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Introduzione:
elementi di novità e struttura del lavoro
La tesi si prefigge tre obiettivi principali. Il primo è rinnovare i risultati empirici sulla
creazione di valore nella crescita nel settore bancario, tutti datati allo scorso
millennio, alla luce delle profonde trasformazioni che stanno avvenendo. Secondo,
dare un respiro geografico più ampio all’analisi: gli studi precedenti erano focalizzati
su singole macro aree, che per le loro peculiarità politico/economiche possono
differire nei risultati. Terzo, misurare quale sia lo strumento di crescita migliore per
una banca in funzione della strategia che intende perseguire. Gli strumenti scelti per
l’analisi sono l’acquisizione e la joint venture. Quest’ultimo punto è l’elemento di
maggiore novità della tesi, dal momento che i precedenti studi si sono focalizzati solo
sulla quantificazione della creazione di valore delle M&A. Si vuole colmare questo gap
presente in letteratura, verificando se le joint venture possono essere una valida
alternativa per operazioni per le quali l’acquisizione non è efficace.
Il lavoro è strutturato in quattro capitoli, fino a giungere alle conclusioni finali. Il
primo capitolo fornirà una descrizione storica dei movimenti di crescita esterna nel
settore bancario negli ultimi decenni per arrivare a comprendere quali siano le
prospettive future. Proseguirà, poi, aprendo una finestra sulla teoria della crescita: le
direzioni di crescita, le strategie possibili, la descrizione dei benefici ricercati
attraverso quest’ultime e gli strumenti dell’acquisizione e della joint venture. Lo
schema di questo capitolo, le variabili descritte e le dimensioni di analisi saranno i
medesimi dei capitoli successivi, dove si descriveranno sia il campione che i risultati
empirici. A chiusura del primo capitolo, saranno presentati gli studi sull’argomento o
su temi affini che hanno preceduto questo lavoro, dando luce a suggerimenti su
quanto ci si può attendere in termini di risultati finali.
Il secondo capitolo presenterà il modello di event study utilizzato: come sono
calcolati i “cumulated average return” – che rappresentano il risultato ultimo
dell’analisi - i procedimenti usati per i test statistici e le criticità legate agli event
study con relative soluzioni. In seguito saranno descritte le linee guida per
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l’ottenimento del campione e la sua descrizione. Dal campione si trarranno, quindi,
informazioni sulla prassi d’uso degli strumenti di crescita e delle strategie.
Il terzo sarà il capitolo di presentazione dei risultati ottenuti con l’event study,
secondo lo schema illustrato nella sezione teorica. In questa fase saranno valutati gli
effetti delle scelte lungo le dimensioni di analisi presentati nella sezione teorica e si
confronteranno gli strumenti per le tre strategie possibili.
Il quarto capitolo presenterà alcune operazioni facenti parte del campione, scelte in
base alla loro significatività nello spiegare i risultati ottenuti. Sono operazioni accolte
negativamente dai mecati finanziari per via della discrepanza fra benefici ricercati
dalla strategia e e la scelta dello strumento.
Infine, dopo aver tirato le somma circa i risultati cui si è giunti, le conclusioni finali
forniranno suggerimenti per il management delle banche in merito alle scelte di
crescita.
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Primo capitolo:
introduzione al tema della crescita nel settore bancario
1.1 Il settore bancario globale
In questo lavoro si segue la definizione del Testo Unico Bancario per banca e attività
bancaria (Banca d’Italia 2007).
Banca è l’impresa autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria.
Attività bancaria è la raccolta del risparmio fra il pubblico e l’esercizio del credito
(TUB, Titolo II, Capo I, Articolo 10). Le imprese in esame sono quelle che svolgono
l’attività depositaria e creditizia come core business.
In termini generali il settore bancario è fondamentale per il suo peso in termini di
valore, fatturato e per il ruolo di volano che svolge per l’economia. In termini specifici
per questo lavoro, che ha l’obiettivo di analizzare empiricamente le operazioni di
crescita esterna, è importante sottolinearne il peso e il dinamismo dimostrati
attraverso i dati della Tabella 1.
Tabella 1: numero di deal fra aziende quotate da giugno 1997 a dicembre 2009 divise per tipologia e
per settore (fonte: elaborazione su dati Zephyr 2010)
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Come si può notare, il settore finanziario - con più del 30% del totale delle operazioni
fra aziende quotate dal 1997 ad oggi - è secondo solo all’aggregato dei settori facenti
parte del manufacturing. Di questo 30%, più di un quarto è dovuto agli istituti
bancari che dimostrano grande dinamismo (vedi Tabella 2).
Tabella 2: numero di deal fra banche quotate da giugno 1997 a dicembre 2009 (Fonte: elaborazione
su dati Zephyr 2010)
Figura 1: andamento temporale dei deal (Fonte: elaborazione su dati Zephyr 2010)
L’importanza delle decisioni nel settore bancario in termini di operazioni di crescita è
sottolineato soprattutto dal valore dei deal, in media 217 milioni di euro contro i 144
della media degli altri settori (1.5 volte maggiore). Nei seguenti grafici (Grafico 2) si
può facilmente mettere a confronto la differenza di peso che si rileva guardando il
numero di deal sul totale e il loro controvalore sul totale delle operazioni svolte nel
mercato.
Figura 2: percentuale deal bancari sul totale (aulla sinistra) e percentuale valore dei deal bancari
sul totale (sulla destra) (Fonte: elaborazione su dati Zephyr 2010)
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Nello stesso arco temporale si registra, inoltre, un forte aumento dell’attività di
crescita, che tocca il suo apice fra il 2005 e il 2007 (vedi Figura 1).
