5
Introduzione
Ho sempre nutrito un certo interesse per la traduzione, in particolare
per quella letteraria; interesse che via via è maturato per merito anche
degli approfondimenti realizzati in ambito universitario. Ecco il motivo
per cui ho scelto di dedicare la mia tesi alla traduzione di tre racconti di
Sender, cercando di coniugare il lavoro linguistico a quello letterario, per
dimostrare, nei limiti dello spazio a disposizione e delle mie conoscenze,
perchØ la traduzione sia vista come uno strumento prezioso di
mediazione culturale tra due lingue.
Il mio compito è stato quello di pormi come tramite tra la lingua di
partenza (lo spagnolo) e la lingua di arrivo (l’italiano), permettendo così
al lettore di entrare in contatto, non soltanto con l’autore, ma anche con la
sua cultura di appartenenza. Non si può, infatti, tradurre un testo
trascurando la collocazione storico-culturale dell’autore preso in
considerazione; ecco perchØ ho incentrato il primo capitolo sullo studio,
in linee generali, di quella letteratura che oggi viene denominata
dell’esilio repubblicano. Una letteratura che di anno in anno viene
riscoperta e data a conoscere al pubblico, grazie anche al lavoro di un
gruppo di studiosi (GEXEL – Grupo de Estudios del Exilio Literario), il
cui obiettivo è la ricostruzione della memoria storica, culturale e
letteraria dell’esodo repubblicano spagnolo, avvenuto all’indomani
dell’insediamento del regime di Francisco Franco. Riscoprire questa
letteratura significa comprendere il dolore che vive lo scrittore esiliato,
costretto ad abbandonare la propria patria, ad essere privato del proprio
pubblico ed a vivere in un esilio che per qualcuno non terminerà affatto
con la morte di Franco. ¨ in questo ambiente che si colloca la figura,
6
ancora poco conosciuta in Italia, di Ramón J. Sender, straordinario autore
eclettico, che è riuscito ad abbracciare ogni tipo di scrittura, dal saggio
alla poesia, dal teatro ai relatos. Una vita dedita alla scrittura, la sua,
influenzata in gran parte dalla indelebile esperienza personale. Ogni
lavoro pubblicato da Sender rispecchia, infatti, una parte della sua vita:
dalla Guerra in Marocco, riferimento esplicito in ImÆn (1930), alla rivolta
contro il dittatore Primo de Rivera, esperienza che sarà il tema di O.P.
(Orden Público, 1931), alla Guerra Civile spagnola, che sarà uno dei
temi predominanti in tutta la sua opera letteraria comprendente anche i
Relatos fronterizos, la silloge da cui sono tratti i racconti tradotti.
Tuttavia, l’ultima fase della sua scrittura, alla quale appartengono proprio
i Relatos fronterizos, assume una nuova impronta: la realtà comincia a
mescolarsi con la fantasia e il comportamento umano diventa il punto
cardine di questa nuova scrittura.
I tre racconti, Un seudo, La quena e Manuela en Copacabana,
costituiscono il fulcro di questo lavoro, perchØ rappresentativi, allo stesso
tempo, della caratteristica scrittura di Sender, che affronterò nel primo
capitolo, e dell’atto pratico traduttivo. ¨ in questa seconda fase che
cercherò di illustrare anche le tecniche traduttive impiegate, delineando i
motivi di eventuali scelte, le difficoltà incontrate e la risoluzione dei
problemi riscontrati durante il processo di traduzione.
7
Capitolo primo
Ramón J. Sender e l’esilio repubblicano
spagnolo
1.1 L’esilio politico e culturale dopo la Guerra Civile
Il 1939 è l’anno che segna la fine della Guerra Civile Spagnola (1936-
1939), la sconfitta della II Repubblica e l’inizio della dittatura del
generale Franco, che si protrarrà fino al 1975, anno della morte del
Caudillo.
