Trasformazioni del Welfare Scandinavo. Norvegia: un caso di socialdemocrazia postmoderna 1> Socialdemocrazia: nascita, morte e resurrezione Introduzione “Esiste un'identità socialdemocratica, un profilo politico specificamente ascrivibile
alla socialdemocrazia europea? Nel passato di sicuro sì; oggi no” .
1
Così Giuseppe
Berta – storico e docente di storia contemporanea presso l'università Bocconi di
Milano – dà inizio al suo saggio “Eclissi della Socialdemocrazia”. Questa è la risposta
che Berta prova a costruire quando ci si chiede che fine abbia fatto e come mai
anche la socialdemocrazia sia stata travolta e disintegrata, prima dalla
globalizzazione di fine secolo (fenomeno iper-accelerato di un processo ormai in auge
da molto tempo)
2
e poi dalla sua crisi (che oggi tutti noi viviamo).
Ma è proprio così? La socialdemocrazia è davvero morta? E' – come già aveva
affermato nei primi anni ottanta il sociologo tedesco Ralf Dahrendorf
3
(scomparso il
17 giugno 2009) – davvero completamente “finito il secolo socialdemocratico”?
Probabilmente la narrazione socialdemocratica novecentesca lo è (come tutte le
grandi narrazioni del passato del resto). Succede però, e questa è l'ipotesi portante
della mio elaborato, che in alcuni (pochi e isolati) casi la socialdemocrazia abbia
assorbito, compreso e fatto proprie le dinamiche stesse di quel cambiamento sociale,
economico, politico e culturale in atto almeno dagli ultimi tre decenni; sapendosi
innovare e cambiando, traendo in alcuni casi vantaggio da esso. La socialdemocrazia
ha saputo diventare – e mi riferisco a quella scandinava e in particolare a quella
norvegese dotata di caratteristiche uniche nel suo genere (tornerò su questo punto
più avanti nel lavoro) – postmoderna grazie ad una efficace (e singolare)
combinazione tra un solido capitale civico e sociale, e un modello culturale ed
economico che, benché dialoganti, hanno pur sempre mantenuto una propria e ben
distinta identità.
Quale relazione vi è tra la socialdemocrazia norvegese e la postmodernità? Esiste un
modello culturale, filosofico e simbolico che sia in grado di spiegare il successo del
modello sociale scandinavo in epoca postmoderna? Forti “civic virtues” e un solido
capitale sociale possono essere considerati parametri in grado di decifrare il movente
1 Berta, Giuseppe. (2010). Eclisse della Socialdemocrazia. Il Mulino.
2 Amartya, Sen. (2002). Globalizzazione e libertà . Mondadori. In particolare, il premio Nobel per
l'economia indiano del 1998 spiega che il processo di globalizzazione può essere fatto risalire ad
oltre un millennio fa. Per questo è doveroso utilizzare questo concetto con attenzione,
contestualizzando. Innegabile è che, dalla seconda metà del secolo scorso, la globalizzazione ha
subito un processo di iper-accelerazione legato a quello che ha caratterizzato la diffusione e
l'influenza dei nuovi media.
3 Si veda Dahrendorf, Ralf. (1971). Uscire dall'utopia. Il Mulino; e (1993). Per un nuovo liberalismo.
Laterza.
p. 3
Trasformazioni del Welfare Scandinavo. Norvegia: un caso di socialdemocrazia postmoderna del successo del welfare norvegese alle prese oggi, più che mai, con le sfide aperte
dalla globalizzazione e da un mercato sempre più spietato e sregolato? Può in
sostanza un modello culturale imporsi su di uno economico? L'ipotesi è che sia
possibile e che il welfare norvegese ne sia una testimonianza.
