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infatti, dopo il trionfo del 1919 entrò, nel volgere di pochi anni, in una fase di
stagnazione che la fece cadere in una sorta di limbo, da cui uscì,
sorprendentemente, solo dopo la morte del suo creatore che avvenne nel 1955,
oltre trent’anni dopo.
Superata l’impasse, la teoria, negli ultimi quarant’anni, ha macinato successi ad
un ritmo impressionante diventando così uno strumento irrinunciabile per la
comprensione dell’universo che ci circonda. Ma tutto questo fulgore sembra aver
cancellato la memoria storica di quel periodo buio in quanto ben pochi, non solo
tra le fila dei relativisti, ma anche tra coloro che si occupano di storia della fisica,
sembrano essere a conoscenza di un episodio così interessante e, a mio parere,
assai indicativo dello sviluppo del pensiero filosofico-scientifico del ventesimo
secolo.
L’obbiettivo che questo lavoro si prefigge è proprio quello di analizzare lo
sviluppo della teoria della relatività generale dalle origini sino alla seconda metà
degli anni Settanta, attraverso le vicissitudini che ne hanno caratterizzato la storia.
In questo contesto più che a dedicarci ad una catalogazione bibliografica di articoli
e lavori scientifici pubblicati in un arco di oltre sessanta anni, opera che avrebbe
richiesto più tempo di quanto siamo disposti a concederci, abbiamo cercato di
capire quale furono le cause delle fortune così alterne avute, nel corso degli anni,
da questa teoria.
Nel primo capitolo ci siamo occupati degli sviluppi, in campo teorico ed in campo
sperimentale, avuti dalla teoria dalla sua nascita, nel 1915, fino, grossomodo, alla
prima metà degli anni Venti, cioè nel periodo antecedente alla crisi cui si faceva
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riferimento poc’anzi. Un periodo nel quale, come vedremo, la teoria ha goduto in
maniera anche eccessiva dei benefici derivanti dalla spettacolare conferma
sperimentale del 1919.
Nel secondo capitolo abbiamo cercato di tratteggiare un quadro della comunità
scientifica nel periodo che va dalla seconda metà degli anni Venti sino alla fine
degli anni Cinquanta, periodo in cui si consumò la crisi della relatività generale.
Cercando di individuare le cause della drammatica sterilità che afflisse la teoria in
quegli anni, abbiamo rivolto il nostro sguardo in molteplici direzioni, nel tentativo
di riuscire ad apprezzare, in tutta la loro complessità, tutti quei meccanismi sottili
che determinano quello straordinario processo di elaborazione della conoscenza,
che va sotto il nome di progresso scientifico. In questo contesto sarà molto
interessante cercare di capire le ragioni che hanno spinto il grosso della comunità
scientifica a rifiutare una teoria che, oltre a dare conto di tutti fenomeni osservati,
riusciva finalmente a spiegare un fenomeno la cui esistenza tormentava gli
astronomi da oltre sessanta anni. Un episodio, questo, che si allontana di molto
dalla visione ingenua che generalmente si ha, e non solo al di fuori degli ambienti
scientifici, del modo in cui si evolve il pensiero scientifico.
Mentre nel secondo capitolo ci siamo occupati del periodo della crisi da un punto
di vista più sociologico che fisico, cercando di delinearne le cause e le
conseguenze, nel terzo capitolo abbiamo analizzato più in dettaglio quelli che
costituivano i pochi elementi di vitalità che riguardavano in quegli anni la teoria.
Cioè quegli sviluppi tecnici, sia teorici sia sperimentali, ma non solo quelli, che
costituirono le premesse per la rinascita della relatività generale avvenuta negli
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anni Sessanta.
Proprio tale rinascita costituisce l’argomento del quarto capitolo, nel quale
abbiamo cercato di delineare tutta quella serie di circostanze che ha prodotto un
così clamoroso mutamento nell’atteggiamento della comunità scientifica nei
confronti di una teoria da essa pressoché totalmente emarginata sino a pochi anni
prima. In questo ultimo capitolo abbiamo così passato in rassegna tutti i più
importanti successi della relatività generale tra gli anni Sessanta e Settanta,
soffermandoci, infine, sui buchi neri e sulla cosmologia. Questi due campi di
ricerca così intimamente connessi con la relatività generale, sono particolarmente
importanti in quanto essi hanno segnato, allo stesso tempo, il trionfo della teoria e
il sintomo inequivocabile della sua incompletezza.
