6
CAPITOLO I.
1.1 Introduzione.
Il Parlamento Europeo è un soggetto centrale nel quadro delle istituzioni dell‟Unione
Europea e, più in generale, dello stesso processo di integrazione. Esso rappresenta i
cittadini degli Stati membri e in quanto tale assicura quella legittimità democratica che
secondo molti costituisce l‟elemento indispensabile – sebbene ancora carente, come
vedremo – per procedere nel cammino dell‟integrazione.
Nel corso degli anni il PE ha visto crescere notevolmente i suoi poteri. Da
organo di mero ruolo consultivo esso ha acquisito, con il Trattato di Maastricht, la
posizione di co-legislatore insieme al Consiglio in tutti i casi in cui era prevista la
procedura legislativa di codecisione. Tale posizione è stata poi rafforzata col Trattato di
Amsterdam e con quello di Nizza. Infine, dopo Lisbona la procedura di codecisione è
diventata procedura ordinaria e sarà applicata per l‟adozione della quasi totalità dei
provvedimenti legislativi della nuova Unione europea. A quanto detto si deve
aggiungere che il PE ha sviluppato significativi poteri anche in altri ambiti chiave, quali,
in particolare, l‟approvazione del bilancio e di programmazione; esso inoltre ha esteso
la sua influenza pure al di fuori dell‟ordinamento comunitario
1
.
Il presente lavoro si propone di osservare come si è evoluto tale cammino e quali
sono stati i punti più salienti di quello che possiamo chiamare processo di
“democraticizzazione” dell‟organo maggiormente rappresentativo dei cittadini europei.
Lo scopo che ci prefissiamo è di indagare le ragioni che pongono il PE in una situazione
di deficit rispetto alle altre istituzioni europee. Alludiamo al fatto che atti comunitari di
natura sostanzialmente legislativa – i regolamenti – e suscettibili di applicarsi
1
Ad esempio tramite accordi di associazione (infra).
7
direttamente ai cittadini sono stati emanati, sin dai primi anni di vita comunitaria, da un
organo, il Consiglio, il quale da un lato non è eletto dai cittadini stessi e, dall‟altro, è
sottratto ad un effettivo controllo politico di tipo parlamentare. Il coinvolgimento del
Parlamento europeo nel processo decisionale comunitario non appariva significativo al
fine di colmare tale deficit democratico, stante la limitatezza dei poteri che il Parlamento
europeo stesso aveva all‟epoca relativamente a tale processo. Ci si cominciava a rendere
conto che, paradossalmente, Stati europei che si consideravano a buon diritto tra i
pionieri della democrazia e tra i difensori dei valori della stessa a livello mondiale,
avevano posto in essere tra di loro una struttura molto poco democratica.
Questa situazione, tollerabile finché l‟Unione europea
2
aveva una vocazione
esclusivamente economica, lo era sempre meno a seguito dell‟allargamento delle sue
competenze. Ovviamente, l‟unico sistema per eliminare il deficit democratico restava (e
resta tuttora) quello di rispettare nell‟ambito dell‟UE il principio della separazione dei
poteri, attribuendo quello legislativo ad un organo democraticamente eletto, a cui
affidare anche il controllo politico dell‟esecutivo. Ciò si sarebbe potuto realizzare in due
modi: “o conferendo al Parlamento europeo il potere di dire l‟ultima parola in merito
all‟emanazione di atti legislativi, togliendo al tempo stesso tale potere al Consiglio e
agli Stati membri ivi rappresentati, o facendo eleggere il Consiglio direttamente dai
cittadini europei, così da trasformarlo da organo rappresentante gli Stati in una sorta di
Camera Alta, o Senato, di una struttura bicamerale federale, in cui fossero rappresentate
le istanze regionali o statali”
3
.
Vedremo, nel prosieguo, come questo aspetto problematico nel processo di
integrazione europea resti irrisolto nonostante le varie revisioni succedutesi ai Trattati.
2
All‟epoca dei fatti “Comunità”, quando ci riferiamo a tale termine, intendiamo rivolgerci al nome prima
del Trattato di Lisbona. Oggi esiste solo l‟”Unione” europea.