Una guerra durata tre anni, che causò la morte di oltre un milione di
persone mentre circa mezzo milione fu costretto ad attraversare, nel
febbraio 1939, la frontiera francese, fuggendo dalla feroce repressione
dei vincitori per poter continuare a difendere la causa di libertà e
democrazia. Non esistono stime esatte di quanti spagnoli attraversarono
la frontiera, ma tra il 1936 e il 1939 si susseguirono varie fasi del
processo migratorio spagnolo; tuttavia, quello del 1939 rimase piø
impresso nella storia spagnola, con circa 470.000 spagnoli che
abbandonarono la patria.
1
La lotta repubblicana portò i cittadini spagnoli
in molti paesi europei, ma anche in Sud-America e in Unione Sovietica
2
.
1
M. Novarino, “L’esilio politico e culturale dopo la guerra civile spagnola”, in Italia
Contemporanea, settembre 2007, n° 248 p. 355, scrive: «Delle 470.000 persone che
avevano passato la frontiera, 275.00 furono internate nei campi di concentramento
(definiti ufficialmente così dalle autorità francesi) improvvisati – senza baracche, senza
servizi igienici, cucine e infermerie – sulla costa mediterranea».
2
Per comprendere il flusso migratorio spagnolo di quegli anni, ecco i numeri
approssimativi raccolti da P. Tabori in The Anatomy of the exile: a semantic and
historical study, London, Harrap, 1972, p. 385: Francia, 150.00 esiliati, Messico 28.000
esiliati, Algeria, 17.000 esiliati, Unione Sovietica 5.800 esiliati, Argentina e Gran
Bretagna 3.000 esiliati, Venezuela 2.600 esiliati, Belgio 2.000 esiliati, Marocco 1.000
esiliati e Tunisia 900 esiliati.
8
Il Messico fu il paese latino-americano che si distinse maggiormente
nell’accoglienza dei rifugiati
3
, «rimanendo al fianco dei governi della
Repubblica costituitisi in esilio, tuttavia non riconoscendo il regime
franchista»
4
.
L’esilio del dopoguerra privò la Spagna dei suoi piø eminenti e
prestigiosi intellettuali che si erano espressi nei primi trent’anni del
Novecento, causando un forte impoverimento della vita culturale dei
decenni successivi. L’esodo della componente intellettuale è stato il piø
importante della storia della Spagna, lasciando il paese privo degli
uomini che lo avevano portato a una posizione di prestigio nel panorama
internazionale.
Nel 1947 venne fondata in Messico una sezione della UIE (Unión de
Intelectuales Espaæoles, creata già in Francia nel 1944), con lo scopo di
portare aiuto «material, moral y cultural al movimento intelectual de la
liberación que dentro de Espaæa se desarolla»
5
.
Nell’ambito della poesia, quasi tutta la generazione del ’27 andò in
esilio; solo per fare alcuni esempi: Antonio Machado, il poeta che si era
schierato senza esitazioni a fianco della Repubblica; Luis Cernuda, che
passò in Messico i suoi ultimi anni di vita continuando la sua opera
poetica e di critico; Juan Ramón Jimenez, che ottenne il Premio Nobel
per la letteratura nel 1956; Rafael Alberti, considerato uno dei maggiori
esponenti di quella che fu chiamata Edad de plata. Ad essi vanno a
sommarsi altri importanti letterati fra i quali, tra cui: Max Aub, che fu
accusato di comunismo quando si trovava in Francia e successivamente
internato in un campo di concentramento; Ramón JosØ Sender GarcØs,
che combattØ nelle milizie anarcosindacaliste e tenne numerose
3
Tra il 1939 e il 1948 emigrarono in Messico circa 22.000 persone. (cfr. J. Rubio, La
emigración de la guerra civil de 1936-1939. Historia del Øxodo que se produce con el
fin de la II República espaæola, Madrid, San Martín, 1977, vol. II, pp. 158-181).
4
M. Novarino, op. cit., p. 357.
5
F. Caudet, Hipótesis sobre el exilio republicano de 1939, Madrid, Fundación
Universitaria Espaæola, 1997, p. 434.
