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INTRODUZIONE
La migrazione a motivo sportivo è una pratica a tutt’oggi generalizzata ed ampiamente
diffusa. Ne riscontriamo, dunque, gli effetti anche in ambiti come il calcio e il rugby.
La sociologia delle migrazioni e dello straniero è diventata uno strumento attualmente
irrinunciabile per comprendere i fenomeni di spostamento nelle società contemporanee. Ecco
che la sociologia dello sport si trova essa stessa a dover fare i conti con le proprie migrazioni:
occorre, perciò, una collaborazione diretta tra le due discipline.
Il mondo del rugby, così come lo conosciamo in Italia, si vede ben attraversato da
queste logiche a proposito dei cosiddetti giocatori “oriundi”. Sapevo del grosso impiego dei
giocatori con la doppia cittadinanza nei campionati, tant’è che improvvisamente, proprio
pensando alla nazionale italiana di rugby, una passione che coltivavo - prima solo
saltuariamente - da qualche tempo, mi sono venuti alla mente parecchi interrogativi. Pensavo
e ripensavo a nomi e cognomi di personalità come Sergio Parisse, il capitano, nato a La Plata,
Martín Castrogiovanni, Matias Agüero, Gonzalo Canale, Pablo Canavosio, Carlos Nieto, ma
anche Luke McLean, Kaine Robertson e così via. Pensavo e mi chiedevo il motivo, di tutti
questi, soprattutto argentini, anche perchØ sapevo bene che la nazionale dei Pumas è una delle
piø forti al mondo. Non solo, mi chiedevo quale fosse la ragione per cui uno sportivo con ben
due cittadinanze e possibilità, volesse scegliere proprio l’Italia, un posto in cui, in ogni caso, il
rugby non raduna le grandi folle del calcio. Un posto, poi, dove in generale lo straniero non
sembra essere sempre accolto come il benvenuto ed invitato a restare. Mi chiedevo, persino,
se fosse un vantaggio o uno svantaggio appartenere contemporaneamente a due mondi diversi,
sempre se non si sentissero legati univocamente a uno o all’altro. Degli oriundi si sa piuttosto
poco, o forse si sa ma non se ne parla molto, perchØ sembra non abbiano molto da dire.
Eppure, doveva esserci qualcosa dietro, un qualcosa di profondo ed estremamente fecondo.
Ecco che l’unico modo per scoprirlo poteva concretizzarsi nella ricerca etnografica sul campo.
Lo studio si struttura, infatti, secondo i criteri dell’intervista biografica così come è
intesa da Bertaux, Bichi e Kaufmann. Ascolteremo, così, i racconti di vita di sei rugbisti
oriundi, di cui cinque italo-argentini e uno italo-venezuelano, appartenenti ad una squadra di
livello internazionale e ad una squadra di serie A. Ad essi si aggiungeranno le testimonianze
“esterne”, ottenute per mezzo di interviste semi-strutturate, del team manager di una delle due
squadre e di un portavoce della Federazione Italiana Rugby.
2
Tutte le interviste, trascritte ed analizzate, saranno integrate e supportate da riferimenti
bibliografici tanto in materia di sport, come in materia di diritti del cittadino immigrato e di
comunità d’appartenenza identitaria.
Nel primo capitolo, partiremo, così, proponendo una breve rassegna cronologica del
ruolo e delle tematiche trattate dalla sociologia dello sport.
Dal secondo capitolo, invece, cominceremo ad integrare la trattazione delle interviste
raccolte. In particolare, qui daremo ampio spazio alla relazione tra rugby e politica, con
l’analisi del concetto di cittadinanza, di come essa incida sui diritti dell’atleta e del ruolo delle
istituzioni statali e sportive in merito.
Nel terzo capitolo si insisterà, piuttosto, sul ricercare l’identità all’interno di una
collettività, soprattutto grazie all’analisi del ruolo del gruppo dei pari. In questo senso sarà
anche presa in considerazione l’appartenenza tramite i criteri di italianità e argentinità, con un
particolare interesse per il tema della nazionale.