3
U. DRAETTA, Elementi di diritto dell’Unione Europea, Milano, 2010.
8
1.2 Ruolo e poteri del Parlamento europeo dagli anni cinquanta ad oggi.
Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale ha inizio il processo di
organizzazione della cooperazione tra gli Stati europei, volto a mettere in atto forme di
unione dotate di strutture istituzionale a carattere intergovernativo con competenze in
settori specifici: così nel campo economico e dello sviluppo (Organizzazione europea
per la cooperazione europea - OECE - , poi OCSE), nel campo della difesa
(Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico - NATO - e Unione europea
occidentale UEO), nel campo politico con il Consiglio d‟Europa (la prima
organizzazione internazionale che prevede una Assemblea parlamentare) nel cui ambito
è stata conclusa la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell‟uomo e delle
libertà fondamentali del 1950. Tutte organizzazioni che hanno costituito la base per una
più stretta solidarietà tra gli Stati europei, le quali si collocano tuttavia nel quadro
classico delle unioni di Stati e della cooperazione intergovernativa. Ma il processo di
integrazione europea, caratterizzato da aspetti originali e specifici, ha inizio con alcune
iniziative specifiche che si collocano in un‟ottica diversa da quella tradizionale.
Solitamente si fa risalire questo processo al 9 maggio 1950, quando il ministro
degli esteri francese Schumann lanciò la proposta di impegnare alcuni Stati in un
progetto di cooperazione più impegnativo rispetto alle tradizionali forme di
cooperazione già in atto, che comportasse determinate limitazioni di sovranità a favore
di un‟organizzazione già dotata di poteri incisivi e vincolanti nei confronti dei suoi
membri. L‟iniziativa proponeva di mettere in comune la produzione franco-tedesca del
carbone e dell‟acciaio in un‟organizzazione aperta alla partecipazione di altri Stati
europei; in realtà l‟obiettivo vero era politico e ambizioso, in quanto rivolto a creare le
basi per una futura unione europea a carattere federale. Un obiettivo politico immediato,
invece, era quello di ancorare stabilmente la Germania all‟Europa e di eliminare le
9
rivalità tra Francia e Germania in un‟area strategicamente sensibile, come i bacini della
Rhur e della Saar
4
.
I negoziati, aperti a Parigi tra sei Stati (Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia,
Germania, Italia), portarono alla firma del Trattato di Bruxelles del 18 aprile 1951
istitutivo della Comunità europea del carbone e dell‟acciaio (CECA) per la durata di
cinquanta anni
5
. Il Trattato entrò in vigore il 25 luglio 1952. L‟elemento di maggiore
novità è rappresentato dal conferimento di poteri decisionali autonomi ad una
istituzione, l‟Alta Autorità
6
, capace di decidere in modo indipendente dal consenso
unanime degli Stati membri, tanto da indurre a parlare, per la prima volta di carattere
sovranazionale dell‟Organizzazione. Accanto all‟Alta Autorità, erano previsti un
Consiglio dei Ministri, con poteri essenzialmente di controllo, una Corte di Giustizia e,
soprattutto, un‟Assemblea comune composta da 78 membri scelti fra i membri dei
parlamenti nazionali. Tale “primordiale” forma parlamentare sedette per la prima volta
il 10 settembre 1952.
Nello stesso anno, il 27 maggio 1952, fu anche firmato un altro Trattato, quello
istitutivo della Comunità europea di difesa (CED), cui dovevano essere affidati compiti
difensivi e di sicurezza per i Paesi firmatari, con un esercito e un controllo politico
comune. Tuttavia, tale ulteriore tentativo, ispirato ad una logica sovranazionale, non
entrò in vigore a causa del rifiuto da parte del Parlamento francese di autorizzarne la
ratifica.
Questo insuccesso ridimensionò gli entusiasmi e il fervore di proposte e portò ad
un momento di riflessione sulla via dell‟integrazione.
Il rilancio dell‟idea europeista si ebbe con la conferenza di Messina dei ministri
degli esteri della CECA, ove tornò ad affermarsi il progetto di un‟unione economica
4
Così G. STROZZI, in Diritto dell’Unione Europea – Parte istituzionale, Torino, 2009.
5
Attualmente scaduto e non rinnovato.
