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La disciplina della Trasparenza
I diversi significati del termine “Trasparenza”
La ―Trasparenza‖è un termine oramai ampiamente utilizzato: nell’arco di alcuni
anni si è diffuso in diversi settori e discipline, è penetrato nei testi normativi e nel
linguaggio giurisprudenziale. Il termine fa riferimento ad una qualità, un modo di
essere che si contrappone alla ―opacità‖, alla illeggibilità, alla indecifrabilità,
oppure alla scarsa leggibilità o alla scarsa decifrabilità di:
I. un documento, un bilancio, un prospetto, un contratto, una clausola
contrattuale o un frammento di clausola, un allegato ad un
contratto;
II. un assetto proprietario, riferito alla titolarità di azioni societarie;
III. una operazione economica;
IV. un comportamento tenuto da soggetti che sono investiti di un
potere, come accade per gli amministratori di società;
V. un comportamento tenuto dalle parti contrattuali nella fase
precedente alla conclusione di un contratto, nelle fase della
conclusione o nella fase di esecuzione del contratto, ecc …
Lo stesso termine è diventato alquanto comune nel linguaggio degli organi
comunitari, anche se con significati e finalità diverse. Ad esempio nei documenti
elaborati dalle Direzioni generali della Commissione europea in materia di
Securities, si fa riferimento alla trasparenza come obiettivo da raggiungere nel
mercato interno. E’ divenuta un canone di comportamento sia dei privati che della
pubblica Amministrazione, una direttiva ordinante del mercato, una tecnica di
negoziazione, una garanzia di correttezza di comportamento, …
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L’entusiasmo per questo vocabolo ha fatto sì che oggi venga usato in modo quasi
naturale, ma senza una precisa individuazione del suo significato e senza una
precisa individuazione del suo ruolo. Anzi, proprio perché il suo impiego è così
variegato e i soggetti che lo utilizzano sono così numerosi e svolgono funzioni tra
loro così differenti, occorre ogni volta controllare la sua estensione semantica.
Di solito il termine è associato ad un’altra parola di cui ne diviene connotato
qualificante (la trasparenza del contratto, la trasparenza del rapporto, la
trasparenza del comportamento, la trasparenza del documento) ed implica quindi
chiarezza contrapposta ad opacità, correttezza contrapposta a slealtà, rivelazione
contrapposta a celamento, informazione contrapposta ad ignoranza.
Per quanto riguarda il settore dei contratti, si possono distinguere almeno tre
diverse accezioni di ―Trasparenza‖:
I. l’accezione originaria, di cui è difficile individuare il momento di ingresso
nel vocabolario della dottrina (non si sa se discende da traduzioni di
espressioni omologhe straniere o dal linguaggio degli economisti) si può
far risalire approssimativamente alla metà degli anni Ottanta, in occasione
della discussione di alcuni progetti di legge riguardanti la disciplina dei
rapporti tra le banche e la clientela e per la diffusione della circolare ABI
del 25 ottobre del 1988 contenente il testo di un ―accordo interbancario per
la pubblicità e la trasparenza delle condizioni praticate alla clientela‖ e di
un regolamento di autodisciplina per le banche aderenti. In questo contesto
il termine in questione veniva utilizzato dai commentatori in connessione
con l’impiego da parte delle banche di clausole contrattuali contenenti il
rinvio alle NBU (norme bancarie uniformi) e con riferimento alla clientela
composta da ―consumatori‖o ―contraenti o parti deboli‖ del rapporto.
II. Un significato successivo, di portata più generale, riguardante la fase della
trattativa, la fase delle conclusione e la fase della redazione del contratto;
in caso di contratto già predisposto, la ―trasparenza‖ si riferiva alla
questione dell’inserimento nel modulo o nel formulario di clausole abusive
ex art. 1469bis c.c.