9
conferenze in Europa e negli Stati; Rosa Chacel; Arturo Barea, Manuel
Andújar Muæoz, che in Messico fondò la rivista Las Espaldas.
1.2 La letteratura dell’esilio
Durante gli anni quaranta, l’opera letteraria dell’esilio repubblicano
spagnolo fu, come l’ha definita Manuel Aznar Soler, esteticamente
superiore a quella pubblicata nella Spagna franchista. Messico e Buenos
Aires divennero le capitali editoriali della letteratura spagnola “esiliata”,
ma, come afferma lo stesso autore:
el desconocimiento en la Espaæa franquista de la literatura
republicana fue durante muchos aæos prÆcticamente total y
absoluto y, debido a la inexistencia de libertates democrÆticas,
fracasó el intento de costruir, a inicios de los aæos cincuenta, un
primer puente de diÆlogo entre la timida oposición antifranquista.
(...) Pero a pesar de su prohibición por la censura, la
literaturarepublicana, gracias a la complicidad de algunos libreros,
fue siendo conocida progresivamente durante loa aæos sesenta por
una minoría lectora de la oposición antiranquista. Revistas como
Índice, Ínsula, Papeles de Son Armadans y Primer Acto o un
suplementoliterario como el del diario madrileæo Informaciones
fueron publicado ocasionalmente textos de algunos escritore
exiliados, nombres por entonces míticos de esa Espaæa peregrina,
de esa Espaæa ausente, invitablemente idealizada por la distancia y
el desconocimiento
6
.
6
M. Aznar Soler,
“Las literaturas del exilio republicano espaæol de 1939: el estado de la
cuestión”, in Ínsula, marzo 1999, n° 623, pp. 3-5.
10
Il libro pioniero per la ricostruzione di questa letteratura fu Narrativa
espaæola fuera de Espaæa (1939-1961) di JosØ Ramón Marra-López,
pubblicato nel 1963. Un libro insolito perchØ analizzava l’opera narrativa
di alcuni scrittori che era proibita e non poteva essere letta nella Spagna
franchista.
Dopo la pubblicazione di Marra-López, la critica spagnola iniziò a
considerare il lavoro letterario di alcuni esiliati, non solo di coloro che
erano abbastanza conosciuti prima della Guerra Civile (Ramón J. Sender,
Max Aub, Francisco Ayala, Rosa Chacel), ma anche quello di altri che,
fino a quel momento, erano stati ignorati. Cominciarono ad apparire, in
alcune riviste, note e articoli che commentavano la narrativa, la poesia e,
in qualche caso, il teatro dell’esilio; ma solo intorno al 1977 l’esilio
repubblicano verrà studiato in profondità e con visioni piø ampie: gli
studiosi esaminarono diversi aspetti sociopolitici, culturali, letterali,
artistici e filosofici dell’esilio, includendo, oltretutto, un volume dedicato
alla letteratura catalana, basca e gallega sull’emigrazione repubblicana.
Agli inizi degli anni ottanta, Francisco Ayala metteva in dubbio
l’esistenza di una letteratura dell’esilio come entità diversa e separata
dalla letteratura spagnola
7
, in contraddizione con quello che aveva
affermato nel 1949, quando, consapevole della condizione eccezionale
che costituiva il suo stato di scrittore esiliato, si domandava «¿Para quiØn
escribimos nosotros?»
8
. Nel testo del 1981 lo scrittore lamentava «la
exclusión de nuestro nombre del cuadro de la literatura contemporÆnea
para arrinconarnos en una especie de lazareto»
9
; un’esclusione che
affondava le sue radici nell’emarginazione politica derivata dalla
7
F. Ayala, “La cuestionable literatura del exilio”, in Los Cuadernos del Norte, II, 8
(julio-agosto 1981), pp. 62-67.
8
F. Ayala, “¿Para quiØn escribimos nosotros?”, in Cuadernos Americanos, 43 (enero-
febrero 1949); raccolto in La estructura narrativa y otras experiancias literarias,
Barcellona, Crítica, 1984, pp. 181-204.
