Studi epigrafici su Aletrium antica – Catalogo delle iscrizioni
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1. Bibliografia: STEVENSON, ms., ff. 83 v., 84 r., 84 v.; AJOSSA, ms., f. 50
v.; CIL I 1166 (ivi bibl. prec.); TOTI, ms., p. 31, nr. 2, p. 60, nr. 2;
BROCCHETTI, ms., p. 45; WILLMANNS 1873, nr. 706; CIL X 5807 (ivi bibl.
prec.); ILS 5348; DE RUGGIERO 1904, nr. 2004; DAMSTÉ 1910, p. 233;
ROSENBERG 1913, p. 34; PIERLEONI 1916, pp. 32-33; CIL I² 1529 (ivi bibl.
prec.), cfr. pp. 730, 840, 1003, 1008; QUATTRO CIOCCHI 1928, pp. 79 sgg.;
VAN BUREN 1934, pp. 137-144; SACCHETTI SASSETTI 1947, pp. 5-8 e nt. 16;
WARMINGTON 1953², pp. 146-147, nr. 6; CARENA 1954, pp. 24-25, nr. 4;
WARD PERKINS 1955, p. 117, nt. 4; SACCHETTI SASSETTI 1957, p. 5 (con
foto); ILLRP 528; GASPERINI 1965, pp. 16-19, nr. 1 (con foto); FLORIDI
1971, pp. 13-15 e nt. 3; ZEVI 1976, p. 84; MANSUELLI 1976/77, pp. 121-
122; DEVIJVER-VAN WONTERGHEM 1981, p. 38, nr. 9; ID. 1984, p. 197, nr.
9; GERMONI 1987, pp. 6, 9, 11 e nt. 21; SOMMELLA 1988, p. 37; COARELLI
1993, pp. 196-197; DEVIJVER-VAN WONTERGHEM 1994, pp. 1038-1039, nr.
1, p. 1057, nt. 34; Suppl.It. 16, 1998, pp. 36-38, nr. 5807; GALLI 2002, pp.
41-45, nr. 4, p. 93, fig. 4 (foto); AE 2006, nr. 136.
Lastra rettangolare di pietra calcarea locale
1
mancante in basso a destra,
scheggiata in più punti lungo i margini inferiore e sinistro, con fori per
grappe sui fianchi e in alto. Dimensioni: 68 x 58,8 x 14,8 cm; alt. lett. 2,7-
2,5 cm. Rinvenuta nel XVIII sec. in Piazza S. Maria Maggiore insieme a
«un condotto di metallo fuso entro una fodera di piombo incassato in pietra
di grossa mole»
2
; già conservata nel palazzo comunale e poi nella
Biblioteca del locale Liceo-Ginnasio, si trova attualmente nel Museo
Civico di Alatri. Autopsia 2010.
1
GASPERINI 1965, p. 16, nt. 18, precisa: «Calcare risultante di detriti cementati naturalmente, di età
geologica relativamente recente (Pleistocene continentale)».
2
Cfr. introduzione di Mommsen in CIL X, cit., p. 567 = CIL I², cit., p. 630.
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L(ucius) Betilienus L(uci) f(ilius) Vaarus
haec quae infera scripta
sont de senatu sententia
facienda coiravit semitas
5 in oppido omnis porticum qua
in arcem eitur campum ubei
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ludunt horologium macelum
basilicam calecandam seedes
[l]acum balinearium lacum ad
10 [p]ortam aquam in opidum adqu(e)
arduom pedes CCCXL fornicesq(ue)
fecit fistulas soledas fecit
ob hasce res censorem fecere ̀bis΄
senatus filio stipendia mereta
15 ese iousit populsque statuam
donavit Censorino.
9 lacum Gasperini; [l]acum Suppl.It. 16; 10 porta[nd]am Sacchetti
Sassetti; portam Pierleoni, Germoni; portam Gasperini; [p]ortam Suppl.It.
16; adqu(e) Warminghton, Ward Perkins, ILLRP, Mansuelli, Coarelli,
Sommella, Suppl.It. 16 et al.; adque (scil. atque) Sacchetti Sassetti; quasi
error pro adque (scil. et ad) CIL X, De Ruggiero, CIL I², Devijer-Van
Wonterghem; adou[- - -] Stevenson, Brocchetti, ILS, Pierleoni, Quattro
Ciocchi, Van Buren, Floridi, Germoni; adou[c(entem)] «con C dipinta sul
giunto di connessione con una lastra a destra» Gasperini, Zevi;
adou(cendam) [scil. aquam] Damsté; 12 Litterae erasae in margine dextro;
13 bis extra versum postea adiectum est.