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III. Una accezione ancora più recente riguarda le modalità di confezionamento
del testo contrattuale con il corredo di documenti, note informative,
comunicazioni pre-negoziali, tutte operazioni predisposte dalla banca ed
effettuate normalmente nella fase anteriore alla sottoscrizione del contratto
da parte del cliente. Da qui scaturisce la problematica sulla asimmetria
dell’informazione che si registra tra il professionista a cui si riconosce una
posizione dominante e il consumatore o parte debole; la discussione sulla
intelligibilità e chiarezza delle clausole contrattuali contenute nei moduli o
formulari; la questione della vessatorietà delle clausole contenute nei
contratti dei consumatori.
IV. Una accezione più connotata e specifica che riguarda i settori del mercato
finanziario, come risulta dalla nuova disciplina dell’attività bancaria e
dell’intermediazione finanziaria
1
.
Gli obiettivi della normativa sulla trasparenza
Ai rapporti tra le banche e i consumatori dei prodotti bancari viene imposto dal
legislatore un grado di trasparenza maggiore rispetto di quello che il diritto
comune pretende, in generale per i rapporti tra le imprese e gli acquirenti dei
relativi prodotti.
Le ragioni della maggior trasparenza dei rapporti bancari con la clientela vanno
ricercate sia nella natura dei prodotti bancari, sia nella necessità di assicurare il
massimo di efficienza all’esercizio dell’attività bancaria, nell’interesse generale
del sistema economico. Per la prima parte è necessario tenere presente che i
prodotti bancari sono costituiti da contratti e che, pertanto, la possibilità di
conoscerne il contenuto da parte dei relativi consumatori è mediamente inferiore a
quella acquisibile nei confronti di prodotti che abbiano un qualche punto di
riferimento empirico che rientri nell’esperienza comune. Di qui la necessità di
imporre al soggetto che produce tali beni l’obbligo di fornire informazioni
normalmente non richieste sulla base del diritto comune.
1
G.ALPA-A.ANTONUCCI –F.CAPRIGLIONE – S.ORTINO per la collana “Strumenti e modelli di
diritto dell’economia. La trasparenza dei contratti bancari” Cacucci Editore – Bari 2003
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Tuttavia, le caratteristiche dei prodotti bancari non sono sufficienti per giustificare
gli obblighi di trasparenza imposti alle banche; a tale scopo è necessario anche
tener conto dell’interesse generale affinchè l’attività bancaria venga esercitata nel
modo più efficiente possibile. Questo obiettivo viene affidato al grado di
concorrenzialità del mercato bancario, a sua volta condizionato dalla trasparenza
e, quindi, dalla possibilità per i consumatori di conoscere le caratteristiche e le
condizioni contrattuali praticate dai diversi operatori. In altri termini la
trasparenza delle condizioni contrattuali è uno strumento per assicurare
concorrenzialità al mercato bancario e di conseguenza efficienza all’esercizio
dell’attività bancaria.
Proprio tenendo presente la connessione tra trasparenza delle condizioni
contrattuali e concorrenzialità del mercato bancario che si può facilmente capire il
diverso atteggiamento riservato alla trasparenza nel sistema della legge bancaria
del 1936 e nel nuovo ordinamento bancario codificato con il T.U. del 1993. La
prima era attenta soprattutto alla stabilità delle banche e considerava la
concorrenza tra le stesse come un pericoloso fattore di instabilità, e non si
preoccupava in alcun modo di consentire, al consumatore di tali servizi, un
giudizio comparativo tra questi ultimi; il secondo, che accanto alla stabilità
persegue anche la concorrenzialità del mercato, non poteva non eliminare le
opacità che impedivano al consumatore dei prodotti bancari, sia sul lato della
raccolta che sul lato degli impieghi, di conoscere le alternative offerte dal
mercato.
Le norme sulla trasparenza delle condizioni contrattuali affrontano un problema di
asimmetria informativa e perseguono la concorrenzialità del mercato e per questi
motivi si può dire che tutelano il contraente debole.
