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INTRODUZIONE
Lo scopo di questa tesi è di analizzare la crisi economica che ha colpito l’economia di
molti paesi, focalizzandoci maggiormente sull’area dell’euro e quella americana.
Abbiamo assistito negli ultimi anni ad uno scenario economico che ha portato molti
squilibri a livello mondiale e il fine di questo elaborato è quello di analizzare
empiricamente tutte le possibili cause, i fatti e le conseguenze che hanno coinvolto la
storia economica attorno l’agosto del 2007, data nella quale ci fu l’esplosione della
famosa bolla finanziaria.
Partiamo dal presupposto che il quadro di riferimento economico, cui abbiamo
assistito dalla fine degli anni novanta ad oggi, è stato caratterizzato da ridotti tassi di
interesse a lungo termine e crescita sostenuta dell’output, scarsa avversione al rischio,
bassa volatilità del PIL e dell’inflazione, abbondante liquidità nel sistema e crescita dei
mercati finanziari. Inoltre, abbiamo osservato soprattutto nell’ultimo periodo un
ampliamento degli squilibri finanziari globali, dovuti in particolare dal crescente deficit di
conto corrente degli Stati Uniti e dal surplus delle economie emergenti asiatiche e dei
paesi esportatori di petrolio.
È possibile interpretare queste informazioni con un approccio non monetario, che
consiste nell’affermare che gli squilibri siano determinati da fattori reali come le decisioni
di risparmio e investimento, piuttosto che caratteristiche dei mercati finanziari globali. In
questo caso l’eccesso di risparmio è comune a diversi paesi, ma per cause diverse; in
Giappone per ragioni strutturali, in Asia per timore di crisi finanziarie e nei paesi
esportatori di petrolio per l’aumento dei prezzi petroliferi. Negli USA, al contrario, sia i
risparmi privati sia quelli pubblici sono diminuiti.
Mentre con un approccio monetario si potrebbe razionalmente definire che gli
squilibri sono imputabili alla politica monetaria espansiva della Fed che ha determinato
bassi tassi di interesse nominali e reali negli USA. Questo avrebbe determinato un forte
aumento del credito e dei consumi e una contrazione dei risparmi. L’eccesso di domanda
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interna si sarebbe poi trasferito all’esterno generando forti squilibri commerciali e
monetari. Di conseguenza i tassi di cambio delle economie emergenti, Cina compresa,
sono stati mantenuti artificiosamente bassi, cosicché il dollaro non si è indebolito e non sì
è persa competitività. Generandosi però un enorme accumulazione di riserve. Secondo
questa ipotesi, i risparmi non sarebbero l’elemento trainante, ma il risultato di un eccesso
di liquidità.
La crisi scoppiata in uno scenario di questo tipo poteva forse essere prevista, ma ciò
che ci preme compiere con questo elaborato è spiegare e motivare empiricamente quanto
accaduto.
Questa tesi è stata strutturata fondamentalmente in quattro parti dove le analisi
proposte permetteranno al lettore di avere non solo una conoscenza descrittiva
dell’andamento dei fatti, ma soprattutto quantitativa.
Inizialmente ci si è basati sui fatti concreti che hanno coinvolto l’economia finanziaria
degli USA antecedenti al 2007. In questa prima parte, vengono chiariti gli eventi
scatenanti la bolla finanziaria e quindi le probabili cause che hanno portato a questa
situazione. Inoltre è stata svolta una descrizione cronologica degli avvenimenti salienti
accaduti dall’agosto del 2007 alla fine del 2008, periodo che potremmo definire tra i più
critici sotto un aspetto legato agli accadimenti dei fatti.
La seconda parte è finalizzata alla spiegazione del contagio della crisi finanziaria
all’economia reale. Saranno quindi chiariti tutti gli aspetti legati agli aggiustamenti
economici che hanno trasmesso la crisi su questo livello. Inoltre è stata svolta un’analisi
empirica sulle conseguenze macroeconomiche che hanno colpito l’area dell’euro, così da
poterle confrontare con quelle che hanno caratterizzato gli Stati Uniti d’America.
