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INTRODUZIONE:
“Il diritto all’alimentazione”
A livello mondiale la FAO, nel suo ultimo rapporto
annuale sullo Stato della Insicurezza Alimentare nel
mondo (SOFI 2006)
(1)
ha stimato che il numero delle
persone malnutrite nel periodo 2001-2003 ha raggiunto la
cifra di 854 milioni, di cui 820 vivono nei paesi in via di
sviluppo, 25 nei paesi in via di transizione e 9 nei paesi
industrializzati
(2)
.
FAO Hunger Map
Apparentemente, in tali cifre, non sono visibili i progressi
verso gli obiettivi imposti dal Vertice sulla Sicurezza
Alimentare (World Food Summit, WFS) del 1996 per il
2015, dato che dal periodo di studio iniziale che si estende
(1)
Consultabile presso il sito internet: http://www.fao.org/docrep/009/a0750e/a0750e00.htm
(2)
Secondo il Rapporto SOFI 2006: Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania,
Grecia, Islanda, Irlanda, Israele, Italia, Giappone, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Olanda, Portogallo,
Regno Unito, Spagna, Sud Africa, Svezia, Stati Uniti d’America.
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dal 1990 al 1992 fino al periodo in esame, il numero della
popolazione malnutrita nei paesi in via di sviluppo è
diminuita di soli 3 milioni, da 823 a 820 milioni.
I dati sono motivo di preoccupazione, poiché ad una
diminuzione registrata negli anni passati, è seguito un
incremento nel periodo recente, causato soprattutto dalla
crescita della popolazione; pertanto la piccola diminuzione
del numero della popolazione vittima della fame risulta di
soli 3 punti in percentuale.
Alcuni progressi verso il raggiungimento degli obiettivi
del Millennio
(3)
, in particolare il Primo, quello di
dimezzare il numero di persone affette dalla piaga della
fame entro il 2015, sono stati realizzati ma in modo molto
lento.
Di tali 854 milioni di persone il 50% detiene produzioni
agricole, il 20% sono contadini, il 10% pastori nomadi o
piccoli pescatori, il 10% vive nella povertà urbana, e il 5%
è affetto da situazioni di emergenza alimentare a causa dei
conflitti armati, delle condizioni climatiche eccezionali o
di brusche transizioni economiche. Di questi 854 milioni,
inoltre, 5 sono bambini e bambine che muoiono ogni
giorno a causa della fame e della malnutrizione e il 10%
sono vittime di conflitti armati
(4)
.
Per questo le cause della sottoalimentazione e della
mortalità dovuta alla fame e alla malnutrizione sono
infinitamente complesse. Non possono limitarsi alla guerra
o alle catastrofi naturali, ma sono dovute principalmente
all’ingiustizia sociale, all’esclusione politica od economica
ed alle discriminazioni. Quindi da un lato le persone
(3)
Per maggiori informazioni sul monitoraggio del conseguimento dei MDGs consultare il seguente sito
internet: http://mdgs.un.org/unsd/mdg/Default.aspx
(4)
Fonte: vedi SOFA 2004, consultabile presso il seguente sito internet:
http://www.fao.org/docrep/007/y5650e/y5650e00.htm
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sottoalimentate sono escluse e dall’altro vedono violato il
loro diritto all’alimentazione.
Perché parlare di diritto all’alimentazione è importante in
questo contesto? Poiché la tematica ben si accorda con
queste problematiche, e nel momento in cui sorgono simili
tipologie di problemi ci si trova nel pieno contesto di tale
diritto, e per affrontare le sfide da essi imposte è
necessario considerarne gli aspetti e le cause.
Mentre da una parte si rivendica fortemente la sua natura
di diritto a livello internazionale, la sua applicazione
rimane ancora piuttosto debole, soprattutto nei contesti
nazionali. La principale responsabilità ricade sugli Stati
parti del Patto Internazionale per i Diritti Economici,
Sociali e Culturali, così come sui firmatari di altri
strumenti internazionali.
La presente analisi, partendo dalla definizione del diritto
ad una alimentazione adeguata, si propone di esaminare il
ruolo della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per
l’Alimentazione e l’Agricoltura, la quale ha svolto un
ruolo di leader nelle varie fasi di identificazione,
interpretazione e realizzazione di tale diritto.
A seguire verrà poi esaminato il recepimento e la garanzia
del diritto all’alimentazione nella politica italiana, quali
modalità di attuazione l’Italia ha al momento adottato e
quale approccio e impegno ha concretamente dedicato a
tale tematica, sia a livello nazionale che internazionale.
