Introduzione
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provenienti dal mercato dei capitali e sulla Teoria delle Opzioni, mentre il
secondo affonda le proprie radici negli Algoritmi Genetici, sfruttandone le
straordinarie capacità di adattamento e selezione, e usufruisce dei dati contenuti
nei bilanci .
Dal momento che quest'ultima tecnica è ancora di tipo sperimentale, non esiste in
letteratura un vero e proprio modello di riferimento, ma solo una limitata serie di
esperienze volte ad esplorare le possibilità offerte dal connubio tra il rischio di
credito e l'apprendimento automatico.
Per tale ragione, in questa sede è stato studiato il comportamento di una
applicazione degli Algoritmi Genetici alla diagnosi delle insolvenze
appositamente realizzata. Partendo dall'idea di fondo sviluppata alla Centrale dei
Bilanci (generazione di funzioni lineari e di score genetici) si è seguito un
approccio indipendente che ha portato alla costruzione di un proprio programma
di previsione, caratterizzato dalla generazione di soluzioni e da una funzione di
valutazione strutturati ad hoc, dall'utilizzo di uno specifico set di indici di
bilancio e di un campione storico di imprese creato per l'occasione, dal confronto
tra due diversi criteri di selezione delle possibili soluzioni e dall'incremento del
grado di indipendenza degli algoritmi, strutturati per godere della massima libertà
nella gestione degli indici. È stato inoltre introdotto il concetto di "malattia
genetica" per il trattamento delle soluzioni con errori di codifica, riducendo così
in maniera notevole l'intervento di operatori esterni nel guidare il processo
evolutivo. I dati scaturiti dalla sperimentazione, nel corso della quale sono state
generate circa due milioni di possibili soluzioni, evidenzieranno le interessanti
prospettive per il futuro dell'approccio genetico al rischio d'insolvenza e
mostreranno come, dato il tipo di informazioni richieste, esso si dimostri molto
più adatto alla realtà economica italiana della sofisticata metodologia KMV.
Verrà così a crearsi una sorta di contrapposizione tra un modello affermato, ma
soggetto ad una serie di limitazioni ed uno nuovo, ancora oggetto di studio e
suscettibile di miglioramenti, dotato di promettenti facoltà previsionali a costi
relativamente contenuti.
CAPITOLO 1
Introduzione al rischio di credito
È notevole che una scienza che ha cominciato
con lo studio dei giochi d'azzardo debba essere elevata
al rango degli oggetti più importanti della conoscenza umana
Pierre Simon de Laplace
1.1 - Il rischio
Il concetto di rischio è strettamente collegato a quello di incertezza ed entrambi
assumono un ruolo rilevante, divenendo elementi discriminanti, quando si tratta
di prendere una decisione o valutare i possibili effetti di quest'ultima.
In relazione al comportamento da assumere di fronte ad un determinato
fenomeno che implichi una scelta, l'incertezza può essere definita come "lo
stato, di norma rilevante sul piano psicologico, di non completa percezione di
uno o più elementi che regolano le manifestazioni di quel fenomeno o dello
sfondo in cui esso è collocato" [S. Ecchia, 1996]. Tale deficit percettivo, tuttavia,
non implica l'impossibilità di delineare in alcun modo lo scenario che si
svilupperà in base a quell'evento, anzi: l'incapacità di determinare con sicurezza
il futuro farà sì che le manifestazioni avverabili siano molteplici, ciascuna
associata ad una certa probabilità di verificarsi.
Se la probabilità di ciascun evento - distribuzione di probabilità - è nota, risulta
comunque ipotizzabile operare delle scelte, dal momento che:
è possibile calcolare il risultato atteso, ossia il valore medio degli scenari
futuri;
Introduzione al rischio di credito
8
è conosciuta la probabilità dello scostamento rispetto a tale valore atteso.
Nel momento in cui, sulla base delle due considerazioni precedenti, si effettua
una scelta supponendo che uno tra vari scenari si verificherà, ci si espone
inevitabilmente e consapevolmente all'eventualità che il risultato finale sia
diverso da quello atteso, nel bene e nel male. Questa possibilità prende il nome di
rischio.
