1
INTRODUZIONE
Erano gli anni Novanta del secolo scorso e Londra veniva scossa da
un gruppo di giovani drammaturghi pronti a rompere le righe e a
catapultarsi nella realtà dei fatti, nel proprio inferno personale.
Questi ragazzi, oltretutto, non sapevano davvero dove nascondersi,
forse perché avevano deciso di non farlo più. Svegliatisi dal torpore di
decenni avevano la consapevolezza di non poter cambiare il mondo, ma
non rinunciarono a darne la propria versione, a esprimere la propria
opinione.
Dall'atmosfera pacifica, pacifista e psichedelica degli anni Sessanta,
dalle urla gracchianti e moleste di London Boys contro New York Dolls
della fine dei Settanta, passando per il neo-superomismo degli anni
Ottanta, il tunnel verso la speranza nel mondo reale sarebbe diventato
sempre più stretto a angusto. Attraverso questo sentiero angusto giovani
playwrights come Sarah Kane, Mark Ravenhill, David Eldridge, Patrick
Marber, Jez Butterworth, Judy Upton, Joe Penhall, Phyllis Nagy, Simon
Block e Martin McDonagh giunsero a una serie di consapevolezze tanto
inaspettate quanto poco coraggiosamente banali.
Il tempo delle amate divinità dorate (Iggy Pop, David Bowie, Lou
Reed, Keith Richards ed altri pochi eletti...) era finito, uomini di quella
tempra, resistente al degrado dell’esistenza urbana non se ne facevano
più: l’eroina non era più tanto quel paradiso artificiale come cercavano di
farci credere e l'HIV stava cominciando a mietere vittime illustri senza
stare lì a chiedere documenti o dichiarazioni dei redditi.
Era crescente la certezza che anche le rock star, anche chi
2
trascorreva la propria esistenza sotto il grande occhio sguaiato del mondo
con i fari della fama, tiepidi o roventi che fossero, puntati dietro la
schiena, aveva o poteva avere vite miserabili come chiunque altro,
problemi con le bollette, problemi con gli spacciatori e con i conti aperti
nei bar.
Tutti avevano, hanno ed avranno a che fare con la propria realtà dei
fatti, che in fin dei conti è per tutti la stessa:
It's a dog eat dogturd world
1
.
Questi ragazzi, negli anni Novanta, hanno guardato in faccia la
disillusione che sembrava essere diventata per loro contemporaneamente
un'arma letale ed una difesa estrema. I talenti di questo periodo sono
guidati soprattutto, ma non solo, dalla disillusione nei confronti nel
mondo esterno, che si portano dentro quasi geneticamente, con una
capacità Darwiniana di modificarsi per sopravvivere alla nuova Era.
Da ogni parte si sviluppano modi altri di esprimere se stessi. Di
spiegare le proprie ali rivelando un cuore di drago, scoperto: pronto per
essere colpito. Gente cresciuta tra la polvere e le ceneri del punk e della
new wave, con il mito però dei ruggenti anni Cinquanta; gente un po' triste
e un po' arrabbiata, che cerca di ritagliarsi un lembo di storia per
raccontare qualcosa di cui non è ancora chiara la genesi, ma che di sicuro,
ontologicamente parlando, sarà qualcosa di grandioso anche se quasi
sicuramente nessuno lo capirà.
Il grunge, che inizia la sua crociata in America per espandersi a
1
Simon Block, Not a Game for Boys, rappresentato presso il Royal Court Theatre nel 1995;
pubblicato da Nick Hern Books, 1996; in Aleks Sierz, In-yer-face Theatre: British Drama Today, p.
167.
3
macchia d’olio in tutto il mondo, erge a simbolo di questa transazione
fallita la semplicità imbarazzante di pochi accordi e camicie da boscaiolo
e babydoll e capelli al perossido, rigorosamente logori.
E non importava se fosse autodistruzione fine a se stessa, catarsi o
solo una grande truffa mediatica:
Baby Britain feels the best
Floating over a sea of vodka
Separated from the rest
Fights problems with bigger problems
Sees the ocean fall and rise
Counts the waves that somehow didn't hit her
Water pourning from her eyes
Alcohol again, very bitter
For someone half as smart, you'd be a work of art
You put yourself apart
And I can't help until you start
2
.
Le passerelle, contemporaneamente, si fregiavano di piccole pesti
prodigiose come Alexander McQueen, paffutello e con l'aria della
canaglia che la sa tutta, la storia, ma non vuole dircela, bensì (di)
spiegarcela tra il tulle, le trine e sfilate dissacranti e le modelle simili a
tossicodipendenti senza trucco e come John Galliano con le sue spose
cadaveriche e neo-gotiche, sempre accigliate eppure così affascinanti.