6
Composta da personalità indipendenti.
10
fondata su un mercato comune o comunque di avviare altre iniziative comuni in settori
specifici: fu dato incarico a una commissione di esperti, presieduta dal belga Spaak, di
studiare le iniziative opportune e le modalità da seguire a tali fini. La commissione
elaborò due progetti: uno più ambizioso e ampio che prevedeva la creazione di un
mercato comune generalizzato, l‟altro, più circoscritto e settoriale, riguardante la
creazione di una Comunità per l‟energia atomica, secondo l‟esperienza già avviata con
successo con la CECA. Entrambi i progetti furono approvati e si giunse così il 25 marzo
1957 alla firma dei Trattati di Roma istitutivi della Comunità economica europea (CEE)
e della Comunità per l‟energia atomica (EURATOM o CEEA) da parte dei sei Stati
membri della CECA. I due Trattati, entrati in vigore il 1º gennaio 1958, hanno durata
illimitata, a testimonianza della chiara volontà politica di impegnarsi definitivamente
nel processo di integrazione.
Le tre Comunità presentavano una struttura istituzionale solo in parte separata:
l‟Assemblea fu mantenuta come istituzione comune, insieme alla Corte di Giustizia
7
,
mentre Consiglio e Commissione
8
erano autonome e distinte per ciascuna Comunità,
creando un inutile aggravio dell‟apparato organizzativo già di per sé sufficientemente
complesso. L‟esigenza di una sua razionalizzazione portò alla conclusione del Trattato
di Bruxelles dell‟8 aprile 1965 sulla “fusione degli esecutivi”: una sola Commissione e
un solo Consiglio, oltre ad un bilancio unico per le tre Comunità. Si ebbe così una
unificazione degli organi, ma non delle competenze e dei poteri, che resteranno distinti
per ciascun ambito delle tre Comunità: in sostanza, quando la Commissione e il
Consiglio si riuniscono, sono sempre gli stessi organi che deliberano, ma esercitando le
competenze e le procedure previste da ciascun Trattato a seconda che la materia sia
considerata di pertinenza dell‟una o dell‟altra Comunità.
7
Come previsto dalla “Convenzione relativa a taluni istituzioni comuni” firmata insieme al Trattato di
Roma, che unificava l‟Assemblea comune, la Corte di Giustizia ed il Comitato economico e sociale.
8
Commissione per la CEE; Alta Autorità per la CECA.
11
In tale contesto, i poteri dell‟Assemblea, la quale, nel 1962, decise di modificare il
proprio nome in Parlamento europeo, restavano alquanto limitati e per lo più di tipo
consultivo, con una incidenza ancora estremamente ridotta sul contenuto delle decisioni
da assumere.
Costruito formalmente intorno alla prospettiva economico-commerciale del
mercato comune, il processo d‟integrazione europea conteneva sin dall‟inizio i germi di
una sua successiva caratterizzazione politica. L‟art. 138, par. 3 del Trattato CEE
9
prevedeva, infatti, che si dovesse passare da un Parlamento composto di rappresentanti
dei parlamenti nazionali da questi stessi designati, come inizialmente stabilito dal
Trattato, ad un Parlamento eletto direttamente dai cittadini degli Stati membri.
La politica francese, guidata da De Gaulle, ostile a ogni aspetto di
sovranazionalità nel funzionamento delle istituzioni europee, culminata nel 1965 con
l‟opposizione della Francia ad utilizzare il voto a maggioranza in seno al Consiglio,
portò al c.d. compromesso di Lussemburgo con cui viene generalizzata la prassi della
votazione all‟unanimità.
Fu col Trattato di Lussemburgo del 1970 che i poteri del Parlamento europeo
conobbero una prima importante evoluzione. Ad esso vennero attribuiti compiti di
controllo sull‟operato della Commissione e sul bilancio della CEE. In particolare, era
previsto il voto sulla mozione di censura a maggioranza qualificata, per far decadere la
Commissione e, per quanto riguarda il bilancio, limitatamente al capitolo delle spese.
Dopo l‟ingresso di tre nuovi Stati nel club europeo
10
, precisamente al vertice di
Parigi del 1974, gli Stati membri si posero quale priorità la realizzazione di quell‟art.
