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INTRODUZIONE
Il presente lavoro mira a fornire un quadro il più possibile esaustivo
delle caratteristiche strutturali e i risvolti sociali e politici del delitto di
iniuria, che rappresenta una delle più importanti figure in materia di
danneggiamento dell’ordinamento giuridico romano: un antico e
staordinario principio di diritto, che fu precursore delle moderne
forme di responsabilità.
Inizieremo il nostro studio dalla disciplina del danno da fatto illecito,
dando alcune rapide notizie sul trattamento che della materia si è
avuto sin dai tempi più antichi e cercando di esporre in modo
esaustivo la sua (del damnum) evoluzione, analizzando specificamente
le conseguenze che quest’ultimo vi ricollegava.
Seguirà l’esame, nel dettaglio, del delitto di iniuria e delle sue origini,
prendendo spunto dal diritto arcaico e in particolare dalle leggi delle
XII tavole che costituiscono la prima codificazione scritta di leggi a
noi nota. Il tutto analizzando i testi che in materia ci sono pervenuti, i
quali, sebbene siano stati tramandati in modo frammentario e dunque
si tratti di un materiale spesso complesso e disomogeneo, rivestono, in
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ogni caso, una fondamentale importanza ai fini della comprensione e
conoscenza sia del diritto romano, che si ritiene costituisca, in genere
e in specie, il fondamento di tutto il diritto (antico e moderno), sia,
nello specifico, per il caso oggetto del nostro studio, del delitto di
iniuria.
Dunque, per l’età più risalente, l’analisi muoverà dalla legislazione
decemvirale ponendo in rilievo le tre fattispecie tipiche di attacco
all’integrità psicofisica dei soggettti, sanzionate dalle leggi delle XII
tavole: il membrum ruptum, per il quale veniva autorizzato il taglione
in caso di mancato accordo per una composizione pecuniaria; l’os
fractum, per il quale era stabilita la pena pecuniaria di 150 assi se il
danneggiato era uno schiavo e di 300 assi, se si trattava di un uomo
libero; l’iniuria per la quale era prevista una pena pecuniaria di 25
assi. Verrà, al riguardo, evidenziato che sulla reale portata di ciascuna
delle tre disposizioni e sulle loro correlazioni, è risultato assai ampio il
dibattito in dottrina. Di conseguenza, nel dare conto alla pluralità di
ipotesi ricostruttive relative all’originaria configurazione del delitto in
questione e al fine di uniformare le diverse teorie, l’attenzione verrà
fissata su alcuni aspetti, primo fra tutti, per i fini che maggiormente
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rilevano nell’indagine svolta, il significato da attribuire al termine
iniuria, a volte inteso come comportamento materialmente lesivo,
altre astrattamente offensivo, altre ancora genericamente ingiusto, e il
rapporto che lega la relativa disposizione a quella del membrum
ruptum e dell’os fractum.
Verrà, in seguito, tracciato un quadro dell’evoluzione post-
decemvirale dell’iniuria. Si tratterà, pertanto, dell’abolizione pratica
del taglione (prevista specificamente per il membrum ruptum) e della
sua sostituzione con una pena pecuniaria che veniva fissata caso per
caso dal giudice, il quale ne adeguava la portata alla diversa tipologia
ed entità delle lesioni. Si terrà, altresì, conto della progressiva
unificazione concettuale dei delitti contro la persona e della
conseguente estensione della pena variabile, venutasi instaurando per
il membrum ruptum, a tutti i casi di iniuria. Punto di arrivo di tale
processo evolutivo sarà un’actio formulare (l’actio iniuriarum
aestimatoria) esperibile in qualsiasi ipotesi di iniuria e che conduce ad
un iudicium recuperatorium avente per oggetto l’aestimatio poenae,
con la quale si voleva fondamentalmente poter rendere possibile un
migliore adeguamento della pena al delitto in concreto commesso.