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PRIMO CAPITOLO
Il boom
1.1 I progressi teorici: metrica di Swarzschild, identità di Bianchi e principi di
conservazione, trasporto parallelo, cosmologia, onde gravitazionali
Alla nascita della teoria, avvenuta sul finire del 1915, seguì un periodo, durato un
paio d’anni, di affinamento dei suoi strumenti tecnici e di metabolizzazione dei
propri contenuti, oltre che di effettivi progressi teorici. Infatti nonostante già nel
1916 Swarzschild fosse pervenuto alla soluzione esatta delle equazioni di campo
per una distribuzione di massa statica a simmetria sferica, soluzione che sarà
fondamentale, anni più tardi, per lo studio dei buchi neri, vi era ancora parecchio
da capire non solo riguardo ai fondamenti della teoria, ma anche, e soprattutto,
riguardo alla geometria da essa utilizzata.
Essendo Einstein giunto alla formulazione della sua teoria senza conoscere le
identità di Bianchi, egli dovette imporre la conservazione della sorgente di campo
come vincolo alle sue equazioni. Fu così che a partire dal 1916 si assistette al
manifestarsi di una migliore comprensione dei principi di conservazione
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dell’energia-impulso, nell’ambito della teoria, come conseguenza dei lavori, dello
stesso Einstein, di Hilbert, di Klein, di Schrödinger, e di Weyl.
Nell’agosto del 1917 proprio Weyl derivò le corrette equazioni di campo da un
principio variazionale, cosa tentata in precedenza, senza completo successo, sia da
Einstein che da Hilbert. Nonostante il lavoro di Weyl schiudesse agli studiosi la
corretta interpretazione delle equazioni di Einstein in quanto contenenti la
conservazione automatica della sorgente (“automatic conservation of the source”
1
la chiamano Misner, Thorne e Wheeler nel loro trattato), ci vollero più di cinque
anni perché ci si rendesse conto come esso non rappresentasse altro che, come
scrive Pais, “un metodo del tutto nuovo per ottenere un risultato noto da lungo
tempo”
2
. Si trattava appunto delle identità di Bianchi, scoperte per primo da Ricci
Curbastro addirittura nel 1888!
Sempre nel 1917 Levi Civita introdusse il trasporto parallelo, concetto prezioso
che ebbe presto largo impiego all’interno della teoria, mentre un articolo di
Einstein, dello stesso anno, che aveva come argomento quello che grazie a lui
divenne noto come “principio di Mach”, segnò la nascita della cosmologia
scientifica che nei dieci anni seguenti ebbe in de Sitter e Friedmann, oltre che in
Einstein stesso, i suoi pioneri. Sarà questo l’unico settore in cui la relatività
generale potrà godere, negli anni della crisi, di una certa emancipazione rispetto
alla teoria newtoniana e soprattutto rispetto alle interpretazioni in chiave
1
Misner, Thorne, Wheeler, 1973.
2
Pais, 1986.
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newtoniana di cui fu oggetto in quel periodo, come vedremo nel secondo e nel
terzo capitolo.
Sempre di Einstein furono i lavori che, nel 1918, inaugurarono un altro nuovo
filone di ricerca nell’ambito della teoria destinato a giocare un ruolo importante
nel rinascimento relativista di cui ci occuperemo nel quarto capitolo: le onde
gravitazionali. In realtà si era occupato di questo argomento già in un articolo del
giugno 1916 nel quale non solo derivò le onde nell’approssimazione linearizzata
di campo debole, ma fece anche notare come alla luce di tali equazioni la stabilità
delle orbite interatomiche diventasse un problema gravitazionale oltre che
elettromagnetico: “Sembra che la teoria quantistica sia destinata a modificare non
solo l’elettrodinamica di Maxwell, ma anche la nuova teoria gravitazionale.”