138, par. 3 TCE e mai attuato fino a quel momento, di fare del Parlamento europeo un
organo simile a quelli nazionali, attraverso l‟elezione diretta a suffragio universale.
9
Divenuto oggi l‟art. 223 del Trattato sul funzionamento dell‟Unione europea.
10
Si tratta di Regno Unito, Irlanda e Danimarca. Firmarono il Trattato di adesione il 22 gennaio 1972 ed
entrarono a farne parte nell‟anno successivo.
12
Le difficoltà incontrate nel processo di integrazione europea dalla nascita della CEE
avevano, fino ad allora, fatto trascurare questo aspetto non secondario, sicché
inevitabilmente il Parlamento europeo aveva finito per perpetuarsi come espressione
delle assemblee legislative nazionali, organo di individui nominati dai singoli
parlamenti
11
.
Grazie all‟adozione, da parte del Consiglio, il 20 settembre 1976, dell‟ ”Atto
relativo all‟elezione dei rappresentanti nell‟Assemblea a suffragio universale diretto
12
”,
tra il 7 e il 10 giugno 1979 si svolgono in effetti le prime elezioni europee. La
legittimazione democratica diretta che ne deriva al nuovo Parlamento europeo costituirà
una spinta decisiva per i successivi sviluppi dell‟integrazione europea. Sotto il forte
impulso del PE partirà, infatti, nel decennio seguente, il processo di riforma del sistema.
Su iniziativa di Altiero Spinelli
13
, il Parlamento elaborò nel febbraio del 1984 un
progetto di trattato d‟Unione europea, in cui si prefigurava, tra le molte novità, una
struttura istituzionale profondamente rinnovata, con competenze estese anche al campo
politico, una modifica dei procedimenti decisionali con accresciuti poteri del
Parlamento, una nuova definizione degli atti normativi, l‟inserimento del Consiglio
europeo nel quadro istituzionale. Il progetto non fu accolto favorevolmente, ma dette
comunque impulso ai successivi sviluppi.
Il Consiglio europeo di Fontainebleau incaricò un comitato, composto dei
rappresentanti dei capi di Stato o di governo (comitato Dooge) di elaborare proposte per
migliorare il funzionamento del sistema comunitario anche nel campo della
11
Quella che, secondo il Trattato di Roma, doveva trattarsi di una situazione temporanea.
12
Decisione del Consiglio pubblicata in GUCE, 8 ottobre 1976, L 278, p. 1 ss.
13
Altiero Spinelli, uomo politico italiano, fu uno dei padri dell‟Unione europea. Fu inoltre il principale
promotore della proposta del Parlamento europeo per un trattato su un‟Unione europea federale, il
cosiddetto „piano Spinelli‟, adottato dal Parlamento a stragrande maggioranza nel 1984 e importante fonte
di ispirazione per il consolidamento dei trattati dell‟UE negli anni Ottanta e Novanta.
13
cooperazione politica. Il rapporto fu esaminato dal Consiglio europeo di Milano del
giugno 1985, che decise di convocare una conferenza intergovernativa con un duplice
obiettivo: elaborare un progetto di cooperazione europea in materia di politica estera e,
soprattutto, apportare modifiche al Trattato CEE per una riforma delle istituzioni,
accrescendo i poteri del Parlamento europeo.
La conferenza elaborò due testi distinti che, per decisione dei ministri degli
esteri del dicembre 1985, furono raggruppati in unico documento, che prese il nome di
Atto unico europeo. Firmato il 14 febbraio 1986 ed entrato in vigore il 1° luglio 1987.
L‟Atto unico europeo (AUE) ha introdotto numerose rilevanti modifiche non
solo di carattere istituzionale ma anche di fondo, a partire dall‟enunciazione, contenuta
nel preambolo, di voler trasformare l‟insieme delle relazioni tra gli Stati membri in una
Unione europea. Tra le modifiche istituzionali menzioniamo: la formalizzazione del
Consiglio europeo, che opera tanto nel sistema comunitario che in quello della
cooperazione politica; il voto a maggioranza qualificata per le misure di armonizzazione
relative al mercato interno; la previsione di una giurisdizione di primo grado da
affiancare la Corte di Giustizia; l‟ingresso di nuove materie di competenza comunitaria,
come ambiente e ricerca scientifica; l‟introduzione del principio della coesione
economica e sociale volto a ridurre i divari di sviluppo tra le diverse regioni degli Stati
membri
14
; il rafforzamento del ruolo del PE nel procedimento decisionale, introducendo
la procedura di cooperazione e la procedura del parere conforme.
