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CAPITOLO I
GLI STRUMENTI DELLA CONCERTAZIONE. IL
RUOLO NELLE POLITICHE PER IL MEZZOGIORNO
SEZIONE I: INTRODUZIONE AGLI ACCORDI
DI PROGRAMMAZIONE NEGOZIATA
1. Premessa
La situazione di crisi economica ed il complesso quadro politico
degli anni 90‟, con il fallimento del sistema delle imprese pubbliche e
la scarsa efficacia delle politiche d‟intervento nel Mezzogiorno, hanno
spinto il legislatore a revisionare l‟azione della pubblica
amministrazione nella soddisfazione dell‟interesse pubblico allo
sviluppo economico
1
. Principio cardine dell‟evoluzione compiuta, è
stato quello della centralità del sistema locale nella promozione e
nella tutela del proprio territorio quale fautore di una strategia di
sviluppo dal basso, concertata con gli attori locali. Ciò ha significato
sia l‟abbandono della concezione „assistita‟
2
dell‟intervento pubblico
(propria di quell‟assetto centralistico dell‟organizzazione statale che
per lungo tempo ha caratterizzato il sistema dei trasferimenti agli enti
locali) sia la fine della straordinarietà dell‟intervento pubblico nel
mezzogiorno e dei metodi politici che ne sono conseguiti. Evoluzione
che, in tanto è stata possibile in quanto, nel cosiddetto “decennio
1
Cfr. F. SCALIA, 1996-2006. Dieci anni di programmazione negoziata, in La fin. loc., 2007, n. 4, 56-63.
2
Cfr. F.M. CERVELLI e G.M. ESPOSITO, Politiche pubbliche e sviluppo economico di regioni
ed enti locali nel quadro dell‟unione europea, Napoli, 2002, 70.
5
riformista”
3
, è cambiata l’azione della pubblica Amministrazione, da
autoritativa a consensuale
4
, è cambiata l’organizzazione dei pubblici
poteri, da monocratica in pluralista, ed è cambiata l’attività
programmatoria, da imperativa e di scopo a consensuale e
condizionale
5
. Se la funzione amministrativa, tradizionalmente, era
stata costruita secondo lo schema del potere esercitato unilateralmente
da un‟Amministrazione che perseguiva interessi pubblici distinti,
separati e per lo più configgenti con gli interessi dei soggetti privati
coinvolti
6
poi, invece, con la legge 7 agosto 1990, n. 241, la legge
fondamentale sul procedimento amministrativo
7
, sono stati elaborati
modelli di azione amministrativa consensuale
8
in cui la partecipazione
al procedimento dei soggetti coinvolti nelle scelte pubbliche prefigura
un modello di Amministrazione che, nell‟esercizio del potere
discrezionale, agisce per atti concordati
9
. Per la pubblica
Amministrazione si è trattato di un capolinea obbligato vista la
necessità di comporre e selezionare, in luogo di un depotenziato
legislatore, la pluralità d‟interessi, privati e pubblici, emersi con il
3
L‟espressione utilizzata è tratta da G.M. ESPOSITO, La nuova organizzazione amministrativa
dell’intervento pubblico. Procedura della programmazione economica, Torino, 2001, 19 ss. Il
decennio riformista ebbe inizio con la legge 8 giugno 1990, n. 142.
4
In senso tendenziale, fermo restando l‟impossibilità di fare a meno dell‟autoritatività del
provvedimento amministrativo.
5
G. M. ESPOSITO, op. cit., Torino, 2001, 14.
6
D. D‟ALESSIO, Più spazio agli accordi sostitutivi ed integrativi, in Guida al Dir, n. 10, 2005,
67-69.
7
Legge 7 agosto 1990, n. 241 modificata ed integrata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 e dalla
legge 18 giugno 2009, n. 69.
8
Ex art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall‟art. 7 della legge 11 febbraio
2005, n.15, l‟amministrazione può concludere accordi sia in sostituzione di un provvedimento
(accordi sostitutivi) che determinando con gli interessati il contenuto del provvedimento finale
(accordi integrativi).