3
. Un
osservazione che sembrava presagire quella che, come vedremo nel secondo
capitolo, sarebbe stata, insieme al problema del “realismo quantistico”, la sua più
grande ossessione frustrata fino alla fine dei suoi giorni: l’unificazione della
relatività generale con la teoria dell’elettromagnetismo. Si può dire che tale
ossessione si dimostrò contagiosa tanto da animare consistenti filoni di ricerca
destinati a proseguire sino ai giorni nostri, come avremo modo di vedere nel terzo
e quarto capitolo, studi che evolveranno nella ricerca di una teoria quantizzata
della gravitazione, obiettivo che rappresenta una delle frontiere della fisica teorica
attuale.
Questi sviluppi suscitarono notevole interesse ed entusiasmo in seno alla
comunità scientifica. Un interesse ed un entusiasmo destinati però ad esaurirsi nel
3
in Pais, 1986. Pg 301.
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volgere di pochi anni per poi tornare a manifestarsi, come vedremo, ben più tardi.
A posteriori credo si possa ben dire che in questi primi anni di vita della relatività
generale vennero gettati dei semi destinati a germogliare più di quaranta anni
dopo!
1.2 I progressi sperimentali: avanzamento del perielio, deflessione della luce,
redshift solare e delle nane bianche
Paradossalmente il primo sviluppo sperimentale della teoria fu anteriore alla sua
nascita. Infatti una settimana prima di arrivare alla forma definitiva delle
equazioni di campo, Einstein, con una versione ancora incompleta delle stesse,
riuscì tuttavia a risolvere un mistero che da più di mezzo secolo tormentava gli
astronomi, da quando Le Verrier nel 1859 osservò per primo un’anomalia
nell’orbita di Mercurio che nel 1882 Newcomb accertò consistere in una
precessione secolare del perielio di 43" d’arco.
Questa conferma fu importantissima per lo scienziato tedesco che da ormai otto
anni era alla ricerca di una nuova teoria della gravitazione. Spinto in questa
impresa dal desiderio di estendere il principio di relatività ai sistemi accelerati,
abbattendo così un muro eretto più di tre secoli prima e che costituiva, a suo modo
di vedere, un ostacolo ad una completa comprensione della natura, in tutti questi
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anni non aveva avuto altro conforto che la forza delle sue convinzioni. Il risultato
del perielio, finalmente, era la conferma tanto attesa che era sulla strada giusta.
“La natura gli aveva parlato, doveva essere nel giusto!”
4
scrive Pais rendendo in
maniera esemplare il suo stato d’animo in quei giorni che avrebbero visto la
nascita della relatività generale.
4
Pais, 1986.
Ma se la verifica della precessione del perielio di Mercurio svolse un ruolo così
importante nella nascita della teoria, fu la verifica della deflessione della luce
avvenuta nel 1919 a dare vita a quell’entusiasmo nei suoi confronti tanto
prematuro quanto effimero, che, come vedremo, per alcuni anni ne decreterà il
successo ben al di là delle sue effettive evidenze sperimentali.
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In un suo articolo, Chandrasekhar, si chiede il perché la figura di Einstein sia
considerata così rappresentativa della fisica, e non solo, del ventesimo secolo,
quando “...si potrebbero citare diversi i cui fondamentali contributi al patrimonio
comune delle conoscenze dei fisici possono essere considerati anche più rilevanti
di quelli di Einstein o, quanto meno, paragonabili ai suoi”
5
. Per rispondere a
questa domanda egli riporta una discussione, a cui assistette nel 1933, tra
Eddington e Rutherford, nella quale quest’ultimo attribuì all’altro il merito della
fama dello scienziato tedesco. Secondo le sue affermazioni la spedizione della
Royal Society del 1919 cadde in un periodo congiunturale la cui particolare
situazione politica e psicologica crearono le premesse per il successo di portata
massmediologica della teoria della relatività generale e, soprattutto, del suo
creatore.
Concludendo la parte del suo articolo dedicata alla verifica della deflessione della
luce e a come essa fu responsabile della “diffusa adorazione” di cui fu oggetto la
teoria, Chandrasekhar fa notare come la storia avrebbe potuto avere un corso
molto differente.