Il riconoscimento del diritto all’alimentazione come diritto
umano fondamentale risale agli anni precedenti alla
nascita delle Nazioni Unite, quando il Presidente
americano Franklin D. Roosevelt, nel suo discorso
pronunciato davanti al Congresso degli Stati Uniti (“State
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of the Union” del 1941), indicò quelle che per lui erano le
“Quattro Libertà Fondamentali”, tra cui la terza: “ la
libertà dal bisogno e dalla fame”. I fondatori delle Nazioni
Unite compresero che le persone affamate non potevano
essere libere. Per essere in grado di godere della libertà di
parola e di riunione e degli altri diritti civili, le persone
devono essere adeguatamente nutrite. La morte per inedia
ha lo stesso risultato della morte per arma da fuoco: la
morte. La fame non è solo una sofferenza: essa fa venir
meno la dignità agli esseri umani che la patiscono. La
fame non è un problema di produzione o di distribuzione
(lo dimostrano anche le statistiche secondo cui la
disponibilità degli alimenti oggi è sufficiente per
alimentare tutti gli abitanti del nostro pianeta) bensì è di
soppressione, di accesso alle risorse, di esclusione, di
povertà, insomma un problema di violazione di diritti
umani.
Il contributo di Roosevelt fu molto importante poiché
ripreso dalla delegazione americana durante le
negoziazioni che portarono alla stesura della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948,
che sancì un diritto all’alimentazione (Articolo 25).
Vent’anni dopo tale Dichiarazione, nel 1966, il Patto
Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali
segna un passo decisivo per il riconoscimento del diritto
all’alimentazione, facendolo oggetto di norme a carattere
vincolante per gli Stati parti. Tale Patto, che entrò in
vigore solo nel 1976 e risulta ad oggi ratificato da 155
Stati, è più di un semplice riconoscimento di principi di
diritti umani, poiché li trasforma in norme convenzionali.
Tale Patto entra più nello specifico del concetto del
“diritto all’alimentazione” distinguendolo dal diritto di
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essere liberi dalla fame (“Freedom from Hunger”)
nell’Articolo 11, il quale può essere considerato come il
principale riconoscimento normativo del diritto
all’alimentazione ed alla sua protezione in base al diritto
internazionale
(5)
.
Da allora il diritto all’alimentazione è stato esplicitamente
riconosciuto ed ulteriormente definito in vari strumenti e
dichiarazioni internazionali, come le Dichiarazioni
adottate dalla Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite
sull’Alimentazione del 1974, dalla Conferenza
Internazionale sulla Nutrizione convocata nel 1982 dalla
FAO e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
e dal Piano d’Azione adottato dal Vertice Mondiale
dell’Alimentazione tenutosi a Roma nel 1996.
I principali strumenti internazionali che trattano il diritto
all’alimentazione sono:
- la Convenzione sull’Eliminazione di ogni forma di
Discriminazione contro le Donne del 1979 (CEDAW),
Articoli 12.2 e 14;
- la Convenzione sui Diritti del Fanciullo (CRC),
adottata dalle Nazioni Unite nel 1989, Articoli 6, 24 e
27;
(5)
Tale Articolo 11 afferma che:
“1) Gli Stati parti del presente Patto riconoscano il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato
per sé e per la propria famiglia, che includa un’alimentazione, un vestiario ed un alloggio adeguati,
nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita. Gli Stati parti prenderanno misure
idonee ad assicurare l’attuazione di questo diritto, e riconoscono a tal fine l’importanza essenziale della
cooperazione internazionale, basata sul libero consenso.
2) Gli Stati parte del presente Patto, riconoscendo il diritto fondamentale di ogni individuo alla libertà
dalla fame, adotteranno, individualmente ed attraverso la cooperazione internazionale, tutte le misure, e
fra queste anche programmi concreti, che siamo necessarie: a) per migliorare i metodi di produzione, di
conservazione e di distribuzione delle derrate alimentari mediante la piena applicazione delle conoscenze
tecniche e scientifiche, la diffusione di nozioni relative ai principi di nutrizione, e lo sviluppo o la riforma
dei regimi agrari, in modo da conseguire l’accrescimento e l’utilizzazione più efficaci delle risorse
maturali;
b) per assicurare un’equa distribuzione delle risorse alimentari mondiali in relazione ai bisogni, tenendo
conto dei problemi tanto dei paesi importatori quanto dei paesi esportatori di derrate alimentari.
