2
Un problema che spesso si ritrova nell’uso di modelli legati a questo genere di
problematiche è la difficile accettazione delle soluzioni proposte da parte
dell’opinione pubblica per il fatto che solitamente vengono effettuate delle analisi
puramente economiche trascurando gli altri aspetti. Il nostro scopo è quello di
considerare esplicitamente anche quei fattori, quali l’inquinamento, che hanno una
importanza fondamentale in questo settore.
Quello che vogliamo precisare e che non vogliamo proporre la tecnologia di
termocombustione come la migliore tra quelle che concorrono alla costruzione di un
sistema integrato di gestione visto che ognuna ha un determinato ruolo, bensì
intendiamo costruire un modello che permetta, definita la percentuale di rifiuti da
trattare, di trovare la configurazione impiantistica, intesa come numero, dimensione e
posizione degli impianti, migliore rispetto ad alcuni obiettivi economici, sociali e
ambientali.
Passiamo ora ad una breve descrizione della struttura del nostro lavoro di tesi.
Abbiamo suddiviso il nostro lavoro in tre parti di cui la prima, formata dai primi tre
capitoli, è sostanzialmente descrittiva e permette di contestualizzare il problema
grazie ad una serie di definizioni, di dati statistici e al quadro normativo di
riferimento, oltre a una descrizione del territorio in esame.
Con la seconda parte, formata dai capitoli 5, 6, 7, 8, ci si inoltra nel cuore
dell’argomento. Questa parte è senz’altro la più tecnica e la sua funzione è quella di
illustrare, passo per passo, il modo di procedere del modello creato e il ruolo degli
indici all’interno del modello stesso.
La terza e ultima parte è riservata alla descrizione di alcuni scenari, alla analisi di
sensitività dei parametri e alle conclusioni.
1 - I rifiuti
3
1
I RIFIUTI
La quantità di rifiuti che produciamo ogni giorno è un primo dato in grado di
evidenziare quanto allarmante sia il problema legato allo smaltimento dei rifiuti e
quanto sia necessario un cambiamento, contemplato anche dalla recente normativa
nazionale e comunitaria in campo ambientale, del sistema di gestione dei rifiuti. In
questo capitolo, dopo un breve accenno al ruolo assunto dal rifiuto nel corso degli
anni, verrà appunto illustrata la legislazione vigente, con particolare attenzione al
D.lgs. 22 del 5 febbraio 1997, per poi passare alla situazione specifica italiana ed
europea circa la quantità di rifiuti prodotti e le tecnologie utilizzate per la gestione
del rifiuto.
1.1 Il problema dei rifiuti
I rifiuti costituiscono al giorno d’oggi un vero e proprio problema soprattutto se si
pensa al binomio crescita economica, demografica, tecnologica futura e sistema di
gestione dei rifiuti corrente; ci si rende conto che è impensabile superare
1 - I rifiuti
4
“l’emergenza rifiuti” senza esigere un cambiamento dell’attuale modello di
produzione, consumo e smaltimento e che il problema non consiste unicamente nel
fermare la crescita dei quantitativi di rifiuti prodotti ma nel modificare l’intero
sistema di gestione degli stessi.
E’ inoltre necessario comprendere che la problematicità della questione oltre ad
essere di carattere tecnico, economico, normativo è anche di carattere culturale in
quanto per poter supportare e sviluppare un nuovo, innovativo, ambientalmente
compatibile modello di gestione dei rifiuti è fondamentale la diffusione di una
coscienza ambientale cioè della consapevolezza che questo è un problema che tocca
tutti noi e che sono indispensabili interventi che guardino al lungo periodo. A questo
riguardo l’istituzione della tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in
sostituzione della tassa, dovrebbe creare una maggiore sensibilità intorno al problema
in questione.
Detto questo ci sembra interessante fare una breve escursione storica intorno alla
questione dei rifiuti per comprendere come questo problema abbia da sempre fatto
parte della vita dell’uomo e come, nel corso degli anni, la situazione sia precipitata
sempre più tanto che ad un certo punto si è cominciato a parlare in termini di
emergenza.
