Total Quality Management e performance economico finanziaria : risultati di una ricerca empirica
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1.1 L’evoluzione del concetto di qualità
Il termine “Qualità”, oggi usato con grande frequenza si presta tuttavia a definizioni,
usi e interpretazioni tutt‟altro che univoche.
L‟Associazione Americana per il Controllo della Qualità (American Society for
Quality Control – ASQC) considera la qualità come “globalità dei profili e delle
caratteristiche di un prodotto o servizio da cui dipende la capacità di soddisfare
compiutamente un determinato bisogno: caratteristiche fisiche, aspetto, durata,
utilizzabilità, affidabilità, validità dei supporti logistici, riparabilità, praticità, etc…”.
In ambito industriale tale concetto ha subito nel corso della storia innumerevoli
rivisitazioni, passando da mera conformità del prodotto finito alle specifiche tecniche
prestabilite, ad una gestione minuziosa dei diversi processi che vanno dalla
progettazione del bene \ servizio, alla sua immissione sul mercato, fino ad arrivare
alla gestione dei rapporti con il cliente finale.
La sua evoluzione può essere suddivisa in quattro fasi che identificano
rispettivamente quattro momenti in cui la focalizzazione del processo di gestione
della qualità si è andata ampliando (English department of trade and industry, 2000).
Inizialmente la focalizzazione sul controllo della qualità era indirizzata al prodotto;
obiettivo primario era quello di individuare e separare il materiale conforme da
quello non conforme in tutte le fasi della lavorazione, ovvero dall‟acquisto delle
materie prime all‟ottenimento del prodotto finito, adoperando un “modello reattivo”.
Tale modello di gestione prevedeva l‟intervento solo a “incidente avvenuto”; la
qualità era vista come un problema da risolvere e non come un‟opportunità.
Durante gli anni „30 il focus dell‟attività di gestione della qualità si sposta
gradualmente dal prodotto al processo (process capability). Partendo dall‟analisi di
alcuni difetti dei prodotti, che si ripetevano in maniera costante, si cerca di arrivare
all‟individuazione delle carenze dei processi, a monte di tale fenomeno.
Nonostante ciò, fino agli anni sessanta la qualità fu dominio ristretto di ingegneri e
del management, con scarso se non nullo coinvolgimento del personale. È all'inizio
degli anni sessanta che si fa un salto avanti nella concezione della qualità. Nel'59 il
Dipartimento per la Difesa americano emana la I° Norma 8450 per regolamentare e
superare i problemi legati alla qualità in settori particolarmente rischiosi come il
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nucleare e l‟aerospaziale. Vengono predisposte le basi per un sistema qualità; tale
norma introduce una metodologia di gestione della qualità nota come Garanzia di
qualità, basata sulla realizzazione in azienda di una struttura organizzativa finalizzata
alla qualità, all'addestramento del personale, alla pianificazione e regolamentazione
di tutte le attività mediante procedure scritte, all'esecuzione e documentazione
dell'attività, ma soprattutto sul riconoscimento da parte dell'azienda di dover
realizzare una politica della qualità e una metodologia appropriata per la verifica
della sua corretta attuazione per il raggiungimento di obiettivi di qualità.
L‟attenzione si focalizza sulla qualità dell‟organizzazione: le aziende efficacemente
organizzate, che hanno strategie valide e un corretta strutturazione delle procedure,
sono quelle che più di altre riescono ad offrire ai propri clienti prodotti e servizi che
rispondono in maniera adeguata alle loro esigenze. Non si parla più di “rimozione
della non qualità” ma di prevenzione della stessa, attraverso l‟implementazione di un
sistema di qualità formale che riduca la possibilità che la “non qualità” si verifichi.
In questo modo si vede come l‟organicità e la sistematicità delle problematiche della
qualità vengono enfatizzate e fatte proprie dalle aziende, partendo dal management e
coinvolgendo anche tutto il personale.
Questo processo evolutivo del concetto di qualità porta, soprattutto grazie al
contributo di alcuni illustri studiosi americani e alle particolari contingenze in cui
l‟intera economia mondiale si trova nel secondo dopoguerra, a un avvicinamento alle
esigenze del cliente.
