RELAZIONE DI LAUREA
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INTRODUZIONE
In questo mio lavoro miro a mettere in luce come sia sempre più attuale nel
mondo dello sport moderno il problema di coniugare il tema dello sviluppo
economico con quello dello sviluppo sociale di un determinato territorio.
Cercherò di dare una panoramica generale sul mondo dello sport sostenibile,
individuando le forme di rendicontazione sociale che meglio si adattano a
descrivere una realtà sportiva, per poi andare a trattare un caso particolare
portato come esempio. Si tratta di una proposta di bilancio sociale per il
“Piemonte Volley S.r.L. Società sportiva dilettantistica”, nella quale cercherò di
mettere in evidenza le relazioni che intercorrono con gli stakeholders di
riferimento, sia sotto l’aspetto quantitativo-economico, sia sotto quello
qualitativo-relazionale.
Il lavoro che vado a presentare nelle prossime pagine è composto
essenzialmente da due parti: la prima, divisa in cinque capitoli, fornisce un
quadro di riferimento teorico della rendicontazione sociale, nonché una
panoramica sul mondo dello sport italiano.
La seconda, invece, costituisce la sezione di ricerca dell’elaborato,
interamente dedicata alla proposta di bilancio sociale per la società sportiva
“Piemonte Volley SRL”; la presentazione dettagliata di questa seconda parte è
rintracciabile più avanti in apertura della seconda parte.
Il primo capitolo cerca di soddisfare il bisogno di inquadrare brevemente il
dibattito sulla CSR che si è sviluppato negli ultimi anni nell’ambiente accademico
internazionale. La sezione successiva del lavoro si prefigge lo scopo di entrare
maggiormente nel dettaglio del “social reporting”, illustrandone lo strumento
principale, il bilancio sociale. Dopo averne fornito un inquadramento storico
comparato per le diverse realtà mondiali, si descrivono i principali standard di
redazione: per la realtà nazionale si illustra lo “standard GBS”, mentre per
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l’ambiente internazionale lo “standard GRI”. Il para grafo finale fornisce un’analisi
in parallelo dei due documenti descritti in precedenza, mettendone in luce parti
comuni e differenze.
Il terzo capitolo tratta invece della rendicontazione sociale nel mondo del
non profit. Dopo una breve introduzione, si va ad indagare il rapporto esistente
tra questa realtà e il “social reporting”, descrivendo in particolare il documento
che prende il nome di “bilancio di missione”.
Il capitolo quattro sposta invece l’attenzione sul mondo dello sport,
fornendone un inquadramento sotto molteplici punti di vista, in primis quello
storico. Si illustrano poi la diffusione della pratica sportiva in Italia, l’aspetto
economico, il funzionamento dell’apparato organizzativo ed infine i
raggruppamenti strategici.
Nelle pagine seguenti vengono presentate le forme societarie presenti nel
mondo dello sport dilettantistico, con una particolare attenzione alle peculiarità
che le contraddistinguono. Si fa poi riferimento ad un aspetto chiave del lavoro in
questione, ossia la figura del cosiddetto “professionista di fatto”.
L’ultima sezione della prima parte ha la funzione di collegare i due macro-
temi illustrati; si procederà dunque a descrivere la realtà del social reporting nel
mondo dello sport, fornendo in ultimo lo spunto per la redazione del bilancio
sociale del Piemonte Volley, documento che costituirà la seconda parte della tesi.
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PARTE PRIMA
LA RENDICONTAZIONE SOCIALE
E IL MONDO DELLO SPORT
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1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
1 .1 LE DEFINIZIONI DELLA CSR
La Csr è un concetto poliedrico, ricco di mille sfaccettature che non ne
permettono una definizione lineare, come è invece possibile per molti altri
concetti cari all’economia. Innanzitutto, bisogna identificare cosa si intende per
CSR, almeno nella prospettiva di questo lavoro.
Inoltre bisogna chiarire quali siano gli atti in cui si esprime il comportamento
responsabile dell’impresa e cercare una risposta al quesito più generale sul ruolo
socio-economico delle organizzazioni.
Si può partire dalla definizione offerta da Vogel (2005) per cui la
responsabilità sociale d’impresa è identificabile in una serie di “ practices that
improve the workplace and benefit society in ways that go above and beyond
what companies are legally required to do” 1
.