In particolare, tornando all’ Inghilterra, il teatro che sembrava
stordito dal Lexotan ormai da diversi decenni, si è risvegliato ricordando i
fasti della generazione di Osborne e soci, in un’ esplosione di umorismo
acutissimo, nero, affilato e condito da un’altissima incidenza di
figurazioni estremamente reali nel tentare di rappresentare la brutalità del
mondo e realmente estreme nella messa in scena di questa barbarie.
2
Elliott Smith, Baby Britain, nell’album XO, DreamWorks Records, 1998.
4
Il teatro addormentato era lì ad aspettare il principe che lo avrebbe
finalmente risvegliato, ma tra i pretendenti fu una principessa quella che
lo scosse: una principessa hooligan.
Si chiamava Sarah Kane.
5
CAPITOLO PRIMO
LE ORIGINI DELLA PROVOCAZIONE
.1 UNCOOL AND ALMOST SILENT BRITAIN
Margareth Thatcher governò l’Inghilterra dal 1979 al 1990.
La sua linea politica, nota come Thatcherismo fu controversa ed
ebbe un gran numero di detrattori, soprattutto tra le file dei pensatori di
sinistra, a causa del pugno di ferro che mantenne nel corso della sua
carriera.
Suffice to say, this ‘ism’ (the only one attached to a British prime
minister) was an attempt by several right-wing thinkers to forge a
coherent policy based on monetarism
1
.
Il forte individualismo perseguito da questo indirizzo insieme alle
nozioni economiche del liberalismo economico hanno contribuito, durante
i tre mandati della Lady di Ferro, a spaccare letteralmente la società
britannica in due blocchi contrapposti: quelli che hanno e coloro che non
hanno
2
. La crescente disoccupazione, dovuta alle ridotte opportunità di
lavoro nelle piccole imprese colpite direttamente da riforme quali
l’aumento delle tasse per l’industria manifatturiera e le battaglie contro i
1
Rebecca D’Monté, “Thatcher’s children: alienation and anomie in the plays of Judy Upton”,
in Saunders- D’Monté, Cool Britannia? British Political Drama in the 1990s, Palgrave Macmillan,
Basingstoke, 2008, p. 79.
2
Rebecca D’Monté, op.cit. p. 80.
6
sindacati, contribuì ad accrescere il malcontento che in quegli anni
colpiva, soprattutto, le classi sociali meno agiate; anche se è indubbio che
la politica economica di Thatcher abbia avuto riscontri positivi per il
paese, e ciò è confermato dal fatto che i suoi successori ritennero
opportuno non modificare un buon numero dei provvedimenti da lei
attuati. A livello sociale Thatcher sostenne un gran numero di battaglie
controverse, accompagnate dalle sue opinioni contraddittorie riguardo
argomenti delicati come i diritti degli omosessuali
3
.
.2 TEATRO E POLITICA
Margareth Thatcher con il suo approccio fortemente centralizzato e
repressivo, quasi privo di sfumature di sorta, contribuì, senza sospettarlo,
alla nascita di un nuovo tipo di teatro; un teatro così d’impatto da essere
paragonato al movimento dei cosiddetti angry young men sviluppatosi
sempre in Inghilterra intorno alla metà degli anni Cinquanta che ci ha
regalato lavori di notevole importanza quali Look Back in Anger di John
Osborne.
Un teatro associabile a questo suo recente antenato, ma
completamente personale nella sua genesi, in quanto scritto e vissuto da
giovani autori la formazione dei quali è avvenuta, come la loro crescita
anagrafica, durante quegli undici anni, ricchi di avvenimenti e
problematiche specifiche, come ogni periodo storico.
3
«To go no further than the cases at hand, it seems clear in the US and UK that social policy
agendas have become part of broader state efforts to exacerbate and strategically manipulate
incompatibilities between previously sanctioned demands by working class and underclass
constituencies and the perceived exigencies of budgetary, financial and labour market policies.» in Joel
Krieger, “Social Policy in the Age of Reagan and Thatcher” in AA.VV ., The Socialist Register 1987,
London, Merlin Books, 1987.
7
Il Thatcherismo diede filo da torcere alle compagnie teatrali
britanniche: queste vennero scoraggiate sia sul versante economico che su
quello artistico, in quanto era stato chiesto loro di mostrarsi e dimostrarsi
come
a successful industry that offered a good return on public investment
4
.
Private del proprio ruolo di promotrici di arte, le compagnie si trovarono
in una posizione scomoda. Sebbene la censura teatrale fosse stata abolita
ormai dal 1968, il discorso propagandistico sopra citato fu utilizzato
astutamente come una vera e propria forma di censura; infatti i teatri che
promuovevano, nella propria programmazione, lavori esplicitamente
progressisti dai contenuti critici nei confronti della fazione dominante,
correvano il rischio di non veder rinnovati i fondi (già fortemente
ridimensionati dalle nuove riforme finanziarie) stanziati per le proprie
attività.