In particolare, il modello di welfare e più in generale la democrazia norvegese,
cercherò di dimostrare, rappresenterebbe il risultato di una particolare combinazione
tra l'influenza di un dominante sistema di valori - o meglio una “filosofia della vita” -
legato alla corrente scandinava del luteranesimo che, combinato con i movimenti
politici di centrosinistra, in particolare quelli alla guida del governo dopo la seconda
guerra mondiale, ha rappresentato un modello di policies e politics sempre molto più
“pragmatico e dialogico”,
4
piuttosto che ideologico, e questo soprattutto
nell'organizzazione e nella gestione delle questioni sociali, culturali, politiche ed
economiche. Questo tipo di “narrazione” ha saputo resistere all'assalto lassaize faire
neo-liberista e iper-individualista degli ultimi tre decenni; ha saputo, forte di un
capitale sociale concr eto e resistente, impossessarsi di quegli aspetti
dell'individualismo che avrebbero potuto costituire un vantaggio per la collettività.
Nel welfare norvegese le istituzioni reggono il fardello delle crisi sociali ed
economiche perché la fiducia – political and civic trust – è radica nella società civile
e svincolata dai partiti. Il filo rosso sul quale questo elaborato è costruito è
rappresentato dunque dall'idea che il modello culturale norvegese sia stato – anche
nel corso degli ultimi trent'anni - più forte di quello economico, grazie ad alcune sue
particolari caratteristiche che verranno analizzate nel corso dei prossimi capitoli.
Elemento distintivo del caso nor vegese è, anticipando, quello che può essere definito
come il “ lucky element”; ossia la grande disponibilità di risorse naturali (il petrolio in
particolare) al quale il paese scandinavo può far riferimento. Risposta troppo facile
(e scontata) è però quella attraverso la quale si collegano tutti i meriti (economici e
sociali) del paese alla sola ricchezza fornita dal suo petrolio. Se si pensa infatti che la
società norvegese è molto simile a quella danese e svedese (e pur se non
linguisticamente, socialmente anche a quella finlandese); e che questi paesi, a
differenza della Norvegia, non hanno tratto benefici dal prezzo del petrolio ma hanno
comunque avuto successo nel promuovere forme di protezione sociale che assicurano
tassi di povertà molto bassi,
5
il punto di vista sull'argomento assume certamente una
4 Concretezza e dialogo sono sempre stati caratteri connotativi del corporativismo tipico della
socialdemocrazia scandinava. Sul neo-corporativismo si veda in particolare Arter, David. (1999).
Scandinavian Politics Today. Manchester University Press; Milner, Henri. (1998). Social Democracy
and Rational Choice. The Scandinavian Experience and Beyond. Routledge , p.115; Wiarda, J.
Howard. (1996). Corporatism and comparative politics . M.E. Sharpe; Slomp, Hans. (2000). European
politics into the twenty-first century: integration and division . Praeger Publishers.
5 Aassve, Arnstein. Welfare in Salsa Norvegese . viasarfatti25.it, il quotidiano della Bocconi. 15
Gennaio 2008.
p. 4
Trasformazioni del Welfare Scandinavo. Norvegia: un caso di socialdemocrazia postmoderna diversa prospettiva. Osservazione attinente sarebbe invece quella che indaga come i
proventi del petrolio vengono investiti e redistribuiti. La ricerca accademica in
materia – come verrà illustrato - mostra infatti come la stabilità e la consistenza
economica in Norvegia abbiano permesso al paese di essere oggi forse la sola realtà in
Europa in grado di mantenere un sistema di welfare dinamico e innovativo, in grado
di trasformare le minacce della postmodernità in opportunità di crescita e sviluppo,
slegandosi dalla macchinosità delle vecchie narrazioni novecentesche e mantenendo
sempre chiara e assoluta la propria natura reale, oggettiva e pragmatica.
L'idea è che il modello norvegese possa essere definito come un caso di “welfare
postmoderno”: un sistema sociale che non ha abbandonato il suo obbiettivo
egualitario – fondamento normativo stesso del welfare state - ma che sta cercando di
conseguirlo attraverso strade diverse rispetto a quelle indicate dalla narrazione
socialdemocratica del secolo scorso. Lo fa utilizzando le categorie connotative della
postmodernità stessa, come l'individuo (legato però storicamente ad un forte senso di
responsabilità personale e civica) e le differenze (sociali e culturali) fondative della
postmodernità stessa (emancipazione femminile, multiculturalità, globalizzazione).