Allo stesso modo la CSR può essere vista come un processo decisionale che
l'impresa opera, ovvero come “decisione volontaria di contribuire al progresso
della società e alla tutela dell’ambiente, integrando preoccupazioni sociali e
ecologiche nelle operazioni aziendali e nelle interazioni con gli stakeholder” 2
Si inizia già ad intravedere in questa seconda definizione l'aspetto più importante
della CSR: il rapporto che si sviluppa con gli stakeholder. Infatti, tutte le
definizioni di maggior rilevanza etica rintracciabili nella letteratura economico-
aziendale (Rusconi 1988 , Molteni e Lucchini 2004, Rusconi 1988, Matacena
2005) pongono al centro della questione “ le relazioni di interdipendenza che si
istituiscono tra l'azienda e i suoi stakeholder, ossia la pluralità di interlocutori
1
Vogel D. (2005) The market for virtue: the potential and limit of corporate social responsibility,
DC: Brooking Institute, Washington, DC. Pag 2
2
Dal “Green Paper”, il “Libro Verde” della Comunità Europea , 2001
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titolari di interessi legittimi” 3
. Il comportamento definibile come socialmente
responsabile deve dunque essere caratterizzato dall'introduzione nei processi
decisionali dell'impresa dell'attenzione per gli interessi legittimi degli
interlocutori aziendali e dalla coerente attuazione delle attività gestionali.
A livello internazionale si ritrovano diverse definizioni fornite da autorevoli
organizzazioni, in primis la statunitense “Business for Social Responsibility” (BSR)
che ha definito la CSR come il “ gestire un’impresa in maniera tale da soddisfare o
superare costantemente le aspettative etiche, legali, commerciali e pubbliche che
la società ha nei confronti delle aziende” 4
.
Un altro esempio è il contributo che fornisce il “World Business Council for
Sustainable Development” (WBCSD), per cui la CSR è “il continuo impegno
dell’azienda a comportarsi in materia etica e a contribuire allo sviluppo
economico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti e delle loro famiglie,
della comunità locale e più in generale della società” 5
.
A livello nazionale un organo importante come lo CNEL ( Consiglio Nazionale
dell'Economia e del Lavoro) ha fornito la propria visione della CSR: in un
documento del marzo 2005 definisce la definisce come “ un processo volontario e
strategico di assunzione, da parte delle imprese, di un insieme di obbligazioni e
doveri nei confronti di uno specifico sistema di soggetti portatori d'interesse
(stakeholder), in un quadro di carattere culturale comune ad un determinato
sistema economico, che valorizza l'elemento della partecipazione e del
coinvolgimento”
6
In quest'ultima definizione, conforme negli obiettiv i a quella proposta dalla
Comunità Europea nel Libro Verde del 2001, si aggiunge l'elemento
fondamentale della partecipazione e del coinvolgimento; sono proprio queste
3
Buscarini, Manni, Marano (2006) La responsabilità sociale e il bilancio sociale delle
organizzazioni dello sport”, Franco Angeli pag 34
4
Traduzione da http://www.bsr.org
5
Perrini, Tencati (2008) CSR, Un nuovo approccio strategico alla gestione dell’impresa, Egea
6
CNEL, verbale dell'assemblea sul tema “La Responsabilità sociale delle imprese in Italia”, 31
Marzo 2005 pag 7
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due ulteriori connotazioni che permettono il salto q ualitativo dalla semplice
definizione alla reale messa in pratica di un qualche sistema di CSR: essa infatti
non va solamente adottata al proprio interno, ma deve essere portata fuori
dall'azienda in sé per creare un “sistema azienda”, dove l'impresa è il centro della
costellazione e i differenti stakeholder sono i suoi satelliti.
1.2. L'EVOLUZIONE STORICA DEL CONCETTO DI CSR
Il concetto di CSR così come lo possiamo intendere oggi è frutto di una serie
di evoluzioni che ne hanno trasformato il significato e hanno permesso una
raffinazione dello stesso, andando a fornire con sempre maggiore precisione e
dettaglio una definizione di esso.
I primi passi verso la CSR possono essere rintracciati nell’Ottocento, quando
alcuni leader di azienda avevano compreso la potenziale gravità di molte loro
attività industriali, non solo sul fronte ambientale, ma anche su quello
dell’impatto delle loro industrie sulla comunità locale in cui erano inserite. Si
svilupparono così alcune primitive iniziative a carattere filantropico 7
, il cui scopo
era, in estrema sintesi, quello di ottenere consenso riguardo le proprie attività,
cercando di minimizzare così le esternalità negative che avrebbero portato a
inevitabili tensioni con la comunità. Le esternalità negative sono qui intese come
gli effetti dell’attività industriale che non hanno un riflesso diretto sui prezzi di
mercato e sulla tassazione, ma che comportano effetti negativi per agenti esterni
all’attività (in questo caso la comunità locale).
