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INTRODUZIONE
“Purtroppo, nel calcio di oggi, conta solo il risultato e nessuno pensa piø a far divertire
la gente”.
(Z. Zeman)
Quando il calcio era solo un gioco, erano la passione e lo spirito di gruppo a far
correre gli atleti dietro ad un pallone. In pochi anni quella passione coinvolse milioni di
persone in tutto il mondo, tanto da farlo diventare lo sport piø popolare.
Ma di fronte ad un entusiasmo ed un coinvolgimento così diffusi il calcio non poteva
continuare ad essere un semplice gioco. Cominciarono a nascere numerose associazioni
sportive, squadre che si affrontavano in tornei e campionati organizzati con, alle spalle,
primitive forme di federazioni. Era oramai uno spettacolo, una fonte di divertimento e di
intrattenimento e, come tale, era in grado di attrarre un pubblico numeroso, soprattutto
in presenza di campioni capaci di giocate spettacolari. Scrive il semiologo Barthes a
commento delle immagini girate all'inizio degli anni Sessanta dal regista canadese
Hubert Aquin per il documentario “Lo sport e gli uomini”: «In alcune epoche e in
alcune società il teatro ha svolto un'importante funzione sociale: riuniva tutta la
cittadinanza in un'esperienza comune, la conoscenza delle proprie passioni. Oggi
questa funzione viene svolta, a suo modo, dallo sport
1
». Il pubblico pagante voleva
divertirsi e le squadre cercavano di accaparrarsi i migliori giocatori in circolazione per
garantirsi visibilità, popolarità e successo. Il calcio non era ancora diventato quello
odierno, ma già il cambiamento cominciava ad avvertirsi e la sua evoluzione era tanto
lenta quanto incontrollata.
Anche il mondo imprenditoriale vantava numerosi appassionati, che cominciarono
ad avvicinarsi a questa nuova realtà investendo denaro per assicurarsi le prestazioni dei
migliori atleti, garantendo loro lauti compensi e premi in caso di vittoria. Nel mondo di
un gioco divenuto spettacolo e ben presto business, il terreno della competizione si
spostò velocemente dal rettangolo verde agli uffici dei maggiori dirigenti. Il calcio
offriva una nuova possibilità di guadagno, se pur molto aleatoria, e non tardò a
scatenare la corsa degli investitori a caccia di talenti che potessero fare la fortuna
propria, di procuratori e squadre, allettate dall’idea di ottenere importanti ritorni,
1
C. Authier, Foot business, Hachette, 2001.
5
economici e non, dato il sempre crescente potere commerciale e mediatico di questo
sport.
Da allora le partite, la possibilità di vincere e avere sempre piø seguito cominciarono
a giocarsi a suon di milioni. Ebbe inizio una vera e propria degenerazione che vide le
squadre disposte a spendere cifre esorbitanti che superavano di gran lunga gli introiti
derivanti dagli sponsor e dal seguito di tifosi presenti negli stadi. In particolare, in Italia
si cercò di intervenire a livello governativo per arginare questo fenomeno, imponendo la
trasformazione di tutte le squadre professionistiche dalla forma di associazioni sportive
non riconosciute in quella di società di capitali, dotate di personalità giuridica e soggette
alla redazione del bilancio d’ esercizio. E’ da quel momento che la pratica dell’earnings
management, su cui questo lavoro è incentrato, ha cominciato ad interessare anche i
bilanci delle società calcistiche. Tali società si trovavano infatti (e si trovano tuttora) ad
operare in un contesto che offre limitate fonti di ricavo, che richiede ingenti spese per
mantenere un certo grado di competitività e per attenersi ai prezzi di mercato (cresciuti
in maniera spropositata negli ultimi anni, per l’entrata nel settore di magnati, petrolieri e
sceicchi disposti a spendere capitali di notevole entità), difficilmente ridimensionabili,
se non con un intervento deciso e severo tanto dei governi quanto delle federazioni.
