CAPITOLO I
LA CONDIZIONE DELLA DONNA ARABA ALLA FINE
DEL XIX SECOLO.
A cavallo tra il XIX e il XX secolo, la donna in Siria viveva prigioniera fra quattro
mura da cui solo per imprescindibili necessità poteva uscire. Allora doveva
avvolgersi completamente in un velo nero in modo che, del suo corpo, non fosse
visibile alcuna parte.
La ragazza frequentava solo i primi cinque anni di scuola, dopo i quali la famiglia,
immaginando l'apertura della mente e del cuore che poteva derivare dalla cultura,
riteneva opportuno tenerla chiusa in casa quale migliore garanzia della sua
sottomissione alle tradizioni, all'autorità del padre e dei fratelli. Questa situazione
spingeva la ragazza a sposarsi con il primo venuto, evitando così di cadere
nell'inferno della seduzione e allontanandosi dai pericolosi sogni di gioventù.
Cominciava a mettere al mondo un figlio dopo l'altro, senza avere un attimo per
riflettere e capire se amava veramente l'uomo con cui viveva, che serviva e al quale
dava figli. Dunque non le era permesso di vivere come un essere umano con i propri
sentimenti, desideri e aspirazioni. )
La donna è stata spesso considerata un essere umano inferiore, da sfruttare e da
cambiare, o abbandonare, quando non rispondesse più ai requisiti richiesti. Per
fortuna nel XX secolo la sua posizione è notevolmente migliorata; tuttavia le
tradizioni sono ancora radicate; anche per le donne colte, spesso è stato difficile fare
un'aperta denuncia della situazione in cui vivono. In quel secolo, tuttavia, si
1 Cosi Nabilah al-R.azzaz presenta la situazione femminile in Siria tra il XIX e il XX secolo, in MuJiirakat al-mar'ahfi
al-hayah a/- 'Ommahfi Siiriyah mundu a/-istiqla/1945 wa-hatta 1975, DimaSq, Dar al- Maqa', 1975.
diffondono nel mondo arabo le idee femministe e alcune donne della classe più
elevata cominciano a interessarsi alla scrittura e alla lettura, invitando le altre
donne a fare lo stesso. Queste cominciarono a usare la penna, trattando le questioni
della donna, afImché tutti potessero riconoscere che essa aveva attitudini,
intelligenza, capacità di partecipare alla costruzione e allo sviluppo della società
non inferiori a quelle dell'uomo.
C'è chi, descrivendo abitudini sociali e tradizioni relative alla donna, ne evidenzia
gli aspetti negativi e ridicoli. Per esempio Widad SakakIni, autrice libanese di
nascita e siriana d'adozione, in uno dei suoi racconti descrive il timore dei padri di
avere delle figlie femmine e l'ira che si abbatteva sulla donna che dava alla luce una
femmina.
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Non solo in Siria, ma anche in altri paesi del mondo arabo, la partoriente
spesso subiva, oltre al malcontento del marito, anche le imprecazioni da parte della
suocera. Tuttavia, con il passare degli anni, la condizione della donna è migliorata
anche se in tempi diversi. Va sottolineato, infatti, che il "mondo arabo" non è una
entità singola e monolitica, le cui componenti (religiose, politiche o sociali) sono
omogenee, anzi la situazione si presenta in maniera piuttosto difforme: per esempio
i progressi che hanno riguardato il mondo femminile sono giunti in paesi come il
Marocco, la Tunisia o l'Algeria alcune decadi più tardi rispetto all'Egitto.
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Diversi fattori hanno contribuito a migliorare la condizione della donna, fattori di
natura culturale, sociale ed economica. Il periodo di grande fervore letterario e
intellettuale che ha caratterizzato il mondo arabo nel XIX secolo, ha sicuramente
determinato una situazione favorevole per tale progresso. Si assiste infatti ad un
vero e proprio movimento di rinascita, che va sotto il nome di nafu!ah. Importante
per il miglioramento è stato l'avvento della stampa in Egitto nel 1798, ad opera di
1 BaldisseraEros, La na"ativafemminile in Siria, ID "Quaderni di studi arabi 2", Università degli studi di Venezia,
1984, pp. 87-106.
3 Hoda Elsadda, Gendered Citizenship: DiscQUrses on Domesticity in the Second Half ofthe Nineteenth Century, ID
-Journal ofWomen ofthe Middle East and the Islamic World", Leiden, 2006, pp. 1-28.
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Napoleone Bonaparte. Dapprima i testi erano prodotti e copiati a mano, dunque
riservati a circoli ristretti dell'è/ite; in seguito, con la diffusione di testi stampati, i
lettori ebbero maggiore accesso alla letteratura. In realtà, l'uso della stampa era già
entrato in Siria: fu 'Abdallàh Zanir che, fabbricando orologi ad acqua ed esperto
nell' arte di fondere i metalli, creò i caratteri arabi e i torchi per una prima tipografia,
ma il tentativo non ebbe grande effetto.
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Oltre all'Egitto, dove M~ammad 'Ali (1769-1849) aveva creato un governo stabile
ispirandosi ai sistemi europei, anche in Siria si assisteva a un risveglio in campo
culturale, favorito dalla presenza di missionari cattolici e protestanti. Ecco perché
Siria ed Egitto furono i due paesi <:he si posero all'avanguardia del movimento di
rinascita culturale.
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La modernità ha portato libertà e uguaglianza alle donne della regione,
storicamente oppresse, e fondamentale è stato l'accesso all' istruzione.