5
Chandrasekhar, 1979.
Pagina 14 di 14
Nel giugno del 1911, infatti, applicando euristicamente il principio di equivalenza
alla relatività speciale, Einstein aveva dedotto un valore, per la deflessione di un
raggio di luce radente la superficie del Sole, che era esattamente la metà di quello
che avrebbe ottenuto quasi quattro anni più tardi con l’equazione delle geodetica e
di quello misurato, otto anni dopo, da Eddington. L’articolo che conteneva questa
predizione terminava con un appello agli astronomi: “E’ desiderabile che gli
astronomi si occupino della questione qui sollevata, anche se le sopraccitate
considerazioni possono sembrare insufficientemente fondate o persino
azzardate”
6
.
Cogliendo l’appello, Freundlich, aveva programmato di sottoporre a verifica
l’effetto predetto da Einstein nell’eclisse che si sarebbe verificata in Russia nel
1914. Ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale gli impedì di compiere le
osservazioni programmate.
Se la guerra non fosse scoppiata, o, più realisticamente, se solo fosse iniziata
qualche mese più tardi, permettendo così a Freundlich di ottenere un valore,
probabilmente (ma vista la difficoltà delle osservazioni e la grande variabilità dei
risultati ottenuti negli anni a seguire nella verifica di questo effetto, non ne sarei
molto sicuro), doppio rispetto a quello previsto da Einstein nel 1911, la
deflessione della luce, come scrivono Hoffman e Dukas, “...avrebbe perso il
grandissimo impatto che ebbe in quanto predizione.”
7
Ma le cose non andarono così e la storica riunione della Royal Society sancì il
6
in Pais, 1986. Pg 219.
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trionfo della relatività generale.
7
in Chandrasekhar, 1979. Pg 216.
A differenza di quanto accadde per la deflessione della luce, l’esistenza di uno
spostamento verso il rosso delle linee spettrali della luce solare era un fatto
conosciuto ben prima del 1915. Ma era un fenomeno considerato di scarsa
importanza e gli astrofisici tedeschi, così come gli spettroscopisti francesi,
dubitavano si trattasse dell’effetto previsto da Einstein già nel 1907 e preferivano
attribuirlo ad effetto Doppler causato dai movimenti della superficie solare.
Questo, almeno, fino al 1919. Nemmeno un anno dopo l’annuncio dei risultati
dell’eclisse, infatti, diversi ricercatori annunciarono di aver misurato il redshift
solare.
Appare chiaro da questo episodio come in queste situazioni la scarsità dei dati,
quantitativa e qualitativa, portasse i ricercatori ad interpretazioni dettate più da
convinzioni personali che da valutazioni critiche.
Presto un nuovo campo d’azione si aprì per la verifica del redshift: le nane
bianche. Nel 1925 W. S. Adams all’osservatorio di Mont Wilson mise in evidenza,
su commissione di Eddington, uno spostamento nelle linee spettrali della
“Compagna di Sirio” dell’ordine di grandezza previsto dalla teoria. In realtà ci si
rese ben presto conto che, nel caso delle nane bianche, i dati necessari per riuscire
a formulare una previsione teorica di tale redshift, da confrontare con le
osservazioni, cioè la loro massa ed il loro raggio, per un gran numero di effetti
complessi, non erano conoscibili con il necessario grado di approssimazione. Alla
luce di tali considerazioni è legittimo supporre che l’annuncio di Adams sia stato
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influenzato dal risultato ottenuto sei anni prima da Eddington. In che altro modo si
potrebbe giustificare la sua affermazione relativa alla consistenza del redshift della
“Compagna” con l’ordine di grandezza previsto dalla teoria, quando, come
abbiamo visto, non era in possesso degli elementi necessari per produrre tale
previsione?
Possiamo dunque concludere che le due prime verifiche “classiche”, la
deflessione della luce e l’avanzamento del perielio, si sostennero a vicenda nel
confutare la teoria newtoniana e nel dare alla relatività generale una ragion
d’essere, influenzando le aspettative e le interpretazioni dei ricercatori, come
abbiamo visto in precedenza nel caso del redshift.