Per quanto concerne gli eventi economici, il rischio assume connotazioni e
sfumature tipiche di questo tipo di fenomeni: dal momento che essi non si
ripetono con una cadenza tale da determinare delle distribuzioni di probabilità
stabili e, dunque, oggettive, chiunque si trovi nella situazione di dover prendere
delle decisioni lo farà attribuendo a ciascuno scenario una probabilità che risente
di un certo grado di soggettività. Ciascun individuo, infatti, disponendo di un
proprio set di informazioni, giungerà a formulare delle aspettative che, di norma,
saranno diverse da quelle di un altro operatore.
La scelta finale, poi, non sarà determinata solamente in base alla coppia
rendimento-probabilità più favorevole, ma anche secondo una serie di fattori
contingenti, quali l'entità del capitale a disposizione, il tipo di occupazione
dell'investitore, l'andamento dell'economia; tali elementi andranno a determinare
l'atteggiamento del soggetto decisionale rispetto al rischio, che "può essere:
1) di avversione, per cui egli adotta una scala di valutazione che porta ad
aumentare il valore assoluto delle eventuali perdite e a diminuire quello dei
profitti;
2) di indifferenza, per cui egli si regola in base alla speranza matematica dei
guadagni (perdite e profitti) senza alterare i valori previsti dalla funzione
obiettivo;
3) di propensione al rischio, per cui egli è portato a minimizzare le perdite e ad
esagerare l'utilità dei profitti.
Il comportamento 2) è proprio del giocatore d'azzardo. L'ultimo, 3), è quello di
che non ha più speranza di salvarsi, se non tentando la sorte" (G. Zwirner, L.
Scaglianti, 1994) .
Introduzione al rischio di credito
9
n
n
k
k
i
P
i
Fci
V
)1()1(
1
+
+
+
=
=
1.2 - Il rischio di credito
Passando dal generico concetto di rischio economico a quello più specifico di
rischio di credito, un'esauriente formula lo definisce come "la possibilità che una
variazione inattesa del merito creditizio di una controparte nei confronti della
quale esiste un'esposizione generi una corrispondente variazione inattesa del
valore di mercato della posizione creditoria" [Sironi, 1998]. Accettando questa
definizione, si espande il concetto di rischio di credito non solo al caso di
insolvenza
1
da parte del debitore ma anche a quello di deterioramento del grado
di solvibilità della controparte. Per chiarire meglio il concetto, si consideri il
semplice esempio di un prestito a tasso fisso. Il valore attuale dei flussi di cassa
di una generica attività finanziaria è calcolato in base ad un tasso di sconto che è
la risultante di due componenti:
1. il tasso free risk relativo alla data di scadenza del prestito;
2. un premio per il rischio - spread - che riflette la probabilità di insolvenza
della controparte.
Analiticamente:
dove:
V = valore attuale dei flussi di cassa futuri
Fci = valore dei flussi di cassa intermedi
P = prezzo di rimborso del prestito
n = durata in anni del prestito
i = tassi di sconto
1
Benché non abbiano in realtà lo stesso significato, i termini "insolvenza" e "fallimento" verranno
utilizzati come sinonimi, intendendo con essi l'incapacità di un'impresa di far fronte alle scadenze
debitorie.
Introduzione al rischio di credito
10
RsRfi +=
Il tasso di sconto i è formato da due componenti:
con:
Rf = tasso free risk
Rs = premio per il rischio
Risulta evidente come una variazione in negativo della capacità del debitore di
far fronte ai propri obblighi implichi un aumento del premio richiesto dal
mercato e una conseguente diminuzione del valore del titolo, determinato
mediante l'attualizzazione dei flussi di cassa ad esso associati.
La possibilità che nell'intervallo temporale considerato il merito creditizio del
debitore peggiori, passando da un certo livello ad uno inferiore, è definita
probabilità di migrazione.