Infondo questa è, parafrasando, la stessa idea espressa da Anthony Giddens – geniale
sociologo della London School of Economics – il quale sapendo che la
socialdemocrazia contemporanea non avrebbe di certo potuto rifiutare la convivenza
con le imperanti logiche di mercato neo-liberiste e con i conseguenti valori
individualisti, essa avrebbe dovuto “ridefinire la propria politica proiettandola al di là
dei confini sia della vecchia socialdemocrazia come del neoliberismo, facendo della
dimensione globale – e, aggiungo, postmoderna – l'arma vincente per appianare i
contrasti economici e sociali”.
6
Nel 1926, inoltre, Keynes scrisse parole attuali forse più oggi che allora: “il problema
dell'umanità consiste nel mettere insieme tre elementi: l'efficienza economica, la
giustizia sociale e la libertà individuale”.
7
Il welfare norvegese è il risultato della
consapevolezza di un popolo che ha capito la necessità di coniugare crescita
economica e intraprendenza individuale (oggi fattori a cui è impossibile e
controproducente rinunciare) con la necessità di diminuire le disuguaglianze sociali.
La sua politica, soprattutto quella economica, ha saputo garantire libertà individuale
e collettiva, trovando tuttavia il modo d'impedire che queste libertà potessero
generare gap sociali alla lunga incolmabili. La cornice culturale alla base di questo
processo è costituita dalla consapevolezza – sostenuta da dati economico-sociali che
verranno illustrati nel corso dell'elaborato – che crescita economica da un lato, e un
6 Giddens, Anthony. (1999). La terza via. Manifesto per la rifondazione della socialdemocrazia. Il
Saggiatore.
7 Keynes, John Maynard. (1966). Saggi Politici. Sansoni.
p. 5
Trasformazioni del Welfare Scandinavo. Norvegia: un caso di socialdemocrazia postmoderna sistema di protezione sociale universalmente garantito dall'altro, non siano in realtà
elementi contrastanti tra loro.
Una premessa sulla postmodernità Tornando a Berta e alla concezione classica di socialdemocrazia, qualcosa di simile,
parafrasando, può essere identificato tra la fine della seconda guerra mondiale e gli
anni settanta, per poi sbiadirsi gradualmente, e pericolosamente quasi scomparendo
dall'avvento negli anni '80 di un nuovo paradigma (e dogma) sociale, economico e
culturale, che nel corso di questo elaborato definirò postmoderno nell'eccezione
Lyotardiana
8
e Foucaultiana
9
del termine. La socialdemocrazia si ritrova nel
ventunesimo secolo indebolita, priva di valori a cui orientarsi e orfana della propria
identità.
10
Una cosa è certa: la rivoluzione – quella sì fu una vera rivoluzione – neo-liberista,
conservatrice e ultra-capitalista degli anni '80 ha cambiato in modo irreversibile la
dimensione sociale e individuale dei cittadini: il mercato ha sostituito lo Stato come
forza regolatrice della società, ed è divenuto il nuovo e vero paradigma di
rifermento. Sembra quasi paradossale leggere con il senno di poi le parole scritte da
Joseph A. Schumpeter in Capitalismo, Socialismo, Democrazia,
11
in cui l'economista
austriaco definisce lo stato del capitalismo nel dopo guerra come ormai “svirilizzato
e snaturato, domato dallo spirito pubblico”. Un “capitalismo laburista” – lo definisce
- orfano di quell'individualismo “anarchico” che aveva costituito la sua massima forza
e fonte d'ispirazione. Se i tratti del “capitalismo laburista” avevano caratterizzato
l'espansione del welfare state e delle politiche socialdemocratiche, oggi possiamo
affermare che la rivoluzione neo-liberista degli anni '80 ha nuovamente ridato al
capitalismo la propria natura individuale e spietata. L'aggettivo laburista può senza
dubbio essere oggi cancellato. La postmodernità ha fatto si che le metanarrazioni
(cardini) della modernità crollassero come castelli di carte, rivelando tutta la propria
inconsistenza e fragilità. La modernità ha svelato tutte le proprie contraddizioni e
questo, di conseguenza, si riflette nel pessimismo e nell'incredulità degli individui in
epoca postmoderna. La tesi di Lyotard può essere riassunta nell'idea che il progetto
moderno di realizzazione dell'individuo attraverso la ragione, la razionalità o la
scienza - tutti aspetti legittimati, ora lo sappiamo, da epici (quanto ingenui) meta-
racconti - non sia stato abbandonato per scelta o sostituito da uno più efficace; è
semplicemente fallito. Si è rivelato una finzione.