Il concetto di CSR si è poi evoluto grazie alla consapevolezza delle imprese,
che avevano iniziato a capire di possedere non solo risorse tangibili, ma anche
altre di tipo intangibile; queste andavano coltivate grazie ai rapporti con coloro
che anni dopo prenderanno il nome di stakeholder.
7
Perrini, Tencati (2008), op.cit.
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10
Negli USA, già a cavallo delle due guerre, la respo nsabilità d’impresa era un
qualcosa di conosciuto, ma le ben note difficoltà dell’economia americana in quel
ventennio (su tutte il crollo della Borsa del 1929) non permisero di sviluppare un
adeguato dibattito al riguardo. Solo dagli anni Cinquanta esso iniziò a svilupparsi
tra i manager d’impresa, ma non ancora tra le grandi corporation, il cui apporto si
avvertirà solo in anni successivi.
Perrini e Tencati nel loro testo identificano il lavoro di Bowen del 1953
come il primo contributo “moderno” in materia di CSR: nel suo lavoro, infatti, lo
studioso americano sottolinea la rilevanza, nell’analisi delle scelte aziendali, non
solo dei risultati economici ma anche delle correlate conseguenze di natura
sociale
8
.
Nello specifico, la responsabilità sociale dell’impresa è intesa come “ il dovere di
perseguire quelle politiche, di prendere quelle decisioni, di seguire quelle linee
d’azione che sono desiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori riconosciuti
dalla società” 9
.
Nel corso dei successivi venti anni crebbero sia qualitativamente sia
quantitativamente i contributi sulla questione, con un particolare
approfondimento del “comportamento” dell’impresa socialmente responsabile,
affiancando alla responsabilità economica altre tipologie di responsabilità, quali
quella giuridica, etica e discrezionale .
Le prime tre interessano la sfera della “correttezza degli affari”, mentre la
quarta è molto vicina a quello che noi oggi intendiamo con CSR, ovvero quelle
responsabilità che non derivano né da obblighi legislativi (come è invece la
redazione del bilancio d’esercizio ad esempio), né sono comprese fra le richieste
fondamentali; sono invece quelle che l’impresa consapevolmente si assume di
sua spontanea volontà. In questi anni al ruolo sociale delle imprese si aggiunge
l’attenzione dell’azienda all’aspetto della CSR che le dà legittimazione e le
8
Perrini, Tencati (2008), op.cit
9
Bowen (1953), “Social Responsibilities of the Businessman”, NY, Harper nullnull
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11
permette di anticipare le istanze dell'ambiente este rno e rispondere loro. Inoltre
entra finalmente in scena il dibattito accademico, alimentando la nascita di
numerosi filoni di ricerca, dei quali oggi possiamo apprezzare in modo
significativo i contributi. Non possiamo in questa sede soffermarci su tutti gli
studi effettuati al proposito, ma possiamo ricordare, almeno citandoli, i più
importanti, in ordine di evoluzione dagli anni Ottanta in avanti. Innanzitutto, il più
importante è sicuramente lo “ Stakeholder Model ”, modello che verrà ripreso più
avanti in questo lavoro. Seguono gli studi sulla “corporate citizenship” , ovvero i
tentativi di identificare una vera e propria cittadinanza aziendale, lavori che però
solo negli ultimi anni hanno finalmente raggiunto un’organicità effettiva
10
.
L’ultimo filone che qui ricordiamo è quella della sostenibilità come obiettivo
ampio di lungo periodo. Alla sostenibilità è legato il discorso della cd “ triple
bottom line” , ovvero la declinazione del concetto di cui sopra nelle tre dimensioni
economica, ambientale e sociale.
Lo studio della CSR riveste oggi un’importanza rilevante nel mondo
accademico, e quanto visto finora non intende rappresentare un elenco esaustivo
dei contributi che offre la letteratura in materia, ma solamente una veloce
panoramica sui più importanti contributi.
