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CAPITOLO 1
La nautica da diporto
1.1 Il piacere di vivere il mare
La nautica da diporto ha da sempre appassionato l‟uomo che soltanto grazie
all‟andare per mare su di una qualsiasi imbarcazione è in grado di godere il piacere
del mare a 360 gradi. Nell‟ultimo decennio, con la diffusione della società del
benessere e con una nautica molto più industrializzata e flessibile alle esigenze di una
più larga parte della società, il possedere una barca non è solo per una ristrettissima
cerchia di persone ma per quanti non sanno rinunciare alla passione per il mare.
L‟Italia, grazie alla sua tradizione marinaresca, ha sempre svolto un ruolo di
leadership nella cantieristica nautica mondiale. Nel tempo importanti marchi italiani
sono riusciti ad imporsi nel mercato internazionale del diporto.
In questo elaborato si andrà a studiare proprio una moderna imbarcazione da diporto.
Per imbarcazione da diporto si intende qualsiasi costruzione destinate alla
navigazione da diporto, cioè quella effettuata in acque interne e/o marittime a scopo
sportivo e ricreativo senza finalità di lucro, che abbia una lunghezza dello scafo fino a
24 metri.
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1.2 L’andamento del mercato
La nautica è per tradizione uno dei fiori all'occhiello del “made in Italy”. Settore
considerato fino a pochi anni fa affare per pochi privilegiati, ormai si è aperto a spazi
di consumo e di clientela sempre più ampi.
Il settore nautico italiano e mondiale non poteva però non risentire della crisi degli
ultimi 2-3 anni dopo una cavalcata record durata circa un decennio (basti pensare che
in Italia, nel 2007, il mercato del lusso galleggiante era cresciuto del 23% rispetto
all'anno prima e a livello planetario esso rappresentava oltre la metà della
produzione). Malgrado ciò, le prospettive di medio e lungo termine sono tutt'altro che
sconfortanti.
E' ovvio che dopo un 2008-2009-2010 di forte calo delle vendite e quindi della
produzione in cui l‟unico aspetto incoraggiante è stato quello dell‟export (la cui quota
ha superato quella relativa alla produzione per la domanda interna), oggi si inizia ad
assistere ad una lenta ripresa (più evidente per i megayacht che non per la nautica
“minore”) e non mancano i mezzi per “tenere la rotta” che porterà il comparto fuori
dalla bufera con poche ammaccature.
Per quanto concerne l‟anno 2008, la stima del fatturato complessivo cui si è giunti per
l‟intero settore della cantieristica risulta pari a € 3.821.970.000. La produzione
nazionale è formata da € 1.508.250.000 (45%) derivanti dal mercato nazionale e da €
1.855.740.000 da esportazione (55%), di cui il 52% verso Paesi UE e il 48% verso
Paesi extra UE
Il fatturato della cantieristica italiana nel corso del 2009 è stato pari a € 2.753.800.000
(subendo una contrazione rispetto al 2008 del 30,5%), di cui € 2.531.090.000
derivanti da produzione nazionale (92%) e € 222.710.000 ascrivibili alle vendite di
importazioni (8%). La produzione nazionale è stata venduta per il 42% (€
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1.055.070.000) sul mercato italiano e per il restante 58% (€ 1.476.020.000) è stata
destinata ai mercati esteri, con una prevalenza verso i paesi extraeuropei (59%).
Si riportano due grafici che riassumono l‟andamento del mercato dal 2005 al 2009:
Figura 1:Andamento della produzione industriale, del fatturato e degli ordinativi
Figura 2:Andamento degli ordinativi nazionali ed esteri
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Come si nota dal seguente grafico la produzione più significativa è quella che
riguarda le unità entrobordo, entrofuoribordo e a idrogetto come quella che si studierà
nell‟elaborato.