9
“Tale modus operandi, assicurando preventivamente il consenso degli interessati sull’esercizio
dell’azione amministrativa, si manifesta come uno strumento di organizzazione e di
contemperamento dei potenziali conflitti che possono insorgere tra i soggetti coinvolti nei
singoli procedimenti, con conseguente vantaggio in termini di efficacia ed economicità
dell’agere amministrativo”. Cosi, R. GAROFALI- G. FERRARI, Manuale di diritto
amministrativo, Roma, 2009, 789.
6
passaggio dallo Stato centralizzato ed autoritario allo Stato sociale di
diritto
10
. In seguito, con la legge 15 marzo 1997, n. 59, si è assistito
alla creazione di un ordinamento policentrico e pluralistico
11
in cui
funzioni e compiti dell‟amministrazione sono ripartiti tra Stato,
Regioni, Provincie e Comuni secondo i principi di sussidiarietà,
differenziazione ed adeguatezza
12
imponendo definitivamente la ricerca
10
Lo Stato sociale è delineato dalla nostra Costituzione fin dai Principi Fondamentali. Lo Stato
sociale è quello che consente a tutti l‟accesso a determinate utilità sociali quali la salute (art.
32), l‟istruzione (art. 34), il lavoro (art. 38) che è il principale strumento per la realizzazione
dell‟individuo nella società e per l‟affermazione della sua personalità), oppure, ancora, la libertà
di iniziativa economica privata (art. 41). Questi diritti trovano oggi tutela anche nella Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata dal Parlamento europeo, dal Consiglio e
dalla Commissione a Nizza il 7 dicembre del 2000 e divenuta vincolante, con lo stesso valore
giuridico dei trattati, a seguito dell‟entrata in vigore, il primo dicembre 2009, del Trattato di
Lisbona (art. 6 par. 1). Un passo decisivo avvenuto in ritardo rispetto alle singole Costituzioni
Nazionali perché i diritti garantiti dagli originari trattati europei erano solo quelli strettamente
necessari alla realizzazione dell‟integrazione economica e del mercato unico (conformemente
agli obbiettivi primari che diedero vita all‟Unione a cui, solo in seguito, si è aggiunto quello
della integrazione politica e sociale). Prima della Carta, la lacuna era stata colmata, solo in
parte, dall‟attività della Corte di giustizia.
Sul passaggio dallo Stato monoclasse allo Stato pluriclasse caratterizzato dalla
iperpositivizzazione dei diritti sociali si veda anche R. FERRARA, Pubblica amministrazione
tra autorità e consenso: dalla specialità amministrativa a un diritto amministrativo di
garanzia?, In Dir. Amm., 1997, 242 ss.
11
A. CONTIERI, La programmazione negoziata. La consensualità per lo sviluppo. I principi,
Napoli, 2000, 109.
12
Si tratta della cosiddetta legge Bassanini recante “Delega al governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e
per la semplificazione amministrativa”. Questi principi sono stati introdotti dall‟art. 4 comma 3
della legge poi, con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 recante “Modifiche al titolo V
della parte seconda della costituzione” sono stati costituzionalizzati all‟art. 118 comma 1:“Le
funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio
unitario, siano conferite a Provincie, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei
principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza”.
Il principio di sussidiarietà in senso verticale esprime come le funzioni e i compiti
amministrativi vengono distribuiti tra i diversi livelli di governo: la ripartizione gerarchica delle
competenze deve essere spostata verso gli enti più prossimi al cittadino e, pertanto più vicini ai
bisogni del territorio ma G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2000,
sottolinea come l‟art. 118 non vada letto nel senso di stabilire una presunzione generale di
competenza dei comuni in quanto, questo, riporterebbe il nostro sistema istituzionale al
medioevo. Piuttosto, il principio di sussidiarietà “comporta l’attribuzione dei compiti e delle
funzioni amministrative ai comuni, alle provincie e alle comunità montane, secondo le rispettive
dimensioni territoriali, con l’esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni
medesime In altre parole con la sussidiarietà viene privilegiato il criterio dimensionale: con
applicazioni non dissimili da quelle che derivano dal principio costituzionale del
decentramento, consacrato dalla Costituzione del 1948 all’art. 5”. Il principio di sussidiarietà
in senso orizzontale permette la ripartizione delle competenze tra la pubblica amministrazione e
i soggetti privati. Sarà analizzato nel proseguo.