La terza parte è incentrata sulle politiche monetarie adottata dalle banche centrali di
Europa e America, andando a porre la nostra attenzione non solo sulle misure anticrisi
adottate negli ultimi due anni, bensì anche sul periodo precedente all’emergere della crisi.
Inoltre per permettere al lettore di comprendere il motivo delle diverse strategie, saranno
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messe a confronto le caratteristiche delle due economie; ci riferiremo quindi alla struttura
economica sottostante dei due paesi, al modo in cui si propagano gli shock
macroeconomici e agli obiettivi di politica economica e monetaria che le due grandi
banche, dei rispettivi paesi, posseggono.
L’ultima parte permetterà di chiudere il cerchio della spiegazione grazie alle analisi
svolte sui dati della finanza innovativa, la quale sembrerebbe alla base degli squilibri
economici presenti nei diversi mercati finanziari e al collegamento che essa detiene nei
confronti di alcuni settori, come quello immobiliare. Si è quindi cercato di fare chiarezza
su quelli che sono i ruoli dell’economia finanziaria nel sistema economico e di come
questi si siano allontanati spingendosi oltremodo, verso politiche di gestione
deresponsabilizzanti e a volte speculative. Consapevoli del fatto che il fine principe
dovrebbe essere insito nella crescita di produttività del paese ma soprattutto di sostegno
nei momenti di difficoltà.
Come la storia ci insegna, anche questa crisi porterà ad insegnamenti utili per il futuro;
soprattutto per quanto riguarda le scelte e le strategie da adottare in determinati contesti
economici, sia dal lato monetario che finanziario. Sempre con la speranza che non venga
semplicemente etichettata come fase negativa del ciclo economico.
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1. LA GRANDE CRISI
Questo primo capitolo ha la funzione di dare risposte concrete alle domande che più
frequentemente si pongono risparmiatori, investitori, imprenditori e semplici cittadini.
Dalla grande crisi non usciremo soltanto più poveri, ma saranno profondamente cambiati
molti dei paradigmi della nostra vita contemporanea: l’idea stessa della libertà di mercato,
la natura dei rapporti fra pubblico e privato, il grado di consapevolezza nelle coscienze
collettive che la democrazia possa ancora rappresentare un sistema efficace per garantire
sicurezza e prosperità, la percezione diffusa del concetto di rischio, la caduta della fiducia
nelle controparti, bancarie e commerciali, la giusta retribuzione del merito, la tenuta degli
equilibri sociali, la qualità della convivenza in comunità nelle quali molti pagheranno per
gli errori di pochi. Un altro mondo, ma non per questo necessariamente peggiore se
avremo la capacità e la lungimiranza di riscoprire la centralità dell’impresa e la civiltà del
lavoro, liberandoci dall’illusione, fortemente diseducativa, che il denaro produca da solo
altro denaro.
La crisi, con gli effetti prodotti negli ultimi due mesi sul sistema bancario e nelle
Borse, si accende e si propaga attraverso i rami della finanza che sono al di fuori degli
strumenti di controllo e vigilanza. La causa prima che mette in moto il meccanismo
cumulativo della crisi, come noto, è che circa un cittadino degli Usa su dieci non riesce
più a pagare la rata del proprio mutuo subprime
1
, concesso senza una verifica attenta delle
garanzie dell’acquirente e garantito da enti esterni. Una stima del volume dei subprime
indica la cifra di 17.000 miliardi di dollari, su un volume complessivo di 121.000 miliardi
di dollari di mutui complessivi negli Usa, dati di dicembre 2008.
Il punto chiave è che, senza un controllo, i mutui vengono cartolarizzati dalle banche
che hanno concesso i prestiti e poi vengono rivenduti, per finanziare la liquidità bancaria,
1
Subprime: Tipologia di prestiti che vengono concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi di
interesse di mercato, in quanto ha avuto problemi pregressi nella sua storia di creditore, vengono cioè erogati
a clienti definiti ad alto rischio. Il tasso di interesse e i costi applicati dagli istituti di credito sono molto più
elevati rispetto a quelli medi.