Le prime comunità rurali producevano, come è facile intuire, pochi rifiuti, con
caratteristiche merceologiche molto diverse da quelle dei giorni nostri, che venivano
utilizzati per la concimazione del terreno. Con la nascita della città industriale
comincia a farsi strada l’aspetto igienico-sanitario del rifiuto e di conseguenza è forte
la necessità di allontanare i rifiuti stessi dalla realtà cittadina.
A partire dagli anni ’60, quando la quantità di rifiuti inizia a crescere, si comincia ad
avvertire il problema del reperimento di siti idonei per lo smaltimento della massa di
scarti inutili, mentre negli anni ’70, quando la questione ambientale esplode un po’ in
tutto il mondo, ci si rende conto che le pratiche tradizionali di smaltimento si
rivelano portatrici di forti impatti. La quantità di rifiuti è aumentata ma con essa è
aumentato anche il rifiuto della popolazione ad ospitare impianti di smaltimento.
L’attività di smaltimento ricade sotto l’autorità pubblica: il Comune raccoglie e la
1 - I rifiuti
5
Regione si occupa dei siti dove smaltire ragionando però in un’ottica di breve
periodo e utilizzando così strumenti di emergenza.
E’ facile quindi rendersi conto che quello dei rifiuti è un vero e proprio problema che
negli anni è cresciuto insieme al tenore di vita del singolo cittadino: la nascita dei
prodotti confezionati e dei supermercati ha comportato lo sviluppo e l’aumento degli
imballaggi che oggi costituiscono più del 50% del volume totale degli R.S.U. e per i
quali il D.L. 5 febbraio 1997 n°22 (Decreto Ronchi) fornisce precise e specifiche
indicazioni sulla modalità di gestione; l’innovazione tecnologica poi ha comportato
lo sviluppo di nuovi materiali come ad esempio la plastica che hanno contribuito a
modificare la composizione percentuale dei rifiuti negli anni e hanno portato alla
produzione di nuove sostanze inquinanti; i fenomeni di urbanizzazione e la crescita
demografica hanno poi accresciuto i problemi legati alla raccolta , al trasporto e alla
gestione dei rifiuti.
Per i motivi citati sopra è oggi impensabile pensare ad una unica modalità di
smaltimento; inoltre le risorse che abbiamo utilizzato fino ad oggi non sono
inesauribili e ciò deve indurre a rivalutare il ruolo del rifiuto che può permettere un
risparmio di ulteriori materie prime. Ci si accorge senza dubbio che occorre una
integrazione delle varie forme di gestione cioè un insieme di tecnologie (riutilizzo,
riciclaggio, recupero energetico, discarica) e una buona pianificazione per dare
certezza agli investimenti in queste attività.
Oggi si tenta di promuovere, ed anche a livello legislativo è forte l’impegno (D.lgs. 5
febbraio 1997 n.22) in questo senso, il recupero e il riutilizzo dei materiali, si
contemplano sistemi di raccolta differenziata ed un uso meno imponente della
discarica: si ragiona in termini di sviluppo sostenibile.
1.2 La normativa di riferimento
I primi atti comunitari in materia di rifiuti risalgono agli anni settanta. Tali norme,
anche se rappresentano un primo passo in questo campo, trattano ancora la questione
dei rifiuti soprattutto in termini di smaltimento. La ragione di ciò sta nel fatto che il
1 - I rifiuti
6
concetto di rifiuto era ancora molto limitato in quanto a questo termine veniva
generalmente associata la nozione di inutilità basti infatti pensare alla definizione che
se ne dava: una quantità di cose che vengono, in vario modo, gettate via perché non
servono più al loro scopo originario. E’ solo successivamente che ci si rende conto
delle potenzialità insite nel rifiuto e si cerca di valorizzarle. La più recente normativa
è proprio indirizzata in tale direzione e più specificatamente essa evidenzia il fatto
che:
ξ Gli scarti inutilizzabili da una fabbrica possono costituire materia prima per un
nuovo e diverso ciclo produttivo
ξ Un oggetto di cui ci si vuole disfare oggi potrebbe assumere valore economico
nel futuro
E’ proprio a partire da queste considerazioni che il concetto di puro e semplice
smaltimento viene sostituito da quello di sistema di gestione del rifiuto; ci si rende
conto che è molto più interessante (economicamente, socialmente, ambientalmente)
gestire il rifiuto partendo da monte, utilizzando ad esempio un’attenta e studiata
raccolta differenziata, un sistema per il recupero dell’energia elettrica e termica, un
riutilizzo del materiale, piuttosto che accumulare rifiuti su rifiuti.
