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1.3 Dalla pianificazione al design per una città sostenibile
L’ecologia da sola non può fare spazio pubblico; nelle strategie d’intervento è importante
preferire l’approccio integrato dove il progetto interscala, gli apporti interdisciplinari, le
necessità-bisogni della popolazione e gli intenti politici si incontrano per “costruire” la nuova
città.
Mentre la funzionalità, i trasporti e in parte il disegno del verde pubblico non possono che
prescindere da una progettazione a scala territoriale, per rispondere alle esigenze legate al
comfort dei cittadini bisogna legare tutto questo anche ad interventi a scala urbana e a scala
locale, a volte anche minimi, nel microambito.
Per quanto riguarda la scala urbana, e quindi la costruzione dei nuovi luoghi del vivere
contemporaneo, l’ecosviluppo propone la costruzione di reti ecologiche, grandi viali alberati,
strutture di mobilità integrate con l’ambiente.
Recenti ricerche hanno appurato quanto nella scelta dei modelli urbani siano da prediligere
strategie abitative ad alta densità: infatti, bassa densità, dilatazione dello spazio urbano,
necessità di far ricorso all’automobile per raggiungere il centro commerciale e i principali
luoghi di lavoro sono certamente contraddittorie rispetto ad un obiettivo di sostenibilità
(Secchi, 2005). Per poter instaurare tra la popolazione rapporti interpersonali e di vicinato e,
quindi, “far funzionare” gli spazi pubblici la media-alta densità è necessaria.
Oggi nel mondo occidentale, e ancor più in Italia, con l’economia in discesa e una crescita
demografica pari a 0 ormai da anni, non è più necessario investire capitali su nuovi quartieri
fuori città, questa politica non può che fallire visti i costi di urbanizzazione (oltre che
d’inquinamento) dovuto agli spostamenti quotidiani, è chiaro che la bilancia costi-benefici
non è favorevole (Riddel, 2004).
Una strategia alternativa consiste nel riuso e nella riqualificazione del patrimonio esistente,
agendo sugli spazi aperti dei quartieri residenziali delle nostre città per aumentare la qualità
urbana seguendo i criteri dello sviluppo sostenibile e del comfort ambientale così da
incrementare la qualità di vita dei cittadini.
Se la buona progettazione dello spazio urbano è legata alle caratteristiche del luogo essa deve,
inoltre, rispondere al comfort polisensoriale dell’utenza.
Negli interventi a scala locale, negli ultimi 15 anni, è emersa l’esigenza di mitigare i
microclimi locali ma non solo: il comfort ambientale è legato alla percezione polisensoriale
dello spazio, così che sono egualmente importanti anche il comfort visivo, acustico, olfattivo,
tattile etc. Inoltre, a parità di microclima, uno spazio urbano dotato di più funzioni sarà più
vissuto dagli abitanti (Guallart, 2009).
In quest’ottica acquista importanza la qualità dei materiali, la quantità di luce diurna e
notturna, la vegetazione, la mobilità ma anche gli elementi urbani che lo compongono i quali
dovrebbero essere, allo stesso tempo, polifunzionali, comodi, duraturi nel tempo, piacevoli alla
vista e non richiedere un’eccessiva e dispendiosa manutenzione.
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1.4 Criteri oggettivi e soggettivi: la percezione del comfort
Per progettare spazi urbani confortevoli è necessario definire il sistema di esigenze e requisiti e
prevedere le prestazioni ambientali. Detta definizione è ovviamente molto più labile e difficile
rispetto a quella degli spazi chiusi, per via della grande variabilità degli stimoli ambientali.
Una delle grandi variabili che influiscono sulle condizioni di comfort all’aperto è il microclima
(Rogora e Dessì, 2005).
Le reazioni delle persone al microclima possono essere inconsce, ma portano spesso ad un
diverso uso dello spazio aperto secondo le condizioni climatiche. La comprensione della
varietà delle caratteristiche microclimatiche degli spazi esterni, e di ciò che esse implicano per
il comfort di chi li utilizza, apre nuove possibilità per lo sviluppo degli spazi urbani.
Il microclima di un’area è influenzato principalmente dalle condizioni climatiche prevalenti,
temperatura dell’aria, radiazione solare, velocità del vento e umidità con le relative fluttuazioni
stagionali e giornaliere.
All’interno dei climi mediterranei, dove è abitudine svolgere una notevole quantità di attività
all’aperto è possibile stabilire alcuni punti fissi dati dall’esigenza di benessere, essi sono
essenzialmente dati dal controllo della radiazione solare, di quella termica e del vento: è chiaro
che sia meglio ridurre la radiazione solare d’estate ed aumentarla d’inverno, aumentare la
ventilazione d’estate e minimizzarla d’inverno (Chiuppani e Prest, 2008).
Altre importanti variabili oggettive riguardano gli aspetti visivi, acustici e olfattivi: è
importante per uno spazio pubblico ridurre i fastidiosi effetti di eccessiva luminanza o di
contrasto delle luminanze, controllare il livello e il tempo d’esposizione ad un eventuale
inquinamento sonoro, controllare l’eventuale presenza di sgradevoli odori.