Infine, tratteremo piø da vicino la tematica della pratica sportiva, con riferimento tanto
alla corporeità del rugby quanto alla sua componente nobile, sottolineando le diverse
percezioni del dolore, della disciplina e del piacere, sempre legate alla costruzione
dell’identità, allo stesso tempo individuale e collettiva.
Si parte, dunque. Non resta che aspettare fischio d’inizio e relativo kick-off.
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Capitolo I
SPORT, MODERNITÀ E CULTURA:
IL RUGBY E LA SOCIOLOGIA
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1.1 Lo sport, la modernità e la sociologia
Che cos’è il rugby, che cos’è lo sport, quando nasce l’attività sportiva e in quale
misura è in essa coinvolta la nostra mente? Dopo una breve, quanto spontanea riflessione
risponderemmo con un generico “lo sport nasce con l’epoca della modernità grazie all’innato
desiderio dell’essere umano di socializzare e di riempire l’ozio con la pratica, con il semplice
utilizzo di un pallone, nel nostro caso piø o meno ovale”. Insomma, lo sport è cultura, ne fa
parte e la costituisce per certi versi, concetti questi –modernità, attività sportiva e cultura- alla
base della ricerca sociologica.
Come campo di studio e indagine, la sociologia nasce dall’esigenza di analizzare e
passare in rassegna, anche per donare nuovi significati e valori, fenomeni di unità e
solidarietà nei raggruppamenti sociali che si “complessificano”
1
. Da poter ricercare persino
all’interno della squadra sportiva. Contesto storico in cui questi raggruppamenti si privano
dell’originaria semplicità è la modernità. Nelle società tradizionali pre-moderne, infatti, i
tipici soggetti di raggruppamento erano caratterizzati da un’omogeneità interna ai membri,
unita ad una scarsa differenziazione delle relazioni sociali e ad un’identificazione molto
stretta con il luogo, il territorio d’origine (pensiamo a gruppi come clan, tribø o la stessa
famiglia allargata). Al contrario, nei gruppi sociali moderni, piø complessi, esiste una certa
dose di apertura relazionale tra membri e anche tra questi e non-membri, per cui l’omogeneità
si dilata ad una maggior eterogeneità incerta, frutto non solo di nuovi vincoli affettivi, ma
soprattutto di nuovi, qualcuno potrebbe dire aleatori, elementi di coesione e solidarietà che
non dipendono piø da tradizione, legami di sangue o eredità culturale. ¨ su questi
raggruppamenti moderni e, in particolare, sui meccanismi al loro interno che la sociologia
punta la propria attenzione. E gli sportivi, che dalla modernità sono stati creati e vengono
continuamente ridefiniti, non possono che avvalersi di una disciplina ad hoc.
La sociologia si struttura in una serie di settori ben precisi e assai vari, che, di fondo,
condividono sempre alcuni aspetti. Ecco che, all’interno della sociologia della cultura, tra le
tante sue sotto-branche, si afferma uno spazio per la riflessione sulle pratiche sportive. La
sociologia dello sport è oggi un solido campo di ricerca accademica e di teorizzazione. Il suo
stato attuale ha alle origini l’espansione della sociologia dell’educazione, avvenuta negli anni
Sessanta, a cui seguì l’incipiente internazionalizzazione di una disciplina professionale il cui
oggetto d’indagine risultava già negli anni Settanta globalmente riconosciuto e competitivo
2
.
Non mancano, però, dei precursori in questa direzione, sociologi, come il pioniere Heinz
1
Russo, P., Sport e Società, 2004, Roma, Carocci Editore Le Bussole, p. 33
2
Giulianotti, R., Sport, Identity and Globalisation: Reflections on Recent Contributions to an Expanding
Debate, «International Review for the Sociology of Sport», 1995, 30(3), p. 440
5
Risse, che trattavano già nei primi decenni del Novecento temi come quello della pratica
sportiva e della sportivizzazione della società di massa, cominciando a destare grande
interesse in questo ambito.