8 Lyotard, Jean-François. (1979). La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere. Feltrinelli.
9 Foucault, Michel. (1971). L'archeologia del sapere. Rizzoli, Milano.
10 Kerman, Hans. (2008). Contemporary approaches to social democracy: old wines in new bottles.
Europen Political Science. N.7, p.494-506.
11 Schumpeter, Joseph. (1964). Capitalismo, socialismo, democrazia. Milano, Edizioni di Comunità.
p. 6
Trasformazioni del Welfare Scandinavo. Norvegia: un caso di socialdemocrazia postmoderna I molti partiti ultra-conservatori, xenofobi e razzisti, tanto fortunati nelle elezioni
recenti di molti paesi europei,
12
usano l'immigrato, l'altro, il diverso – questi stessi
elementi prodotti della globalizzazione e della postmodernità - come strumenti (o
meglio narrazioni) di paura, terrore, inquietudine; e lo fanno per controllare e dare
ai cittadini la parvenza di poter vivere in una realtà più rasserenante di quella reale,
scaricando le colpe della crisi, della disoccupazione, del disagio sociale (e in generale
di qualsiasi cosa non funzioni) su di un capro espiatorio meticolosamente costruito.
Questi esempi rappresentano ciò che Lyotard avrebbe definito la “tragica
incompiutezza della modernità”. L'epoca postmoderna è l'epoca del disincanto, della
delusione nei confronti di tutto ciò che sarebbe dovuto essere ma non è stato. Le
grandi “favole per adulti”, le “grand récits” della modernità cadono e svelano la
verità del mondo postmoderno. La modernità ha fallito: il passato non è più un punto
di riferimento e il futuro non appare più interpretabile.
La politica-economica ultra-liberista e conservatrice esplosa dalla fine degli anni
settanta (soprattutto con Ronald Reagan negli States e con Margaret Tatcher nel
Regno Unito) - le accuse di Big Government 13
negli USA a causa della mal gestione del
welfare post-keynesiano e delle crisi petrolifere; la volontà di de-centralizzazione dei
poteri dello Stato e di dissoluzione totale del welfare state che avrebbe portato ad
una “mercificazione della cittadinanza” (Crouch: 2009), il boom tecnologico e
dell'informazione degli anni '80 - rappresenta la cornice nella quale l'epoca
postmoderna si afferma in tutta la propria tragicità.
Si cade - lo dice Lyotard - in un vortice dal quale sembra impossibile tornare indietro;
in una profezia che si auto-avvera: non esiste più sapere per sapere o idee per le
idee; ma solo conoscenza a servizio di una macchina che si autoalimenta (il sistema
economico di mercato neo-liberista). “Sapere è potere!”, scrive Norbert Bolz.
14
Da
quando i mass media rendono possibile una coordinazione istantanea della società
12 Si considerino per esempio le ultime elezioni in Svezia (settembre 2010) dove – dopo circa 80 anni di
dominio culturale e politico socialdemocratico - la coalizione di centro destra guidata dal primo
ministro svedese Frederik Reinfeldt vince per la seconda volta grazie all'apporto elettorale del
gruppo, dichiaratamente xenofobo e razzista, condotto da Jimmi Akesson, i Democratici di Svezia.