Recenti studi effettuati in diversi spazi pubblici europei hanno tuttavia dimostrato quanto un
approccio puramente tecnico ed oggettivo non sia sufficiente a risolvere problemi di comfort
ambientale oltre che inadeguato a caratterizzare le condizioni di comfort termico all’aperto: è
stato dimostrato come la percezione del comfort delle persone dipenda da diversi fattori sia
oggettivi che soggettivi derivanti sia dalla natura del luogo sia da meccanismi psicologici in
grado di alterare la percezione ad alcuni stimoli ambientali, uno di questi è legato alla tematica
dell’adattamento.
L’adattamento può essere definito come la diminuzione graduale della risposta dell’organismo
all’esposizione ripetuta a degli stimoli, con il coinvolgimento di tutte le azioni che concorrono
ad una migliore capacità di sopravvivenza in tale ambiente.
In particolare, riguardo al comfort termico, la capacità di adattamento può essere divisa in tre
categorie: fisica, fisiologica, psicologica (Rogora e Dessì, 2005).
La prima interessa tutti i cambiamenti che una persona fa per adattarsi all’ambiente o per
adattare l’ambiente alle sue necessità: la gente, allo scopo di migliorare le proprie condizioni di
comfort per esempio apre un parasole, si sposta nello spazio alla ricerca di condizioni migliori,
adegua il proprio abbigliamento, consuma bibite fresche o calde.
L’adattamento fisiologico interessa i cambiamenti nelle risposte fisiologiche derivate da
un’esposizione ripetuta allo stimolo, tali da portare ad una graduale diminuzione delle reazioni
derivanti dall’esposizione, nel contesto dell’adattamento termico ciò prende il nome di
acclimatazione fisiologica e cambia da persona a persona.
L’adattamento psicologico è legato al diverso modo di percepire l’ambiente, anche esso cambia
da persona a persona, inoltre la risposta umana ad uno stimolo fisico non è in rapporto diretto
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con la sua intensità, ma dipende dalle informazioni che le persone possiedono riguardo ad una
particolare situazione (Rogora, Dessì, 2005).
I fattori psicologici influiscono sulla percezione termica di uno spazio, essi riguardano
essenzialmente:
- la naturalezza dello spazio: definisce un ambiente privo di artificiosità, per cui sembra sempre
più evidente che le persone possono sopportare grandi cambiamenti dell’ambiente fisico,
condizione che essi avvengano in modo naturale (Chiuppani e Prest, 2008).
- le aspettative: cioè come l’ambiente dovrebbe essere invece di quello che in effetti è, esse
influenzano enormemente la percezione delle persone.
- l’esperienza: influisce direttamente sulle aspettative delle persone; ciò risulta evidente
attraverso un’analisi delle condizioni nelle quali le persone riferiscono di non sentire né caldo
ne freddo ma di percepire una temperatura neutra. Detta temperatura varia dai 6° d’inverno ai
36° d’estate, l’adattamento fisico può giustificare solo in parte questa gamma di temperature.
- il tempo di esposizione: l’esposizione ad un disagio non è considerata negativamente se
l’individuo presume che sia per un breve periodo. Va detto però che le persone modificano il
tempo che trascorrono all’esterno secondo le proprie necessità, esso va preso comunque in
considerazione visto che gli spazi esterni sono usati non solo per spostarsi ma anche per
attività ricreative.
- la percezione del controllo: è ampiamente riconosciuto che le persone con un alto grado di
controllo nei confronti di una fonte di disagio e che sopportano grandi variazioni, ne sono
meno infastidite e che le loro risposte emotive risultano molto ridotte. Il problema della libera
scelta diviene fondamentale negli spazi aperti.
- la stimolazione ambientale: è probabilmente la ragione principale della maggioranza delle
attività svolte all’esterno. Sono considerate condizioni confortevoli quelle nelle quali le
persone percepiscono una temperatura neutra; tuttavia si ritiene sempre che sia preferibile un
ambiente variabile visto che un ambiente statico diventa intollerabile, oltre che per andare
incontro alle esigenze di persone diverse.
Possiamo quindi affermare quanto per il comfort termico all’aperto hanno uguale importanza
l’ambiente fisico e l’adattamento psicologico. Benché questi ultimi siano parametri in gran
parte soggettivi, un’adeguata pianificazione del microclima insieme ad un’accurata
progettazione degli spazi urbani, aiutano a fornire una protezione dagli aspetti negativi e
un’esposizione agli aspetti positivi, aumentando così l’uso degli spazi aperti durante tutto
l’anno. Stagioni differenti richiedono differenti approcci, ma una varietà di spazi che
forniscano ambienti diversi massimizzerebbe sia l’adattamento fisico che quello psicologico
consentendo così l’utilizzo pubblico nei diversi periodi dell’anno (Rogora, Dessì, 2005).
Nella definizione degli stati di comfort, esistono condizioni di allerta degli stimoli
polisensoriali che, combinate con esperienze percettive e cognitive, possono creare condizioni
ambientali piacevoli, per esempio le nicchie riparate dal vento d’inverno o i luoghi
ombreggiati e/o ventilati d’estate. All’interno di queste la stimolazione termica può giocare un
ruolo importante.