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sotto forma d’obbligazioni strutturate e Abs
2
. La mancanza di controllo sta nel fatto che,
senza limiti regolamentari, i derivati si espandono nel mondo. Si stima che il valore
complessivo di mutui e cartolarizzazioni immobiliari Usa e dei prodotti derivati su scala
mondiale siano pari a 531.200 miliardi di dollari.
È soprattutto la finanza degli Usa e della City londinese ad impegnarsi nella creazione
di questi strumenti, il cui collocamento è molto profittevole.
I derivati per essere credibili, sono accompagnati da polizze d’assicurazione contro i
rischi d’insolvenza, i cosiddetti Cds
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(credit default swap), forniti da compagnie
d’assicurazione e dalle stesse banche. Le banche e gli altri attori finanziari, tramite i Cds,
si sono passati di mano i rischi legati alla possibilità che i cittadini statunitensi non
potessero ripagare la propria rata del mutuo. Il volume dei Cds è passato in sette anni, tra
il 2000 e il 2007, da 2.000 a 55.000 miliardi di dollari, una cifra equivalente al PIL
dell’intero pianeta.
1.1. LE CAUSE DEL CROLLO IN AMERICA
La crisi ha radici lontane. Nell’ultimo decennio i Paesi economicamente sviluppati
hanno visto una crescita accelerata dei debiti delle famiglie, negli Stati Uniti ma anche nel
Vecchio Continente, specialmente nei Paesi del Nord Europa in Spagna e, in misura
inferiore, anche in Italia. Debiti che i consumatori hanno usato per acquistare case, i cui
prezzi sono saliti in modo prorompente, ma anche automobili, prodotti elettronici, spese
sanitarie, istruzione per i figli, abbigliamento di lusso e vacanze.
2
Asset backed securities: sono strumenti finanziari garantiti da altri titoli, emessi a fronte di operazioni di
cartolarizzazione, del tutto simili alle normali obbligazioni; come queste, infatti, pagano al detentore una serie
di cedole a scadenza prefissate per un ammontare determinato sulla base di tassi di interesse fissi o variabili.
3
Credit default swap: un Cds è una “polizza” assicurativa su un baratto, dove la parte A, ha comprato
l’obbligazione emessa da C, ma vuole esser sicuro che C rimborsi il capitale alla scadenza. Per esempio se il
valore dei titoli acquistati è pari a 100 mila € e il Cds è quotato 120 punti base, vuol dire che A deve pagare
ogni anno 1200 € per essere sicuro del rimborso. Questi Cds sono quotati in mercati over the counter, cioè
non regolamentati e non controllati, e se il loro costo dovesse balzare mettiamo a 800 punti base, vuol dire
che il mercato teme che il debitore C avrà difficoltà a far fronte ai propri impegni e quindi chiede un
pagamento superiore per concedere la polizza.
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Questa enorme massa di debiti è stata finanziata dalle banche che, in questo processo,
hanno sostenuto i consumi, consentendo alle imprese di produrre di più.
In parallelo, però, per il sistema bancario sono aumentati i rischi che i debitori, prima
o poi, stretti tra un potere d’acquisto eroso dall’inflazione e la distribuzione sempre più
ineguale della ricchezza, non riuscissero più a fare fronte ai propri impegni. Con la
finanza “innovativa”, banche e assicurazioni si sono scambiate l’un l’altra questi rischi,
finendo per distribuirli negli investimenti dei risparmiatori. Il meccanismo è stato
sottoposto a tensioni crescenti e, alla fine, non ha retto.
1.1.1. IL VALORE DEGLI IMMOBILI
I mutui sulla casa sono prestiti di lunghissima durata, che tengono bloccate le risorse
delle banche anche per decenni. Per diminuire il rischio di credito, liberare liquidità e
potere fare nuovi prestiti, la moderna ingegneria finanziaria ha messo a punto degli
strumenti specifici. Una banca specializzata nel fare i mutui può chiedere un prestito ad
una seconda banca, dando in garanzia gli stessi mutui, e ripagando negli anni questo
prestito con le rate incassate. In questo modo la prima banca ottiene liquidità per poter
compiere nuove operazioni e la seconda guadagna sul prestito accordato.