La procedura di cooperazione può applicarsi solo nei casi per i quali il Trattato si
richiama all‟art. 252 CE e in cui è previsto che il Consiglio decida a maggioranza
qualificata: infatti l‟influenza del Parlamento dipende proprio dall‟utilizzazione di
questo tipo di votazione, dato che effetto principale di questa procedura è quello di
14
Venne fissata una data, il 31 dicembre 1992, per attuare il completamento del mercato interno,
espressione che ha sostituito quella di mercato comune.
14
costringere il Consiglio a ricercare l‟unanimità per deliberare l‟atto in caso di rigetto da
parte del PE in seconda lettura. La prima fase si svolge secondo la procedura di
consultazione. Il Consiglio, su proposta della Commissione e sul parere espresso dal
Parlamento, adotta a maggioranza qualificata (all‟unanimità se modifica la proposta
della Commissione) una posizione comune, che viene trasmessa al Parlamento. Questo
entro tre mesi deve pronunciarsi sulla base della raccomandazione formulata dalla
commissione interna competente cui è stata rinviata la proposta per l‟esame. Se
l‟approva o non si pronuncia nel termine, il Consiglio adotta l‟atto (a maggioranza
qualificata; all‟unanimità se si discosta dalla proposta originaria) che dovrà essere
conforme alla posizione comune. Se il Parlamento la rigetta, a maggioranza assoluta dei
suoi membri, il Consiglio potrà adottare ugualmente la posizione comune nel termine di
tre mesi, ma solo all‟unanimità; se non lo fa entro tale termine, la proposta deve
ritenersi non adottata. In questa regola risiede il peso della partecipazione del
Parlamento: infatti è difficilmente pensabile che il Consiglio arrivi a trovare al suo
interno l‟unanimità necessaria dinanzi ad un rigetto del Parlamento, tenuto conto anche
del fatto che la posizione comune sarà stata adottata molto probabilmente a
maggioranza, visto che la procedura in esame si applicava solo alle materie per le quali
era previsto che il Consiglio decidesse a maggioranza.
Qualora invece il Parlamento deliberi, sempre a maggioranza assoluta dei suoi
membri, di apportare degli emendamenti, la posizione comune emendata viene
riesaminata dalla Commissione, nel temine di un mese, e ritrasmessa al Consiglio con le
modifiche che ritenga di dovere accogliere, accompagnata da un parere in merito agli
emendamenti parlamentari che ha ritenuto di non recepire. Gli emendamenti adottati dal
Parlamento in seconda lettura dovrebbero avere come risultato quello di tornare al
parere dato in prima lettura, altrimenti si porrebbero in contrasto con la finalità stessa
15
della procedura di cooperazione, che è quella di avvicinare le posizioni e rinforzare il
dialogo tra le due istituzioni. L‟art. 80 del reg. interno del Parlamento disponeva che la
possibilità di presentare emendamenti alla posizione comune del Consiglio fosse
limitata a quelli che miravano a ripristinare totalmente o parzialmente il parere dato in
prima lettura o a quelli che consentivano di giungere ad un compromesso col Consiglio.
Dunque non era ammissibile nessun emendamento nuovo o respinto in prima lettura.
Tra le due letture del Parlamento vi è una differenza importante: per respingere od
emendare in seconda lettura la posizione comune del Consiglio, il Parlamento deve
trovare una maggioranza più severa – la maggioranza dei suoi membri – di quella
necessaria in prima lettura sulla proposta della Commissione (maggioranza dei voti
espressi). Nel termine di tre mesi il Consiglio poteva quindi:
a) adottare a maggioranza qualificata la proposta riesaminata dalla
Commissione (con gli eventuali emendamenti da essa recepiti);
b) modificarla, ma solo all‟unanimità
c) adottare gli emendamenti del Parlamento non recepiti dalla Commissione
ma soltanto all‟unanimità.