1.3. LA CSR NELLA REALTA' AZIENDALE: DALLE SCELTE STRATEGICHE ALLA
MISURAZIONE
1.3.1 DECISIONI DI IMPRESA E RESPONSABILITA' SOCIALE
Dopo aver cercato di fornire, nei paragrafi precedenti, una definizione e una
breve panoramica storica della Corporate Social Responsibility, cerchiamo ora di
10
Ci si riferisce ai lavori di Crane, A., Matten, D. a nd Moon, J. (2008), “Corporations and
Citizenship”, Cambridge: Cambridge University Press.
RELAZIONE DI LAUREA
12
entrare maggiormente nel vivo del dibattito, osserva ndo come questa pratica
possa essere portata all'interno dell'azienda, e come incide sulle decisioni
d'impresa.
Perrini e Tencati (2008) nel loro lavoro mostrano come l'approccio alla CSR
può basarsi su due alternative: può essere, infatti, “o il risultato derivante dalla
fissazione di norme con annesso sistema di incentivi/sanzioni, l'obbligo di
certificazioni e così via, o il frutto di una scelta volontaria da parte delle imprese,
che vada oltre alla compliance normativa, attraverso la quale le aziende,
consapevoli della convenienza di tale opzione, si impegnano ad internalizzare
buone pratiche gestionali di CSR” 11
. Naturalmente, la seconda alternativa è quella
più difficile da mettere in atto, ma è l'unica strada verso una reale
interiorizzazione della responsabilità sociale.
Uno dei principali ostacoli alla formulazione di una strategia di CSR è il fatto
che spesso, all'atto pratico, i costi o i benefici economici connessi alle scelte
possibili sono poco chiari. Anche su questo tema sono presenti in letteratura
economica due posizioni opposte; la prima sostiene che la responsabilità
d'impresa dovrebbe ridursi al rispetto dei contratti e delle norme di legge. A
sostegno di questa tesi si possono osservare le ripercussioni che potrebbero
derivare da un simile comportamento: qualora il management andasse oltre agli
obblighi contrattuali, per esempio rinunciando a sfruttare la manodopera a basso
costo di paesi in via di sviluppo, oppure adottando processi ad impatto
ambientale più basso di quanto richiesto dalla legge, registrerebbe minori
profitti, facendo pagare agli azionisti la propria virtù. Passando ad uno sguardo di
lungo periodo, l'impresa rischierebbe di subire uno svantaggio competitivo
rispetto a rivali meno socialmente responsabili, e vedrebbe pregiudicata anche la
propria economicità, a danno non solo degli azionisti, ma anche degli altri
stakeholder 12
.
11
Perrini, Tencati (2008), op.cit., pag 77
12
L'esempio appena descritto è rintracciabile in Perrini, Tencati (2008), op.cit. pag 87
RELAZIONE DI LAUREA
13
La seconda teoria, più ottimistica, sostiene che la responsabilità sociale,
andando al di là delle prestazioni minime, contribuisce al successo dell'impresa e
alla creazione di ricchezza per gli azionisti, in quanto innesca circoli virtuosi in cui
l'impresa ottiene fiducia e reputazione che gli stakeholder diversamente non
concederebbero. Anche qui possiamo addurre diversi esempi, riguardanti in
particolare l'aspetto ambientale: i miglioramenti nelle emissioni di inquinanti
sono positivamente correlati con gli utili dell'impresa
13
.
Nessuna di queste teorie è corretta se intesa come teoria generale sulle
decisioni aziendali, data l'eterogeneità delle problematiche decisionali che
l'impresa deve fronteggiare quotidianamente. Sono necessari dei criteri che
permettano di dare un qualche ordine in merito; un primo esempio può essere la
virtue matrix di Martin (2002)
14
. Questa matrice classifica le scelte d'impresa sulla
base di due variabili:
1. la p resenza di norme che regolino una certa materia, che si tratti di norme
di legge, in quanto tali inviolabili, o di norme sociali, ossia di richieste
sentite dalla collettività;
2. il fatto che un dato comportamento, nel breve o nel medio periodo, crei o
distrugga valore per gli azionisti.
Incrociando le due variabili, emerge innanzitutto un fatto non così scontato:
esistono comportamenti che di per sé distruggono valore per gli azionisti, ma che
le imprese intraprendono per osservanza obbligatoria , ossia perché tenute al
rispetto delle leggi. Per esempio, un'impresa che opera negli USA o in Europa
deve rispettare la disciplina della concorrenza, che vieta le collusioni o l'abuso di
potere di mercato, anche se queste azioni potrebbero essere profittevoli per
13
Per completezza riportiamo il fatto che su quest'ultimo esempio non esiste unanime
consenso: King e Lenox (2001) nel loro articolo “ Does it really pay to be green? An empirical
study of firm environmental and financial performance” promuovono la tesi che in realtà le
superiori performance ambientali potrebbero essere una conseguenza, e non una causa, di
utili elevati, in particolare in rapporto a una maggiore possibilità di spesa. Perrini e Tencati
(2008) si pongono in una posizione intermedia tra le due opposte visioni.
