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PARTE I
IL MOSTRO DALLE ORIGINI
ALLE SOGLIE DELLA MODERNITÀ:
L’ANTESIGNANO DEL FREAK VITTORIANO
1. I mostri nell’antichità classica
1.1 L’etimologia di ‘mostro’ e l’antico sentimento del
meraviglioso-negativo
Si definiscono comunemente „mostri‟, „fenomeni umani‟ o freaks le
figure non rientranti nei canoni vigenti della sanità corporea, e quindi i
diversi nel fisico, ma anche nel comportamento e nella moralità
2
. Da
sempre, nella cultura occidentale, la diversità ha generato timori e paure. Ma
diversità rispetto a che cosa? – viene da chiedersi.
I processi di teratologizzazione degli esseri anomali che abitano la
realtà quotidiana affondano le radici in epoche molto lontane. Per poter
quindi comprendere il „ruolo‟ che il freak ha giocato all‟interno della società
vittoriana ottocentesca, occorre partire da un passato piuttosto remoto, e
ripercorre la sua evoluzione ideologica.
Uno dei testi più antichi riguardante i mostri, un lessico babilonese di
“mostrologia” risalente al 2800 a.C. circa, insegna a interpretare il
monstrum come segno e raggruppa le tre sottoclassi tradizionali dei mostri:
„mostri per eccesso‟, „mostri per difetto‟ e „mostri doppi‟, ognuna delle
quali ha un significato diverso, fausto o nefasto
3
. Anche i romani
2
L. E. CRATON, The Victorian freak show: the significance of disability and physical differences in
19
th
-century fiction, United States of America, Cambria Press, 2009, p. 14.
3
Fiedler ricorda che i primi sono sempre di cattivo auspicio – “quando una donna partorisce un
infante che ha sei dita […], gli abitanti del mondo saranno danneggiati” – i secondi presentano più
ambiguità: “un bambino […] senza naso, per esempio, significa che l‟esercito del re sarà forte, ma
uno […] senza ombelico annuncia discordia in casa”. La stessa indeterminatezza è presente nei mostri
doppi, alcuni indicavano un buon presagio, come ad esempio i gianocipiti, mentre gli androgini erano
9
praticavano analoghe classificazioni dei mostri, essi consideravano però
nefaste tutte e tre le categorie che, in quanto rottura dell‟ordine naturale,
erano forieri di male. C‟erano poi presso tutti i popoli antichi, sacerdoti che
sopprimevano i bambini malformati appena nati perché giudicati mostruosi.
Nonostante l‟iniziale diffidenza nei confronti delle nascite
mostruose, l‟uccisione anche rituale dei freaks già nel periodo classico
incomincia a essere considerata quasi sacrilega, in un‟inversione di ottica
diviene consuetudine preservarli e venerarli
4
.
Soprattutto presso i romani il mostro assume la valenza di „segno
premonitore‟. Questo concetto è suggerito anche dalla più antica parola con
la quale si sono sempre più spesso definite queste creature deformi, ovvero
il già citato termine mostro. La sua etimologia è oscura, la radice è la stessa
di monēre, ammonire, mettere in guardia – dal quale deriva il latino
monstrum – ma anche di monstrare, mostrare, esibire, che deriva a sua volta
da monstrum
5
. Nella prima accezione si accentua la valutazione del „mostro‟
come un prodigio, un avvertimento della volontà degli dèi, qualcosa di
eccezionale e dalle doti soprannaturali, e perciò mostruose
6
. L‟evoluzione
del latino monstrum attribuirà a questo vocabolo il significato di „segno
pronosticatore‟; il valore assegnato, infatti, al termine monstrare è quello di
segno, un‟indicazione che gli dèi manifestano e che gli uomini devono
interpretare
7
. Ecco che l‟etimologia della parola indica in entrambi i casi
una volontà di integrazione delle anormalità umane all‟interno del reale:
l‟eccezionalità non era vista come un capriccio della natura, ma era diretta
discendente del disegno della Provvidenza e possedeva un valore sacrale
8
.
sempre di cattivo augurio (cfr. L. A. FIEDLER, Freaks. Miti e immagini dell’io segreto, Milano,
Garzanti, 1981, p. 17).