Le trasformazioni in atto nel mercato, che vedono clienti con sempre più pretese sia
dal punto di vista quantitativo ma soprattutto dal punto di vista qualitativo,
sensibilizza i dirigenti delle maggiori società mondiali verso una politica di piena
soddisfazione del cliente come unico deterrente all‟abbandono, in un contesto
competitivo sempre più aggressivo (IRRI, 1990).
La qualità si è andata ad affiancare ai più classici fattori strategici del successo ad
esempio, la capacità di innovare. Tutto ciò è stato incentivato anche dai cambiamenti
che si sono avuti sia nei i) sistemi competitivi, passati da una “guerra alla riduzione
dei costi” ricercata attraverso processi di standardizzazione, alla ricerca della
differenziazione attraverso processi e beni qualitativamente superiori, ii) sia nei gusti
dei clienti, sempre più attenti ed esigenti in termini di qualità.
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Proprio per questa inversione di tendenza, la ricerca della qualità ha avuto sempre di
più in questi ultimi anni un ruolo importate nel raggiungimento del successo
competitivo, tanto che le maggiori multinazionali, seguite successivamente anche
dalle imprese di minor entità, hanno dato sempre più rilievo alla sua gestione,
individuando in essa uno dei nuovi driver fondamentali per il conseguimento
dell‟eccellenza.
In questo scenario, che in un crescendo ha attribuito alla qualità un così grande
rilievo, si sono fatte avanti negli anni diverse correnti di pensiero che, pur
focalizzandosi in alcuni casi su aspetti tra loro diversi, hanno portato alla nascita di
nuovi modelli organizzativi, tutti volti alla gestione della qualità in ogni aspetto e
processo della vita aziendale.
Il passaggio concettuale nella visione della qualità si è avuto con la nascita del
concetto di Qualità Totale; con Deming (1986) viene ampliato in maniera ancora più
evidente il concetto di gestione della qualità, che dipende dalla gestione dell‟intero
sistema azienda e non di semplici sottosistemi, dipartimenti o processi isolati. Si
accresce ulteriormente il concetto di miglioramento continuo della qualità, volto a
garantire il soddisfacimento dell‟esigenze del cliente e quindi dell‟azienda nel suo
complesso.
Secondo un altro esponente di tale visione, Juran, la Qualità Totale rappresenta una
delle prerogative più importanti per l‟esistenza stessa dell‟azienda (Juran & Gryna,
1993), che non può competere senza un buon sistema di gestione e controllo della
stessa in un mondo in cui si viene misurati, attaccati o celebrati per la capacità di
saper proporre qualcosa di qualitativamente migliore. Lo stesso Juran promuove il
“salto” da una visione della qualità interna e rivolta esclusivamente alla conformità
tecnica del prodotto ad una visione della qualità focalizzata sul consumatore che
utilizzerà il prodotto.
I principi della qualità formulati da Juran e Deming vennero ulteriormente sviluppati
secondo due linee evolutive parallele in Giappone e negli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti gli sviluppi della qualità portano alla nascita del Total Quality
System basato sul Total Quality Control (TQC), ideato da Feigenbaum.
In Giappone, invece, si sviluppa un altro approccio noto come Company Wide
Quality Control (C.W.Q.C), sostanzialmente coincidente con il Total Quality System,
ma basato su una cultura profondamente diversa. Il Company Wide Quality Control è
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una vera e propria strategia di gestione che si propone di realizzare la massima
soddisfazione del cliente mediante una tensione di tutta l‟azienda, dal management
al personale operativo, verso l'eccellenza, da perseguire mediante un processo di
miglioramento continuo. Il T.Q.S. e il C.W.Q.C. costituiscono l'evoluzione della
Garanzia di qualità, e ne superano l‟approccio statico, basato sul rispetto di standard
e sulla conformità all‟uso, enfatizzando i valori aziendali e sulla base di un processo
dinamico di miglioramento continuo.