La disciplina che regola la trasparenza delle condizioni contrattuali in realtà
contiene anche norme che sono dirette al riequilibrio delle prestazioni tra le parti,
incidendo sul contenuto del contratto, allo scopo di evitare le conseguenze
negative che sulla parte più debole possono derivare da una condizione di
strapotere della controparte. Nella realtà si riscontrano infatti molte situazioni
nelle quali un contraente si trova in una posizione di forza rispetto alla
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controparte, nel senso che è in grado di imporre il proprio assetto negoziale,
unilateralmente stabilito. L’altro contraente invece non è in grado di incidere sul
regolamento contrattuale e si trova quindi nella situazione di dover semplicemente
scegliere tra l’accettazione del contratto che gli viene sottoposto o il relativo
rifiuto. Non sempre tuttavia questa scelta è possibile, nel senso che sovente il
contraente debole è in qualche modo costretto ad accedere al bene o al servizio
erogato dal contraente forte.
In questo modo, il secondo contraente nel momento in cui aderisce alla proposta
contrattuale della controparte, corre il rischio di trovarsi vincolato a regole
contrattuali sfavorevoli nei propri confronti, in quanto unilateralmente predisposte
dal contraente forte, il quale tenderà ad esercitare la sua posizione di supremazia
proprio per costruirsi un regolamento contrattuale a suo favore. Si è quindi reso
necessario l’individuazione di correttivi idonei ad evitare o mitigare le
conseguenze negative a cui potevano condurre queste situazioni di disparità tra le
parti, nell’intento di elaborare strumenti di tutela in favore del contraente in
posizione di debolezza.
Una linea di intervento ha fatto leva proprio sul concetto di trasparenza, nel senso
di obbligare il contraente forte e quindi in grado di predisporre unilateralmente le
―regole del gioco‖, a fornire alla controparte un’informazione chiara e completa
circa il contenuto di quelle regole, cioè sui diritti e gli obblighi previsti dal
contratto. In questo modo si possono perseguire un duplice ordine di obiettivi: il
primo consente al contraente debole di acquisire piena consapevolezza delle
conseguenze che deriveranno dalla stipulazione di quel dato contratto evitando
sorprese in corso d’opera, ossia sopravvenute durante lo svolgimento del rapporto
in ragione di una incompleta percezione del regolamento contrattuale. In questo
modo la trasparenza contrattuale si lega indissolubilmente all’istanza di tutelare il
soggetto che accede al contratto in posizione di debolezza e che rischia di trovarsi
vincolato ad un rapporto contrattuale non pienamente compreso.
Su questa linea di ragionamento si può sviluppare anche il secondo ordine di
obiettivi perseguito dalle norme sulla trasparenza, che è quello di favorire la
concorrenza. Si considera infatti che l’obbligo di trasparenza viene imposto
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secondo criteri uniformi, a tutti gli intermediari finanziari ed è facile rendersi
conto che tale obbligo quindi diventa funzionale a consentire alla controparte di
confrontare le diverse proposte del mercato bancario e di scegliere quella ritenuta
più conveniente per i propri interessi.
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Le norme sulla trasparenza impongono obblighi di informazione alla banca per
garantire la concorrenzialità del mercato e l’efficienza delle gestioni bancarie. Le
stesse debbono pertanto essere distinte dalle norme che, in considerazione della
natura dello scambio che caratterizza i prodotti bancari, impongono ulteriori gradi
di trasparenza ai relativi rapporti. I prodotti bancari infatti sono caratterizzati dallo
scambio di un bene presente con un bene futuro, sia sul lato della raccolta (il
depositante trasferisce denaro alla banca e riceve in cambio la promessa della
futura restituzione dello stesso) sia su quello degli impieghi (la banca trasferisce
denaro all’affidato che promette di restituirlo), senza l’attribuzione di un potere di
gestione a favore di colui che trasferisce il bene presente, sul soggetto che si
obbliga alla prestazione futura. Di qui l’interesse del risparmiatore per la capacità
della banca di restituire il deposito e della banca a ricevere il rimborso delle
somme concesse e il conseguente interesse dei medesimi a conoscere le
condizioni dei rispettivi debitori. L’interesse del depositante è protetto in larga
misura dalle norme di vigilanza che garantiscono la stabilità della banca e quindi
il suo interesse a conoscere le condizioni patrimoniali e finanziarie di quest’ultima
non è preso in considerazione dal legislatore; la sua tutela è in genere affidata alle
stesse norme alle quali è demandata la trasparenza della banca nei confronti dei
terzi, senza l’attribuzione al depositante, in quanto tale, di un diritto di
informazione rafforzato. Della stessa protezione non gode, almeno nella generalità
dei casi, il diritto della banca alla restituzione di quanto prestato: di qui l’obbligo
per l’affidando di rendere note alla banca a cui chiede la concessione del credito,
le proprie condizioni economiche, patrimoniali e finanziarie; obbligo penalmente
2
“La trasparenza bancaria” di Andrea Nervi all’interno di “L’attività delle banche” di Alberto
Urbani edizioni CEDAM – anno 2010.