Il presente lavoro nasce pertanto dall’idea di analizzare proprio le principali
operazioni contabili che, negli ultimi anni, a causa dell’evoluzione subita dal settore
finora descritta, costituiscono casi di earnings management sempre piø diffusi nei
bilanci delle società, oberate spesso da pesanti perdite. L’analisi parte dall’esposizione
del concetto di earnings management e dei diversi significati attribuiti a tale
espressione, specificando a quale di essi si farà riferimento nel prosieguo del lavoro
ogni qualvolta essa sarà utilizzata. Successivamente, a completamento del primo
capitolo, si cerca di spiegare perchØ, nonostante quello del calcio sia un settore che
comporta ingenti perdite per gli azionisti delle società, si investa tuttora in esso. Nel
secondo capitolo si effettua una descrizione delle principali norme che hanno
contribuito a modificare l’assetto giuridico ed economico delle società di calcio,
comportando, come già anticipato, la trasformazione delle stesse da associazioni
sportive a società. Nel terzo capitolo viene riportata un’analisi aggregata della
situazione delle società partecipanti alla massima serie italiana - serie A Tim - e dei
principali club europei, effettuata annualmente dalla società di revisione e consulenza
Deloitte & Touche S.p.a., che mira a descrivere la situazione finanziaria complessiva
degli stessi club. Proseguendo, nel capitolo si discutono la scelta di alcune società di
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serie A (Juventus F.C., A.S.Roma, S.S. Lazio) di quotarsi in Borsa e i vantaggi e gli
svantaggi di questa scelta per le società che operano nel settore calcio. Dopo aver
analizzato il panorama calcistico attuale, il quarto capitolo entra nel vivo del discorso e
si incentra sull’ analisi delle tipiche voci di bilancio delle società calcistiche e
successivamente descrive, caso per caso, le principali operazioni contabili che rientrano
nella definizione di earnings management, come comunemente intesa. Infine, nel quinto
capitolo, il quale conclude il seguente lavoro, si espongono alcuni temi e problemi di
estrema attualità, oggetto di recenti discussioni. In particolare, si mettono in evidenza
alcune potenziali fonti di ricavo alternative per le società di calcio, che possano
permettere il sostenimento degli attuali costi di gestione, quali ad esempio l’ottenimento
della proprietà degli stadi. Si fa poi successivo riferimento all’ intervento degli ultimi
mesi dell’UEFA (la federazione calcistica europea), la quale ha varato nuove regole per
garantire il cosiddetto fair-play finanziario, con l’obiettivo di raggiungere una piø
equilibrata gestione finanziaria delle società: pena l’esclusione dalla partecipazione ai
maggiori tornei europei e internazionali per le stesse squadre.
Prima di concludere è doveroso fare una precisazione riguardo l’analisi dei casi di
earnings management cui verrà dedicata particolare attenzione nel corso
dell’esposizione, poichØ costituiscono l’argomento centrale del presente lavoro.
Obiettivo dello stesso, infatti, non è giudicare la bontà delle principali operazioni
contabili che è possibile rilevare, nel caso specifico, nei bilanci delle società di calcio
professionistiche. L’unico scopo che ci si prefigge è quello di realizzare una mera
presentazione di quelle operazioni contabili la cui incertezza di valutazione comporta
stime soggettive che incidono sul risultato d’esercizio pur, tuttavia, senza travisarlo o,
ancor peggio, costituire una frode contabile.
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CAPITOLO PRIMO
L’EARNINGS MANAGEMENT E IL SETTORE
CALCIO
1.1 Che cos’è l’earnings management
Prima di parlare di earnings management e dei diversi modi di intenderlo è
necessario fare delle considerazioni preliminari. La contabilità, in quanto sistema di
rilevazione continua di tutti i fatti aziendali aventi rilevanza economica, non consente
valutazioni precise e fedeli degli stessi. Queste ultime, di conseguenza, sono spesso
basate su convenzioni e su una serie di stime fortemente soggettive. Per limitare in parte
questa discrezionalità nella contabilizzazione di alcuni elementi, i principi contabili,
nazionali ed internazionali, impongono delle regole contabili che le società devono
osservare nella redazione del bilancio d’esercizio. Tuttavia, la natura stessa dell’attività
di rilevazione contabile non consente una regolamentazione esaustiva e standardizzata
dei metodi di valutazione di tutti gli accadimenti aziendali. Nonostante lo sforzo del
legislatore di giungere ad una disciplina unica e omogenea di contabilizzazione, esiste
un naturale margine di discrezionalità praticamente ineliminabile.