Finché il Consiglio non avesse deliberato, la Commissione manteneva la facoltà di
modificare in qualsiasi momento la sua proposta. Ma tale potere era limitato alle sole
materie interessate dagli emendamenti del Parlamento, poiché in caso contrario ciò
avrebbe portato il ritiro della proposta iniziale e sua sostituzione con un nuovo testo: e
in tal caso il presidente del Parlamento, su richiesta della commissione interna
competente, poteva chiedere al Consiglio una nuova consultazione
15
. Ugualmente la
Commissione conserva sempre il potere di ritirare la proposta: potere non sottoposto ad
alcun limite.
15
Art. 54 reg. interno del Parlamento europeo.
16
La procedura del parere conforme, introdotta dall‟AUE nella stessa ottica di
associare in modo più determinante il Parlamento all‟adozione di alcuni atti, richiede un
parere dello stesso PE, rispetto ad atti sui quali il Consiglio si pronuncia all‟unanimità.
Più precisamente, il Consiglio e la Commissione erano obbligati ad ottenere il placet del
PE ai fini della delibera sulla ratifica di un Accordo di associazione, o su una domanda
di adesione sulla Comunità da parte di aspiranti nuovi Membri, con conseguente
codificazione di un potere di veto che, invece, nella procedura di consultazione
ordinaria era probabilmente da escludersi. A quest‟ultima era essenzialmente affidata la
realizzazione dell‟equilibrio tra le istituzioni comunitarie. La decisione doveva basarsi
sulla stretta cooperazione tra Consiglio e Commissione: la Commissione formula una
proposta, il Consiglio si pronuncia alla maggioranza richiesta (ma che può modificare
solo all‟unanimità), previa consultazione del Parlamento o del Comitato economico e
sociale, o del Comitato delle regioni, o degli organi finanziari. La consultazione del PE
prima dell‟adozione di un atto del Consiglio ha carattere facoltativo oppure
obbligatorio, ma mai vincolante nei confronti del Consiglio, che può disattendere il
parere, e neppure nei confronti della Commissione che non è obbligata a conformare ad
esso la sua proposta, anche se certamente la sua posizione sarà più sensibile alle
sollecitazioni del Parlamento in ragione del controllo più incisivo che questo esercita
nei suoi confronti: dunque la rilevanza della consultazione parlamentare nel momento
decisionale si misura in termini politici più che giuridici.
Non solo. Il regolamento interno del Parlamento prevedeva un controllo da parte
dello stesso sul seguito dato al parere espresso e la possibilità di sollecitare la
Commissione a prendere in esame le modifiche suggerite alla sua proposta e di essere
informato sulle ragioni per cui non ha tenuto conto del suo parere, nonché di pretendere
dal Consiglio una nuova consultazione in caso di modifica sostanziale della proposta
17
iniziale
16
. In caso di rigetto della proposta, il presidente del Parlamento invita la
Commissione a ritirarla.
Da parte sua, la Corte di Giustizia ha valorizzato il significato del parere
consultivo del Parlamento, affermando che l‟atto adottato dal Consiglio senza attendere
tale parere (ovviamente quando obbligatorio), costituisce violazione delle forme
sostanziali e può essere annullato in quanto la partecipazione del Parlamento al processo
legislativo è necessario per garantire il rispetto dell‟equilibrio istituzionale e costituisce
espressione di un fondamentale principio della democrazia
17
: non poteva ritenersi
sufficiente dunque la semplice richiesta del parere da parte del Consiglio. D‟altra parte,
se il Parlamento mancava di esprimere il parere richiesto in un termine ragionevole,
violando così il suo dovere di leale collaborazione col Consiglio, non potrebbe
validamente opporre a quest‟ultimo di non aver atteso il suo parere
18
.
Ugualmente, l‟atto potrà essere impugnato se si fonda su una base giuridica che
non prevede la consultazione del Parlamento quando avrebbe potuto fondarsi su altra
base giuridica che prevede invece il suo intervento, o su una base giuridica che prevede
la semplice consultazione anziché di una che contempla la procedura di cooperazione
19
.