L’evoluzione della normativa italiana nel settore dei rifiuti risulta notevole; benché
essa nasca da recepimenti di direttive comunitarie in materia, evidenzia comunque la
necessità di un cambiamento radicale in materia di RSU, in essa è infatti insita la
necessità di una politica di lungo periodo al posto di strumenti di emergenza e di
interventi a monte che sostituiscano la mentalità basata su interventi di tipo “end of
pipe” ovvero quelle modifiche alla fine del processo.
1.2.1 I rifiuti nella politica e nella legislazione comunitaria
Molte direttive CEE riguardanti i rifiuti, anche se modificate nel corso degli anni,
sono ancora oggi alla base della normativa che regola la gestione attuale dei rifiuti in
Italia.
1 - I rifiuti
7
Tra le direttive che hanno contribuito a dare una svolta al sistema di gestione dei
rifiuti del nostro paese troviamo:
ξ Direttiva quadro 75/422/CEE, relativa ai rifiuti modificata dalla 91/156/CEE;
ξ Direttiva 99/31/CEE relativa alle discariche di rifiuti;
ξ Direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi;
ξ Direttiva 94/62/CEE relativa agli imballaggi e ai rifiuti da imballaggio;
Analizzando più specificatamente queste direttive sarà facile notare come, a livello
comunitario (e ciò avrà ripercussioni importantissime all’interno del sistema
legislativo di ciascun paese facente parte della comunità europea), si punti su un
nuovo modello di gestione del rifiuto.
Direttiva 75/422/CEE
La direttiva risale al 1975 e, come è già stato accennato, viene modificata nel 1991
dalla 91/156/CEE che viene recepita da uno dei più importanti decreti legislativi
italiani in materia di rifiuti(D.lgs. 5 febbraio 1997 n.22).
La direttiva in questione riveste un ruolo di primaria importanza perché impone, in
maniera insindacabile, una gerarchia tra gli obiettivi che devono essere perseguiti dai
Paesi membri al fine di attuare quel nuovo modello di gestione dei rifiuti di cui si
parlava nel paragrafo precedente.
Essa stabilisce che gli Stati membri prendano le misure appropriate per promuovere:
prima di tutto la prevenzione e la riduzione della produzione dei rifiuti e della loro
nocività attraverso:
1. lo sviluppo di tecnologie pulite che permettano un maggiore risparmio di
risorse naturali;
1.a la messa a punto tecnica e l’immissione sul mercato di prodotti concepiti
in modo da non contribuire o contribuire il meno possibile per la loro
fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la
quantità, la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
1 - I rifiuti
8
1.b lo sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze
pericolose contenute in quei rifiuti destinati ad essere recuperati;
2. in secondo luogo il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo
o ogni altra azione intesa ad ottenere materie prime secondarie;
3. l’uso di rifiuti come fonte di energia.
Tale direttiva comunitaria afferma la priorità della riduzione nella produzione dei
rifiuti seguita dal recupero e infine da una sicura eliminazione finale limitata al
rifiuto per il quale non esiste possibilità di recupero.
Tutto questo in un’ottica protesa alla protezione dell’ambiente e al miglioramento
della qualità della vita: gli stati membri devono infatti prendere le misure necessarie
per assicurare che i rifiuti siano recuperati e smaltiti senza pericolo per la salute
dell’uomo e senza usare metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente tra i
quali lo scarico, l’abbandono e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti. In questo
modo, la direttiva definisce l’importanza delle varie fasi di gestione e l’iter da
perseguire per ottenere un efficiente modello di gestione dei rifiuti che possa
raggiungere gli obiettivi che la direttiva intende perseguire.