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L’attenzione verrà poi rivolta ad un ulteriore profilo problematico
dell’iniuria, ossia il suo trattamento sanzionatorio. Si discuterà,
quindi, della pena e del risarcimento, scaturenti a seguito della
commissione del delitto in questione, e della loro evoluzione
all’interno del sistema giuridico romano. In particolare, per quanto
riguarda la pena, si farà prima di tutto richiamo alla vendetta personale
e al modo in cui essa si esplicava originariamente accentaundo così il
suo primitivo carattere vendicativo e satisfattorio. Si accennerà,
pertanto, all’evoluzione storica che ha visto il progressivo affievolirsi
dei concetti di vendetta privata e di composizione tra l’offeso e il reo
attraverso l’attribuzione della funzione della determinazione della
pena all’ordinamento statale, per giungere, da ultimo, al definitivo
passaggio dalla pena privata a quella pubblica, accentuando in tal
modo il suo carattere, non più satisfattorio o meramente retributivo,
ma, ora, fondamentalmente, di prevenzione e di emenda.
Per quanto riguarda il secondo aspetto sanzionatorio dell’iniuria, si
esamineranno i problemi sollevati in dottrina relativi alla effettiva
risarcibilità o meno del delitto in questione nel diritto romano,
cercando di dar risposta, in via preliminare, ad un fondamentale
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quesito, ovverosia se il delitto di iniuria sia, in definitiva, un danno da
risarcire o un illecito da sanzionare, facendo brevi richiami al
trattamento attuale della materia la quale, non si può negare, si sia
venuta formando sulla falsariga di quella antica, oggetto di tale tesi.
Sempre in tema di attacchi all’integrità psicofisica di un soggetto si
passerà all’esame di altro rimedio di natura sostanzialmente penale: la
lex Cornelia de iniuriis, rilevandone gli aspetti problematici, ossia la
sua natura pubblica o privata, e, trattando delle sue caratteristiche,
evidenziando come già in età classica si procedesse ad una repressione
extra ordinem dell’iniuria.
Concludendo, dunque, si farà una breve analisi dell’evoluzione del
delitto oggetto di tale tesi fino ai nostri giorni per porre in luce
fondamentalmente l’attualità dell’argomento trattato e ciò
considerando anche il fatto che la disciplina oggi vigente in materia,
tutta incentrata sulla tutela dei danni alla salute, del danno esistenziale
e della lesione di interessi legittimi, richiami sostanzialmente la
prospettiva del più antico diritto romano in cui l’atto non giustificato
per eccellenza era quello contro la persona, ovverosia l’iniuria.
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CAPITOLO 1
IL DANNO DA FATTO ILLECITO E LA EVOLUZIONE
DELLA SUA DISCIPLINA NEL DIRITTO ROMANO
1
.
1.1 PREMESSE STORICO - GIURIDICHE.
Nella storia dell’umanità il diritto positivo ha sempre tutelato
l’integrità della persona umana ispirandosi a principi giuridici
pressocchè analoghi a quelli attuali. La normativa sulla responsabilità
civile, in particolare, è stata costantemente segnata dalla tensione fra
due tendenze: da un lato, la necessità di modificare il sistema
legislativo in base all’evoluzione della società e alle sempre nuove
esigenze di tutela e risarcimento; dall’altro, il bisogno di garantire
tutela per situazioni che effettivamente ne fossero degne.
Le prime testimonianze sulla legislazione del danno risalgono ai
frammenti di una tavoletta sumera del III millennio a.C., in cui erano
elencate le pene pecuniarie private per le lesioni personali.
1
Il presente lavoro è destinato ad analizzare gli aspetti sistematico - giuridici del danno nella
disciplina dei fatti illeciti nel sistema romanistico; pertanto non verrà trattata l’analisi
terminologica della parola damnum, sopra la quale si può consultare L. BOVE, sv. “Damno ”, in
NNDI. V (Torino 1975) 143 ss.
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Nella Grecia classica, ad Atene, erano riconosciuti sia gli oltraggi
( ϋ che i danni veri e propri ( ά
2
: la vittima poteva chiedere
il risarcimento in denaro indicando una somma che poi veniva
approvata dal giudice.