In realtà non tutte le donne hanno avuto la possibilità di studiare e quindi di
progredire, ma solo le più fortunate, vale a dire quelle appartenenti alla classe
borghese. Avendo imparato a leggere e a scrivere, le donne hanno cominciato ad
usare la scrittura come mezzo per esprimere se stesse e portare avanti la loro causa,
per uscire dall'isolamento e da una condizione di arretratezza tentando di superare
ostacoli di natura sociale, psicologica e ideologica.
Le donne stesse usano l'espressione al-naJu!ah al-nisii'iyyah (la Rinascita
femminile) per indicare, in modo particolare, il movimento letterario da loro
promosso, che portò trasformazioni in campo culturale e sociale, a partire dalla loro
educazione fmo a condurle a una maggiore integrazione nella società.
4 Laura Veccia Vaglieri, Notizie bio-bibliografiche su autori arabi moderni, in "Annali dell'Istituto Universitario
Orientale di Napoli", Volume I, Roma 1940, pp. 259-262.
5 Ibid p. 260.
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Una delle caratteristiche più importanti della naJu!ah del XIX secolo fu quella di
trasmettere la conoscenza attraverso l'educazione scolastica. Inizialmente questo
intento fu portato avanti da figure maschili della rinascita araba, ma ben presto
riguardò anche le donne. La conoscenza in mano alle donne fu percepita, però, da
alcuni, come una minaccia all'ordine morale della società patriarcale araba del XIX
secolo: saper leggere e scrivere era una disgrazia per una donna e un serio ostacolo
al suo matrimonio, che rappresentava il principale obiettivo della sua famiglia.
Le donne, nel momento in cui presero in mano la penna, cominciarono, non solo a
produrre letteratura, ma a collaborare con i giornali dell'epoca e ne fondarono di
propri. Del resto, molte donne, musulmane ma anche cristiane ed ebree, dovettero
affrontare non poche difficoltà, soprattutto quelle appartenenti alle classi medie e
alte, che, all'inizio del XX secolo, portavano ancora il velo e vivevano in uno stato
di isolamento e segregazione.
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Scrivere in un giornale era dunque da molti
considerato un atto rivoluzionario e deprecabile. Inoltre le donne non potevano
giustificare la scrittura come espressione artistica individuale, né potevano
ammettere di scrivere per guadagnarsi da vivere, anche se molte di loro scrivevano
con questo intento. L'attività di scrittura veniva presentata come un servizio per gli
altri e collegata a questioni più ampie, come il progresso femminile; alcune
consideravano la scrittura come un ponte tra una casa e l~altra per combattere la
solitudine domestica; altre avevano poi come scopo secondario quello di aiutare la
.nazione araba a progredire.
Di solito, le scrittrici si ritagliavano spazi lontani dal pubblico maschile per dare
sfogo ai loro pensieri tramite la scrittura. Era tuttavia raro che potessero dedicarsi
esclusivamente alla scrittura, in quanto dovevano svolgere principalmente il ruolo
Le donne dei ceti più bassi erano più libere di muoversi perchè molte di loro lavoravano, anche se erano impiegate in
lavori quasi sempre umili. Le donne di campagna, inoltre, non portavano il velo davanti al volto.
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di madri e occuparsi della gestione della casa. La vita della donna era direttamente
influenzata dall' immagine di una famiglia in cui il marito era il capofamiglia e la
donna era legalmente ed economicamente dipendente da lui. Si riteneva che le
donne fossero unicamente inclini a svolgere le faccende domestiche, e dunque erano
confmate nelle loro case. Infatti, la vita familiare delle donne era considerata un
segno di identità culturale araba. La casa era il piccolo regno della donna, dove ella
regnava come una incontrastata regina.
Ciò nonostante molte donne riuscirono a conciliare la vita domestica con l'impegno
in ambito giornalistico. Difatti, molte di loro furono in grado di scrivere per aiutare
la nazione e la donna a progredire, senza trascurare i doveri familiari.
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Per legittimare il loro sforzo le scrittrici fecero riferimento alle donne del passato,
come la poetessa preislamica al-ijansa,8, defmendosi come eredi della tradizione
letteraria femminile araba. In realtà, molte erano le caratteristiche che le
distinguevano dalle scrittrici delle epoche precedenti: queste furono per la maggior
parte poetesse i cui testi circolarono in maniera molto limitata, laddove nel XIX-XX
secolo le donne sperimentarono soprattutto generi nuovi per il mondo arabo, come
il racconto e il romanzo. Le pubblicazioni dei loro scritti sui giornali garantì a
queste scrittrici una fama di cui le loro antenate non avevano goduto.
Le scrittrici promossero inoltre la grande trasformazione della lingua araba avviata
nel XIX secolo, al pari dei loro colleghi maschi. Nella prima metà del secolo XIX,
infatti, fu realizzata una grandiosa opera di traduzione di scritti scientifici e di altro
genere europei e, per effetto di quelle traduzioni, la lingua araba si arricchì di
7 Beth Baron, 1he Women 's Aawakening in Egypt Society. Culture, Society ami the Press, Yale University Press, 1994,
pp. 40-42.
8 al-ijansa' (600-670), poetessa araba del settimo secolo, appartenente alla tribù nomade di Ma<Jar. al-ijansa' ha
ottenuto la fama con le sue elegie per i fratelli, Sakhr e Muawiya, morti in battaglia. Gabrieli Francesco, La
letteratura araba, Sansoni, Firenze ed Edizioni Accademia, Milano, 1967, pp. 46-47.
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