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Capitolo 1
Una panoramica sulla famiglia
1.1 L’APPROCCIO PSICODINAMICO
Cominciare la stesura di un elaborato che ha come fine quello di illustrare i
mutamenti avvenuti all’interno della famiglia e le conseguenti modificazioni della
figura paterna, senza prima introdurre il concetto stesso di famiglia da un punto di
vista psicoanalitico e psicodinamico, non fornirebbe al lettore le premesse necessarie
per comprendere tutte le sfumature che accompagnano il processo di costruzione
dell’identità paterna e il conseguente percorso a cui va incontro un uomo che si
appresta a diventare padre.
A prima vista la psicoanalisi potrebbe sembrare una teoria incentrata
sull’individuo piø che sul gruppo, ma ad una piø attenta osservazione ci si accorge di
quanto, invece, sia possibile rintracciare al suo interno una dimensione prettamente
gruppale ( Losso, 2009). Il primo autore che si occupò di sottolineare l’importanza e
l’incidenza delle corrispondenze fra le relazioni familiari e i sintomi dei suoi pazienti
fu proprio Freud, che sia nello studio sul caso di Elizabeth von R. (1895) , che nello
studio del caso di Dora (1905) e in quello del piccolo Hans (1909), si soffermò su
rapporto che intercorreva tra i sintomi dei pazienti e le dinamiche di relazione
esistenti all’interno della loro famiglia. All’interno della teoria freudiana si può
quindi trovare l’origine della visione di famiglia come viene intesa ai giorni nostri, e
cioè come cellula fondamentale per lo sviluppo fisico, psichico ed emotivo degli
individui.
Un’interessante visione delle dinamiche che muovono le relazioni familiari è
stata fornita da Meltzer e Harris (1983). Sia Donald Meltzer che Martha Harris
possono essere considerati sostenitori delle scuola kleniana; dopo la loro formazione,
l’uno in psichiatria e l’altra in lettere, hanno entrambi intrapreso gli studi di
psicologia, fino a divenire due tra i principali esponenti della Tavistock Clinic.
Questi autori prendono spunto dalla Teoria dei Gruppi di Bion (1965), la
quale afferma che all’interno di ogni gruppo sia possibile trovare alcune forme
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primitive di organizzazione gruppale che sono contraddistinte dalla presenza di un
mito primitivo inconscio, condiviso da ogni membro del gruppo. Queste forme
primitive di organizzazione delle relazioni sarebbero presenti, benchØ non sempre
attive o chiaramente evidenziabili, anche all’interno delle famiglie (Meltzer, Harries,
1983).
L’interesse che la psicoanalisi concentra sul ruolo e sulle funzioni che la
famiglia svolge nei confronti dello sviluppo del singolo individuo, portano ad un
innalzamento del concetto di famiglia stessa: viene intesa, infatti, come il principale
contesto di contenimento della sofferenza psichica e somatica, e come la variabile
necessaria affinchè si formi quell’ambiente che consente lo sviluppo della capacità di
comunicazione, e pertanto della capacità di pensiero (Losso, 2009).
Continuando a tracciare il profilo della teoria esposta da Meltzer e Harris
(1983), è possibile definire otto funzioni, rintracciabili in ogni tipo di famiglia e
riordinabili secondo due piø ampi gruppi: le funzioni che generano crescita e
sviluppo (introiettive), e le funzioni che generano blocco e patologia (proiettive).
“Un’organizzazione familiare caratterizzata da funzioni emotive di tipo
proiettivo produrrà una modalità di apprendimento basata sulla proiezione,
mentre, affinchè sia possibile apprendere dall’esperienza, occorrerà la
presenza di funzioni emotive di tipo introiettivo, tali da contenere la
sofferenza psichica”
(Meltzer & Harris, 1996, p.35)
La prima delle quattro funzioni introiettive formulate da questa teoria è quella
di Generare amore. Secondo gli autori è proprio l’amore quel fattore indispensabile
per creare un clima di fiducia e di sicurezza che lega i membri di una famiglia e che
li rende anche ragionevolmente dipendenti l’uno dall’altro. Questa funzione crea un
delicato equilibrio tra tendenze identificatorie di tipo introiettivo e tendenze di tipo
proiettivo,
“Per questo è molto importante che la persona amata sia capace di aiutare
coloro che dipendono da lei a tollerare la sofferenza che provano nel doversi
sentire inferiori e bisognosi, e sappia concedere loro uno spazio e un tempo
sufficiente prima di intervenire in loro aiuto”
(Meltzer & Harris, 1996, p.55)
La funzione contraria a quella di generare amore è la funzione proiettiva
Suscitare odio. Questa funzione comporta, come si evince facilmente dal suo nome,
un attacco ai legami d’amore presenti all’interno del gruppo, facendo leva sui
sentimenti suscitati dalle frustrazioni. La tendenza che nasce da una famiglia regolata
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da questo tipo di funzione è, secondo i nostri autori, quella di trasformare il gruppo in
una “banda” che si servirà di meccanismi quali la minaccia o la seduzione per
mantenere l’organizzazione al suo interno.