9
F. Ayala, “La cuestionable...” cit., p. 67.
11
sconfitta della repubblica durante la Guerra Civile e che, effettivamente
negli anni ottanta, non aveva nessun motivo di essere.
Per lo studio della letteratura dell’esilio risulta importante recuperare
autori e opere fondamentali di quell’esperienza, perchØ senza tali autori e
le loro opere non è possibile scrivere la storia della letteratura spagnola di
quel periodo, nØ di quella che la precede, nØ di quella che la segue.
1.2.1 La psicologia dell’esiliato
«Nos han borrado del mapa»
10
: è quello che dice un esiliato spagnolo,
giunto in Messico, a un suo compagno in El Remate, uno dei migliori
racconti di Max Aub, pubblicato per la prima volta nel 1961, nella sua
rivista Sala de Espera. La frase riassume la tragedia di tutto l’esilio.
L’esiliato è escluso, zittito, ma la sua esclusione non è solamente un
fattore geografico. “El mapa” di cui parla il personaggio del racconto si
riferisce per sineddoche a tutto un processo storico nel quale, da un
giorno all’altro, l’esiliato smette di partecipare. Per uno scrittore l’esilio
significa l’eliminazione dalla mappa culturale: gli rubano il pubblico, i
giornali, le riviste e, soprattutto, lo privano del proprio posto nella storia
della letteratura. Questa è stata la peggior condanna per gli scrittori che
andarono in esilio dopo la sconfitta repubblicana durante la Guerra
Civile.
L’esiliato è una «persona que se ve obligada a salir o permanecer
fuera de su país a raíz de un bien fundado temor a la persecución – o a la
simple imposibilidad de disfrutar de sus derechos individuales – por
motivos de raza, credo, nacionalidad o ideas politicas» e che «considera
que su exilio es temporal (a pesar de que puda durar toda la vida),
deseando regresar a su patria cuando las condiciones lo permitan – pero
10
M. Aub, “El Remate”, in Enero sin nombre. Los relatos completos del laberinto
mÆgico, ed. de J. Quiæones, Barcelona, Alba Editorial, 1994, pp. 461-473.
12
incapaz o no dispuesto a hacerlo si persisten los factores que lo
mantienen alejado de ella»
11
.
C’è una caratteristica che accomuna il pensiero degli esiliati e in modo
particolare degli scrittori esiliati: tutto diventa ossessivo ricordo. La
permanenza in un paese straniero è considerata come momentanea e il
ritorno nella patria perduta (unita alla paura di non poter piø tornare)
diventa motivo costante di desiderio. Il passato si trasforma in un unico
punto di riferimento, mitizzato e desiderato; il presente si annulla
completamente e il futuro rappresenta l’illusione di ritornare nel paese
d’origine: un’illusione tanto idealizzata quanto maggiore è l’impossibilità
di realizzarla. Il ricordo della patria abbandonata allaccia, dunque,
passato, presente e futuro dell’esiliato
12
.
Esteban Salazar Chapela, giornalista e scrittore esiliato a Londra dopo
la Guerra Civile, sottolinea come la produzione letteraria degli scrittori
esiliati si vede alterata dall’esilio:
Hay una literatura de destierro, no ya sólo porque esta literatura
estØ escrita fuera, sino porque lleva en sí algo que sólo el destierro
puede dar: un desdoblamiento de la visión del escritor producido
por el mismo tajo que ha sufrido su vida, un continuo zigzag
mental y sentimental de cabeza y de corazón, entre su ayer y su
hoy
13
.
Gli scrittori videro nel loro lavoro un modo per ricreare il proprio
passato, intrinseco di nostalgia per la patria abbandonata: la memoria,
dunque, è l’unica forma per alleviare il dolore dell’esilio. Eva Soler
Sasera scrive:
11
G. Da Cunha-Giabbai, El exilio, realidad y ficción, Montevideo, Arca, 1992, p. 15.
12
Cfr. J. SÆnchez Zapatero, “Memoria y literatura: escribir desde el exilio”, in Lectura y
Signo, 3 (2008), pp. 437-453.