Il mercato immobiliare Usa ha registrato un forte boom dei prezzi delle case fino al
2006. Le case di proprietà negli Usa sono aumentate dal 64% del 1994 al record del 69%.
La domanda di abitazioni ha “drogato” i prezzi: dal 1997 al 2006 il valore delle case è
salito del 124%. Questo però, ha anche fatto aumentare l’indebitamento delle famiglie
esposte ai mutui sempre più pèsanti per comprare casa.
Nel 2007 il rapporto tra debito e reddito negli Usa ha raggiunto il 130%: il 30% in più
rispetto dieci anni prima. La corsa dei prezzi delle case negli Usa non poteva restare
senza conseguenze. Il boom immobiliare aveva già iniziato a mostrare un rallentamento
nel 2005. Ma nel 2007 e nel 2008 il ribasso è stato rispettivamente del 9,7 e del 15,3 per
cento. Il ribasso ha causato un aumento dei pignoramenti delle case, in quanto il valore
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minore di esse non poteva più sussistere come garanzia del debito stesso e i proprietari
non erano più in grado di far fronte alle rate dei mutui: secondo stime del senato Usa, 71
miliardi di dollari di ricchezza immobiliare andranno in fumo a causa di pignoramenti e
calo dei prezzi. Si va a formare quindi un circolo vizioso in cui i debitori subprime non
sono più in grado di far fronte al pagamento delle rate e questo dovuto all’aumento
continuo dei tassi di interesse, essendo il pagamento stesso la fonte di queste
cartolarizzazioni e non sussistendo nemmeno l’unica garanzia del debito insita nel valore
dell’immobile, in quanto c’è stato un forte deprezzamento, il sistema creato ha smesso di
funzionare portando alla cosiddetta bolla immobiliare.
1.1.2. I MUTUI SUBPRIME
Il ribasso dei prezzi delle abitazioni, unito all’aumento dei tassi di interesse, mette ben
presto in difficoltà le famiglie Usa. Dal 2004 al 2006, la Federal Reserve, la Banca
centrale degli Stati Uniti, ha alzato i tassi di interesse 17 volte, portandoli al 5,25%: ciò
causò un forte rincaro dei mutui.
In un primo momento vanno in crisi le famiglie poco abbienti, quelle che avevano
stipulato i cosiddetti mutui subprime. Poi le difficoltà si allargano anche alle famiglie
economicamente più solide.
Per i mutui subprime erogati nel 2000 solo un cliente su 20 non era riuscito a pagare le
rate entro i primi 10 mesi dall’erogazione del mutuo. Per i mutui erogati nel 2007, invece,
il tasso d’insolvenza è salito quasi a un cliente su sei: dieci mesi dopo l’erogazione del
mutuo 15 famiglie su 100 non sono più in grado di pagare le rate.
Secondo gli ultimi dati aggiornati a giugno 2008 il tasso di insolvenza sui mutui
subprime è dunque molto più elevato: il 37,44% dei mutui erogati nel 2005 ha problemi
di pagamento. Percentuale che sale al 40,28% per i mutui concessi nel 2006 e che si
ferma invece al 29,28% per quelli stipulati nel 2007.
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All’inizio le banche non riescono a valutare correttamente questi segnali negativi
come un problema. Il motivo di questa incapacità è che i mutui subprime sono stati quasi
tutti “cartolarizzati”. Questo significa che le banche li hanno “impacchettati” in
obbligazioni denominate Asset backed Securities che sono state vendute agli investitori.
Pensando erroneamente di poterli ridurre, semplicemente cedendoli ad altri investitori e
trasferendo loro i rischi. Ma stavano sbagliando.
Nello specifico, quando si parla di cartolarizzazioni sui mutui, ci si riferisce ai
Mortgage Backed Securities, i famosi Mbs: titoli garantiti da un insieme di prestiti
ipotecari che derivano da un processo di securitization, il quale trasforma i debiti
ipotecari in titoli negoziabili sui mercati. Il problema nasce nel momento in cui questi
titoli sono garantiti dalle rate dei mutuatari subprime ad alto rischio, i quali come
abbiamo visto non hanno svolto la loro funzione, portando a crisi finanziarie di diversi
istituti di credito.