Se, pertanto, è riconoscibile come frode o manipolazione contabile ogni rilevazione
che violi evidentemente i principi contabili, si intende comunemente con l’espressione
inglese “earnings management” (che in italiano potrebbe essere tradotta come “gestione
dell’utile”) la possibilità, per il management di un’impresa, di sottoporre ad un certo
grado di soggettività la valutazione di alcune voci contabili e, quindi, la possibilità di
modificare in base ad esse il risultato economico d’esercizio senza però, si badi bene,
incorrere in alcuna violazione delle norme contabili.
Questo è possibile attraverso due ordini di decisioni:
- Scegliere la data alla quale far corrispondere alcune operazioni aziendali;
- Effettuare stime soggettive su alcuni elementi dello Stato patrimoniale e del
Conto economico
2
.
2
Le principali voci contabili basate su stime e proiezioni sono: Impianti, immobili e macchinari, goodwill
e altri intangibili, Crediti, Scorte, Imposte differite e debiti potenziali; Ricavi, Costo per pensioni, Ricerca
& Sviluppo in corso.
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Nei diversi modi di intendere comunemente l’earnings management si è soliti dare
una connotazione negativa a questa espressione. La ragione è da ricercare soprattutto
nel fatto che, molto spesso, essa viene erroneamente usata per indicare vere e proprie
manipolazioni contabili, che vanno al di là della mera soggettività di stima ed hanno lo
scopo di falsificare le scritture contabili. Ma bisogna tener presente che il confine della
legalità consente di distinguere le pratiche di earnings management da quelle
fraudolente. Nel primo caso non vi è infatti alcun intento da parte del management di
alterare i dati contabili al fine di creare un inganno, di trarre personale profitto o altri
tipi di vantaggio da queste operazioni. Questi ultimi tentativi, invece, non rientrano
pienamente nella definizione di earnings management, ma si pongono al confine con le
condotte fraudolente. Per queste situazioni si dovrà intervenire per accertare, caso per
caso, eventuali violazioni dei principi contabili. E’ piø corretto, invece, identificare
l’earnings management con un processo attraverso il quale il management, agendo in
conformità ai principi contabili accettati e sfruttando il margine di discrezionalità che
questi ultimi concedono, riporta contabilmente una serie di dati finanziari, cercando di
presentare all’esterno un risultato che sia vicino al livello desiderato dagli azionisti.
Naturalmente, questo raggio d’azione lasciato al management e che potremmo definire
“fisiologico” è rappresentato dalla presenza di asimmetrie informative tra lo stesso
management e gli stakeholder. La possibilità di avere dati ed informazioni non
disponibili ai piø consente al management di poter operare con un certo grado di
soggettività su alcune voci del bilancio d’esercizio.
Ci sono diversi modi attraverso i quali è possibile esercitare il proprio giudizio. Per
esempio tramite le stime che riguardano il valore finale e la durata di un certo bene,
oppure riguardo a possibili spese future non ancora avvenute o anche sui differenti
metodi contabili per descrivere determinate transazioni (la scelta tra metodi LIFO e
FIFO nel calcolo del deprezzamento), senza dimenticare le scelte relative alla
strutturazione delle transazioni aziendali quali il leasing, il noleggio o l’acquisto di
determinati beni e altro ancora.
Ma mentre si tende solitamente a sottolineare come questa differenza, nella quantità
e nella qualità delle informazioni, possa essere pericolosa per i portatori d’interesse, si
ha scarsa considerazione dei benefici che l’earnings management può comportare a
livello informativo. Tali benefici consistono nel migliorare la credibilità del
management in quei casi in cui le informazioni private di cui sono in possesso servano
realmente a meglio descrivere la situazione finanziaria dell’azienda, che la presenza di
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norme contabili non consentirebbe di rappresentare fedelmente. Il riferimento è
chiaramente a quelle voci del bilancio d’esercizio per le quali una rigorosa
regolamentazione contabile non è possibile (poichØ soggette ad un alto grado di
discrezionalità) e, se esistesse, causerebbe il piø delle volte una rappresentazione
distorta e non veritiera della realtà aziendale, con conseguente danno per gli azionisti e
gli stakeholder. Secondo questa logica gli investitori riceverebbero dunque informazioni
piø certe sulla situazione aziendale, sulla base di stime che, per quanto soggettive, siano
verosimili e approssimativamente vicine al reale valore degli elementi cui si riferiscono.