I concetti alla base del T.Q.S. e del C.W.Q.C. pur avendo radici comuni si sono
sviluppati e applicati in modo molto diverso nel mondo occidentale e in quello
giapponese. Il mondo occidentale, prevalentemente gli Stati Uniti, ha fortemente
sviluppato la concezione dell'organizzazione del lavoro di tipo taylorista,
privilegiando aspetti connessi con il rispetto delle prescrizioni e dei costi diretti.
I giapponesi invece, grazie ad una cultura ed una tradizione incompatibili con i
principi tayloristici, svilupparono ai massimi livelli l'approccio della qualità,
cogliendone tutte le potenzialità. È proprio in Giappone che si sviluppano le basi
poste in Occidente da Feigenbaum (con il TQS), verso il passaggio nell'era moderna
della qualità, cioè il passaggio dall'era del controllo all'era della gestione della
qualità. I giapponesi crearono un vero e proprio nuovo approccio manageriale, quello
a noi noto come Qualità Totale
1
, che supera quello occidentale poiché fondato su una
base culturale particolarmente favorevole. Il Giappone entra in contatto con il
Controllo di Qualità nell'immediato dopoguerra grazie agli americani. La velocità di
apprendimento e l'interesse verso le tematiche della qualità sono senza eguali nel
resto del mondo. Già dal 1946 venne costituito un ente il Japanese Union of Scientist
and Engeneers (JUSE) che con le sue attività promosse lo sviluppo e la diffusione del
controllo di qualità. Il JUSE è stato il catalizzatore dei migliori cervelli del Giappone
e un potente mezzo di divulgazione delle tematiche del CWQC. I membri fondatori
del JUSE hanno segnato profondamente l‟evoluzione della qualità, in modo
particolare K.Ishikawa, S.Mizuno, T.Asaka e M.Kogure.
Nella prospettiva Giapponese la qualità assume molteplici significati. Innanzitutto
significa gestione di tutte le attività con la stessa enfasi per la qualità, dato che il
1
Il termine Qualità Totale è di origine statunitense, ma i giapponesi l’hanno ribattezzato con la
definizione Company Wide Quality Control proprio a sottolineare la profonda differenza concettuale
tra i due modelli.
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cliente finale, fulcro su cui deve ruotare tutta l‟azienda, valuta il risultato nel
complesso; quindi, trascurare un qualsiasi aspetto potrebbe significare far variare la
percezione dello stesso. Da questa visione si comprende come sia richiesta
l‟estensione della qualità in ogni direzione: qualità del lavoro di ogni singolo, qualità
nello svolgimento di ogni processo aziendale, qualità dell‟immagine aziendale,
qualità del posto di lavoro, qualità dei rapporti interpersonali.
Oltre a questo elemento, nella visione Giapponese è fondamentale la convinzione che
il raggiungimento della qualità dipenda da tutti: secondo Ishikawa la qualità “è lo
sforzo di tutta l'azienda nel progettare, sviluppare, produrre, ispezionare, vendere e
consegnare prodotti che soddisfino i clienti nel momento dell'acquisto e per lungo
tempo dopo l'acquisto”.
2
Il concetto di qualità, quindi, tende ad allargarsi a tutta
l‟azienda, non più solo al prodotto o servizio. La qualità è cioè il prodotto dello
sforzo di tutti, dal vertice alla base, e questa è la sola via per l'eccellenza.
L‟approccio giapponese, da cui è scaturito il Company Wide Quality Control,
arricchisce di significati nuovi il concetto tradizionale di qualità.
In quest‟ottica il concetto di qualità è andato progressivamente evolvendosi fino ad
assumere una vera e propria dimensione culturale. Oggigiorno un determinato
prodotto o servizio non deve semplicemente soddisfare le esigenze dell‟utilizzatore,
ma deve far sì che non sia compromesso ciò che è alla base del suo proficuo utilizzo.
Fattori quali il rispetto dell‟ambiente, la sicurezza dell‟utilizzatore, l‟economicità
della gestione e della produzione, sono tutti, insieme ad altri, elementi indispensabili
alla definizione del concetto di qualità, che perciò, non sarà più solo intesa come
adeguatezza all‟uso bensì adeguatezza alle necessità dell‟utilizzatore.