4
L. A. FIEDLER, Freaks. Miti e immagini dell’io segreto, Milano, Garzanti, 1981, p. 17.
5
ibid., p. 16.
6
C. KAPPLER, Demoni, mostri e meraviglie alla fine del Medioevo, Firenze, Sansoni, 1983, p. 8.
7
Come sottolinea Laura di Michele sembra infatti che «essi mettano in luce e additino, di-mostrino e
predichino eventi futuri». L. DI MICHELE, Perché i mostri, in M. T. CHIALANT (a cura di),
Incontrare i mostri. Variazioni sul tema nella letteratura e cultura inglese e angloamericana, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, 2002, p. 16.
8
L. A. FIEDLER, Freaks, op. cit., p. 16.
10
1.2 Come l’antichità classica spiegava la ragione d’essere dei
mostri: riflessioni di Aristotele, Cicerone e Varrone
Sin dai tempi antichi la riflessione sul mostro si è prestata a diversi
tipi di ragionamento; Kappler ne indica tre: genetico, teologico-estetico e
normativo. Sono ad esempio i punti di vista di Aristotele e Cicerone ad aver
lasciato importanti testimonianze riprese poi nel corso dei secoli da molti
osservatori delle mostruosità umane
9
.
Aristotele è il primo ad adottare un atteggiamento quasi scientifico
nei confronti dei mostri: egli li analizza da un punto di vista delle scienze
della natura, meditando sulle possibili cause della loro origine e li considera
fenomeni prettamente naturali che non hanno nulla del presagio divino tanto
caro ai pensatori che lo avevano preceduto, anzi, nel suo volume
Generazione degli animali riconduce la possibile insorgenza delle
mostruosità a una teoria biologica
10
. Aristotele applica l‟epiteto di mostro
anche a ogni bambino che fisicamente non somigli ai genitori e vede nella
nascita di un individuo femminile anziché maschile la prima fase di questo
processo
11
. Queste conclusioni partono dall‟assunto che
l‟ideale, o la norma, consiste nel riprodursi in modo identico: cioè un figlio
maschio in tutto e per tutto simile al padre. Quanto più ci si allontana da questo
modello, tanto più si è imperfetti. […] La prima caratteristica del mostro è dunque
l‟essere diverso
12
.
9
C. KAPPLER, Demoni, mostri e meraviglie, op. cit., p. 181.
10
Ovvero all‟azione della Forma – il semen maschile che imprime le caratteristiche al nascituro –
sulla Materia, essenza femminile e passiva; se il principio maschile vince quello femminile si produce
un embrione di sesso maschile, al contrario se domina la Materia, il principio maschile si trasforma
nel suo contrario e genera quindi un embrione si sesso femminile. (cfr. C. KAPPLER, Demoni, mostri
e meraviglie, op. cit., p. 181).
11
C. KAPPLER, Demoni, mostri e meraviglie, op. cit., p. 182.
Questo perché Aristotele ritiene che nel caso della nascita di un individuo femminile la Natura si è
allontanata dalla norma, dal modello generico che è quello maschile; tuttavia essendo la donna
indispensabile alla sopravvivenza della specie umana è opportuno considerarla non un mostro, quanto
piuttosto un uomo imperfetto (cfr. C. KAPPLER, Demoni, mostri e meraviglie, op. cit., p. 181).
12
ibid.
11
Cicerone nel De Divinatione sottolinea, invece, il carattere predittivo
del monstrum come segno. Egli analizza l‟etimologia della parola, afferma
che i mostri hanno questo nome perché monstrant, e quindi avvisano e
informano l‟uomo della volontà divina. Essi hanno «la funzione di
„mostrare‟, di „manifestare‟ e di predire quel che è e sarà o potrà essere
dell‟uomo»; proprio per questo il mostro «usciva dal quadro dell‟ordine
naturale» delle cose
13
.