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- la Convenzione sulla Prevenzione e la Repressione del
Crimine di Genocidio del 1948, mette al bando le
condizioni di vita inflitte deliberatamente su un gruppo
e calcolate per apportare la loro distruzione fisica in
parte o per intero;
- la Convenzione per la Soppressione e la Punizione del
Crimine dell’Apartheid del 1973, che all’Articolo 2 si
riferisce all’imposizione di mali fisici e di alcune
forme di tortura o trattamenti degradanti, inumani o
pene, inclusa l’inedia, come “atti inumani”;
- la Convenzione di Ginevra relativa allo status di
rifugiato del 1951 e la Convenzione relativa agli
apolidi del 1954, che ai rifugiati ed apolidi accordano
lo stesso trattamento dei cittadini nazionali in materia
di razionamento e assistenza pubblica;
- lo Statuto della Corte Penale Internazionale del 1998,
che definisce il genocidio nello stesso modo della
Convenzione sul Genocidio del 1949 e specifica che il
concetto di crimine contro l’umanità include la
privazione di accesso al cibo calcolato per apportare
distruzione di parte della popolazione; così come
anche include l’affamare intenzionalmente, come
metodo di guerra, i civili privandoli dei beni
indispensabili per la loro sopravvivenza.
Una dimensione particolare di diritto all’alimentazione è
contenuta nel diritto dei conflitti armati. Il Diritto
Internazionale Umanitario (DIU) tratta la questione
attraverso le disposizioni delle Convenzioni di Ginevra del
1949 e dei due Protocolli Opzionali.
Sebbene il DIU non proclami il diritto all’alimentazione,
esso stabilisce delle regole relative all’assistenza
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umanitaria per le popolazioni civili (in particolare
nell’Articolo 54 del I Protocollo Aggiuntivo).
Per quanto riguarda invece i tre grandi strumenti regionali
sui diritti umani, ovvero la Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo (CEDU) del 1950, la Convenzione Inter-
Americana del 1969 e la Carta Africana sui Diritti
dell’Uomo e dei Popoli del 1981, nessuno di questi
strumenti contiene un’esplicita menzione del diritto
all’alimentazione. Tuttavia, la Carta Africana sui Diritti
dell’Uomo e dei Popoli, adottata dalla Organizzazione
degli Stati Africani nel 1981, prevede il diritto allo
sviluppo economico sociale e culturale (Articolo 22), il
diritto alla pace ed alla sicurezza nazionale e
internazionale (Articolo 23) e il diritto ad un ambiente
soddisfacente e globale, favorevole al loro sviluppo
(Articolo 24). Si tratta nondimeno di una formulazione di
diritti economici, sociali e culturali molto vaga e
comunque riferita ai popoli e non ai singoli.
Si deve anche menzionare un altro importante strumento
regionale africano, la Carta Africana sui Diritti ed il
Benessere del Bambino del 1990, che nell’Articolo 14
riguardante la “Salute ed i servizi sanitari” afferma più
esplicitamente che:
“Gli Stati Parti della presente Carta devono prendere
tutte le misure necessarie….ad assicurare vivande
adeguate e sicure bevande…per combattere malattie e
malnutrizione nel contesto di cure primarie con
l’applicazione di appropriate tecnologie”.
Molto rilevante ai fini del riconoscimento ma anche
dell’interpretazione a livello regionale di tale diritto è il
Protocollo aggiuntivo alla Convezione Inter-Americana
sui Diritti Umani del 1988, o Protocollo di San Salvador,
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che entra nel dettaglio dei diritti economici, sociali e
culturali, dedicando un intero articolo al diritto
all’alimentazione, l’Articolo 12.
Si ritiene ad ogni modo che l’omissione di tale diritto negli
strumenti regionali, a parte l’eccezione del Protocollo di
San Salvador, sia dovuta al fatto che il diritto
all’alimentazione non è visto come principale rispetto ad
altri. Si considera, infatti che nella maggior parte dei casi
il soddisfacimento dei bisogni nutrizionali possa essere
realizzato mediante l’esercizio del diritto al lavoro,
considerato invece fondamentale.
Tuttavia, l’affermazione globale ed il riconoscimento di
per sé non erano sufficienti.
Considerevoli progressi furono fatti a partire dal 1980
nella comprensione del significato del diritto
all’alimentazione, grazie all’apporto della FAO e di molte
ONG, le quali, riunite in un Forum mondiale, diedero vita
ad una bozza del “Codice di Condotta sul diritto umano ad
un’alimentazione adeguata”.
Tali progressi culminarono nel 1999, quando venne
adottata dal Comitato per i Diritti Economici, Sociali e
Culturali l’Osservazione Generale 12 (General Comment
12)
(6)
, che viene considerata come l’interpretazione
ufficiale dell’Articolo 11 del Patto sui Diritti Economici,
Sociali e Culturali.
Il Comitato afferma che il diritto ad un’alimentazione
adeguata è profondamente legato alla dignità di ogni
persona umana ed è indispensabile per il pieno rispetto
degli altri diritti umani. In accordo con tale definizione
tale diritto richiede “una disponibilità di cibo in quantità e
qualità sufficiente a soddisfare le necessità fisiologiche,
(6)
General Comment 12, “The right to adeguate food (Art.11)”, 12/05/1999, E/C.12/1999/%, Committee
on Economic, Social and Cultural Rights.