La Corte ha anche affermato l‟obbligo di procedere ad una nuova consultazione del
Parlamento quando la proposta iniziale è modificata dalla Commissione, o quando
modifiche sostanziali sono apportate dal Consiglio al testo proposto dalla Commissione,
salvo che le modifiche apportate corrispondano sostanzialmente al parere espresso dal
Parlamento
20
.
16
Articoli 54 e 55 reg. interno PE.
17
Si vedano le sentenze 29 ottobre 1980, Roquette, cause 138/79, in Raccolta, 333 e Maizena causa
139/79, ivi, 3393; 5 luglio 1995, Parlamento c. Consiglio, causa C-21/94, ivi, I-1827.
18
Corte di Giustizia, 30 marzo 1995, Parlamento c. Consiglio, causa C-65/93, in Raccolta, I-643.
19
Corte di Giustizia, 11 giugno 1991, Commissione c. Consiglio, causa C- 65/93, in Raccolta, I-643.
20
Corte di Giustizia, 15 luglio 1970, Chemiefarma, causa 41/69, in Raccolta, 661; 16 luglio 1992,
Parlamento c. Consiglio, causa C-65/90, ivi, I-4593; 1° giugno 1994, Parlamento c. Consiglio, causa C-
388/92, ivi, I-2067; 5 ottobre 1994, Germania c. Consiglio, causa C-280/93, ivi, I-4973; 10 maggio 1995,
Parlamento c. Consiglio, causa C-417/93, ivi, I-1185.
18
Uno sviluppo ben più significativo nel processo di integrazione europea e
nell‟estensione dei poteri del PE arrivò con la firma del Trattato sull‟unione europea. Il
Consiglio europeo di Maastricht del 9 dicembre 1991 approvò i testi sull‟unione politica
e sull‟unione economica e monetaria, consolidati nel Trattato sull‟Unione europea
firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993. Il Parlamento
europeo adottò una risoluzione favorevole alla sua ratifica, pur rilevando le lacune del
Trattato e la necessità di prevedere nuove modifiche per correggere il deficit
democratico e migliorare le procedure decisionali.
La Comunità viene ricollocata in un edificio nuovo e più grande, l‟Unione
europea appunto, della quale le Comunità europee, senza perdere formalmente le loro
identità, diventano parte costituente accanto a due nuovi settori di cooperazione tra gli
Stati membri – la cooperazione in materia di politica estera e sicurezza comune (PESC)
e quella in materia di giustizia e affari interni (GAI) – governati dallo stesso apparato
istituzionale creato dai Trattati originari, ma sulla base di regole e procedure diverse tra
loro e da quelle comunitarie
21
. Il processo di integrazione europea viene così a
stratificarsi, a partire da Maastricht, con questo nuovo edificio che si regge, secondo una
suggestiva immagine subito invalsa nel linguaggio comune, su tre “pilastri”: il primo
pilastro o pilastro comunitario, composto dalle Comunità europee (CEE, CECA e
EURATOM), il secondo pilastro, costituito dalla PESC ed il terzo pilastro, formato
dalla GAI.
Con il Trattato di Maastricht il sistema comunitario non solo mantiene la sua
identità formale, ma viene anche rafforzato nei suoi contenuti. Il suo elemento centrale,
la CEE, vede ulteriormente attenuata l‟esclusività della sua originaria caratterizzazione
economico-commerciale, tanto da vedersi simbolicamente ridenominata in Comunità
21
La differenza più evidente è la diversa maggioranza richiesta per l‟adozione di atti comunitari, rispetto
agli altri due nuovi ambiti: il primo richiedendo una “semplice” maggioranza qualificata; per l‟adozione
di atti PESC e GAI invece, era necessaria l‟unanimità dei consensi in seno al Consiglio.