Inoltre, l’earnings management è anche un mezzo che i manager hanno per rivelare agli
investitori le proprie aspettative riguardo ai futuri flussi di cassa dell’azienda, attraverso
un’ampia gamma di scelte contabili che influiscono direttamente sulla valutazione
economica dell’impresa.
Si rivela perciò spesso necessaria un’analisi approfondita, che consideri il contesto in
cui tali scelte vengono intraprese. L’earnings management ha a che fare con un’ampia
zona grigia e definire quali operazioni provochino profonde distorsioni e quali no
diventa spesso un’operazione molto difficile. Si pensi a tutte le normali decisioni quali
la diminuzione dei costi, l’investimento di utili in eccesso, la vendita di beni. Queste
scelte, quando messe in atto per raggiungere gli obiettivi di breve termine, possono
risultare ambigue. Risulta difficile giudicare se tramite alcune decisioni piuttosto che
altre il reale andamento degli affari possa in un certo modo venire falsato agli occhi
degli investitori. Per capire con certezza quali decisioni incidano in maniera rilevante
sul risultato finale bisognerebbe capire le intenzioni dei manager, cosa chiaramente
impossibile.
Ancora, si possono citare a titolo esemplificativo le decisioni che, pur rispettando le
norme contabili, comportano complesse valutazioni riguardo alla misurazione di
strumenti finanziari strutturati e derivati. Il numero crescente di valutazioni soggettive,
stime, assunzioni e aspettative nei confronti del futuro possono così portare a differenti
combinazioni di dati finanziari, alcune piø plausibili di altre, ma tutte in un modo o
nell’altro possibili e legali.
In generale, le principali operazioni contabili rientranti nell’espressione di earnings
management hanno tre scopi principali:
- aumento degli utili, come risultato di scelte contabili e stime ottimistiche da
parte del management
- riduzione delle perdite, attraverso una sottostima di alcuni elementi
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- smussamento degli utili, che comporta una sottostima degli utili nei periodi di
congiuntura favorevole e viceversa.
1.2 PerchØ si investe nel settore calcio
Il settore calcio, così come oggi appare, non dà senz’altro l’idea di poter attrarre
l’interesse e i capitali di nuovi investitori. Anzi, sorprende il fatto che, nonostante i club
calcistici siano sommersi da debiti (di cui si discuterà piø approfonditamente nel
paragrafo 3.1), il calcio sia un settore che non conosce declino e continui a sopravvivere
come se nulla fosse. Come si spiega, quindi, questa situazione?
Gli interessi che ruotano intorno al settore calcio non conoscono confini ed esso
assomiglia sempre di piø a qualunque altro settore economico guidato dai mercati della
Borsa. Il calcio è l'affare piø globale nell'epoca del trionfo dell'industria del piacere e
della terziarizzazione dei mercati. Nessun’altra merce è così standardizzata come il
calcio da essere comprata da tre miliardi di consumatori in tutto il mondo e da avere un
giro d’affari, considerando l’esempio della realtà italiana, pari a circa il 3% del Pil
3
.
Secondo un’indagine condotta da StageUp, in collaborazione con Ipsos, il numero di
tifosi italiani che dichiarano di seguire costantemente la propria squadra di serie A sono
circa 25 milioni
4
. I ricavi aggregati delle squadre di serie A si attestano intorno a 1,5
miliardi di euro, in netta crescita rispetto alle stagioni precedenti. Il campionato italiano
è al secondo posto in Europa per giro d’affari, preceduto soltanto dal campionato di
Premier League inglese, che registra entrate superiori ai 2,5 miliardi di euro.