A seguire, una breve storia, dagli anni Venti fino alle suggestioni attuali, delle
principali tappe e tematiche della disciplina.
1.2 La sociologia dello sport: storia e approcci
Nel corso del tempo si è consolidata la consapevolezza che il fenomeno sportivo possa
essere riconosciuto come "fatto sociale totale e come straordinario sensore del mutamento
sociale"
3
.
I. Nascita di una disciplina
I primi significativi contributi alla riflessione sportivo-sociale possono essere fatti
risalire agli inizi del Novecento, con la pubblicazione di Soziologie des Sports (1921), primo
esempio di possibile analisi sociologica della questione da parte di Heinz Risse. Lo studioso
tedesco è considerato un pioniere in questo campo, poichØ anticipa temi ed osservazioni
caratterizzanti le ricerche dagli anni Settanta agli anni Novanta. Egli si dedica all’analisi del
progressivo passaggio dalle pratiche all’aria aperta a quelle che si svolgono al coperto,
nell’epoca in cui si sviluppano le gare indoor, in velodromi, piscine e stadi. Risse capta
l’importanza del processo di tecnicizzazione dello sport e intuisce la relazione tra spazio e
movimento nella spettacolarizzazione dell’evento, insieme al fondamentale nesso tra
ambiente e corpo, con quest’ultimo visto come luogo sociale in cui si esprimono prestanza
fisica e sottomissione alle regole. Il tema della corporeità viene, poi, sorprendentemente
osservato come un punto d’incontro tra dinamiche di alienazione e di produzione di identità,
un tema ripreso solo decenni dopo e tuttora attuale. Il modello di Risse, in ogni caso, paga il
momento storico, poichØ, seppur egli noti il potenziale di emancipazione della
sportivizzazione diffusa nella società di massa, rimane tuttavia ancorato ad una
differenziazione di status che lo porta a tipizzare la lotta tra attività agonistiche borghesi
(canottaggio e tennis) vs sport popolari, proletari (calcio e sport di squadra in genere). Altra
pecca consiste nella preponderanza della convinzione dello studioso tedesco che lo sport sia
una pedagogia e filosofia di vita, mezzo di educazione alla disciplina e all’autocontrollo.
Visione giusta, ma che acceca e impedisce una ricerca sociologica di piø ampio spettro.
La sociologia dello sport deve molto a questo pioniere, autore, comunque, di una
prima lettura tendenzialmente sistematica del fenomeno, sottraendolo al monopolio
3
Nicola Porro, 2001
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interpretativo della sociologia britannica e mostrandone le diverse articolazioni nel contesto
europeo continentale.
4
L’evento spartiacque nell’indagine sociologica dello sport sono le Olimpiadi di Roma
del 1960, con cui lo sport stesso riesce ad imporsi, grazie al mito dell’agonismo, sui fenomeni
di contorno che in passato l’avevano relegato a misuratore dei gusti, delle passioni e delle
dinamiche collettive (politiche, economiche o culturali). Da Roma 1960 lo sport acquista lo
status di evento spettacolare a misura televisiva. Ma ci vorranno ancora anni prima di avere
ricerche sociologiche specifiche, perchØ non si osserva lo sport in sØ e per sØ, quanto i
meccanismi che esso evoca nella società. Abbiamo, così, le pubblicazioni Sport and American
Life (Cozen e Stumpf-Fredricksen, 1953), il saggio di G.P. Stone Sport: Play and Display
(1956) e l’inserimento della dimensione drammaturgica nella vita quotidiana (di cui lo sport
fa parte) di Erving Goffman (1959).
II. La Sociologie du Sport di Magnane
“Mi sforzerò di mostrare innanzi tutto che lo sport è un fenomeno sociale che
impregna profondamente la vita quotidiana dell’uomo del XX secolo.”