Esiste tuttavia una situazione in cui l'ipotesi migrazione non riveste alcuna
importanza e per la quale è rilevante il solo binomio solvibilità/non solvibilità: si
tratta del caso in cui il periodo di riferimento è pari (o inferiore) a un anno. In
questa eventualità, l'obbligato alla scadenza può avere due soli stati: egli o è
solvente o è insolvente. Poco importa che nel corso dell'anno il debitore abbia
subito un deterioramento nella qualità creditizia ; ciò che conta è la sua capacità
di far fronte agli impegni a fine periodo.
Sebbene la valutazione del possibile peggioramento del merito di credito sia
oggetto di particolari attenzioni nella recente lettura accademica anglosassone e
nei modelli operativi di misura del rischio di credito proposti da importanti
istituzioni finanziarie, è utile precisare che il grado di accuratezza delle
previsioni di solvibilità si riduce progressivamente con l'aumentare dell'orizzonte
temporale di riferimento e che i principali segnali di deterioramento solitamente
vengono colti, anche dai modelli più sensibili, quando la scadenza
dell'obbligazione si fa relativamente vicina. Per queste ragioni, ai fini della
Introduzione al rischio di credito
11
valutazione del rischio di credito, l'intervallo di tempo solitamente vagliato con
maggiore attenzione dagli istituti di credito risulta essere proprio l'anno. Anche
nel presente lavoro, l'orizzonte temporale di riferimento - salvo precisazioni
differenti - sarà quello annuale.
Dopo questa considerazione, si ponga l'attenzione sulla definizione data di
rischio creditizio e su quanto esposto nel precedente paragrafo: il concetto di
rischiosità è strettamente connesso al verificarsi di un evento inatteso. Il tasso di
perdita atteso, ossia il valore medio della distribuzione dei tassi di perdita, non
rappresenta la vera incognita di un'esposizione creditizia. Qualora infatti un
soggetto finanziario decida di concedere un prestito ad una controparte con la
consapevolezza che quest'ultima potrà subire un deterioramento nelle prospettive
di solvibilità, è verosimile supporre che tale ipotesi sia stata ampiamente
considerata. Il valore atteso del prestito viene quindi tradotto in un
corrispondente spread da applicare al tasso di prestito. Non si tratta quindi di
"rischio", ma di attenta valutazione economica: qualora l'obbligato a fine periodo
si rivelasse inadempiente, il creditore otterrebbe semplicemente il rendimento
atteso da quel prestito.
La vera componente di rischio è rappresentata dalla perdita inattesa, ovvero dalla
variabilità dell'entità del danno attorno al suo valore atteso.
Questa distinzione non è puramente logica, ma si riflette anche nelle modalità di
gestione dell'evento insolvenza all'interno di un portafoglio: se infatti la perdita
attesa di un insieme di impieghi risulta essere pari alla media ponderata della
singola perdita attesa di ciascun credito, la sua variabilità diminuisce col
decrescere del grado di correlazione esistente tra i titoli che compongono il
portafoglio. Di conseguenza, mentre per la perdita attesa si può solamente tentare
di migliorare il grado di precisione della stima, per la perdita inattesa è possibile
attuare un piano di riduzione tramite un'opportuna politica di diversificazione.
Anche dal punto di vista contabile, valore medio e variabilità della perdita
devono essere trattati in maniera differente. La perdita che ci si attende da un
credito dovrebbe determinare una rettifica del valore dell'attivo o un
Introduzione al rischio di credito
12
accantonamento del relativo fondo rischi e transitare quindi in conto economico.
Diversamente, la perdita inattesa dovrebbe trovare appropriata copertura nel
patrimonio.
1.3 - Importanza di una corretta gestione del rischio di credito
Una corretta misura del rischio di credito è di vitale importanza per tutti i
soggetti che operano nel mercato, dal momento che essi necessitano di sapere
come valutare tale rischio al fine di esserne adeguatamente ricompensati. Questa
considerazione vale per tutti coloro che si trovano a dover fronteggiare la
possibilità di un'inadempienza della controparte, ma assume una rilevanza
fondamentale se riferita a quegli operatori che, a causa della natura stessa della
loro attività, incorrono costantemente nel rischio d'insolvenza: gli istituti di
credito.