Figura 3:Distribuzione della produzione nautica
La ripresa del settore nautico oggi sembra però crescere come spiega una ricerca
condotta da “Confcommercio” che prevede un tasso di crescita medio del 5% per il
triennio 2010-2012. Infatti nel primo semestre 2010 si è registrato un aumento degli
ordini complessivi del +245,7% su base annua, trainati dalla notevole crescita degli
ordinativi esteri (+610,4%)
Figura 4:Andamento della nautica 2009 -2010
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Figura 5:Ordinativi 2009 -2010
La ripresa dipenderà tuttavia anche dalla capacità dell‟industria nautica italiana di
cogliere le tendenze dei nuovi mercati emergenti (BRIC: Brasile, Russia, India e
Cina), di indirizzare in maniera opportuna i flussi di ricchezza domestica, di
migliorare gli aspetti di criticità che ancora permangono a livello infrastrutturale e
competitivo e di incentivare lo strumento del leasing nautico per l‟acquisto di
imbarcazioni.
Analizzando invece i distretti produttivi della nautica italiana, alla luce di una
domanda interna stagnante, sono previsti anche per il 2010 in flessione sia sulla
produzione (Fano e Viareggio -2,3%, La Spezia -1,9%, Venezia -1,3%) sia
sull‟export (Fano -3,4%, Viareggio -3,1%, La Spezia -3%, Venezia -2,5%).
Torneranno a crescere solo nel 2011 Viareggio (produzione +4,3%, export +4,4%),
Fano (+3,6% e +4,3% rispettivamente) e La Spezia (+1,3% e +1,7%), mentre
Venezia sarà ancora in calo (-0,4% e -1,6%).
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1.3 I materiali di costruzione
Il primo materiale ad essere usato nelle costruzioni navali fu il legno: le imbarcazioni
costruite con tale materiale prevedevano l‟utilizzo di più tipi di legname a seconda
della zona della nave che si doveva realizzare. I collegamenti tra le parti erano fatti
tramite chiodatura che portava ad un incremento del peso scafo dovuto all‟apporto di
materiale.
La nascita e lo sviluppo di nuove tecnologie, come ad esempio le saldature, portarono
agli inizi del „900 alla ribalta l‟acciaio nel campo navale. Questo, utilizzato come
materiale da costruzione, portò ad una diminuzione del peso scafo data la possibilità
di effettuare collegamenti che non apportassero ulteriore materiale e portò ad un
miglioramento delle caratteristiche meccaniche dello scafo.
In parallelo alle costruzioni in acciaio, nel tentativo di conseguire ancora una
maggiore riduzione del peso scafo, unito alle esigenze dapprima militari e
successivamente alle esigenze sempre maggiori di una nautica da diporto in continua
espansione, ha portato alla nascita e alla diffusione dei materiali compositi.
1.3.1 I materiali compositi
Si dice composito un materiale composto da due o più fasi componenti che restano
divise tra loro da superfici identificabili. Normalmente una fase, detta matrice
(resina), è continua e dà la forma al manufatto; in essa è immersa l‟altra fase, detta
rinforzo, che è discontinua e contribuisce in misura prevalente a conferire le volute
caratteristiche meccaniche al materiale.
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I materiali di maggiore interesse nel campo navale, adoperati a partire dagli anni ‟60,
sono i compositi fibrosi a matrice polimerica termoindurente, rinforzati con fibre di
vetro, aramidiche o di carbonio, detti comunemente plastici rinforzati. Questi
materiali vengono detti plastici perché facilmente adattabili alle più diverse forme
geometriche.
Sono materiali anisotropi, a bassa conducibilità elettrica, amagnetici, con peso
specifico compreso tra 1,2 e 1,9 g/cm
3
. Essi sono diffusamente adoperati oggi nella
nautica da diporto in quanto più economici del legno ed inoltre i costi di costruzione,
i costi annuali per la manutenzione e il rimessaggio risultano inferiori rispetto sia al
legno che all‟acciaio.