14
Martin (2002), “The virtue matrix. Calculating the return on corporate responsability”, Harvard
Business Review, vol. 80, n.3, pag 69-75
RELAZIONE DI LAUREA
14
l'impresa. In altri campi, dove le norme sono social i e non dunque imposte, le
imprese sono libere di aderirvi o meno. Un'impresa può scegliere di farlo,
riconoscendo che “ci sono penalità, in termini di reputazione, derivanti dal
mancato rispetto delle norme sociali: si parla, in tal caso, di osservanza
volontaria” 15
. Un esempio può essere la ricerca sugli organismi geneticamente
modificati (OGM): un'impresa alimentare che si impegnasse in questo tipo di
ricerca, per quanto non proibito dalla legge, metterebbe a rischio la fedeltà dei
consumatori.
Dove non ci siano norme, né legali, né sociali, un'impresa può
intraprendere attività a favore della collettività che coniughino valore sociale ed
economico. Questo è l'ambito delle scelte strategiche, profondamente legate al
commitment che l'impresa intende assumere.
Si possono infine chiamare scelte altruistiche quelle compiute su base
volontaria, con cui le imprese sacrificano una parte del valore per gli azionisti in
nome di importanti finalità sociali. Si tratta di comportamenti che vengono
seguiti non per calcolo, ma soltanto perché si ritiene che siano giusti in sé.
Esempi se ne possono fare molti: donazioni a favore di enti benefici,
sponsorizzazioni di attività culturali e sociali, concessione di sconti a categorie
svantaggiate.
I due quadranti in basso riuniscono comportamenti obbligatori, che le
imprese adottano in risposta a specifiche richieste. Essi formano i “fondamenti
sociali”, ossia i principi che un'impresa deve rispettare per inserirsi e operare in
modo costruttivo nell'ambiente socio-economico. I due quadranti in alto sono
invece la “frontiera sociale”, ambito nel quale le imprese si muovono in modo
libero, a volte in risposta a sollecitazioni della società, altre volte per
sperimentazione propria, spesso su ispirazione di manager dinamici 16
. Se è chiaro
che un'impresa deve rispettare i fondamenti sociali, le scelte sulla frontiera
15
Perrini, Tencati (2008), op.cit., pag 89
16
Questa ulteriore classificazione è un'aggiunta di Perrini e Tencati al modello di Martin.
RELAZIONE DI LAUREA
15
sociale sono invece problematiche. Per quanto concer ne il quadrante delle scelte
strategiche, la questione è di accertare se dati comportamenti con un significato
sociale positivo creino valore per gli azionisti. Nella prospettiva di questa matrice,
si può reinterpretare la precedente teoria scettica sulla responsabilità d'impresa
come una tesi secondo la quale tutta la frontiera sociale è occupata da scelte
altruistiche
17
. Al contrario, la teoria ottimistica sarebbe per una totalità di scelte
strategiche.
La posizione più realistica è che invece la frontiera sociale sia
effettivamente composta da entrambe le aree, e che l'impresa debba stabilire un
giusto mix tra la ricerca del profitto e scelte altruistiche su temi sociali e
ambientali. Naturalmente nella realtà i contorni di questa matrice non sono così
rigidi come si potrebbe credere. Le imprese hanno sempre un largo spazio per
l'innovazione, e soprattutto per trovare modi speciali di interpretare gli interessi
collettivi che si possono risolvere anche in una creazione di valore. In particolare,
l'interesse di tutti sarebbe che l'impresa trovasse soluzioni per allargare il più
possibile il quadrante delle scelte strategiche.
Cerchiamo ora di calarci ancora di più a livello operativo nelle decisioni
dell'impresa. Le imprese che decidono di implementare strategie di
responsabilità sociale possono farlo in maniere differenti, secondo una teoria
originariamente proposta da Carroll nel 1979 e ripresa da Clarkson nel 1995
18
.
