per sottomettere e catalogare la realtà
multiforme, per piegarla alle nostre idee e assumerne il controllo. Per fortuna
questa tendenza è inversamente proporzionale alla conoscenza; all‟aumentare dei
dati aumenta anche la tendenza a considerare il fenomeno come un sistema
complesso, quindi non riducibile a poche caratteristiche emergenti.
L‟ultimo esempio di pregiudizio che propongo è quello che mi suscita più
perplessità e che ho deciso di chiamare confronto intermediale.
Questo e definito dalla naturale propensione a confrontare, mettendo sullo
stesso piano, due opere elaborate in media diversi, ad esempio un libro e un film.
Per spiegare questo fenomeno azzardo un‟ ipotesi: un individuo che abbia provato
una forte emozione nell‟esaminare un testo (ad esempio un libro), proverà una
forma di attaccamento nei confronti dello stesso; verrà quindi spontaneo mettere a
confronto quel testo (o meglio l‟emozione provata con quel testo) con la sua
trasposizione (ad esempio un film). Un individuo, invece, che non avesse letto il
testo iniziale e non avesse quindi un termine di paragone, si limiterà a dare un
giudizio assoluto (cioè slegato da confronti con altre versioni).
Nel caso della trasposizione da libro a pellicola si aggiunge un altro
fattore: un film, per struttura e tempistica di fruizione del testo, non può che essere
una riduzione del libro. Questo provoca in alcuni spettatori un lieve, ma
fastidioso, senso di incompletezza, assente invece nello spettatore ignaro del testo
di riferimento.
L‟errore a mio avviso è frutto di un fraintendimento: il confronto
intermediale è possibile nel momento in cui si tenga conto della naturale diversità
di ogni medium; diversamente si rischia una scivolata logica che porta ad
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affermazioni del tipo: “Il libro è più bello del film” (affermazione che
implicherebbe la possibilità di comparare e giudicare con gli stessi strumenti
opere in formati diversi) o in una versione ancora più stridente: “Il videogioco è
più bello del film” (vista la moltitudine di film ispirati a videogiochi in arrivo sui
grandi schermi potremmo sentirla molto presto).
Il concetto di intermedialità è comunque interessante e verrà ripreso in
seguito nel capitolo dedicato alla definizione di remake.
Esistono molti altri pregiudizi, a volte assumono forme nostalgiche, a volte
si mascherano ideologicamente, ma hanno comunque tutti la stessa funzione:
annullare il dialogo, impedendo così ai fenomeni di rivelarsi nella loro natura.
3. Il remake: radici e contesto
Il primo passo da fare per discutere la nozione di remake, consiste in una
delimitazione di campo che chiarifichi l‟oggetto preso in esame: c‟è chi usa la
parola remake per riferirsi a rifacimenti di film; chi la usa in un senso più ampio
comprendendo le trasposizioni da un qualunque medium al cinema; chi sostiene
che i remake non esistono essendo tutti i film, potenzialmente, dei remake di
qualcos‟altro…non avendo ancora i mezzi per escludere o accettare nessuna di
queste ipotesi, mi limiterò a definire la terminologia che userò nel corso di questa
tesi.
Per “remake” intendo un film che sia il rifacimento di un film precedente;
parlo di “concetto di remake” per chiamare in causa il rifacimento come categoria,
con tutti i suoi attributi concettuali; userò invece “trasposizione” per indicare il
passaggio di una storia (di un personaggio, di un intreccio ecc.) da un formato (ad
esempio un fumetto) a un altro (per esempio il cinema); e infine il termine
“novelizzazione” per indicare quelle procedure che consentono di rimaneggiare la
trama di un film fino a ridurlo in un lavoro scritto: un romanzo, appunto, ma
anche una piece teatrale, uno sceneggiato televisivo, eccetera.
Come ho già detto il remake è un fenomeno che affonda le sue radici
indietro nel tempo. Fin dall‟inizio, il cinema, ha combinato l‟attrazione per la
novità con la ripetizione, liberando il nuovo da nozioni di unicità e autenticità. In
un certo senso, nel primo cinema, la riproducibilità era comune e “naturale”. Già