Per la prima volta l'estrema destra in Svezia può contare 20 seggi nel Riksdag , il parlamento svedese.
Se questo rappresenta solo l'ultimo e più significativo esempio di rivoluzione culturale neo-
conservatrice, è bene annoverare anche altri estremi casi, come ad esempio quello del British
National Party , o quello dello sfortunato Pim Fortuyn – assassinato il 6 maggio 2002 da Volkert Van
Der Graaf, attivista di estrema sinistra - e della sua omonima lista in Olanda. Da non dimenticare
l'erede stesso di Furtuyn, Geert Wilders, leader del Partito per la Libertà (PVV) e dichiaratamente
anti-islamico. Di recente Wilders, a un convegno organizzato da Die Freiheit a Berlino, ha dichiarato
che “l'islam è come il nazismo”, cercando di bandire il Corano dai Paesi Bassi. Così anche il populista
Dansk Folkparti danese che nel 2005 ha conquistato ben 24 seggi in Parlamento.
13 Huntington, P . Samuel. (1983). American politics: the promise of disharmony . Harvard University
Press.
14 Bolz, Norbert. (2007). Nuovi Media, in Wulc C., Borsari A., Le idee dell'antropologia . Mondadori
Bruno.
p. 7
Trasformazioni del Welfare Scandinavo. Norvegia: un caso di socialdemocrazia postmoderna globale anche la politica mondiale si realizza sempre più attraverso la comunicazione
e le proprie logiche (un esempio è dato dai cosiddetti criteri di notiziabilità).
15
La
realtà diviene un prodotto di selezioni notiziabili.
16
Qualcosa è “in o mega out”.
Se in passato la politica veniva definita attraverso la gestione della forza (Weber), e
poi attraverso il denaro; oggi, in epoca “liquida” e postmoderna, più importante del
denaro è il flusso dei dati, delle informazioni. L'unica fonte di potere del futuro sarà
determinata dalla gestione del sapere: “sapere è potere”. L'imperativo in epoca
postmoderna è quello della crescita economica - paradossalmente questo sarà anche
il principale obiettivo del Labour Party di Blair e poi di Brown nel dopo Tatcher -, del
progresso scientifico-tecnologico e della valorizzazione dell'individuo nella sua
singolarità. Il sapere deve essere performativo al sistema economico.
Privatizzazioni, deregolamentazioni e interessi gestiti da multinazionali su scala
globale costituiscono gli strumenti del sistema economico in epoca postmoderna e le
principali ragioni della riduzione, al minimo, di ogni forma di controllo e capacità
decisionale di uno Stato ormai pressoché interamente subordinato al mercato.
La postmodernità rappresenta uno spaesamento che determina l’angoscia e il disagio
dell’uomo moderno: l’individuo, inghiottito dalla complessità del contemporaneo, “si
affida ad un pensiero debole, che chiede lui di rinunciare ai forti assunti del
passato”. Il passaggio dalla modernità alla postmodernità (se davvero vi è stato?!)
17
rappresenta la fine o la caduta di quei racconti, quelle ideologie, isotopie o
credenze, che hanno da sempre guidato l'uomo moderno nel suo cammino verso una
fine che sarebbe dovuta essere felice. Le metanarrazioni hanno rappresentato delle
“idee astratte, onnicomprensive e totalizzanti” riguardo alla storia e alla conoscenza.
Rappresentano schemi narrativi: la storia, in sostanza, viene (auto)legittimata e
presupposta attraverso narrazioni. E' la fine di un lieto fine; the end of the happy
ending (vecchio sogno americano dell'utopia sociale realizzata).