Il portafoglio prestiti rappresenta storicamente una delle principali fonti di
creazione di valore in tutti i sistemi bancari mondiali. Dal momento che generare
valore significa ottenere rendimenti superiori al costo del capitale, si può
facilmente comprendere la rilevanza del ruolo svolto dal processo di allocazione
delle risorse.
In particolare, nell'attuale scenario bancario nazionale e continentale,
caratterizzato da margini sui tassi attivi decrescenti (si veda tabella 1), la
razionale ed efficiente gestione del rischio di credito assume una sempre
maggiore importanza.
Queste considerazioni risultano ancor più rilevanti se poste in relazione con il
forte fenomeno di inadeguata determinazione del prezzo del credito da parte
degli istituti di erogazione che ha caratterizzato il mercato negli ultimi anni.
Le cause di tali errori di valutazione sono essenzialmente tre:
1. la modifica della struttura dei tassi;
2. la crescita della concorrenza;
Introduzione al rischio di credito
13
3. la difficoltà nel calcolo dei costi imputabili all'attività di prestito.
Tabella 1 - Rendimento dell'attività di prestito in Italia (dicembre 1998)
Tasso medio dei prestiti 6.69
Tasso free risk 4.37
Perdite si crediti 1.30
Mark Up lordo 1.02
[D. Santececca, 2000]
In particolare, l'allentamento del rigore della selezione dei crediti indotto dalle
pressioni concorrenziali (unito al deterioramento dell'economia reale) è stato
considerato una delle principali cause del peggioramento della qualità degli attivi
e dell'aumento delle sofferenze bancarie. Se a tutto ciò viene aggiunta anche
l'incapacità di determinare con sufficiente chiarezza la posizione del richiedente
il credito, è facilmente comprensibile come la somma di tali eventi abbia spinto il
sistema bancario alla consapevolezza della necessità di una revisione critica del
processo di valutazione e assunzione dei rischi e quindi del pricing dei prestiti.
1.4 - Modelli per la valutazione del rischio di credito
Nel nostro Paese è molto diffuso l'approccio di diversificazione del rischio di tipo
assicurativo, basato cioè sulla frammentazione dei fidi; in questo modo la banca
tende a frazionare gli impieghi su una notevole varietà di debitori, al fine di non
essere il principale creditore bancario di alcun cliente e ridurre così il danno
causato da un'eventuale insolvenza. Questa procedura presenta tuttavia il pericolo
che l'istituto di credito reputi non conveniente effettuare una puntigliosa analisi
Introduzione al rischio di credito
14
della situazione economica e finanziaria attuale e futura dell'affidato; è noto
invece che il rischio d'insolvenza dovrebbe essere valutato alla luce dell'attitudine
prospettica a produrre reddito da parte del prenditore.
Le possibili conseguenze di un simile modo di operare sono principalmente due:
l'omogeneizzazione della clientela agli occhi dell'istituto, con correlata scarsa
differenziazione dei premi richiesti;
il progressivo impoverimento del portafoglio impieghi, col mancato ingresso
di imprese meritevoli e il manifestarsi della necessità di un recupero coattivo
del credito di controparti incapaci di onorare gli impegni.
In un periodo in cui l'evoluzione del sistema economico mondiale spinge verso
una progressiva riduzione della forbice tra tassi attivi e passivi, risulta sempre più
difficile per il sistema bancario compensare gli errori di valutazione con
l'incremento del premio richiesto per il credito. Per tale ragione, si assiste alla
nascita di nuovi e sempre più sofisticati modelli di previsione del rischio
d'insolvenza, nel tentativo di migliorare e rendere più efficiente la gestione del
portafoglio impieghi.
Al fine di offrire una veloce panoramica sull'argomento, nei paragrafi successivi
verranno elencati e descritti i principali approcci per la stima del tasso atteso
d'insolvenza.