Un’importante prospettiva per il futuro del calcio in Italia è soprattutto quella che
riguarda il cosiddetto naming degli stadi, che potrebbero essere gestiti direttamente dai
club, i quali otterrebbero importanti ricavi attraverso la stipulazione di contratti di
sponsorizzazione degli stessi con importanti società internazionali. L’indagine prevede,
appunto, una crescita degli investimenti diretti alla gestione degli stadi di circa 53
milioni fino al 2012, di cui 47 derivanti dai contratti di sponsorizzazione.
Ma qualsiasi riflessione si compia sugli interessi sottostanti all’”industria del
pallone”, fin dal suo avvento, emerge l’esistenza di un vincolo che, prima che
all'economia, ha legato, per circa un secolo, il gioco del calcio alla politica. Per farsi
3
Da una stima Deloitte & Touche sulle società di calcio del campionato di serie A italiana.
4
Dal rapporto SERIE A: Le potenzialità economiche italiane ed europee dell’evento, indagine
demoscopica Sportfans di StageUp & Ipsos su una base di popolazione di età compresa tra i 14 e i 64
anni.
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un'idea di cosa possa significare concretamente il binomio calcio e politica si può fare
riferimento all’idea di fondo che ha mosso un giornalista inglese del Financial Times,
Simon Kuper, a scrivere in un suo libro: «Quando un gioco è importante per miliardi di
persone, cessa di essere semplicemente un gioco. Il calcio non è mai solo calcio: aiuta
a fare guerre e rivoluzioni…
5
». E’ innegabile, infatti, che fin dagli inizi del secolo
scorso, alle passioni e al senso di appartenenza che il calcio suscitava si mescolavano la
ricerca del consenso, il tentativo di piegare le curve degli stadi ai propri disegni politici.
Tutti i grandi dittatori, ma non solo, compresero che nient’altro al mondo come il calcio
poteva radunare tante persone, unirle o dividerle. Vi fu un vero e proprio investimento
della politica nel mondo del calcio, poichØ si comprese immediatamente la presa che
esso poteva esercitare sulle masse. Naturalmente, il tempo ha cambiato il calcio, gli
uomini e moltiplicato i loro interessi- che sarebbe riduttivo riassumere in quelli di tipo
politico- modificando gli intenti e le finalità degli investimenti attuali. Il calcio è
diventato una vetrina grazie alla visibilità offerta degli eventi sportivi, un mezzo
alternativo e potentissimo per dare popolarità a chi decide di investire in esso, alle
imprese internazionali che legano il proprio nome a quello dei grandi club calcistici e
sponsorizzano le grandi manifestazioni sportive, alle pay-tv che ogni anno incrementano
le vendite del prodotto calcio alle famiglie e gli ascolti ad esso connessi. Il controllo di
una squadra genera esternalità in altri campi e «i passivi registrati in bilancio non sono
altro che spese di comunicazione non addebitate ad altre società»
6
. Prosegue infatti
Kuper: «gli scontri calcistici in Europa non riflettono piø passioni religiose, di classe o
regionali. Un tempo il Barcellona rappresentava il nazionalismo catalano, il derby
Milan-Inter opponeva le classi lavoratrici frutto dell'immigrazione alla classe media
locale. Ma oggi queste passioni sono piø deboli (…) Quindi, quando i tifosi del
Barcellona sventolano bandiere catalane, o quando i tifosi di Glasgow cantano canzoni
settarie, stanno semplicemente adottando simboli tradizionali per esprimere una
rivalità calcistica (...) Quel che sentite oggi negli stadi di calcio europei non è piø il
riflesso di altre passioni. Il calcio, piø che altro, è diventato una ragione in sØ».
Purtroppo, però, nel calcio di oggi qualcosa rimane di quella sua funzione puramente
politica o ideologica, ancora rintracciabile in alcuni Paesi dilaniati da guerre, soprattutto
quelli del Medio- Oriente o dell’Africa del Nord; Paesi senza libertà dove il calcio è
considerato fondamentale per svolgere quel ruolo che in passato gli è stato riconosciuto
5
C. Authier, Foot business, Hachette, 2001
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M. Gambaro, Il calcio è di rigore, www.lavoce.info, 1 Marzo 2004.