7
di forme di coordinamento e composizione degli interessi
13
affinché la
pluralità di centri di potere potesse assicurare il buon andamento
dell‟amministrazione
14
che, è bene ricordarlo, non deve solo limitarsi al
rispetto del principio di legalità ma deve raggiungere gli obiettivi che le
sono assegnati attraverso il miglior uso delle risorse a disposizione
(efficienza) e con il grado maggiore di soddisfazione (efficacia)
15
.
Ogni momento storico è costruito sulle macerie delle precedenti
esperienze e, quelle che caratterizzarono gli anni di queste grandi
riforme, si compongono di crisi politica, burocratica ed economica:
alla prima, lo Stato ha rispose attraverso una riorganizzazione della
distribuzione del potere
16
; alla seconda, con una maggiore e più
rassicurante presenza attiva del cittadino nel procedimento
amministrativo rendendo questo il luogo in cui sono bilanciati
interessi pubblici e privati; alla terza, privatizzando vasti settori
dell‟economia pubblica dismettendo enti pubblici economici ed
aziende statali cioè, riducendo sensibilmente l‟intervento nel sistema
economico in linea con le politiche europee
17
.
13
G. PERICU, L’attività consensuale della pubblica amministrazione, in L. MAZZAROLLI, G.
PERICU, A. ROMANO, F. ROVERSI MONACO e F.G. SCOCA, Diritto amministrativo,
Bologna, 2005, 288, infatti, scrive: “Il frammentarsi nello Stato moderno delle funzioni e dei servizi
pubblici e la loro conseguente attribuzione a soggetti pubblici distinti e, nel contempo, l’ineludibile
esigenza di garantire alle collettività interessate, tramite gli enti che le rappresentano, una presenza
effettiva nell’assunzione delle decisioni amministrative che le riguardano hanno determinato la
necessità di un sempre più accentuato coordinamento, obiettivo che può sicuramente essere
soddisfatto anche mediante accordi tra i soggetti pubblici di volta in volta coinvolti”.
14
Il principio di buon andamento è previsto all‟art. 97 della Costituzione ed è stato recepito dalla
legge 7 agosto 1990, n. 241. Esso obbliga tutti gli agenti della pubblica amministrazione a
svolgere la loro attività perseguendo i canoni dell‟efficienza, dell‟efficacia ed dell‟economicità.
15
L‟azione della pubblica Amministrazione si sostanzia nella cura concreta degli interessi
pubblici, selezionati dalla legge ed affidati da questa ad un prefissato centro di potere pubblico.
Per il rispetto del principio di legalità, questo è tenuto ad agire nel rispetto dei contenuti e dei
limiti stabiliti dalla legge. Rientra poi nel cd. merito amministrativo individuare le linee di
azione più opportune per non tradire i criteri di adeguatezza, convenienza ed opportunità.
16
Espressione ricorrente nel linguaggio politico in riferimento alla legge cd. Bassanini è:
“Federalismo a Costituzione invariata”.
17
Cfr. A. AMATUCCI, L’ordinamento giuridico della finanza pubblica, Napoli, 2004, 162 e ss.
“l’azione degli Stati membri e della Comunità comprende l’adozione di una politica
economica, che è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche degli Stati membri, sul
mercato interno e sulla definizione di obbiettivi comuni, condotta conformemente al principio
di un’economia di mercato aperta ed in libera concorrenza”.