1.4.1 - Modelli analitici soggettivi
La prima metodologia di valutazione che viene descritta è anche la più diffusa a
livello planetario: si tratta della classica analisi di fido. Tale processo decisionale
è alla base delle scelte di erogazione del credito di tutte le banche e si articola
solitamente in due fasi:
1. una prima analisi di tipo quantitativo, basata sullo studio della situazione
economica e finanziaria dell'impresa. Vengono esaminati gli ultimi bilanci,
dei quali si procede al calcolo degli indici maggiormente significativi (come,
Introduzione al rischio di credito
15
ad esempio, redditività, patrimonializzazione, liquidità). Tali indicatori sono
poi confrontati con quelli medi del settore di appartenenza, al fine di valutare
lo stato di salute dell'azienda rispetto alla concorrenza. In questa fase si presta
generalmente molta attenzione alle garanzie prestate dal richiedente: esse non
dovrebbero di per sé determinarne il merito creditizio, ma solo ridurre i danni
causati da un'erronea valutazione dei risultati prospettici della gestione.
Tuttavia accade spesso che il ruolo delle garanzie, da ausiliario quale
dovrebbe essere, diventi prevalente, penalizzando soggetti con buone
prospettive di reddito future, ma privi di una adeguata copertura;
2. una seconda fase di tipo qualitativo, incentrata sull'esame di variabili di più
complessa valutazione, quali le qualità del management, la reputazione
dell'impresa e le prospettive di evoluzione del settore e del quadro
macroeconomico di riferimento. A riguardo, va rilevato che, negli ultimi anni,
le difficoltà di interpretazione del contesto in cui operano i soggetti interessati
ai finanziamenti "sono aumentate sotto l'influsso non solo di fattori
congiunturali contingenti, ma altresì di fattori strutturali di nuova
formazione, principalmente connessi alla cresciuta dimensione ed instabilità
dei mercati" [S. Ecchia, 1996]; a questa considerazione deve essere sommato
il fatto che l'evoluzione della struttura imprenditoriale va verso tecnologie
sempre più rapidamente soggette ad obsolescenza nonché verso una
terziarizzazione dell'economia. Si comprende allora come una corretta
definizione del contesto macroeconomico e il riconoscimento della capacità
del management di cogliere i segnali di mutazione rivestano (o dovrebbero
rivestire) un ruolo fondamentale nella formulazione di un giudizio sul merito
creditizio dell'azienda.
Questo tipo di analisi abitualmente non produce una vera e propria probabilità
d'insolvenza, bensì genera un risultato che può essere espresso:
in forma dicotomica, classificando l'azienda come affidabile o non affidabile;
in forma di appartenenza ad una specifica classe di merito creditizio (rating) ,
espressiva di un determinato livello di affidabilità.
Introduzione al rischio di credito
16
I vantaggi e gli svantaggi offerti da questo tipo di approccio sono legati al
medesimo fattore: la soggettività dell'analisi. Il fatto che la procedura di
valutazione venga svolta da un analista consente infatti di prendere in
considerazione sia variabili di natura quantitativa, come i dati di bilancio, sia
elementi più effimeri quali le variabili qualitative, che sfuggirebbero all'esame di
un modello di tipo statistico. Questa caratteristica assume notevole rilevanza in
un tessuto economico come quello italiano, caratterizzato dall'esistenza di una
miriade di piccole e medie imprese per le quali un giudizio di merito basato
esclusivamente su un'indagine quantitativa risulterebbe essere riduttivo e
oltremodo penalizzante. Il danno in questo caso sarebbe duplice: per l'azienda,
che non otterrebbe il finanziamento pur avendone i requisiti, e per l'istituto di
credito, che perderebbe un'opportunità di guadagno per miopia nella valutazione.
L'intervento dell'analista finanziario dovrebbe invece permettere di cogliere tutti
gli elementi necessari per una corretta formulazione dell'affidabilità del soggetto
richiedente il prestito.
Per contro, il più grosso limite di questo modus operandi è dato dal fatto che il
giudizio emesso per una medesima impresa, essendo soggettivo, può essere
diverso se formulato da analisti differenti: la richiesta di credito potrebbe venire
respinta da un istituto e accettata da un altro con una disparità di trattamento e
una difficoltà di valutazione dell'azienda da parte del mercato.