“Lucio Betileno Varo, figlio di Lucio, su delibera del senato fece
costruire le opere di seguito elencate: tutte le vie entro l’abitato, il portico
di accesso alla rocca, il campo dove si esercitano (i soldati), l’orologio
(solare), il mercato (coperto), la basilica (ancora) da intonacare, i sedili, la
piscina per i bagni, la cisterna presso la porta e l’acquedotto (che arriva) in
città, (superando) un dislivello di 340 piedi; fece inoltre (costruire) le
arcate e tubature rinforzate. Per queste opere (lo) elessero due volte
censore, il senato ordinò che (suo) figlio fosse esonerato dal servizio
militare e il popolo dedicò una statua, a (lui), (detto il) «Censorino»”.
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Lettere quadratae, incise in modo molto accurato; l’interpunzione,
costituita da due trattini incrociati a forma di X, è usata con la massima
regolarità; il BIS di r. 13 è da tutti ritenuto un’aggiunta posteriore, per via
delle lettere di solco meno profondo e dello scarso rispetto dell’ordinatio;
dopo mereta (r. 14) segno d’interpunzione a croce di S. Andrea.
Forme arcaiche: Vaarus per Varus; infera per infra; sont per sunt; senatu
per senatus; coiravit per curavit; omnis per omnes; eitur per itur; ubei per
ubi; seedes per sedes; arduom per ardum; soledas per solidas; mereta per
merita; iousit per iussit.
Secondo Gasperini, la mancata geminazione in macelum, opidum, ese e
iousit sarebbe motivata dalla ristrettezza dello spazio a disposizione:
potrebbe dimostrarlo la variante oppido in r. 5, nonchè la piccola M finale
di macelum (r. 7) o la Q nana di fornicesq(ue) [r. 11], entrambe in fin di
riga
3
. L’espressione porticum qua in arcem eitur ricorre quasi nella stessa
forma in un’iscrizione da Frigento
4
.
L’epigrafe commemora la realizzazione di una serie di interventi – volti a
rinnovare profondamente l’edilizia pubblica e la stessa struttura urbanistica
della città – ad opera di Lucio Betilieno Varo, l’esponente più illustre della
gens più antica e nobile di Aletrium.
Di origine probabilmente sabina
5
, la gens dei Betilieni è attestata
soprattutto nella cittadina ernica, ma talvolta appare anche altrove, sempre
o quasi nell’ambito della I regio Augusta. Secondo una probabile
genealogia, nella prima metà del II sec. a.C. visse forse Lucius Betilienus,
primo personaggio a noi noto, padre del nostro Censorinus. Un Marcus
Betilienus è poi ricordato nell’iscrizione nr. 2 (vd. infra) come genitore dei
due fratelli Marco e Gaio, che attesero a un probabile restauro del tempio
di Giove; è verosimile che questo Marcus fosse fratello di Lucio padre e
3
Cfr. GASPERINI 1965, pp. 17- 18.
4
Cfr. ILLRP 599: ...fornic[em] / qua in foro eitu[r].
5
Cfr. SHULZE 1904, pp. 403, 406, 440, che ritiene il gentilizio derivato da Betius attraverso
Betulius/Betilius; l’origine sabina sarebbe provata sia dalla supposta appartenenza degli Ernici allo stesso
ceppo Italico-orientale, sia dalla terminazione, di stampo sabellico, del gentilizio (così GALLI 2002, p.
44).
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che i suoi figli fossero pertanto cugini di Varo. Con il quattuorviro Publius
Betilienus M(arci) f(ilius) Hap(alus)
6
– probabile figlio del Marcus cugino
di Varo – abbiamo l’ultima menzione dei Betilieni ad Aletrium. Fino alla
guerra sociale (90 a.C.) questa famiglia è fiorente e i suoi membri, «quasi
monopolizzatori del potere»
7
, si succedono nell’amministrazione della città.
Tale periodo coincide con l’apertura verso l’Urbe dei mercati del
Mediterraneo orientale; sulla scia di questa nuova espansione commerciale
le aristocrazie italiche iniziarono ad accumulare ingenti capitali, operando
come publicani o negotiatores
8
. L’attività “imprenditoriale” sembra
interessare anche i Betilieni, e ciò trova conferma in numerosi bolli di
anfore olearie e vinarie – in prevalenza brindisine, della prima metà del I
sec. a.C. – recanti il nome di alcuni schiavi di un Marco Betilieno
9
, forse
fratello del IIIIvir, oppure appartenente alla generazione precedente. Un
[B]etil<i>enus Q(uinti) f(ilius) Marcel(lus) è probabilmente menzionato,
poi, in un’iscrizione tardo-repubblicana, frammentaria, di Delo
10
–
contenente la dedica di un portico ad Apollo e agli Italici – che attesterebbe
un ulteriore ramo di discendenza da un Quintus Betilienus altrimenti
ignoto.
Le tracce della gens si perdono poco dopo il 90 a.C.; la sua totale
scomparsa dall’onomastica locale è forse da porre in relazione con le
proscrizioni sillane, essendo la famiglia – o almeno i suoi membri più in
6
Cfr. CIL X 5806 = CIL I² 1530 (cfr. p. 1003) = ILLRP 529.