19
europea tout court. Nel relativo Trattato (d‟ora in poi TCE) viene tra l‟altro inserita per
la prima volta la nozione di cittadinanza dell‟Unione, quale status comune a tutti i
cittadini degli Stati membri, che si aggiunge alla cittadinanza nazionale arricchendola di
propri specifici diritti. Si ampliano le competenze della Comunità a materie quali
l‟istruzione e la formazione professionale, le reti trans europee, l‟industria, la sanità, la
cultura, la cooperazione allo sviluppo, la tutela dei consumatori; e si rafforzano quelle
già esistenti in materia di politica sociale, coesione economica e sociale, ricerca e
sviluppo tecnologico, ambiente. Viene creata, sempre all‟interno del TCE, l‟Unione
economica e monetaria in vista del passaggio ad una moneta unica.
Per quanto riguarda più dettagliatamente il Parlamento europeo, il Trattato
sull‟UE portò ad un effettivo allargamento del ventaglio delle competenze comunitarie
per le quali era prevista la procedura del parere conforme: dalle disposizioni intese a
facilitare l‟esercizio del diritto di soggiorno e la libertà di circolazione
22
, alla
elaborazione di progetti intesi a permettere l‟elezione a suffragio universale diretto,
secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri
23
; dalle disposizioni relative al
Sistema europeo di Banche centrali
24
alla adozione di misure per armonizzare le
denominazioni e le specificazioni tecniche delle monete metalliche destinate alla
circolazione
25
, alla definizione degli obiettivi dell‟organizzazione e della gestione dei
fondi strutturali
26
, e del fondo di coesione per l‟erogazione di contributi finanziari a
progetti in materia di ambiente e di reti trans europee nel settore delle infrastrutture dei
trasporti
27
. Nell‟art. 138 B si leggeva “ Nella misura prevista dal presente trattato, il
Parlamento europeo partecipa al processo per l‟adozione degli atti comunitari,
22
Art. 8 A Trattato di Maastricht.
23
Art. 138, par. 3 Trattato di Maastricht.
24
Art. 106 Trattato di Maastricht.
25
Art. 105 Trattato di Maastricht.
26
Art. 130 D Trattato di Maastricht.
27
Art. 130 D Trattato di Maastricht.
20
esercitando le sue funzioni nell‟ambito delle procedure di cui agli articoli 189 B e 189
C
28
, nonché formulando pareri conformi o pareri consultivi”.
Ma l‟incremento più sensibile dei poteri del PE – e con essi della democraticità
complessiva del sistema – si ebbe soprattutto grazie all‟introduzione nel Trattato della
nuova procedura di codecisione, nella quale un ruolo finalmente essenziale era riservato
all‟istituzione elettiva. Tale procedura prevede che il PE assuma un ruolo
“compartecipe” su un piede di quasi parità con il Consiglio, partecipando con quasi
uguale peso ed incisività all‟adozione degli atti comunitari ricadenti sotto il suo regime,
i quali figuravano come adottati “dal Consiglio e dal Parlamento”; la Commissione vede
invece ridotto il suo ruolo alla funzione di mediare e negoziare le diverse posizioni,
mentre la sua proposta può essere modificata dal Consiglio anche a maggioranza
qualificata. Questa procedura rappresentava, prima dell‟attuale procedimento legislativo
ordinario post Lisbona, il massimo obiettivo realizzabile per attenuare ulteriormente il
“deficit democratico” e per associare realmente il Parlamento all‟esercizio del potere
normativo: uno sforzo e un risultato di difficile mediazione, come testimonia l‟ancor più
accentuata complessità di tale procedura rispetto a quella di cooperazione,
estremamente articolata e laboriosa, caratterizzata da equilibri sottili e delicati (quanto
probabilmente fragili
29
), che intenderebbero conferire una sostanziale efficacia
all‟azione del Parlamento senza privare al contempo il Consiglio delle sue prerogative.
L‟art. 189 B
30
TCE descrive il procedimento in questione, necessario per l‟adozione di
atti che cominciano sempre con una proposta della Commissione. Tale iniziativa
legislativa perviene contemporaneamente al Parlamento e al Consiglio: ciò ne consente
un esame parallelo da parte delle due istituzioni, e quindi anche la possibilità di una
reciproca influenza e coordinamento prima che le rispettive posizioni si siano
28
Rispettivamente procedura di codecisione e di cooperazione.
29
Così G. STROZZI, in Diritto dell’Unione europea, Parte istituzionale, Torino, 2009.
30
Divenuto 251 TCE, successivamente al Trattato di Amsterdam.