È tuttavia Marco Terenzio Varrone che pone le basi per una
concezione dei mostri che dominerà per tutto il periodo medievale: il
monstrum è «quello che noi vediamo nascere contro Natura», esso è anche
portentum, un segno premonitore di un evento futuro, e prodigium, che
indica una rottura dell‟ordine naturale
14
.
2. L’esperienza medievale del mostro con l’avvento del
Cristianesimo, le figure allegoriche tra Umanesimo e
Rinascimento e il sistema classificatorio settecentesco
2.1 Il mostro come segno del potere di Dio sulla natura:
Sant’Agostino, i bestiari e le mirabilia ai confini dell’universo
Come documentato, l‟esistenza dei mostri è riconosciuta molto
tempo prima del Medioevo, ma nel periodo cristiano essi pongono proprio il
problema del loro rapporto con Dio. La cultura medievale, pur condividendo
la definizione classica di monstrum nell‟accezione di prodigium, la rivisita
in un contesto cristiano
15
.
13
ibid., p. 8. Lo stesso verbo monstrare, sottolinea Kappler, «è collegato all‟azione d‟indicare, anzi al
gesto stesso il dito in una direzione» (C. KAPPLER, Demoni, mostri e meraviglie, op. cit., p. 8).
14
A. PARÉ, Mostri e prodigi, Roma, Salerno Editrice, 1996, p. 8.
15
I mostri non sono cattive riproduzioni di modelli che fungono da norma e quindi prodotti di carenze
genetiche, come argomentava Aristotele, ma al contrario sono una conferma dell'ordine voluto da
Dio, messaggi che Dio invia all‟umanità, assumono la funzione di „mostrare‟ e „predire‟ il futuro
dell‟uomo; essi offrono un insegnamento didattico e morale e vengono interpretati in chiave
allegorica (cfr. C. KAPPLER, op. cit., p. 8).
12
Tra i grandi testimoni dell‟epoca cristiana, è opportuno riservare
particolare attenzione a sant'Agostino che Kappler definisce «cerniera fra
età antica e Medioevo, fra cultura pagana e cultura cristiana»
16
. Egli in un
passo del libro XVI del De civitate Dei giunge alla conclusione che tutto ciò
che Dio ha creato è bello. Sant‟Agostino parte dalla considerazione che Dio
non può commettere errori, chi pensa questo è un essere limitato:
colui che non può considerare il tutto, è tanto scandalizzato dalla difformità di una
parte per il fatto che ignora a che cosa corrisponde e con che cosa è in rapporto
17
.
Inoltre sant‟Agostino afferma che nulla è lasciato al caso:
sebbene in tal modo ne nasca una maggior diversità, Egli, le cui opere nessuno
giustamente potrebbe biasimare, sa quello che fa
18
.
Se il mostro esiste, è perché è stato voluto da Dio, fa parte del piano divino
e, in quanto elemento di diversità, contribuisce alla bellezza dell‟universo
19
.
Sant‟Agostino accenna anche ad alcune razze del mondo classico
che avevano visto la presenza di nascite anomale deducendo che, se esistono
tali nascite che riguardano singoli individui, si deve considerare la
possibilità che possano riguardare anche intere popolazioni. E «se in
qualche luogo della terra esistono „razze‟ mostruose, esse costituiscono la
giustificazione degli individui mostruosi che compaiono fra di noi in via del
tutto eccezionale»
20
.
In epoca medievale si verifica un mutamento della concezione del
mostro: da prodigio diviene un elemento del fantastico, perde l‟originario
16
ibid. Sant‟Agostino è stato anche uno tra i primi ad affrontare esplicitamente il tema del rapporto
tra i mostri umani e Dio; egli ritiene che i mostri siano espressione dell‟armonia dell‟universo in
quanto anch‟essi, come tutte le altre cose del mondo, sono un segno del potere che Dio detiene sulla
natura (cfr. C. KAPPLER, op. cit., p. 183).
17
SANT‟AGOSTINO, De civitate Dei, libro XVI, cap. 8, citato in C. KAPPLER, Demoni, mostri e
meraviglie, op. cit., p. 183.
18
ibid., p. 184.
19
C. KAPPLER, Demoni, mostri e meraviglie, op. cit., p. 185.
20
ibid., p. 184.