La seconda funzione introiettiva che Meltzer e Harris (1983) prendono in
considerazione è quella di Infondere speranza. Questa viene intesa come l’emozione
che rende possibile che le forze costruttive prevalgano su quelle distruttive, sia per
quanto riguarda l’individuo, che il gruppo. ¨ proprio la speranza di poter contare
sulla vicinanza e sull’aiuto di un genitore o di un figlio che permette ai membri della
famiglia di stabilire identificazioni di tipo introiettivo, perchØ se a casa si respira un
sentimento di speranza e ottimismo gli individui avranno anche il coraggio di
affrontare le conseguenze delle proprie azioni e le difficoltà che si incontrano durante
il corso della vita.
La situazione opposta viene a verificarsi nel caso in cui all’interno di un
gruppo prevalga la funzione proiettiva di Seminare disperazione. Una famiglia
prevaricata dall’odio e dalla disperazione si troverà a vivere in un clima avvelenato, e
i suoi membri saranno indotti a mettere in atto una serie di operazioni difensive
contro gli stessi familiari.
Un’alta fondamentale funzione che la famiglia è chiamata a svolgere è quella
di Contenere la sofferenza psichica. I nostri autori affermano che la funzione di
modulare e contenere la sofferenza depressiva spetta solitamente ai genitori, ma che
può essere esercitata anche da uno dei figli piø spesso di quanto siamo portati a
pensare. La modulazione della sofferenza psichica è condizione indispensabile
perchØ i membri del nucleo familiare possano apprendere dalle loro esperienza e
sviluppare un’equilibrata capacità di pensiero.
Nel caso in cui questa funzione venga meno, potrebbe essere sostituita dal
suo opposto, la funzione proiettiva chiamata Trasmettere ansia persecutoria. In
questo caso, secondo la teoria di Meltzer e Harris (1983), ci si imbatterà in una
famiglia che vive nella continua sensazione di panico incombente e di terrore, quasi
in attesa di un’apocalisse. Il clima di disperazione creato da questo tipo di funzione
sarà tale da paralizzare la capacità di apprendimento, e quindi di pensiero, dei
membri della famiglia stessa.
L’ultima, ma non per ordine di importanza, delle quattro funzioni introiettive
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analizzata da questa teoria è quella chiamata Pensare. Secondo gli autori la funzione
di pensare può essere svolta, per i bambini piccoli, sia dal genitore vero che da
qualche altro membro della famiglia.
“Chiunque sia capace di pensare potrà allora diventare rapidamente oggetto
di transfert, indipendentemente dalla sua età e svolgere così la funzione di
genitore, usurpando o meno la sua posizione all’interno della famiglia”
(Meltzer & Harris, 1996, pp. 58-59)
La funzione di pensare può essere sostituita, all’opposto, da quella chiamata
Creare bugie e confusione. Secondo gli autori “scoprire” le bugie è una cosa molto
difficile, e non bisogna quindi stupirsi che queste possano mandare in rovina
un’intera famiglia. In questi casi infatti viene a crearsi un atmosfera di profonda
insicurezza che indurrà i membri della famiglia ad assumere atteggiamenti cinici nei
confronti del valore della verità, avvelenando così l’etica dell’intera vita familiare.
Meltzer e Harris (1983) sostengono che l’interazione dinamica delle funzioni
sopra citate condurrà alla formazione di diverse tipologie familiari. Gli autori ci
tengono a sottolineare come il modello da loro proposto non sia un concetto rigido e
dai contorni impermeabili, quanto piuttosto un modello altamente dinamico che
afferma un certo grado di variazione, nel corso della vita degli individui, delle
tipologie familiari possibili. Le descrizioni offerteci saranno quindi da intendere
come una possibile linea di tendenza in uno stato momentaneo.
Nel momento in cui la famiglia è governata da una coppia si verificherà
quella particolare combinazione necessaria allo svolgimento delle funzioni definite
come: generare amore, infondere speranza, contenere la sofferenza depressiva e
pensare. La famiglia coppia è quindi quel genere di famiglia in grado di modulare la
sofferenza e di fornire adeguato sviluppo alle funzioni introiettive.
Esiste poi una sorta di caricatura di questo tipo di famiglia, chiamata
Famiglia casa di bambole, in riferimento proprio all’opera teatrale di Henrik Ibsen
(1978). In questo tipo di famiglia le risorse interiori dei genitori sono molto fragili, e
per questo non sono adeguate a sostenere l’uso delle funzioni emotive di tipo
introiettivo. In un gruppo governato da interazioni di questo tipo si ricorre all’uso di
meccanismi di difesa in modo massivo, costruendo così un’identità di facciata che
funga da maschera, non solo per quanto riguarda le interazioni con la società, ma
anche tra i membri della famiglia stessa (Losso, 2009). Donald Meltzer e Martha
Harris (1983) individuano anche un tipo di famiglia Matriarcale e un tipo di famiglia