13
E. Salazar Chapela, “Homenaje a JosØ Moreno Villa”, in Caracola, s/n, 1956, p. 9.
13
El exiliado, víctima de la realidad histórica, convierte el asunto
de la reconstrucción autobiogrÆfica en su acto Øtico. El testimo de
su vida queda inevitablemente ligado a la vendicación de n preceso
histórico concreto que ha definido su ambigua posición identitaria;
la Guerra Civil, en nuestro caso, es, por tanto, el acontecimento
crucial que va a definir el conflicto de la identidad del
autobiografiado. Se trata de narrar, de volver con antiguas y nuevas
palabras al acontecimiento que marcó profunadamente sus
trayetorias vitales y, por supuesto, su escritura
14
.
Il permanente ricordo della patria abbandonata provoca la
mistificazione di esso, poichØ la patria è «la imagen de todos los bienes»,
smettendo di «corresponder a una realidad geogrÆfica determinada para
convertirse en una especie de paraíso terrenal»
15
. L’esperienza dell’esilio
provoca un trauma nella vita di colui che lo soffre e neppure il ritorno in
patria riesce a sopprimerlo.
Come vittime di un’esperienza drammatica e crudele, gli esiliati
possono offrire una testimonianza basata tanto nella descrizione di ciò
che è stato vissuto quanto nelle sensazioni generate per tutto quello che
hanno sofferto e convertire la propria opera in un esercizio di memoria
esemplare.
Antonio Muæez Molina ha studiato la formazione di questa identità di
gruppo partendo dalle testimonianze storiche individuali:
[Los escritores esiliados] se empeæan obsesivamente en
rememorar el pasado, en recostruirlo, en dar testimonio de lo que
vivieron. (...) La mejor literatura del exilio es un gran empeæo de
recapitulación, una tentativa de comprensión del disastre, y en ella
14
E. Soler Sasera, “Las voces antiguas: la Guerra Civil espaæola en algunas memorias y
autobiografías del exilio literario de 1939”, in Olivar, 8, 2006, p. 252.
15
V. Llorens, Literatura, historia y política, Madrid, Ediciones de la Revista de
Occidente, 1967, p. 26
14
con frecuencia la memoria histórica personal desemboca en los
sobresaltos del tiempo histórico, de modo que lo rivado y lo
publico se confunden en un solo relato
16
.
Souto Alabarde descrive così le circostanze in cui si produsse la
letteratura di quegli anni:
Privado de su público (…), el escritor exiliado, el novelista
sobre todo, escribe para sí mismo (…). Censurados en Espaæa,
desconosidos en AmØrica, no mut leídos por su compaæeros de la
emigración, pasaron mÆs de veinte aæos para comenzaran a tener
alguna resonancia en las nuevas generaciones a ambos lados del
AtlÆntico. Por esto son sus novelas en cierto modo un soliloquio,
un desahogo, una confesión, un intento de poner en claro, de
explicarse a sí mismo la tragedia de la guerra
17
.
Per gli scrittori esiliati il narrare le ferite e i traumi del loro ieri è
diventata una necessità. Francisco Ayala sosteneva:
En cuanto a la novela del exilio… no se sabe quØ hacer con ella.
Quiero decir que los estudiosos, los historiadores y profesores que
se ocupan de establecer panoramas de la literatura espaæola
(entiØndase, las de los territorios a que se extiende la soberanía del
Estado espaæol, segregada del cuerpo de las letras hispanas, forman
la gran literatura espaæola) hacen en sus esquemas un embarazoso
apartado para meter ahí como en un ghetto las obras de los
exiliados (...). Varios novelistas del exilio teníamos ya establecida
16
A. Muæez Molina, “Nubes atraversadas por aviones: la novela fantasma de Paulino
Masip”, in P. Masip, El diario de Hamlet García, Madrid, Visor Comunidad Aútonoma
de Madrid, 2009, p. 9.
17
S. Alabarce, , “Letras”, in Exilio espaæol en MØxico 1939-1982, Messico, Salvat
Editores e FCE, 1982, p. 384.