La direttiva 91/156/CEE che interviene a modificare la presente, stabilisce, a sua
volta alcuni principi relativi alla gestione dei rifiuti:
ξ principio di prossimità in base al quale i rifiuti devono essere smaltiti il più
possibile vicino ai luoghi dove sono stati generati
ξ principio di autosufficienza in base al quale ogni territorio omogeneo deve
disporre di una capacità di smaltimento adeguata
ξ principio inquinatore-pagante con il quale il costo dello smaltimento deve
essere sostenuto da colui che genera i rifiuti ossia deve essere incorporato nei
prezzi di vendita dei prodotti o sopportato direttamente dalle comunità interessate
ξ principio della scala (4R) secondo il quale occorre seguire un preciso ordine di
priorità che vede al primo posto la riduzione dei volumi di rifiuto e della loro
pericolosità; al secondo posto il riuso, il riciclo diretto nei cicli produttivi, il
1 - I rifiuti
9
recupero di sottoprodotti ( energia, materiali secondari), la riduzione dell’impatto
inquinante delle tecnologie di smaltimento finale.
L’ultimo principio enunciato riassume la gerarchia negli obiettivi da perseguire
propria della direttiva 75/442/CEE di cui si è parlato in precedenza.
Direttiva 99/31/CEE
L’utilizzo della discarica viene regolato dalla Direttiva CEE del 26 Aprile 1999 il
quale fornisce la definizione del termine in questione come “area di smaltimento dei
rifiuti adibita al deposito degli stessi sulla o nella terra…” e propone una
classificazione delle discariche in tre categorie sulla base dei rifiuti da recepire:
discarica per rifiuti pericolosi, per rifiuti non pericolosi, per rifiuti inerti.
Il decreto in questione evidenzia la necessità di prescrivere, a livello comunitario,
norme tecniche per l’interramento dei rifiuti adottando misure adeguate per evitare
l’abbandono, lo scarico, lo smaltimento incontrollato dei rifiuti e considerando che
bisogna dare importanza sia alla fase operativa che a quella post-operativa di una
discarica e a questo proposito considera necessario il definire quando e come una
discarica debba essere chiusa.
Inoltre l’ottica in cui si inserisce il decreto è quella di incoraggiare la prevenzione, il
riciclaggio e la valorizzazione dei rifiuti nonché l’impiego dei materiali e della
energia recuperati al fine di risparmiare le risorse naturali e di economizzare l’uso del
terreno e a questo proposito ritiene opportuno l’attribuzione di maggiore importanza
alla questione dell’incenerimento e del compostaggio.
Direttiva 91/689/CEE
La direttiva contiene un elenco delle categorie di rifiuti pericolosi in base alla loro
natura o all’attività che li ha prodotti e un elenco delle caratteristiche di pericolo per i
rifiuti (componenti).
Viene poi evidenziato come sia necessario e doveroso separare la questione dei rifiuti
pericolosi da quella delle altre tipologie di rifiuti proprio per sottolinearne la
1 - I rifiuti
10
particolarità e pericolosità; i rifiuti pericolosi devono infatti essere catalogati ed
etichettati, non mescolati a rifiuti non pericolosi e a tipologie diverse di rifiuti
pericolosi.
Il nostro lavoro non prenderà tuttavia in considerazione i rifiuti pericolosi, tutti i
quantitativi e i costi cui si farà riferimento saranno relativi ai soli rifiuti solidi e
urbani (RSU).
Direttiva 94/62/CEE
La direttiva riguarda gli imballaggi e i rifiuti da imballaggio. Per imballaggio si
intende il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a proteggere
determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro
manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, e
ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso
scopo.
Gli imballaggi sono una componente dei rifiuti molto importanti basti pensare al
fatto che hanno contribuito in maniera molto sostanziosa ad incrementare i
quantitativi di rifiuti negli ultimi anni. Nel 1975 essi rappresentavano meno del 20%
dei rifiuti mentre nel 1995 si è arrivati al 44% del totale in peso e ad oltre il 50% del
volume dei RSU (Morselli e Valentini, 1998).
Si capisce che la questione degli imballaggi è una questione molto delicata perché la
causa del continuo aumento del volume dei rifiuti è in gran parte attribuibile proprio
agli imballaggi. La direttiva tenta di risolvere il problema dal punto di vista giuridico
anche se ci si rende conto che sarebbero necessari provvedimenti di tipo sociale che
puntano all’educazione della collettività.