Il concetto di qualità e TQM è stato nel corso degli anni affrontato da diversi autori
che ne hanno facilitato la diffusione. Tra questi meritano di essere citati W. Edward
Deming, Joseph Juran e Philiph Crosby tra i più rinomati cultori americani della
qualità (Klein 1990) e primi ad averne analizzato i tratti principali, discostandosi
dalla classica visione e gestione della qualità.
3
Proprio da questi hanno preso le
2
K. Ishikawa Guida al controllo di qualità. Franco Angeli, Milano 1991
3
Si deve infatti a Deming, l’introduzione nella valutazione della qualità, di elementi distinti dal solo prodotto,
come la soddisfazione dei clienti o della componente umana interna all’organizzazione.
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mosse altri autori, come ad esempio Feigenbaum, Imai, Isikawa che, se alcune volte
ne hanno ripreso i punti cardine , altre, invece, ne hanno messo in risalto di nuovi.
Compito dei prossimi paragrafi sarà quello di delineare l‟evoluzione del concetto di
qualità totale, attraverso un approfondimento delle sopracitate teorie.
1.2 Deming: conoscenza profonda e qualità totale.
Il pensiero di Deming sancì l‟introduzione nel settore industriale del concetto di
qualità, inteso nella sua accezione “moderna”.
A differenza di altri autori contemporanei come ad esempio Juran e Crosby, Deming
è stato un teorizzatore della filosofia della qualità. Infatti, attraverso i suoi lavori, ha
cercato di “consigliare” la strada migliore per cogliere l‟opportunità che una buona
gestione della qualità può fornire.
La gestione della qualità secondo l‟autore incorpora una serie di elementi che non
erano, fino ad allora, mai stati considerati e sui quali lo stesso pone particolare enfasi
nell‟individuazione di un processo di implementazione e gestione della qualità.
Tale visione innovativa della qualità trova esemplificazione nella sua principale
teoria.
La Teoria della conoscenza profonda si diffuse negli anni ‟30 ed è stata sperimentata
dallo stesso Deming negli anni „50 durante l‟esperienza in veste di consulente per le
industrie giapponesi durante gli anni del boom economico che interessò la nazione.
In questa teoria viene sottolineata l‟idea di Deming secondo la quale “l‟azienda è
parte di un sistema, ovvero un‟insieme di elementi indipendenti (processi) che
lavorano insieme per il raggiungimento di un obiettivo comune” (Deming 1988, pg.
27). La conoscenza del sistema in cui opera l‟azienda diviene dunque uno degli
aspetti fondamentali per il raggiungimento di una maggiore qualità e produttività.
Tale conoscenza deve intendersi come piena comprensione dell‟organizzazione e dei
meccanismi che la governano, dei processi aziendali e della loro variabilità, delle
interdipendenze fra le parti e degli effetti che su di esse hanno decisioni ed azioni,
della psicologia delle risorse umane e dei meccanismi nonché dei processi di
apprendimento che ne alimentano la crescita.
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La teoria della conoscenza profonda verte su alcuni punti cardine, che oltre a essere
la base per il raggiungimento della stessa, rappresentano il focus del pensiero
dell‟autore.
Il primo punto concerne l‟assunto secondo il quale l‟azienda è un sistema in quanto
composto da una serie di elementi interdipendenti tra loro che operano al fine di
raggiungere uno scopo comune. L‟insieme di funzioni e di attività che compongono
il sistema devono essere ben comprese internamente, dal momento che dalla loro
comprensione dipende il coordinamento di tutto il lavoro di ogni singolo membro del
sistema, verso un unico obiettivo. Quando non si verifica tale percezione, sorge il
rischio di una dispersione delle energie, che ostacola lo sviluppo aziendale. Bisogna
sempre tener presente che all‟aumentare della complessità del sistema, se da un lato
aumenta la necessità di controllo dello stesso e il numero di informazioni che devono
circolare, dall‟altro si ha un accrescimento della possibilità di miglioramento.