Nell’antico diritto romano, fino al 460 a.C., l’amministrazione della
giustizia era un privilegio riservato ai patrizi: non vi erano ancora
leggi scritte, per cui le sentenze pronunciate dai consoli erano sempre
a danno dei plebei; si punivano solo gli atti ritenuti illeciti dalla legge,
anche se spesso il pretore amministrava la giustizia in modo arbitrario,
stabilendo quali fatti tutelare o punire in base ai suoi interessi. Le cose
mutarono con la compilazione delle leggi delle XII Tavole (duodecim
tabolarum leges, 451-450 a.C.), contenenti regole di diritto privato e
pubblico. Esse (le XII tavole) costituiscono la prima redazione scritta
di leggi nella storia di Roma e rivestono una fondamentale importanza
in quanto offrono il quadro normativo più antico di danneggiamento
2
Ci si riferisce, a tal proposito, ai ( γκλημάτων) delitti contro la persona e contro la proprietà; ai
delitti di sacrilegio, apostasia e blasfemia; alle percosse e all’ ϋ , ossia qualsiasi atteggiamento
che provoca l’offesa di una persona, senza ricorrere necessariamente ad atti di violenza. Il
danneggiato poteva convenire in giudizio l’offensore o con l’azione prevista ad hoc per il caso di
lesioni alla persona sia morali che fisiche( ί ά ς , oppure con la generalissima azione di
danno ( ά ς In tutte e due le ipotesi, spettava al danneggiato una somma di denaro da
egli stesso indicata, purchè ritenuta congrua dal giudice. V. PAOLI, sv. Danno, Diritto attico, in
NNDI. III (Torino 1975) 683.
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per atto dell’uomo, indicando una serie di casi per i quali si prevedeva
l’irrogazione di una sanzione diversa da quella ordinaria (rei
persecutio)
3
. Rileva, in particolare, la Tab. 8 contenente l’elenco di
alcune importanti ipotesi di fatti illeciti causati da un’azione umana:
a) aver introdotto il bestiame nel terreno altrui per farlo pascolare,
actio de pastu
4
(tab.8.7).
La sanzione era diversa, a seconda che l’autore del danno fosse un
soggetto pubere (capace di intendere e di volere) o impubere: nella
prima ipotesi, la punizione prevista era la pena capitale, nella seconda,
invece, il magistrato poteva costringere l’impubere a risarcire il danno
arrecato, nella misura del doppio.
b) Il taglio senza giustificazione giuridica degli arbores altrui (tab.
8.11).
La pena prevista era una sanzione pecuniaria pari a 25 assi per ogni
albero tagliato.
c) L’incendio non doloso della casa o del frumento accatastato in
vicinanza di essa (tab. 8.10).
3
A. CORBINO, Il danno qualificato e la lex Aquilia: corso di diritto romano (Padova 2005) 28.
4
G. VALDITARA, Damnum iniuria datum
2
(Torino 2005) 3 ss.
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La sanzione prevista era diversa, a seconda che l’incendio fosse
doloso o colposo: in particolare, nella prima ipotesi, l’autore veniva
punito con la pena capitale, nella seconda, aveva l’obbligo di
corrispondere il valore del danno arrecato. La sanzione variava anche
in relazione al valore dell’immobile.
d) La ossis fractio di un servo o di un uomo libero (tab. 8.3).
In essa ciò che si sanzionava non era il damnum causato, ma
l’intenzione di chi lo aveva determinato: “chi con la mano o con un
bastone ha rotto l’osso di un uomo libero paghi la pena di 300 assi, se
di uno schiavo di 150”
5
.
L’esame di tali figure permette di rilevare alcune importanti
caratteristiche della normativa decemvirale:
il metodo della tipicità nella descrizione dei fatti che causano
dei danni rilevanti. In effetti non esiste una clausola generale
che sanzioni il danno alle cose altrui generato da un atto umano,
ma tutta una serie di figure particolari e autonome fra loro;
5
A. CORBINO, Il danno qualificato e la lex Aquilia cit. 28.
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il numero limitato di beni protetti, quali i campi di foraggio, gli
alberi, la casa, gli animali, il grano, la integrità fisica di un
uomo libero o di un servo;
il privilegiare pene pecuniarie rispetto alla consegna del
colpevole, che rimane riservata ai delitti più gravi;
infine, non era rilevante che si fosse verificato un danno
patrimoniale comunque generato, ma un certo evento materiale
specifico (come la combustione della casa, il taglio degli alberi,
la lesione fisica del servo).
1.2 LA RILEVANZA DELLA COLPA NEL DANNO DA FATTO
ILLECITO NEL DIRITTO ROMANO ARCAICO.
Dopo aver descritto, se pur sommariamente, i diversi casi che,
anticamente, costituivano fattispecie di illeciti, ritengo sia utile e
interessante, a questo punto, esaminare il criterio di imputazione
utilizzato dai romani a seguito della commissione di un fatto illecito e
il suo svilupparsi con l’evolversi del diritto.