La direttiva punta a limitare la produzione dei rifiuti da imballaggio attraverso il
reimpiego, il riciclo e il recupero considerando che la riduzione del volume dei rifiuti
è necessaria per una crescita sostenibile. Essa stabilisce infatti che entro 5 anni dal
recepimento:
ξ “dovrà essere recuperato almeno il 50% e fino al 65% in peso dei rifiuti di
imballaggio”
1 - I rifiuti
11
ξ “dovrà essere riciclato almeno il 25% e fino al 45% in peso di tutti i materiali di
imballaggio che rientrano nei rifiuti di imballaggio con un minimo del 15% in
peso per ciascun materiale di imballaggio”.
Tali obiettivi vengono fissati cercando di armonizzare le misure, in materia di
imballaggio, per prevenire e ridurre l’impatto sull’ambiente garantendo comunque il
funzionamento del mercato interno.
Gli obiettivi sopra citati tentano di evitare che tale categoria di materiali venga
smaltita nel cosiddetto “sistema a perdere” attuando la promozione e l’incentivazione
della prevenzione a monte e l’incentivazione al recupero della materia prima
mediante un corretto sviluppo della raccolta differenziata. A quest’ultima azione
deve necessariamente corrispondere lo sviluppo di un mercato per il riutilizzo dei
materiali ottenuti dagli imballaggi recuperati e/o riciclati.
Da un punto di vista economico tali obiettivi potranno essere raggiunti garantendo
che l’imputazione dei costi di raccolta, di valorizzazione ed eliminazione dei rifiuti in
esame sia posta a carico dei produttori e degli utilizzatori.
1.2.2 La legislazione nazionale
In Italia dopo un periodo di forte carenza legislativa in materia di rifiuti, l’apertura
del dibattito sui problemi ambientali e in particolare sugli arretrati e pericolosi
metodi di smaltimento dei rifiuti ha messo in risalto l’urgente necessità di una
regolamentazione che mettesse ordine nelle pratiche di trattamento dei rifiuti. Ci
troviamo così di fronte ad una normativa che tenta di dare una svolta decisiva sulla
base di obiettivi e di criteri nuovi.
ξ DM 503 del 19 novembre 1997;
ξ DPR 915 del 10 settembre 1982;
ξ D.L. 22 del 5 febbraio 1997.
1 - I rifiuti
12
DM 503 del 19 novembre 1997
Il D.M. del 19 novembre 1997 n°500 si occupa della prevenzione dell’inquinamento
atmosferico provocato da impianti di incenerimento di rifiuti urbani così definiti: “
qualunque apparato tecnico utilizzato per l’incenerimento dei rifiuti mediante
ossidazione compreso il pretrattamento tramite pirolisi o altri processi di trattamento
termico…”.
Il decreto stabilisce i valori limite di emissione per i nuovi impianti (allegato 1) e per
impianti preesistenti (allegato 2) e i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le
caratteristiche costruttive e funzionali. Riguardo a questo ultimo aspetto il decreto
stabilisce alcune disposizioni circa:
ξ la camera di combustione; i gas prodotti dall’incenerimento dei rifiuti devono
essere portati, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, in modo
controllato ed omogeneo ed anche nelle condizioni più sfavorevoli previste, ad
una temperatura di almeno 850°C per almeno 2 secondi in presenza di un tenore
volumetrico superiore al 6% di ossigeno libero nei fumi umidi;
ξ l’altezza del camino che deve essere tale da favorire una buona dispersione degli
inquinanti per salvaguardare la salute umana e l’ambiente;
ξ i criteri di costruzione; l’impianto deve essere costruito in modo che i periodi di
fermata per la manutenzione o il fuori servizio non superino un tempo pari al
20% del tempo annuale effettivo di esercizio e in modo che il contenuto di
incombustibili nelle scorie non superi il 3% in peso.
DPR 915/82
Il DPR 915 del 10 settembre 1982 ha aperto la strada alla recente normativa in
materia di rifiuti, creando il primo passo verso una normativa organica, completa,
nuova, in termini di smaltimento.