Altro punto focale di tale teoria è dato dalla varianza. Ad essa, e più precisamente
alla sua limitazione, Deming attribuisce gran parte del successo e della crescita che
l‟azienda può raggiungere, dal momento che la sua limitazione viene considerata
come mezzo attraverso cui è possibile arrivare ad un miglioramento continuo. Non si
può pensare di ottimizzare un processo senza averlo sotto controllo, e non lo si ha
sotto controllo se non si conosce la sua variabilità (Deming, 1988). Solo grazie alla
conoscenza della variabilità dei processi è possibile capire quanto questi siano
lontani dall‟essere efficienti ed efficaci, ed eventualmente, mettere in atto delle
azioni volte alla diminuzione del gap. Secondo l‟autore la produttività e la qualità dei
prodotti e dei processi aumenta al diminuire della variabilità dei processi stessi. Una
buona conoscenza ed applicazione di metodi statistici, quali ad esempio le carte di
controllo
4
, sono di fondamentale importanza nell‟individuazione di essa, mentre una
buona formazione, un efficace sistema di comunicazione e l‟implementazione di un
sistema di gestione della qualità possono aiutare a ridurla. Resta comunque assodata
l‟impossibilità di una prevedibilità assoluta degli stessi, che ha comunque dei limiti
“fisiologici” ben precisi.
4
Le carte di controllo rappresentano il modo più efficace per tenere sotto controllo i diversi parametri di un
processo. Ideate da Shewart, maestro di Deming, permisero il passaggio dalla mera individuazione degli errori
presenti sui prodotti finiti che comportava un notevole spreco di materie prime e tempo, alla prevenzione
attraverso la quale e possibile aumentare l’eliminazione di inefficienze e il corrispondente spreco di risorse.
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Terzo punto cardine della teoria della conoscenza profonda è la presenza all‟interno
dell‟azienda di una comprensione completa del sistema in cui si opera. Secondo
Deming se ogni membro dell‟azienda, dal top manager all‟operaio, ha una buona
percezione di tutte le funzioni e delle attività che compongono il sistema, diviene
molto più semplice, se non naturale, far convogliare le energie di ogni singola unità
verso un obiettivo unico. Naturalmente esso deve essere condiviso e ben definito
attraverso la dichiarazione di una mission chiara agli individui facenti parte del
sistema, che insieme alla fissazione di una politica di qualità interna formi il terreno
fertile per la crescita aziendale (Juran, 1993).
In ultima analisi, occorre considerare il ruolo attribuito alla conoscenza della
psicologia della componente umana che costituisce l‟azienda nonché dei meccanismi
di apprendimento che ne alimentano la crescita. Proprio questo aspetto permette al
manager di riuscire a gestire al meglio le diversità che la caratterizzano, creando, se
tali diversità sono gestite nella maniera ottimale, una fonte di valore. Inoltre tale
conoscenza permette, attraverso l‟individuazione delle peculiarità di ogni singolo
soggetto, di adottare una politica di gestione del personale che rende l‟ambiente
lavorativo adeguato a tali caratteristiche. Anche questa attività viene considerata
come un tassello importante nella creazione di una cultura della qualità che,
nell‟ottica “moderna”, va oltre i classici indicatori legati al prodotto.
Il fulcro della teoria della conoscenza profonda fu sintetizzato da Deming nei suoi
famosi “14 punti del management” (Deming, 1988). L‟autore afferma che le cause
dei problemi che un‟azienda può avere sono imputabili per più del 90 % a una cattiva
gestione dei vertici e, nel definire questi 14 punti, intende fornire una guida che
permette loro di supportare la trasformazione auspicata e sostenere il cambiamento.
In questi punti vengono individuati una serie di atteggiamenti richiesti al managemet
che si sostituiscono alle normali routine comportamentali che riguardano:
La gestione del personale, che non deve essere incentrata sulla competitività ma
sulla collaborazione, che deve permettere ad ogni dipendente di dare il proprio
contributo al miglioramento e non deve assoggettare il lavoro del singolo a
standardizzazioni o procedure, che deve focalizzarsi sulla leadership e sul
sostegno dei dipendenti e del loro lavoro, che deve seminare fiducia e creare un
ambiente in cui non vi sia gerarchizzazione e in cui venga favorita la formazione
e il contributo di tutti nella trasformazione.