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Convinto di questo,
nel 1964 in Francia Georges Magnane pubblica Sociologie du Sport, un manuale interamente
dedicato all’argomento, che si ispira, tra gli altri, all’operato di Joffre Dumazedier, autore di
un’originale analisi sui nuovi loisir urbani (1962). E sul concetto di loisir Magnane si
sofferma molto, sostenendo che nella nostra società urbana ed industriale è necessario tenerne
ben presente la portata sociale. Il loisir sportivo si riconduce a quel rapporto tanto discusso,
soprattutto dai marxisti, tra lavoro e tempo libero. Lo sport, secondo Magnane, si trova
esattamente a metà strada: da un lato la pratica sportiva modifica l’uomo profondamente, così
come fa il lavoro nella società moderna; dall’altro, questo stesso lavoro produce in lui il suo
desiderio inevitabile ad essere praticato per potersi sentire appagato e trovare un equilibrio
vitale.
Egli riflette persino sugli elementi psicanalitici dell’attrazione che lo sport esercita
tanto su chi lo pratica, come su chi lo segue. In particolare, l’interesse è rivolto ai giovani,
poichØ è evidente che esso sia una pratica tipica e destinata alla giovinezza (il veterano qui
non ha che trentacinque anni). Altro tema fondamentale, studiando lo sport agonistico, è il
bisogno di affermazione di se stessi tramite la competizione, che rimane la dominante della
cultura occidentale. Così si impone lo scopo pedagogico della pratica sportiva, uno dei due fili
rossi che caratterizzano l’intero pensiero dell’autore francese. Lo sport viene tradizionalmente
visto come strumento di liberazione dalle frustrazioni e dagli impulsi aggressivi, oppure come
4
Porro, N., Lineamenti di Sociologia dello Sport, 2001, Roma, Carocci, p. 33
5
Magnane, G., Sociologia dello Sport, 1976, Brescia, Editrice La Scuola, p. 33
7
mezzo di socializzazione. Oltre alla funzione di processo educativo, vi è quella di
rappresentazione di sØ, data dal valore fondamentale dell’evento sportivo in quanto spettacolo.
Occorre, perciò, secondo Magnane, valutarne la sua stessa popolarità, ricercarne le cause e
caratterizzarne le principali manifestazioni. Dunque, cosa fondamentale e imperativo per le
ricerche future, conviene analizzare temi nuovi, come il prestigio del campione (che
assomiglia piø a un divo dello sport) e la sua relazione con lo spettatore. La sua analisi, seppur
limitata, rimane comunque pregnante, soprattutto nella parte dedicata alla pedagogia scaturita
dallo sport come fatto quotidiano e nella correlazione sempre attuale tra sport, lavoro e tempo
libero.
La scuola di pensiero francese rimane ancorata a queste intuizioni per tutti gli anni
Sessanta e Settanta, con l’unica eccezione di Pierre Bourdieu, che si dedica allo sport quasi
marginalmente, nei discorsi sulla metamorfosi del gusto e sulla cultura della distinzione.
III. Gli anni Settanta e Ottanta
La lettura piø ricca del fenomeno sportivo si realizza, tuttavia, in America, soprattutto
con Robert Boyle, sul tema del separatismo tra "sport dei bianchi" e "sport dei neri", poi
arginato dalle suggestive narrazioni dello "sport cooperativo" e delle nuove specialità
agonistiche di matrice californiana. A queste appartengono gli studi dello statunitense
Cristopher Lasch, apparsi sul finire del decennio (1979). Tant’è che egli viene definito come
“il profeta del narcisismo californiano”, dal momento che il materiale di ricerca per lui sono le
colorate esibizioni di aerobica in palestre superaccessoriate e le acrobazie acquatiche dei
surfisti della West Coast
6
. Il corpo è il protagonista assoluto ed è grazie ad esso che si è
giunti ad un’evoluzione della corporeità con la sua ripercussione nella vita privata, proprio per
mezzo della sempre crescente democratizzazione dello sport che lo rende un bene di
consumo, alla portata di tutti. E con il quale rendersi visibili.