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sanzionato (mendacio bancario) e che impone al rapporto bancario un grado di
trasparenza sconosciuta anche sotto questo profilo al diritto comune
3
.
Un ulteriore obiettivo che si cerca di raggiungere tramite la normativa secondaria
al momento vigente in tema di trasparenza intitolata:‖Le nuove istruzioni di
Vigilanza di Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi
bancari e finanziari e di correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti‖ è
quello della correttezza. Essa appare già nel titolo delle Nuove Istruzioni il che
corrisponde ad uno sforzo teso ad attribuire maggiore sostanza al termine. Nelle
Nuove Istruzioni affiora di continuo, tra una regola e l’altra, il principio di
correttezza nei rapporti con i clienti e si tenta per la prima volta di individuare
quali possano essere i comportamenti corretti, o quanto meno, indicare dei
modelli che devono essere seguiti. A volte è la stessa Banca d’Italia che si
sostituisce agli intermediari nel predisporre correttamente un documento (per
esempio delineando prototipi dei documenti che contengono le informazioni che
devono essere esposte), altre volte mostrando le regole sintattiche e di struttura
della frase che devono essere utilizzate per comunicare con i clienti: ‖semplicità
sintattica e chiarezza lessicale sono calibrate sul livello di alfabetizzazione
finanziaria delle differenti fasce di clientela, anche in relazione al prodotto
proposto … Scrivere frasi brevi e semplici, con una sola informazione principale,
pochi incisi e subordinate‖ (vedi allegato 1 al documento di discussione delle
Nuove Istruzioni). Non vi sono dubbi sul fatto che i documenti informativi
debbano essere redatti con chiarezza e semplicità con lo scopo di essere compresi,
di rilevare e di non occultare. La maggiore difficoltà sta nel riuscire a fare ciò
senza volgarizzare a tal punto il linguaggio tecnico da renderlo impreciso; è
evidente che le Istruzioni non vogliono banalizzare o volgarizzare un linguaggio
che è necessariamente tecnico, ma il linguaggio tecnico non deve trasformarsi in
tecnicismo teso a rendere oscuro il testo per i clienti.
4
3
“La trasparenza dei rapporti bancari e delle operazioni bancarie” in “ L’ordinamento bancario”
di Renzo Costi –anno 2007.
4
“Trasparenza e correttezza delle operazioni bancarie e di investimento (note alle Nuove
Istruzioni di Banca d’Italia sulla Trasparenza)” a cura di Alberto Lupoi – Contratto e impresa
fascicolo 6 anno 2009
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L’Evoluzione negli anni della normativa sulla trasparenza
L’attuale disciplina della Trasparenza bancaria è formata, a livello di normativa
primaria, D.Lgs. del 1° settembre 1993 n. 385 detto Testo Unico Bancario (TUB).
Esso dedica l’intero Titolo VI alla ―Trasparenza delle condizioni contrattuali‖ e
questo titolo viene suddiviso in tre capi rivolti rispettivamente 1) alle ―Operazioni
e servizi bancari e finanziari‖; 2) al ―Credito al Consumo‖; 3) ―Regole generali e
controllo‖.