8
In questo contesto, occorreva un‟amministrazione efficace sul
piano sostanziale e non meramente legittima sul piano formale. Ed
ecco la ragione del cambiamento: la necessità di rispondere alle
inefficienze del passato. Le parole decentramento, autonomia,
delegificazione, semplificazione, trasparenza e sussidiarietà
racchiudono le esigenze che spinsero il legislatore all‟approvazione di
leggi quali le cd. leggi Bassanini, la legge generale sul procedimento
amministrativo o la legge di riforma del titolo V della Costituzione. La
volontà di evitare quella conflittualità che caratterizza l‟attività
amministrativa unilaterale, in cui non è assicurata alcuna adesione del
privato alle scelte pubbliche, è stata invece quella che ha avvicinato
sempre di più la pubblica Amministrazione alla consensualità.
Con il decennio che ha chiuso il secolo scorso, si è così
definitivamente superata, dal punto di vista concettuale, l‟idea di
un‟azione amministrativa improntata necessariamente a schemi
imperativi espressi prevalentemente tramite il provvedimento
18
. Si è
passati da una concezione di tipo soggettivo istituzionale
dell‟Amministrazione, ad una concezione oggettivo funzionale. Da
un‟Amministrazione, vista come attività dell‟esecutivo che deve
realizzare un interesse pubblico predefinito sostanzialmente deciso
dalle istituzioni centrali, si è giunti ad un‟Amministrazione a servizio
della società e del suo benessere. Un‟Amministrazione che si occupa
dell‟organizzazione e della composizione degli interessi privati e che
è, in definitiva, amministrazione di prestazioni e non più autoritativa
19
.
18
Questa visione dell‟Amministrazione in posizione di supremazia e del provvedimento quale
modello tipico dell‟agire amministrativo si era consolidata, nella nostra cultura giuridica, a
cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Così P. GRAUSO, Gli accordi della pubblica
Amministrazione con i privati, in Il nuovo dir. ammin., Milano, 2007, 9.
19
A. CONTIERI, op. ult. cit., Napoli, 2000, descrive in questi termini le due concezioni.
9
2. Gli accordi di programmazione negoziata: la ratio ed il ruolo
nelle politiche per il Mezzogiorno
Grazie alle riforme suddette, delineate solo in linea generale, oggi i
cittadini non solo intervengono in un procedimento amministrativo in cui
finalmente dialogano e collaborano con la pubblica Amministrazione (in
virtù di istituti quali gli accordi integrativi o sostitutivi del
provvedimento o grazie alla conferenza di servizi) ma, addirittura,
vengono coinvolti nell‟attività di programmazione (proprio perché la
Pubblica Amministrazione è sempre più promotrice dello sviluppo)
utilizzando gli strumenti di cui all‟articolo 2 comma 203 della legge n.
662 del 1996: intesa istituzionale di programma, accordo di programma
quadro, patto territoriale, contratto di programma, contratto d‟area
20
. Si
tratta della programmazione negoziata
21
. Nella trasformazione delle
pratiche pubbliche, infatti, anche la programmazione non avviene più per
provvedimenti autoritativi ma in via consensuale, all‟esito della
contrattazione e non più come presupposto.
20
Questa è la legge di riferimento in materia in quanto ha compiuto un‟opera di ricognizione delle
diverse figure. Ad essa si associa, tra la normativa di rango primario, la legge 7 aprile 1995, n.
104 di conversione del decreto legge 8 febbraio 1995, n. 32. Ma, salvo le indicazioni definitorie
presenti in queste leggi, la disciplina dei singoli istituti è poi contenuta nelle deliberazioni
emanate in attuazione dal CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica)
tra cui, costituisce un importante punto di svolta, la delibera del 21 marzo 1997, n. 29. Va
immediatamente rilevato che la mole di provvedimenti e di delibere CIPE che regolano la
materia hanno portato A. CONTIERI, op. ult. cit., Napoli, 2000, 54 a sostenere che il quadro
d‟insieme della normativa è confuso e di difficile lettura in quanto “la disciplina di rango
primario non contiene quasi per nulla prescrizioni e sembra affetta da una ansia definitoria, se
non da enfasi declamatoria. Per contro le delibere CIPE si caratterizzano per una esasperata
minuziosità nella previsione dei numerosi e complessi passaggi procedimentali relativi ad ogni
singola figura: il tutto appare, ad una prima analisi, l’antitesi del principio di semplificazione”.