1.4.2 - Modelli basati sul mercato dei capitali
A questa classe di modelli, che stanno riscuotendo un successo crescente
nell'area commerciale, appartengono due principali approcci: le tecniche che
prendono come dato di riferimento il prezzo delle obbligazioni e quelle
impostate attorno alla teoria delle opzioni.
Il ragionamento che sta alla base delle tecniche di previsione delle insolvenze
fondate sul prezzo dei titoli obbligazionari è relativamente semplice: la
Introduzione al rischio di credito
17
f
rrLGDprp +=+−−++ 1)1)(1)(1()1(
differenza esistente tra il rendimento di un titolo free risk e un titolo privo di tale
caratteristica riflette la necessità di compensare i possessori di quest'ultimo per il
rischio che l'obbligazione non venga onorata.
In estrema sintesi:
Valore di un titolo
di Stato
-
Valore di
un'obbligazione
=
Valore attuale delle perdite
attese per l'insolvenza
In tale spread sono contenute tutte le informazioni necessarie per valutare la
probabilità che l'impresa diventi insolvente. In ipotesi di neutralità verso il
rischio dovrà infatti essere:
con:
p = probabilità d'insolvenza;
LGD = perdita indotta dall'insolvenza (loss given default);
r = rendimento dell'obbligazione;
r
f
= tasso privo di rischio.
A tal proposito, si assume che, in caso tale evento si verifichi, tutte le
obbligazioni godano del medesimo trattamento e che gli obbligazionisti ricevano
uguale proporzione del valore che i titoli avrebbero qualora il debito fosse
onorato.
I dati necessari per ottenere i tassi d'insolvenza attesi dal mercato sono:
la curva dei tassi di rendimento degli zero coupon bond privi di rischio
(approssimati al rendimento dei titoli di Stato);
−−
+
+
= )1(
1
1
1
LGD
r
r
LGD
p
f
Introduzione al rischio di credito
18
la curva dei tassi di rendimento degli zero coupon bond rischiosi di
riferimento;
i tassi di recupero in caso si verifichi l'insolvenza (1-LGD).
Questa tecnica, detta anche di tipo comparison pricing, presuppone che:
1. la teoria delle aspettative sui tassi d'interesse regga;
2. esista una curva dei credit spread a scadenza;
3. esista un mercato obbligazionario sufficientemente spesso ed ampio.
Le metodologie option based sfruttano invece i dati provenienti dal mercato per
giungere a formulare una stima del tasso d'insolvenza partendo dalla seguente
considerazione: il valore delle attività di un'impresa si evolve in continuazione
nel tempo e i mercati sono le istituzioni più veloci a registrare tali cambiamenti,
traducendoli in corrispondenti variazioni del valore delle azioni. Poiché
nell'Option Pricing Model di Black,Scholes e Merton le azioni equivalgono ad
una call scritta sul valore delle attività, è possibile stabilire un legame tra
l'evoluzione del prezzo dei titoli azionari e quella del valore di mercato dell'attivo
dell'azienda. Tale relazione, nota la scadenza del debito, permette di stabilire le
probabilità che l'impresa diventi insolvente.
All'esame di uno dei più noti modelli basati su questo tipo di relazione (Credit
Monitor di KMV) sono dedicati i capitoli 2 e 3.
I vantaggi di queste tipologie di approccio sono legati all'oggettività della
procedura di valutazione e all'utilizzo di dati provenienti dal mercato che,
riflettendo le aspettative degli operatori, sono forward looking.
Gli svantaggi sono essenzialmente due:
il primo è legato all'inapplicabilità di tali modelli ad imprese non quotate o
che non ricorrono all'emissione di prestiti obbligazionari per ottenere
finanziamenti;
il secondo, riferito alle tecniche che si fondano sulla Teoria delle Opzioni,
riguarda l'utilizzo della volatilità del prezzo del prezzo delle azioni
dell'impresa come variabile di tipo proxy efficiente per derivare la variabilità
implicita attesa del valore delle attività.