A livello di normativa secondaria, l’attuale disciplina della Trasparenza bancaria,
è formata dal provvedimento del 29 luglio 2009, pubblicato sulla G.U. n.217 del
18 settembre 2009 emanato da Banca d’Italia in cui sono inserite le nuove
disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e
finanziari, che hanno sostituito le disposizioni precedentemente contenute nel
Titolo X Capitolo I delle Istruzioni di Vigilanza per le banche, oggi espressamente
abrogato. Con successivo provvedimento del 15 febbraio 2010, le disposizioni del
29 luglio 2009 sono state nuovamente sostituite ed integrate con la disciplina di
attuazione del d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, con il quale è stata recepita nel
nostro ordinamento la Direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento nel mercato
interno.
Oltre a queste fonti, bisogna tenere presente l’esistenza di una disciplina generale
riguardante i contratti dei consumatori, in cui si trovano anche norme relative alla
trasparenza contrattuale (D.Lgs. 6 settembre 2005 ―Codice del consumo‖ artt. 33 e
seguenti).
Ulteriori disposizioni rilevanti sono:
- La legge 262/2005 che ha previsto (articolo 25) il coinvolgimento della
Consob per le proposte, da parte di Banca d’Italia, di deliberazione al
CICR in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e
l’adesione obbligatoria delle banche e degli intermediari finanziari a forme
di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori.
- D.L. 27 dicembre 2006 n. 297 che ha inserito nel TUB l’articolo 116 bis,
che attribuisce alla Banca d’Italia la facoltà di disporre che le banche e gli
intermediari finanziari illustrino alle imprese che ne facciano richiesta,
senza oneri, i principali fattori alla base dei rating che le riguardano. Si
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tratta di una applicazione della trasparenza ai sistemi di valutazione delle
aziende prescritti dall’accordo Basilea 2.
Ma come si è arrivati fino a questo punto?
Si ricorda che fino alla metà degli anni Ottanta la regolamentazione contrattuale
delle operazioni bancarie era rimessa alle Norme Bancarie Uniformi (NBU) e i
contratti delle banche si caratterizzavano per la loro opacità e per il loro squilibrio
fra le condizioni contrattuali delle parti.
Fu soltanto grazie all’impulso proveniente dall’ordinamento comunitario, attento
alla lealtà delle transazioni commerciali e alla conseguente tutela del
consumatore, che cominciò a cambiare quello status quo.
E’ di quel periodo infatti, la direttiva 87/102 sul credito al consumo, che ha aperto
la strada all’introduzione, anche nel nostro ordinamento, di una disciplina delle
condizioni contrattuali per le operazioni bancarie; in coincidenza con la sua
adozione venne presentato il primo progetto di una disciplina speciale per la
trasparenza e il riequilibrio dei rapporti bancari
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; quel primo progetto era mosso
dal duplice scopo di ―conseguire una maggiore efficienza del mercato del credito‖
e ―un equo e moderno regolamento dell’attività bancaria‖ e quindi perseguiva sia
gli scopi tipici della trasparenza, che quelli della tutela del contraente debole
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Nell’ottobre del 1988, su iniziativa dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI),
venne stabilito tra le banche italiane un ―Accordo per la pubblicità e la trasparenza
delle condizioni praticate alla clientela‖; si trattava del primo tentativo di
introdurre discipline su base volontaria o di autoregolamentazione. con questo
accordo le banche si impegnavano a rendere pubbliche, mediante avviso, le
condizioni praticate, ad adottare nel computo degli interessi i criteri fissati
dall’accordo, a dare comunicazione alla clientela delle variazioni dei tassi attivi e
passivi.
Nonostante il codice di autodisciplina, il movimento che tendeva ad introdurre
una disciplina legislativa sulla trasparenza continuò; il tutto sfociò nella legge del
17 febbraio 1992 n. 154 recante ‖Norme per la trasparenza delle operazioni e dei
servizi bancari e finanziari‖ e nella legge ―comunitaria‖ del 19 febbraio 1992 n.
5
Proposta di legge n.3617 d’iniziativa dei deputati Minervini e altri del 24 marzo 1986.
6
“L’ordinamento bancario “ di Renzo Costi – anno 2007- edizioni CEDAM.