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La gestione dell‟operatività, che necessità di un‟ impostazione volta al
miglioramento continuo della qualità dei processi, dei prodotti e dei servizi, in
cui il management deve essere coinvolto in pieno. Diventa necessario agire sui
processi e non sui prodotti, cercando di diminuire i costi di produzione, non
agendo sulla qualità delle materie prime ma sul miglioramento dei processi.
Nella sua visione, la qualità diventa quindi sinonimo di “soddisfazione dei bisogni
presenti e futuri del cliente” (Deming, 1988). Inoltre Deming individua come linea
guida per le decisioni una metodologia sistematica di problem solving che è passata
alla storia della qualità con il nome di ciclo PDCA o di ruota di Deming. Tale ciclo si
compone di 4 fasi che sono rispettivamente:
1) Plan, ovvero pianificazione dei miglioramenti da apportare, sulla base
dell‟identificazione dei bisogni dei clienti, definendo le risorse e le iniziative da
porre in atto
2) Do, ovvero realizzazione del piano di miglioramento e del prodotto identificato
come “adatto alla soddisfazione del cliente”
3) Check, analisi degli obiettivi raggiunti e confronto con gli obiettivi predefiniti
4) Act, consolidamento del risultato ottenuto.
La validità di tale metodo è stata dimostrata negli anni, tanto che è diventato
la base del modello di certificazione ISO 2000:9001
5
, nonché un metodo che ha
ispirato molti studiosi, anche di altre discipline.
Figura 1: Ciclo PDCA di Deming
5
Il modello di processo, cui fa riferimento la norma ISO, è basato sul principio di Deming, noto come PDCA
(Plan-Do-Check-Act), e richiede che l’organizzazione adotti la pianificazione, lo sviluppo, la gestione e la
misurazione dei singoli processi al fine di disporre di dati oggettivi sul quale riflettere e avviare progetti di
miglioramento continuo su base sistematica. Tali misurazioni non hanno più per obiettivo la sola conformità ai
requisiti specificati, come in passato quando prevaleva la logica del contratto fra fornitore e committente, ma la
valutazione delle prestazioni interne, quali il sistema di gestione, i processi e i prodotti/servizi, aspetti
economico-finanziari, le risorse etc. e delle prestazioni esterne all’organizzazione, quali la customer satisfaction,
i reclami, la soddisfazione delle parti interessate e tutto quello che ad essi è correlato.
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Fonte: rielaborazione Deming Institute
1.3 Juran: la qualità vista dal cliente.
Juran si focalizzò sulla generazione di un approccio analitico per la gestione della
qualità, volto all‟individuazione di una metodologia diretta alla gestione, al controllo
e allo sviluppo della qualità internamente alle aziende. A differenza di Deming, le
teorie di Juran sono orientate più verso aspetti organizzativi che tecnici, inoltre il suo
lavoro è molto meno teorico e molto più pratico.
6
Per Juran la qualità coincide con l'adeguatezza all’uso determinata da quelle
caratteristiche del prodotto o servizio che l'utilizzatore può ritenere vantaggiose per
se stesso. La novità concettuale sta nel fatto che Juran sposta il punto di vista della
qualità da visioni esclusivamente tecniche o metodologiche pertinenti al prodotto o
servizio, ad una visione focalizzata sull‟uomo che utilizzerà tale prodotto o servizio.
6
Phil Landesberg in un articolo sul “The Journal for Quality & Participation” sottolinea la differenza tra i due
autori, che pur essendosi focalizzati su aspetti differenti hanno percorso una strada parallela nella creazione
della cultura della qualità presente oggi in ogni realtà aziendale.