Mai come un questi ultimi anni anni le logiche di mercato hanno caratterizzato in tal
misura l'esistenza sociale degli individui. L'evoluzione appare da questo momento
frammentata e discontinua; rapida, veloce e incontrollabile. La società, così
riassettata, concentra le proprie dinamiche sempre più sul singolo individuo,
indebolendo di conseguenza la duttilità collettiva e sociale. L'etica trascinante in
15 Wolf, Mauro. (2001). Teorie delle comunicazioni di massa. Bompiani.
16 Luhmann, Niklas. (2000). La realtà dei mass media. Franco Angeli.
17 Si veda Lipovetsky, Gilles. (2005). Hypermodern Times. Grassette and Jasquelle Editors; e Giddens,
Anthony. (1991). Modernity and Self-Identity. Self and Society in the Late Modern Age. Cambridge
University Press. Lipovetsky e Giddens, in particolare, sostengono che sia meglio parlare di
ipermodernità piuttosto che di un periodo post, considerando il contesto sociale contemporaneo
come una forma iper-accelerata di tutti quegli elementi già caratteristici della modernità.
p. 8
Trasformazioni del Welfare Scandinavo. Norvegia: un caso di socialdemocrazia postmoderna epoca postmoderna diviene quella iper-individualista: “io, io, io e ancora io!”.
18
Da
questo punto non si torna indietro. Chi vuole sopravvivere deve tenerne conto e
riuscire a correggere di conseguenza le proprie strutture.
Cadono le grandi metanarrazioni che hanno caratterizzato e portato alla distruzione
le “sicure certezze” di un'epoca moderna basata su di una razionalità ora messa in
discussione. E' “ La fin des grands récits ” scrive Jean-François Lyotard. L'uomo è
sempre più solo. Vince il valore “debole” su quello “forte” di un passato ormai
disincantato e disilluso. Il valore debole fa però rinascere una coscienza locale e un
forte senso d'appartenenza, basati su discontinuità, incoerenza, casualità,
irrazionalità e irragionevolezza. Ritornano di moda sentimenti considerati ormai
arcaici, fenomeni di sincretismo culturale e di radicalizzazioni antropologiche.
19
La
società si nutre di distinzioni: noi vs loro (il male e il bene) ne rappresenta solo
l'esempio più simbolico ed emblematico. Il must dell'epoca postmoderna è la
mercificazione
20
(commodification) di tutti quegli spazi sociali e individuali prima
esclusi al mercato. La cultura esiste (e funziona, cioè è performativa al sistema di
mercato) solo nella sua forma promozionale. Aumentano gli aspetti simbolici,
espressivi e comunicativi del vivere sociale. Gli individui consumano con sempre più
voracità segni, materiali estetici e forme simboliche, fondendo tra loro razionalità e
fantasia in una pericolosa combinazione che li disorienta, rendendoli sempre più
vulnerabili e soli in un mondo globalizzato.
21
Mentre la politica, o meglio la “politica pop” 22
– sopratutto la classe politica, oggi una
casta professionalizzata e spettacolarizzata – diviene nel nostro tempo sempre più un
sistema auto-poietico 23
e autoreferenziale, i cittadini perdono gradualmente senso
civico e sociale (la sempre minore partecipazione politica ne è un esempio); e se
18 Con queste parole Massimiliano Panarari (2010) circoscrive l'etica postmoderna in L'egemonia
sottoculturale, l'Italia da Gramsci al Gossip. Passaggi Einaudi.
19 Mi riferisco in particolar modo alla (ri)nascita di fenomeni e movimenti politici di estrema destra che
utilizzano micro-narrazioni xenofobe, razziste e basate sulla paura per far presa su di un individuo
sempre più solo e disorientato.
20Crouch, Colin. (2009). Postdemocrazia. Laterza.
21 Bauman, Zygmut. (2008). La solitudine del cittadino globale. Feltrinelli.
22Così Gianpietro Mazzoleni descrive quel nuovo “ambiente mediale” emerso dal crisi di costumi e
pratiche sociali ormai invecchiate, in cui politica e cultura popolare, informazione e
intrattenimento, reale e surreale si fondono in una nuova miscela espressiva. Si veda Mazzoleni
Gianpietro, Sfardini Anna. (2009). Politica pop. Da “Porta a porta” a “L'isola dei famosi”. Il Mulino.