Per dare un immediato confronto tra le caratteristiche dei materiali più usati nella
nautica da diporto si riporta la seguente tabella.
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Proprietà materiali
(densità)
t (carico di
rottura a
trazione)
E (modulo di
elasticità
longit)
t /
E /
Kg/dm
3
N/mm
2
N/mm
2
mm mm
Legno (quercia)
0,78 64 10300 0,84*10
7
1,3*10
9
Lega leggera (5083 H111)
2,77 320 74000 1,18*10
7
2,7*10
9
Acciaio (Fe 42)
7,85 500 210000 6,5*10
6
2,7*10
9
Poliestere – vetro*
1,9 180 25000 9,66*10
6
1,3*10
9
Epossidica – kevlar* 1,45
800 48000 5,62*10
7
3,4*10
9
Epossidica – carbonio* 1,8 900 80000 5,1*10
7
4,5*10
9
* I valori relativi ai materiali compositi si riferiscono a strati singoli con rinforzi unidirezionali
1.3.2 Le resine
Ha la funzione di vero e proprio “collante”, è il materiale che determina, con la
polimerizzazione, la forma permanente del manufatto. Si dicono resine
termoindurenti in quanto vengono manipolate allo stato liquido e che poi induriscono
con una reazione esoterica cioè con produzione di calore, non reversibile.
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L‟indurimento è favorito dall‟aggiunta nella resina stessa di un prodotto chimico
detto catalizzatore.
Solitamente le resine termoindurenti si dividono in quattro famiglie: resine poliesteri,
resine vinilesteri, resine epossidiche e resine fenoliche.
Le resine poliesteri insature sono le matrici maggiormente utilizzate dai cantieri
navali, pur non essendo le migliori dal punto di vista qualitativo. Le ragioni di questa
diffusione derivano dal basso costo e dalla facilità di manipolazione a temperature
prossime a quelle ambientali. Esse però presentano caratteristiche meccaniche
inferiori, hanno un‟alta predisposizione all‟assorbimento dell‟acqua oltre a contenere
un componente estremamente volatile (lo stirene) che ne rende dannoso l‟uso per
l‟uomo.
Volendo quindi progettare un‟imbarcazione ad elevate prestazioni e con un ottimale
comportamento in ambiente marino, queste resine non vanno certamente scelte.
Le resine vinilesteri sono chimicamente simili alle epossidiche, mostrandosi migliori
delle resine poliesteri nei riguardi dell‟assorbimento d‟acqua e leggermente superiori
meccanicamente.
Le resine epossidiche hanno caratteristiche decisamente superiori alle precedenti e
sono le uniche che andrebbero considerate nel caso in cui si richiedano elevate
prestazioni.
Infine le resine fenoliche trovano notevole interesse nel settore navale specie per
l‟elevata resistenza al fuoco.
Le proprietà e le caratteristiche della matrice determinano notevolmente le
caratteristiche del composito finale, pertanto la scelta di quest‟ultima non va lasciata
al caso.
In seguito si riportano alcune caratteristiche fisiche e meccaniche delle resine oggi
maggiormente utilizzate:
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Proprietà delle resine
Poliestere
ortoftalica
Poliestere
isoftalica
Vinilestere
(ATLAC)
Vinilestere
(DOW)
Fenolica Epossidica
Massa volumica [gr/cm
3
] 1,4 1,4 1,05 1,1 1,15 1,2
Viscosità a 25 °C [Mpa*s] 1400 1800 900 1240 500
Resist. a trazione [N/mm
2
] 68 75 53 81 50 81
Modulo a trazione [N/mm
2
] 4000 3800 3000 3300 3000 3000
Allungamento a
rottura
% 2 4,5 5 2 2,5
Resist. a
compressione
[N/mm
2
] 114 110
Modulo a
compressione
[N/mm
2
] 2400
Resist. a flessione [N/mm
2
] 124 95
Modulo a flessione [N/mm
2
] 3100 3000
1.3.3 I rinforzi
Il rinforzo è un materiale forte, inerte, di solito fibroso, fortemente legato ad una
resina per ricavare un‟adeguata resistenza, rigidità e resistenza all‟urto.