21
Definita per la prima volta dal decreto legge 8 febbraio 1995, n. 32 (convertito dalla legge 7
aprile 1995, n. 104) quale “regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto
pubblico competente e la parte o le parti pubbliche o private per l’attuazione di interventi
diversi, riferiti ad un’unica finalità di sviluppo che richiedono una valutazione complessiva
delle attività di competenza”. Vale a dire, azione della pubblica amministrazione tramite moduli
consensuali. Una vera rivoluzione rispetto alla tradizione.
10
La legge n. 662 del 1996 definisce così i diversi moduli di
programmazione negoziata: “L’intesa istituzionale di programma” è
l‟accordo fra Amministrazione centrale, regionale o delle provincie
autonome, con cui tali soggetti si impegnano a collaborare sulla base
di una ricognizione programmatica delle risorse finanziarie
disponibili, dei soggetti interessati e delle procedure amministrative
occorrenti per la realizzazione di un piano pluriennale d‟interventi
d‟interesse comune o funzionalmente collegati; “L’accordo di
programma quadro” è l‟accordo con enti locali ed altri soggetti
pubblici e privati, promosso da una Amministrazione centrale,
regionale o delle provincie autonome, in attuazione di una intesa
istituzionale di programma, per la definizione di un programma
esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati,
vincolante per tutti i soggetti partecipanti; “Il patto territoriale”,
oggetto del presente lavoro, è l‟accordo promosso da enti locali, parti
sociali o da altri soggetti pubblici o privati, con i contenuti di cui
all‟accordo di programma quadro, relativo all‟attuazione di un
programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di
promozione dello sviluppo locale; “Il contratto di programma” è il
contratto stipulato tra l‟Amministrazione statale competente, grandi
imprese, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanze di
distretti industriali per la realizzazione di interventi oggetto di
programmazione negoziata; infine, “Il contratto d’area” è lo
strumento operativo, concordato tra Amministrazioni, anche locali,
rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché altri
soggetti interessati, per la realizzazione di azioni volte ad accelerare lo
sviluppo e la creazione di una nuova occupazione in territori
11
circoscritti, nell‟ambito delle aree di crisi, delle aree di sviluppo
industriale dei nuclei di industrializzazione situati nei territori di cui
all‟obiettivo 1 del Regolamento CEE n. 2052/88, nonché delle aree
industrializzate realizzate ai sensi dell‟art. 32, legge n. 219 del 1981
22
.
“Oggetto della programmazione negoziata è una speciale forma di
attività programmatoria che si caratterizza per essere sottratta –
secondo le regole della stessa amministrazione per accordi alla quale
appartiene – al principio della unilateralità dell’azione amministrativa
ed in particolare all’autoritatività dell’Amministrazione Pubblica per
essere viceversa ispirata ai principi “opposti” della consensualità e
della bilateralità
23
”.
Alla crisi del concetto di programmazione vincolante e precettiva
delle attività economiche che, ha seguito quella dello Stato sociale in
senso classico, si è affiancata la nascita di procedure razionali di
concertazione e di programmazione, poste in essere da enti pubblici al
fine di coordinare i fattori produttivi a disposizione verso investimenti
accomunati dall‟unico obiettivo dello sviluppo economico
24
. In
particolare, la programmazione negoziata consiste nella concertazione
tra parti pubbliche e private, soprattutto tra il sistema delle autonomie
locali e le forze sociali, di “un’unica finalità di sviluppo” attraverso
strumenti marcatamente negoziali, di stampo privatistico, in cui i ruoli
e gli impegni di ciascuno sono perfettamente complementari per la
22
“Guardando alla definizione legislativa dei vari istituti delineati dal legislatore, non può non essere
rilevato che essi hanno tutti un elemento costitutivo in comune: l’accordo di una pluralità di centri
di interessi rilevanti in un determinato ambito territoriale, di cui, a vario titolo, sono portatori
soggetti pubblici o privati comunque avvinti ad un dato territorio da precisi nessi di inerenza”. R.