23 Utilizzo il termine nell'eccezione luhmaniana . Un sistema autopoietico è un sistema che riproduce se
stesso sulla base delle proprie strutture. Ciò non significa che il sistema possegga in se stesso tutte
le sue proprie cause. Esso è pur sempre un sistema in un ambiente, con il quale è accoppiato
strutturalmente. Si veda Luhmann Niklas, De Giorgi Raffaele. (1992). Teoria della società. Franco
Angeli.
p. 9
Trasformazioni del Welfare Scandinavo. Norvegia: un caso di socialdemocrazia postmoderna come affermano Stein Rokkan
24
e Hans Kelsen 25
la partecipazione è il cardine stesso di
una democrazia, questo punto non va sottovalutato.
In epoca postmoderna la società inizia un processo inarrestabile di fluidizzazione
26
nel
quale pratiche economiche e culturali si fondono tra loro. Zygmut Bauman definisce
la società postmoderna come liquida;
27
e in questa liquidità il controllo sociale è
affidato al mercato. La libertà dell'individuo dipende dalla sua libertà come
consumatore.
E la socialdemocrazia?
Uno degli esempi più rilevanti di come la socialdemocrazia europea abbia quasi
completamente perso il legame con i propri concetti e valori fondanti è dato dai
comportamenti del New Labour britannico guidato prima da Tony Blair e poi da
Gordon Brown: “s upport the business”, “pro-competition”, “pro-enterprise”. Questi
gli slogan più usati dal partito laburista nel dopo Tatcher.
E' l'unica strategia possibile a fronte della globalizzazione. Come già scritto sopra è
impossibile tornare indietro, e il New Labour britannico ne è stato primo testimone.
Ha potuto infatti solo continuare una serie di politiche di adattamento ad una
struttura economica ormai incontrollabile, dichiarando di conseguenza la propria
auto-distruzione e il disfacimento del paradigma socialdemocratico keynesiano.
Abbandonata è anche l'idea di un “ managed capitalism” (Tony Crosland)
28
, un
capitalismo volto cioè si alla ricchezza ma anche alla redistribuzione.
Il messaggio politico, anche quello socialdemocratico, è oggi costruito sul paradigma
individualista. L'ascesa del nuovo capitalismo non solo ha rivoluzionato società,
cultura e politica: ma ha anche rischiato di annientare e annichilire – letteralmente –
la natura stessa della sinistra e della socialdemocrazia.
29
Interessante sarà osservare
a cosa porterà la recente nomina a nuovo segretario del New Labour del
quarantunenne Ed Miliband (avvenuta il 25 settembre 2010), figlio d'immigrati ebrei
polacchi (il padre, Ralph, intellettuale marxista)
30
– soprannominato dalla stampa Ed
the Red per la sua netta posizione leftwing su alcuni temi chiave dell'agenda politica
britannica – e simbolo di una nuova classe dirigente inglese. Obbiettivo dichiarato da
24 Rokkan, Stein. (2002). Stato, nazione e democrazia in Europa . Il Mulino.
25 Kelsen, Hans. (1985). La democrazia. Il Mulino.
26Lee, J. Martyn. (1982). The Cultural Politics of Consumption. Routledge.
27Bauman, Zygmut. (2006). Modernità liquida. Laterza. La nostra società è per Bauman sempre più
fragile, frammentata e disunità, liquida appunto. Abbandonati i valori forti del passato, oggi essa è
concentrata su una miriade di micro valori deboli che fanno riferimento sul singolo individuo.
28Crosland, Tony. (2006). T he future of Socialism. Costable Fabian Society.
29Frieden, A.Jeffry. (2007). Global Capitalism. Its Fall and Rise in the Twentieth Century. New York-
London, Norton.
30 Beckett, Andy. In the house of the rising sons , The Guardian , 28 Febbraio 2004.
p. 10