7
GASPERINI 1965, p. 88.
8
Cfr. GALLI 2002, p. 44.
9
Cfr. CIL IX 6079 11, dall’agro brindisino: Lucr(rio?) Be[t]il(ieni) M(arci) s(ervus); CIL IX 6079 12,
stessa provenienza: Mar(cipor?) Betil(ieni) [scil. servus, NdA]; CIL IX 6079 13, stessa provenienza:
Metr(odorus) Be[t]il(ieni) / M(arci) s(ervus); CIL IX 6079 14, stessa provenienza (con cognome
grecanico): Pil.Betil(ieni) M(arci) [s(ervus)]; Eph. Epigr. V 1427 = CIL III 7309, da Delo (con cognome
grecanico): Pil.Betil(ieni) M(arci). Tuttavia, nel Mar. Be[t]il. di CIL IX 6079 12 si potrebbe vedere,
invece che un servo, anche un ingenuus rispondente al nome di Mar(aeus) Be[t]il(ienus) [cfr. GASPERINI
1965, p. 88, nt. 95]. Sul rinvenimento di anfore con timbri simili in numerosi altri centri dell’Occidente e
Oriente romani, cfr. PALAZZO 1990, pp. 150-151; PALAZZO 1992, pp. 116-117, 122-123; MANACORDA
1994, pp. 29-31 (con ampia bibliografia).
10
Cfr. CIL I² 2232 = III 7212 = ILLRP 750a.
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vista – tra quelle legate a Mario, beniamino locale
11
. Le vicende storiche
successive, la nuova posizione giuridica di cives romani, il crescente
sviluppo di varie attività economiche e l’attrattiva di inserirsi
vantaggiosamente nella vita politica della capitale, dovettero spingere
numerosi “provinciali”, soprattutto del Latium, a trasferirsi a Roma.
Proprio nell’Urbe, infatti, la gens riappare in età augustea con alcuni
senatori; primo fra questi Publius Betilienus Bassus, menzionato come
triumviro monetale in un quadrante del 7/4 a.C.
12
, nipote di Publio Apalo
secondo Gasperini; non si può escludere, però, che fosse un discendente
diretto di Varo, che aveva almeno un figlio, come risulta dalla nostra
epigrafe. Figlio o fratello minore del monetale era quel Betilienus Capito
che, procuratore di Caligola, nel 40 a.C. fu condannato dallo stesso
imperatore ad assistere all’esecuzione del figlio Betilienus Bassus (questore
del princeps), e ucciso, a sua volta, subito dopo
13
. Proprio da quest’ultimo,
o da un suo figlio omonimo, fu manomesso quel P. Betilienus Synegdemus
sepolto all’Isola Sacra in una tomba di età traianea e menzionato in alcune
epigrafi dello stesso sepolcreto
14
. Numerosi altri liberti in relazione più o
meno diretta con Capito o Bassus sono attestati in età imperiale a Roma,
nel Lazio e in Campania
15
. Al ramo alatrense della stessa famiglia sembra
11
Così COARELLI 1993, p. 197.
12
Cfr. LICORDARI 1982, p. 16; SALOMIES 1996, p. 30, che pone il monetale nel 4 a.C., ipotizzando che
fosse lo stesso Betilieno di un’iscrizione dell’anfiteatro di Siracusa (proconsole di Sicilia secondo
MANGANARO 1989, pp. 183-184 = AE 1989, nr. 342i), e concordando su questo punto con WILSON 1980,
pp. 2221, 2226, 2230, che però data il tresvirato di Bassus al 12 a.C.; d’altro avviso CÉBEILLAC
GERVASONI 1998, p. 152, nt. 46, che pure sostiene una datazione al 12 a.C., e BUONOCORE 1992, p. 119,
nr. 84, che data invece l’epigrafe siciliana tra la fine del II e l’inizio del III sec. per ragioni paleografiche.
13
Cfr. SENEC. de ira 3, 18; DIO CASS. 59, 25; SVET. Cal. 26, 3. Tuttavia, la differenza di rango fra il
monetale e Betilienus Capito (per il quale cfr. PIR², B 116; DEMOUGIN 1992, pp. 283-284) invita a
supporre l’esistenza a Roma di due rami familiari imparentati, ma distinti (così Suppl.It. 16, p. 22, con
ulteriore bibliografia). Il questore Betilienus Bassus fu tra i primi giovani con padre procuratore ad
accedere alla dignità senatoria grazie all’iniziale favore di Caligola (cfr. PIR², B 114; CÉBEILLAC 1972, p.
43, nr. 19).
14
Cfr. GASPERINI 1965, p. 89 (con ulteriore bibliografia).
15
A Roma ne sono testimonianza alcuni epitafi urbani, tre dei quali di sicura provenienza: Betilienus
Antiochus (CIL VI 7851a2, da vigna Amendola sull’Appia); P. Betilienus Cures (CIL VI 18468); M.