In campo navale gli unici rinforzi sono costituiti da fibre, resistenti a soli sforzi di
trazione se isolate, ma una volta inglobate nella matrice acquistano ottime
caratteristiche di resistenza anche a compressione, flessione e taglio.
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Le prestazioni del laminato sono date ovviamente dal tipo di materiale costituente il
rinforzo, dalla percentuale in peso del rinforzo rispetto a tutto il composito e dal
modo di aggregazione delle fibre.
A tal proposito il “Rina Rules for Pleasure Yacht 2009” impone che la minima
percentuale consentita di rinforzo in peso del laminato è del 30% (Pt B, Ch 4, Sec 2).
Per quanto riguarda le fibre, esse possono essere isolate, tagliate in varie lunghezze o
aggregate in filati, feltri e tessuti. Il tipo di aggregazione è scelto in base alla
tecnologia usata per lo stampaggio e alle caratteristiche meccaniche che si vogliono
ottenere dal composito risultante.
I diversi stati di aggregazione delle fibre sono:
Milled fibers. Fibre macinate di lunghezza pari ad 1-2 mm.
Mat (feltro). Tipo di rinforzo costituito da filamenti orientati casualmente che
possono essere continui o precedentemente tagliati, aggregati assieme mediante
pressatura ed apprettatura. Data la casualità di aggregazione, le caratteristiche
meccaniche del rinforzo si ritengono isotrope. Il mat resta insostituibile nella
composizione dello stratificato oltre che per la sua economicità e il suo facile
utilizzo, anche per le sue caratteristiche di impermeabilità all‟acqua e di
flessibilità nei confronti delle forme. Il mat viene steso negli strati più esterni
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dello stratificato, o ancora lo si utilizza per incrementare lo spessore del
fasciame dove le tensioni sono più alte.
Unifilo mat. E‟ un feltro come il precedente ma prodotto con l‟aggregazione
di un unico filamento
Roving. Aggregazione di trefoli paralleli (circa 100).
Woven Roving (stuoia). E‟ un tessuto tipo stuoia ottenuto mediante
l‟aggregazione di trama e ordito.
Le grammature della stuoie vanno dai 500 a 2000 g/m
2
. Le proprietà della
stuoia differiscono a seconda della direzione di sollecitazione e possono essere
incrementate in una direzione a scapito delle altre. Le caratteristiche del
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composito rinforzato con stuoia sono nettamente superiori rispetto a quelle
dello stesso composito rinforzato con solo mat.
Tessuti ibridi. Tessuti costituiti da fibre di diverso materiale (es. kevlar e
carbonio, kevlar e vetro) allo scopo di combinare le diverse proprietà delle due
sostanze. Generalmente questi tessuti si trovano sottoforma di stuoie, di
biassiali o di quadri assiali.
Tessuti combinati. Prodotti unendo due diversi tipi di aggregazione del
rinforzo (es. mat e stuoia).
Unidirezionale. Rinforzo costituito da fibre continue disposte secondo
un‟unica direzione principale. Hanno l‟obiettivo di ottimizzare le
caratteristiche meccaniche lungo un‟unica direzione.
Biassiale. Rinforzo costituito da due unidirezionali orientati rispettivamente a
90°.
Quadriassiale. Rinforzo costituito da due biassiali orientati a 45°.
Per quanto riguarda la natura delle fibre, quelle maggiormente utilizzate del settore
navale sono le fibre di vetro, le fibre aramidiche e le fibre di carbonio.