Il decreto evidenzia come lo smaltimento, comprensivo delle attività di
conferimento, raccolta, trasporto, deposito, riutilizzo, recupero, riciclo, debba
garantire:
1 - I rifiuti
13
ξ l’evitare ogni danno e pericolo per la salute, l’incolumità, la sicurezza della
collettività
ξ l’evitare ogni rischio di inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo e del
sottosuolo nonché ogni inconveniente derivante da rumori ed odori;
ξ la salvaguardia della flora e della fauna ed evitare il degrado dell’ambiente e del
paesaggio;
ξ il rispetto delle esigenze di pianificazione economica e territoriale;
ξ il promuovere sistemi tendenti a riciclare, riutilizzare i rifiuti o a recuperare da
essi energia con l’osservanza di criteri di economicità ed efficienza. A questo fine
si predispongono (a valle) centri di raccolta, di selezione, di trasformazione
come: impianti di compostaggio, fermentazione, incenerimento, RDF, pirolisi,
gassificazione;
ξ favorire sistemi tendenti a limitare la produzione di rifiuti. A questo fine vengono
praticati interventi (a monte) sulla raccolta, raccolta differenziata, mercato delle
materie seconde.
Gli obiettivi del decreto sono obiettivi importanti in materia di rifiuti perché, chiari e
semplici, definiscono per la prima volta le procedure di smaltimento con particolare
attenzione agli effetti sull’uomo, sulla flora, sulla fauna, sul paesaggio, sulla
necessità di promuovere nuovi sistemi atti a riciclare, recuperare materiale ed energia
in un ottica di risparmio di materie prime e di maggiore attenzione agli effetti delle
procedure.
Inoltre il decreto fornisce tutte le definizioni di base relative al problema a
cominciare dal concetto stesso di rifiuto: “qualsiasi sostanza od oggetto derivante da
attività umane o da cicli naturali, abbandonato o destinato all’abbandono”. In tal
caso, a partire da questa definizione, appare chiaro come il rifiuto veda cambiare il
proprio ruolo: nessun prodotto è, per legge, rifiuto ma tutto può diventarlo. Ciò
significa che il problema comincia a spostarsi dallo smaltimento dei rifiuti alla
produzione dei beni di consumo e alla gestione delle materie seconde.
1 - I rifiuti
14
D.L. 5 febbraio 1997 n°22
Il decreto legislativo 22/97, detto anche decreto Ronchi, è basato su tre direttive
cardine: 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli
imballaggi e sui rifiuti da imballaggio.
Esso, a differenza del DPR 915/82, non tratta più, come è già evidente dai primi
articoli, la questione in termini di smaltimento bensì di gestione; infatti oltre a
sottolineare l’importanza della prevenzione e della riduzione del carico e della
nocività dei rifiuti attraverso la messa a punto di tecniche e la realizzazione di
prodotti che contribuiscano il meno possibile ad incrementare la quantità, il volume e
la pericolosità dei rifiuti ed i rischi di inquinamento, fa riferimento allo sviluppo di
tecnologie pulite che consentano, se possibile, il risparmio di risorse naturali, spinge
alla promozione di strumenti economici (eco-bilanci, ecoaudit, analisi del ciclo di
vita del prodotto) ed alla determinazione di condizioni di appalto che valorizzino le
capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione dei
rifiuti.
Per quel che riguarda lo smaltimento, esso viene definito (art.5) come la fase
residuale della gestione dei rifiuti da effettuare in condizioni di sicurezza utilizzando
le migliori tecnologie a disposizione che non comportino costi eccessivi al fine di:
ξ Realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in
ambiti territoriali ottimali;
ξ Permettere lo smaltimento in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di
ridurre i movimenti;
ξ Utilizzare le tecnologie più idonee per garantire un alto grado di protezione della
salute pubblica e dell’ambiente.