CHECK DO
PLAN ACT
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Alla base del pensiero dell‟autore vi è la convinzione che « la qualità non capita per
caso, va pianificata » (Juran, 1993) e in tal senso individua tre elementi attraverso i
quali si può realizzare tale pianificazione, ovvero:
1. Qualità della pianificazione; è importantissimo identificare i propri clienti,
individuarne le necessità, tradurre tali necessità in modo che siano
comprensibili a coloro che operano all‟interno dell‟azienda e permettano di
produrre dei beni adatti allo scopo, cercando di perseguire sempre e
comunque l‟ottimizzazione dei prodotti volta ad una continua soddisfazione
di essi.
2. Qualità del controllo; in un‟ottica di creazione di qualità, è importante
assicurarsi della capacità del processo di creare l‟output che soddisfi il del
cliente, formalizzando il processo ottimale individuato in procedure chiare e
facilmente applicabili da tutti.
3. Qualità nel miglioramento continuo: una volta individuato il processo
ottimale non bisogna abbandonarlo alla sua sorte, ma è necessario che si
ricerchi continuamente un miglioramento di esso.
Oltre a questi tre elementi, per far sì che si abbia un‟ottima pianificazione della
qualità, vi è la necessità che si implementi un sistema di Company Wide Quality
Control
7
. Lo scopo di tale sistema è quello di identificare, pianificare e monitorare
una serie di elementi, quali le necessità del cliente, gli standard qualitativi, gli indici
di misurazione della performance etc..,al fine di ridurre gli errori dovuti alla
fabbricazione, puntando alla loro progressiva eliminazione, anche grazie ad un
monitoraggio continuo.
L‟implementazione di un tale sistema è dispendiosa. Al di là di un determinato
punto, il costo sostenuto per la conformità raggiunta può essere addirittura superiore
rispetto al valore ottenuto attraverso la qualità acquisita, come visibile nel grafico
rappresentato nella figura 2.
Bisogna comunque sfatare il mito che qualità e costi siano in conflitto tra loro perché
quasi sempre una buona gestione della qualità, al contrario, può supportare
un‟ottimizzazione dei costi. Vi è perciò la necessità di individuare il giusto
7
Il CWQC è l’acronimo con il quale i Giapponesi indicano il sistema di qualità aziendale che viene quasi
sempre certificato da risorse manageriali interne e non da enti esterni quali ad esempio l’ISO o enti
assimilabili.
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compromesso tra qualità e costo, e per far ciò Juran sottolinea la necessità di creare
una Task Force della Qualità interna all‟azienda, coordinata da un senior manager,
con l‟obiettivo di gestire la qualità aziendale. Per raggiungere una gestione ottimale,
l‟organismo interno deve occuparsi di tutte quelle attività di programmazione degli
obbiettivi, raccolta dati relativa ai costi per la qualità, rendicontazione della
situazione iniziale e finale, evidenziando, dove presenti, i benefici ottenuti etc.
Figura 2: I costi della qualità di Juran
s
Una simile Task Force permetterebbe di avere un punto focale interno relativamente
alla creazione di una cultura di miglioramento continuo della qualità e, tra i suoi
obbiettivi, dovrebbe puntare anche ad abbattere le barriere gerarchiche solitamente
presenti e molto spesso deleterie alla qualità.
Proprio su questo ultimo punto, analogamente a Deming e Crosby, anche Juran è un
sostenitore del “cambiamento che deve provenire dall‟alto”; infatti, in molte delle
sue opere, viene ribadito il pensiero secondo il quale “il Top management non può
scaricare le responsabilità su i suoi subordinati, ma deve impegnarsi in prima
persona, mettendosi continuamente in gioco, affinché si innalzino i livelli di qualità
dei prodotti, dei processi e dei servizi (Juran, 1988). Secondo l‟autore in molti casi ci
si trova nella situazione in cui delle iniziative volte al miglioramento della qualità
vengono stroncate sul nascere , e questo proprio a causa della mancanza di sostegno
COSTO DELL’UNITA’ DI PRODOTTO
TASSO CONFORMITA’ %
100% SCARTO LIVELLO OTTIMALE 100% BUONI
COSTI TOTALI
PER LA QUALITA’
COSTI MIN PER LA QUALITA’
COSTI
PREVENZIO
NE + COSTI
CONTROLLI
COSTI INSUCCESSI
ESTERNI + INTERNI
Fonte: Juran Institute