NOBILE, I patti territoriali quali strumenti di programmazione e conformazione del territorio.
Brevi notazioni sulla loro natura giuridica e sulla loro operatività, in Com. d’It., n. 5, 2002, 644.
23
G.M. ESPOSITO, op. cit., Torino, 2001, 54.
24
Cfr. R. FERRARA, La programmazione negoziata tra pubblico e privato, in Dir. Amm., n. 3-4,
1999, 434- 435.
12
soddisfazione delle rispettive aspirazioni. Come in una moderna teoria
del benessere, si ricerca l‟ottimo di ciascuno per determinare l‟ottimo
della collettività attraverso il dialogo tra istituzioni e società, attraverso il
metodo dello “sviluppo del basso”, della mobilitazione degli attori
presenti sul territorio (i soli a conoscerne realmente limiti e potenzialità).
È chiaro il riferimento al principio di sussidiarietà
25
ed all‟azione europea
di contrasto alle politiche macroeconomiche centrali
26
.
Per il Mezzogiorno, la nascita della concertazione ha coinciso
con una doppia presa di coscienza: da una parte, il fallimento
sostanziale del modello d‟incentivo allo sviluppo basato sugli
interventi erogati dall‟alto, non coordinati, che hanno portato solo alla
polverizzazione della spesa pubblica senza stimolare lo sviluppo di
una vera cultura imprenditoriale nel Mezzogiorno; dall‟altro,
l‟incapacità della pubblica Amministrazione locale, di un‟intera classe
politica, di progettare lo sviluppo, di coordinare gli interventi, di
sfruttare i fondi comunitari senza ritardo
27
. Si colse, non senza poche
diffidenze, che per ridurre l‟inaccettabile divario con la fiorente
economia del centro-nord, industrializzata e competitiva
28
, occorreva
25
Scrive A. BARONE, Autonomie e modelli pattizi, in Nuove Auton., n. 1-2, 2008, 8:
“Valorizzazione del ruolo degli enti locali e integrazione pubblico-privato costituiscono i due
tratti giuridici essenziali del principio di sussidiarietà”.
26
M. ZOCCATELLI, I patti territoriali e i contratti d’area: genesi, realizzazione e questioni
irrisolte, in Le istituz. del feder., n. 1-2, 1998, 263-264 spiega come la politica europea, con il
Libro Bianco Crescita, Competitività, Occupazione promosso da Delors, si sia impegnata su
due fronti: l‟alleggerimento dello Stato, sociale senza distruggerne i tratti essenziali, ed una
qualificazione del tessuto produttivo con una diffusa mobilitazione locale. “Le peculiarità e le
ricchezze di un territorio vanno mobilitate per costituire un ambiente favorevole allo sviluppo.
Coinvolgimento degli attori istituzionali e di quelli economici e sociali, integrazione di
intervento pubblico e iniziativa privata, approccio “dal basso verso l’alto” (bottom- up); questi
i tratti fondamentali dell’impostazione europea”:
27
Cfr. G.P. MANZELLA, Patti territoriali: vicende di un istituto di programmazione negoziata,
in Riv. Giu. del Mezz., n. 3, 1997, 795.
28
Sul tema risulta estremamente interessante ed ancora attuale il contributo di N. LETTIERI,
Cultura industriale, sviluppo economico e processi di innovazione in Campania, in Nuo. Rass.,
n. 21, 1986, 2432-2443.