Si parlerà molto, nei successivi capitoli, a proposito del primo punto in quanto il
primo obiettivo concreto del nostro lavoro è appunto la determinazione di ambiti
territoriali ottimali per lo smaltimento degli RSU all’interno della regione
Lombardia, anche se noi preferiamo usare il termine comprensori. A livello
legislativo tali ambiti si identificano con le province anche se è permessa la
1 - I rifiuti
15
realizzazione di ambiti interprovinciali se le province lo ritengono opportuno. Per
quel che riguarda il nostro lavoro, gli ambiti ottimali che verranno calcolati, non
saranno, in linea di massima, formati da una singola provincia; questo anche forti del
fatto che in Italia, per la tipologia di impianto da noi supposta, il fatto di
programmare gli interventi a livello provinciale comporta necessariamente la
realizzazione di impianti di media-piccola taglia e ciò non sempre è positivo.
Per ritornare al decreto in questione molto importanti e innovative in materia di
smaltimento e di trattamento dei rifiuti sono le disposizioni riguardanti il nuovo ruolo
della discarica e la realizzazione di nuovi impianti di termocombustione:
ξ “Dal 1° gennaio 2000 è consentito smaltire in discarica solo i rifiuti inerti, i rifiuti
individuati da specifiche norme tecniche ed i rifiuti che residuano dalle
operazioni di riciclaggio, di recupero e di smaltimento di cui ai punti D2, D8, D9,
D10, D11 di cui all’allegato B”. Tuttavia il termine del 1/1/2000 stabilito nel
presente decreto è stato prorogato, non oltre il termine del 16 luglio 2001
attraverso il DL del 30/12/1999 n°500 a causa dell’insufficienza di impianti di
recupero e smaltimento alternativi alla discarica;
ξ “Dal 1° gennaio 1999 la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di
incenerimento possono essere autorizzate solo se il relativo processo di
combustione è accompagnato da recupero energetico con una quota minima di
trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, calcolata su base
annuale, stabilita con apposite norme tecniche;
ξ “Dal 1° gennaio 1999 è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni
diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi gli accordi regionali o
internazionali esistenti.
Il decreto interviene anche in materia di raccolta differenziata riportando i livelli che
dovranno essere raggiunti negli anni successivi alla data di entrata in vigore del
decreto stesso da ciascun ambito territoriale ottimale che viene identificato con i
confini provinciali:
ξ 15% entro due anni dalla data di entrata in vigore del (…) decreto (1999);
1 - I rifiuti
16
ξ 25% entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del (…) decreto (2001);
ξ 35% a partire dal sesto anno successivo alla data di entrata in vigore del (…)
decreto (2003).
Le percentuali cui fa riferimento la normativa costituiscono una serie di obiettivi
importanti perché evidenziano la volontà di cambiare il sistema di gestione dei rifiuti
puntando e affidando molto a questa tecnologia. Tuttavia ad oggi nella gran parte di
Italia queste percentuali non sono ancora state raggiunte non solo per la scarsa
presenza sul territorio di infrastrutture che permettano la differenziazione del rifiuto
ma anche perché non si è ancora sviluppata una cultura su questo argomento.
Il D.lgs. in questione stabilisce poi la soppressione della tassa per lo smaltimento dei
rifiuti a favore della tariffa. Il termine è definito nella data del 1° gennaio 1997,
modificato poi dalla Circolare del 17-2-2000 n.25/E come segue:
ξ il termine del 1/1/2003 per i comuni che abbiano raggiunto nel 1999 un grado di
copertura dei costi superiore al’85%;
ξ il termine del 1/1/2005 per i comuni che abbiano raggiunto nel 1999 un grado di
copertura dei costi tra il 55 e il 85%;
ξ il termine del 1/1/2008 per i comuni che abbiano raggiunto nel 1999 un grado di
copertura dei costi inferiore al 55% nonché per i comuni che abbiano un numero
di abitanti fino a 5000 a prescindere, in quest’ultimo caso, dalla copertura
raggiunta nel 1999.
L’istituzione della tariffa ha lo scopo di creare una cultura intorno alla problematica
dei rifiuti e di sensibilizzare la popolazione, che a proprie spese, sperimenterà la
necessità di recuperare, riciclare, riutilizzare un bene nell’ottica di risparmio della
risorse naturali.
Il decreto propone infine una classificazione dei rifiuti secondo l’origine, in rifiuti
urbani e speciali, e secondo le caratteristiche di pericolosità in rifiuti pericolosi e non
pericolosi.