1.1.3. PASSAGGIO DELLA CRISI OLTREOCEANO
Molti economisti confidavano nel fatto che le cartolarizzazioni avrebbero sparpagliato
i rischi. Ma la tesi si rivela subito errata. I rischi sono stati infatti moltiplicati, non ridotti.
Gli Abs, che negli Usa ammontano a 4.200 miliardi di dollari, sono stati infatti in gran
parte “rimpacchettati” da altre banche in altre obbligazioni, i cosiddetti Cdo
4
,
Collateralised Debt Obligation, il cui valore ammonta ad altri 3.000 miliardi di dollari.
Quindi, il rischio subprime è arrivato in tutto il mondo attraverso questi bond. E
nessuno è in grado di stabilire o affermare in quante Abs e in quanti Cdo sia
effettivamente finito. Questa incertezza manda in poco tempo in tilt il mercato delle
4
Collateralised Debt Obligation: rappresentano una specifica categoria di Abs. Sono titoli a reddito fisso che
derivano dall’aggregazione di diverse attività soggette a rischio di credito. Per gli investitori esistono infinite
combinazioni di rischio e di rendimento, attraverso i Cdo, emessi di solito da una società veicolo (Siv) cui
vengono conferite una serie di attività finanziarie: mutui a persone fisiche, prestiti immobiliari per uffici o
fabbriche o centri commerciali, obbligazioni societarie ad alto rendimento e altro. Sulla base di queste attività
vengono emessi titoli con varie combinazioni di rischi e di rendimento. Anche se il mercato dei Cdo è ormai
imponente, la scarsa liquidità ha condotto a paralisi delle negoziazioni e a incertezze nella valutazione una
volta che alcune delle componenti di questi titoli hanno rilevato alte probabilità di non restituzione.
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cartolarizzazioni, anche quelle che non hanno nulla a che fare con i subprime. Nessuno le
vuole più comprare, i prezzi crollano (anche più dell’80%) e di conseguenza per chi le
possiede le perdite sono di miliardi di dollari.
Mentre si “congela” il mercato delle cartolarizzazioni, la crisi si propaga a tutte le
obbligazioni. Gli investitori, per panico e per fare cassa, vendono anche azioni e bond
aziendali. Le vendite fanno crollare i prezzi, spingendo i rendimenti verso l’alto.
Le obbligazioni cosiddette distressed
5
si moltiplicano: se a luglio 2007
rappresentavano solo il 2% circa del totale, a febbraio 2008 erano salite al 22%. Alle
cartolarizzazioni in crisi si affiancano quindi anche i bond aziendali ad alto rischio. E
pensare che solo negli Usa nel 2006 e 2007 ne erano stati emessi per 300 miliardi di
dollari.
1.1.4. LE BANCHE E LA SITUAZIONE DI BORSA
Le banche sono le prime a soffrire perché sono tra i principali acquirenti di titoli
tossici: hanno “in pancia” 746 miliardi di dollari di questi. Non solo, molte banche hanno
comprato bond cartolarizzati anche attraverso speciali società veicolo fuori bilancio
chiamate Conduit e Siv
6
. Questi “veicoli societari” hanno acquistato i bond cartolarizzati
usando un forte “effetto leva”, indebitandosi cioè in modo esponenziale. La stessa leva
che per anni aveva moltiplicato i guadagni, ora si ritorce contro i veicoli stessi.
Le banche devono quindi intervenire e “salvarli”, ma così facendo inglobano nei loro
bilanci le perdite. Il crollo delle cartolarizzazioni e i salvataggi dei “veicoli” causano
quindi pesanti perdite per le banche stesse.
A livello mondiale, gli istituti di credito hanno dovuto svalutare più di 500 miliardi di
dollari di obbligazioni, aprendo perdite miliardarie nei bilancio.
5
Obbligazioni Distressed: così definite in quanto a causa delle vendite, hanno rendimenti del 10% superiori a
quelli dei titoli di stato.
6
Conduit o Siv: Si tratta di un ente finanziario societario creato per uno scopo specifico, di solito da un
istituto finanziario, ma anche da altre società, al quale vengono attribuite determinate operazioni da compiere,
come nel nostro caso, l’emissione dei titoli cartolarizzati.