É anche vero però, che nonostante il teatro britannico in quegli anni
abbia risentito fortemente di tutto questo e non ci siano state prove
talmente alte da segnare, drammaturgicamente parlando, l’epoca, non
mancarono esempi di coraggio e talento: alcuni drammaturghi produssero
opere che mettevano in discussione il potere dominante e se David Hare
nel suo Secret Rapture (1988) metteva in scena “also plays off pro-and
anti-Thatcherite characters against one another”
5
, il precedente Top Girls
(1982) di Caryl Churchill si imponeva come una critica socialista ai valori
femministi e borghesi che enfatizzavano l’importanza del potere a
4
Rebecca D’Monté, op. cit. p. 81.
5
ibid.
8
discapito delle relazioni interpersonali mediante la celebrazione ironica
della politica dell’Iron Lady.
Sulla scia di questi lavori, nel 1993 Trevor Griffith con Thatcher’ s
children
provided ‘a panoramic polemic on the effect of fourteen years of
extreme conservative rule’. Unlike in his earlier plays, he emphasizes
here the individual experience, or the ‘politics of feeling’, by following
a group of schoolchildren who find themselves living out the sweeping
changes put forward during the 1980s, with some achieving financial
success, at the expense of their moral and personal lives, whilst others
struggle to survive
6
.
.3 ‘IN-YER-FACE’ THEATRE: L’A V ANGUARDIA TEATRALE
DEI NASTY NINETIES
Questa era la terra che calpestavano, l’aria che respiravano ogni giorno
quel gruppo di giovani playwrights, e insieme gli impresari che diedero
loro fiducia a Londra
7
, e seppure in maniera meno esposta ai media a
Glasgow ed Edimburgo. Quest’ultimi appartenevano a quel movimento di
rottura che caratterizzò il teatro britannico dei nasty nineties promosso per
mezzo di stagioni sperimentali nella capitale britannica, in primo luogo al
Royal Court Theatre, la roccaforte dell’avanguardia teatrale che ospitò al
tempo Look Back in Anger ed una decina di anni dopo l’altrettanto
6
Rebecca D’Monté, ivi.
7
Sebbene autori notevoli scozzesi ed irlandesi siano emersi nella decade, si tende a
considerare il movimento in-yer-face come un fenomeno, più che Britannico in sé, peculiarmente
Londracentrico non solo per la rilevanza degli autori specificatamente inglesi, ma anche per lo scenario
in senso lato che la città ha offerto socialmente quanto materialmente ai lavori. Numerosissime opere
in-yer-face infatti sono ambientate nella capitale e ne offrono spaccati pesantemente intrisi di disagio,
come a sconfessare il mito della tanto decantata Swingin’ London. Senza considerare la fiducia enorme
che gli impresari teatrali londinesi hanno riposto nei nuovi autori, sostenendoli psicologicamente,
affettivamente ed economicamente.
9
importante e scandaloso Saved di Edward Bond. Sotto la coraggiosa
direzione nonché ala protettiva di Stephen Daldry
8
nasceva l’in-yer-face
theatre.
I wanted the Court to be a hothouse for new work, so that it was not as
dependent as it had been on four shows Downstairs and four shows
Upstairs. I suppose that was a first decision. It was enabled and helped
by bringing Graham Whybrow in as literary manager. It’s a chicken and
egg situation, but certainly it suddenly felt that there were a number of
young playwrights who were beating the doors down. There was a
sense that there was a generation which had been excluded; a
perception that the culture of the Court was too specific a narrow, not
inclusive enough
9
.
La nomenclatura ‘in-yer-face theatre’ fu scelta da Aleks Sierz
10
,
autore di numerosi saggi critico-interpretativi sui fenomeni teatrali. Sierz
parte dalla definizione dell’idioma che ha scelto di utilizzare:
The phrase ‘ in your face’ is defined by the New Oxford English
Dictionary (1998) as something ‘blatantly aggressive or provocative,
impossible to ignore or avoid’ the Collins English Dictionary (1998)
adds the adjective ‘confrontational’
11
.
8
Stephen Daldry è stato direttore artistico del Royal Court Theatre dal 1993 al 1998. Con esso
ancora collabora per la programmazione delle opere. É inoltre regista teatrale e cinematografico di
pellicole del calibro di Billy Elliott (2000), The Hours (2002) e The Reader (2008), per i quali è stato
nominato agli Academy Awards.
9
Intervista a Stephen Daldry in Mireia Aragay et al (eds), British Theatre of the 1990s:
Interviews with Directors, Playwrights, Critics and Academics, Palgrave Macmillan, Basingstoke,
2007, p. 4.
10
Aleks Sierz è giornalista, commentatore radio-televisivo e docente universitario. È inoltre
critico teatrale del Tribune, editorialista di TheatreV oice.com, segretario onorario della sezione teatrale
del Critic’s Circle del Regno Unito, gestore e autore del sito http://www.inyerface-theatre.com.
11
Aleks Sierz, In-Yer-Face Theatre: British Drama Today, Faber and Faber, London 2001, p.
5.