Piø avanti, sulla falsariga di Lasch si muove, per certi aspetti, Richard Gruneau
(1983), che indaga i punti di contatto tra sistemi sportivi contemporanei e dinamiche di
democratizzazione. Il suo lavoro risulta estremamente importante perchØ il canadese cerca,
innanzitutto, di ampliare il campo d’osservazione al passaggio dalle società tradizionali
preindustriali a quelle industriali contemporanee. Secondo Gruneau lo sport è in grado di
riprodurne le ambiguità. Da una parte, in entrambi i sistemi, domina il mito del self-made
man, mentre dall’altra l’individuo sceglie i propri eroi in base a caratteristiche eccezionali
“esterne” quali il talento, la tenacia e la fortuna. Inoltre, è proprio Gruneau a identificare lo
sport come fenomeno di coesione sociale all’interno dello stato, attribuendogli il ruolo di
6
Porro, N., Lineamenti di Sociologia dello Sport, 2001, Roma, Carocci, p. 91
8
unico idioma globale del Novecento. Diversa è la riflessione di Allen Guttmann, il quale,
seguendo le idee di Max Weber, traccia un itinerario nella modernità “dal rituale al record”
(Guttmann, 1978). Egli parte dalle originarie pratiche rituali e liturgiche della fisicità tipiche
dell’olimpismo greco, per giungere allo sport britannico vittoriano (tra XIX e XX secolo), che
instaura l’ideologia secolare del risultato, l’etica della performance caratterizzata dal desiderio
di rendersi immortali tramite il record. Riflessioni, queste, ancora attuali.
¨ proprio nel corso degli anni Ottanta, dunque, che si genera un fermento di ricerche e
riflessioni sullo sport, con la creazione di vere e proprie scuole di pensiero. Un esempio in
questo senso è il contributo fondamentale svolto dai sociologi configurazionali, capeggiati da
Norbert Elias ed Eric Dunning (Quest for Excitement, 1986), i quali, ispirandosi alla
sociologia classica struttural-funzionalista di Durkheim e Parsons, sono autori di un’analisi
molto interessante e preziosa sulle pratiche sportive nell’Inghilterra vittoriana. Per i due
sociologi, lo sport non è stato semplicemente dimenticato dalle scienze sociali, ma
consapevolmente rimosso da una società spaventata dall’ammissione della corporeità, che
inevitabilmente lo sport evoca. Analizzando il fenomeno sportivo storicamente, si arriva ad
una fase cruciale, di civilizzazione, in cui la differenziazione di pratiche sportive con
un’origine comune coincide con la nascita di un nuovo ordine sociale. Questo successe con la
distinzione tra calcio e rugby in Inghilterra, per cui il primo era destinato alle cosiddette classi
pericolose, da dover controllare con rigori e punizioni, mentre il secondo rimaneva utile ad
educare i rampolli delle classi superiori (nelle università o nell’esercito). Non solo, il rugby
come sport di squadra viene osservato come terreno di prim’ordine per studiare la cultura dei
particolarismi, radicandosi a tal punto da diventare segno di appartenenza ad una comunità ed
identità collettiva
7
. Le sfide tra le nazionali gallese, scozzese, inglese ed irlandese risultano,
del resto, vere e proprie cartine tornasole di questo fenomeno. Un panorama piuttosto vasto e
variegato, insomma, per una disciplina, la sociologia dello sport, a tutt’oggi in divenire,
destinata a ricevere continui spunti, sempre nuovi e intriganti, in un mondo in cui allo sport,
volenti o nolenti, oggi come non mai, non è possibile rinunciare.
1.3 Sociologia dello sport e sue tematiche
Dopo aver visto alcune delle maggiori tappe nella definizione e costruzione di una
specifica disciplina sociologica dello sport, siamo in grado ora di delinearne le tematiche e i
motivi ricorrenti. Inizialmente, come abbiamo visto, prese piede il dibattito sul loisir, nel
quale si sono fatte confluire nel senso piø ampio del termine tutte le attività sportive. Come
7
Elias, N., Dunning, E., Quest for Excitement: sport and leisure in the civilizing process, 1986, Oxford, Basil
Blackwell