A partire dal 2008 l’attività evidenzia un rallentamento, mantenendosi tuttavia su
buoni livelli. La flessione coincide con l’inizio della crisi, che ha visto il mondo
finanziario al centro della bufera. Già in passato si è registrata una stretta relazione
fra l’andamento congiunturale dell’economia e le operazioni di M&A. Durante i periodi
di crisi le operazioni sono maggiormente orientate verso il rafforzamento, con
acquisti orizzontali dei soggetti più deboli e la loro ristrutturazione. Al contrario,
durante i periodi di espansione economica sono favorite le operazioni di estensione
geografica o di prodotto alla ricerca di nuove opportunità. È quindi prevedibile un
aumento dell’attività di crescita delle banche sul mercato adesso che l’economia pare
si trovi sulla lenta via della ripresa (DeYoung, Evanoff e Molyneux 2009).
1.1.1 Trend storico
Il fenomeno della forte crescita dimensionale delle banche prese avvio negli anni
novanta. Nelle aree dove l’attività bancaria era maggiormente sviluppata, iniziarono
ondate di M&A a seguito di cambiamenti nelle regolamentazioni. In precedenza,
infatti, il settore bancario era strettamente regolato, con alte barriere all’entrata che
ostacolavano la concentrazione.
Un primo obiettivo delle riforme era: permettere alle istituzioni finanziarie di far
crescere la misura delle proprie attività. Banche di piccole dimensioni e poco
diversificate erano maggiormente vulnerabili alle crisi economiche e a qualsiasi
rischio che attenesse al ristretto portafoglio clienti (Calomiris 2000). Alcuni studi
sostenevano (Beck e Levine 2005) che una maggior concentrazione mettesse al
riparo l’economia da crisi bancarie (aspetto su cui sorgono dubbi in seguito alla
recente crisi del mondo finanziario). Inoltre, istituti di credito grandi erano più
funzionali al sostegno delle imprese che ormai necessitavano di capitali a prestito
superiori alle capacità delle banche dell’epoca. Ulteriore esigenza era quella di
supportare aziende con un respiro sempre più internazionale, spinte verso una
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crescita geografica nei mercati facenti parte di zone economiche come la UE o la
NAFTA (Berger, Dai, Ongena e Smith 2002).
Figura 3: ripartizione percentuale per area geografica delle banche appartenenti all’indice
È stato preso come riferimento l’indice Dow Jones Stoxx Global 1800
1
, che racchiude
ben 132 banche quotate, le più grandi a livello globale. Delle 70 maggiori (92%
dell’indice) (vedi Figura 3 a torta) solo il 12% circa non fa parte delle aree Europa,
Nord America e Giappone (in particolare, le prime due sommano il 73% del totale).
Oltre ad essere numericamente preponderanti, esse rappresentano le aree dove
maggiormente si sono registrate ondate di fusione bancaria.
In Europa l’inizio della deregolamentazione del settore iniziò durante gli anni Settanta
con l’avvio del Single Market Program (SMP). I passi fondamentali furono tre:
• First Banking Co-ordination Directive, 1977: pose le fondamenta per
l’uniformazione di leggi e regolamenti fra i Paesi Membri
• Single European Act, 1986: liberalizzazione delle merci di tutti i settori
all’interno della CEE (in funzione dal 1992)
• Second Banking Co-ordination Directive, 1989: liberalizzazione dei servizi
finanziari, definizione comune di attività bancaria.
Queste direttive posero le basi per il consolidamento del settore finanziario europeo
negli anni Novanta, con un’ondata di operazioni che aumentarono ancor di più in
1
http://www.stoxx.com/indices/components.html?symbol=DJW1BNK (ultima visita il 22/01/2010)
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corrispondenza dell’introduzione dell’ECU prima e dell’Euro dopo (Berger Buch
DeLong 2004).
La maggior parte della crescita negli anni Novanta riguardò organizzazioni
appartenenti allo stesso Paese, posta in essere al fine di rafforzare la propria
posizione interna a fronte di una nuova concorrenza da parte di altri Paesi europei.
Questo fenomeno ha portato alla creazione di campioni nazionali e a mercati saturi,
dove non c’è spazio per nuovi entranti. Le operazioni “cross-border” sono di solito
rivolte verso Paesi extra-UE, Paesi in via di sviluppo e non ancora saturi, con
maggiore spazio per nuovi entranti, come America Latina e Est Europeo (ECB 2000).
Per avvicinarsi all’effettiva creazione di un mercato unico per i servizi finanziari, nel
2006 gli stati membri hanno adottato il “Directive on services in the internal market”
(noto come il Bolkestein Directive). Questo ulteriore passo, una volta adottato,
dovrebbe portare all’integrazione completa dei mercati europei e ad una nuova
ondata di consolidamento (ECB 2009).
Un ulteriore trend presente in altre regioni, ma per il quale l’Europa si distingue, è la
creazione di conglomerati nazionali finanziari (vedi Tabella 3): banche che espandono
il loro business ai settori tipici dell’investment banking, ma anche ad attività estranee
al settore bancario, specialmente l’attività assicurativa, dando inizio al fenomeno del
“bankinsurance” (ECB 2000; Boot 2003).
Tabella 3: numero di conglomerazioni domestiche nei Paesi dell’Unione Europea (fonte: ECB 2000
pag. 15)