Egli elenca quattro possibili strategie per la gestione degli stakeholder:
• strategia di reazione → si realizza ignorando od osteggiando le istanze
apportate dai soggetti. In tal caso, verso gli stakeholder l'impresa realizza
meno di quanto richiesto;
• strategia di difesa → si concrenullzza anullraverso la realizzazione del minimo
soddisfacimento (spesso solo legale) delle istanze. Un esempio può essere
17
Perrini, Tencati (2008), op.cit., pag 91
18
Clarkson (1995), “A stakeholder framework for analyzing and evaluating Corporate Social
Performance”, Academy of Management Review, vol. 20, n1, pag 109
http://www.jstor.org/stable/258888?seq=18
RELAZIONE DI LAUREA
16
la retribuzione per i dipendenti al minimo salariale previsto dalla legge;
• strategia di adattamento → presuppone la considerazione di pressoché
tutte le richieste proposte;
• strategia di proattività → anticipa gli interessi tipici di uno stakeholder.
L'impostazione di Clarkson appena illustrata non fornisce però un criterio univoco
per capire quale strategia adottare nelle diverse situazioni. Anche in questo caso
il modello consente una pluralità di interpretazioni: normalmente, i diversi
approcci di comportamento presentati dipendono dalle caratteristiche delle
relazioni che sussistono fra l'impresa e i suoi stakeholder. Chiaramente,
sostenendo una nuova teoria dell'impresa, in grado di inserire l'obiettivo della
sostenibilità all'interno dei comportamenti aziendali, “una strategia di tipo
proattivo non può che essere auspicata, ovvero una gestione degli stakeholder
che si spinga oltre il rispetto delle leggi e di quanto richiesto dalla buona prassi
aziendale, e che sia in grado al contempo di rispettare l'obiettivo di
remunerazione del capitale economico” 19
.
L'implementazione reale della CSR passa attraverso tre step successivi:
1. definizione di principi di Responsabilità Sociale, n on fissati genericamente
ma calati nella specifica realtà aziendale;
2. sviluppo di processi all'interno delle attività d'im presa (governance,
organizzazione, strategie e operation);
3. adozione di sistemi ad hoc di misurazione.
Essendo questa una tesi che ha come scopo quello di illustrare la rendicontazione
sociale, e non di indagare in profondità le politiche di CSR, concludiamo questo
capitolo con un paragrafo sulla misurazione della CSR, tralasciando i primi due
punti del processo logico appena illustrato.
19
Perrini, Tencati (2008), op.cit., pag 96
RELAZIONE DI LAUREA
17
1.3.2 LA MISURAZIONE DELLA CSR
La necessità di misurare, valutare, comprendere la CSR all'interno di un
quadro di riferimento definito e preciso si sta facendo sempre più sentita
nell'ambito della responsabilità sociale. Trasparenza, informazione diffusa e
accessibile, misurabilità efficace e credibile, unità di misura che riflettano
correttamente e uniformemente il grado e la tipologia di responsabilità aziendale
divengono i termini rilevanti dell'attuale dibattito su quale debba essere il
reciproco rapporto tra impresa e CSR.
Il concetto di bilancio sociale, ambientale o di sostenibilità rientra a pieno
titolo in tale ambito, prendendo forma dalla consapevolezza dei limiti del
tradizionale bilancio economico nel dare completa rappresentazione agli effetti
congiuntamente economici, sociali ed ambientali dell'agire dell'impresa sul
contesto di appartenenza. Più precisamente, “all'esigenza di affiancare forme di
rendicontazione sociale ed ambientale al tradizionale processo di
rendicontazione economico-finanziaria si è giunti da più direzioni: come diretta
evoluzione dei temi della corporate governance, della trasparenza e
dell'accountability da un lato, dei principi della CSR dall'altro, senza trascurare il
ruolo di elementi di contesto quali, per esempio, il peso crescente delle
associazioni di consumatori, l'attenzione della classe politica al ruolo dell'impresa
nella società, il cambiamento delle condizioni culturali e il contestuale diffondersi
di una sensibilità più attenta ai temi dello sviluppo sostenibile che,
congiuntamente alla presenza più o meno diffusa di aziende con caratteristiche
peculiari (si pensi a quelle con elevati rischi ambientali), hanno favorito
l'affermazione di strumenti che consentissero alle imprese di rendere conto degli
impegni assunti ad un audience più ampia dei soli detentori di capitale proprio (i
cosiddetti shareholder)” 20
.
La grossa mancanza che si osserva in questo contesto è sicuramente quella
20
Perrini, Tencati (2008), op.cit., pag 145