Le fibre di vetro E (così chiamate per l‟alto potere di isolamento elettrico)
sono il rinforzo più diffuso nella nautica. I filamenti prodotti singolarmente con
diametro variabile tra 3.8 e 13 micrometri, sono trattati con un appretto e
aggregati in trefoli ciascuno dei quali contiene circa 200 filamenti.
Le fibre di vetro S (USA), altrimenti note come vetro R in Europa, presentano
proprietà meccaniche superiori rispetto alle E-glass. Le fibre di vetro
solitamente si trovano in cantiere sottoforma di "rotoli" (che pesano circa 50
Kg l'uno) che all'occorrenza vengono dispiegati e ritagliati (con un semplice
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cutter manuale o con ben più sofisticati macchinari automatici) a seconda delle
diverse esigenze.
Le fibre di carbonio hanno prestazioni eccellenti e vengono utilizzate soltanto
nella costruzione di prototipi o di modelli dalle prestazioni spinte. In
commercio si distinguono due categorie: carbonio ad elevata resistenza HS
(hight tensile strenght) e carbonio ad elevato modulo di elasticità HM (hight
modulus). Il carbonio a differenza degli altri rinforzi usati è un ottimo
conduttore di elettricità. Questa caratteristica va tenuta in conto per i
conseguenti problemi di elettrolisi dovuti al contatto con accessori metallici.
Le fibre aramidiche sono presenti sul mercato dell‟inizio degli anni ‟70,
momento in cui tale prodotto è stato lanciato dalla DuPont con il nome
commerciale di kevlar, preservandone il brevetto fino al 1991. I tipi più diffusi
sono il kevlar 29, caratterizzato da una elevata resistenza agli urti, e il kevlar
49 dotato di elevata rigidezza e resistenza meccanica. In più queste fibre sono
più leggere di circa il 45% rispetto al vetro e del 20% rispetto al carbonio.
Una tabella riassuntiva chiarisce alcune differenze:
Proprietà delle fibre
Vetro E VetroS Kevlar 49 Kevlar 29 Carbonio
HS
Carbonio
HM
Massa volumica [gr/cm
3
] 2,56 2,49 1,44 1,44 1,8 1,9
Resist. a trazione [N/mm
2
] 1700 3100 3600 3600 4900 3900
Modulo a trazione [N/mm
2
] 70000 70000 124000 83000 230000 370000
Allungamento a rottura [N/mm
2
] 4,8 5,4 2,4 3,6 1,4 0,8
Coeff. di Poisson 0,22 0,20 0,35 0,35 0,35 0,35
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1.3.4 Gli stratificati sandwich
Una struttura sandwich si compone di un‟ ”anima” centrale a bassa densità posta tra
due “pelli” dotate di buone caratteristiche meccaniche e collegate insieme. Le
caratteristiche strutturali conseguenti, leggerezze e rigidità, sono di notevole interesse
in campo navale.
L‟inserimento dell‟anima nello stratificato, oltre ad incrementare le caratteristiche di
rigidezza, può conferire particolari proprietà di isolamento (termico, acustico, ecc.)
ma deve anche assicurare una buona impermeabilità ovvero evitare che l‟acqua,
penetrata attraverso lesioni nelle pelli, possa attraversare l‟anima e quindi
danneggiare la struttura.
Tra i tipi di strutture sandwich i tre schemi più diffusi sono:
Trave composita. E‟ un sandwich con anima rigida che viene considerato
come una trave convenzionale composita.
Sandwich a pelli sottili. Le facce esterne contribuiscono prevalentemente alla
resistenza a flessione mentre l‟anima contribuisce prevalentemente alla
resistenza a taglio.
Sandwich a pelli spesse. Ha un‟anima poco spessa.
Nel campo navale il rapporto tra lo spessore dell‟anima e quello delle facce va da 2 a
5 e questo a causa di alcuni fattori limitanti come: l‟entità delle sollecitazioni e la
necessità di conferire alle pelli adeguata resistenza all‟impatto, fattori ambientali in