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INTRODUZIONE
La fotografia di moda riveste un ruolo centrale all’interno del fashion-system, nata
per far conoscere al maggior numero di persone lo stile di un sarto e la bellezza di un
vestito, nonché per conservare nel tempo la sua memoria, oggi può determinare il suo
apprezzamento ed il successo commerciale del suo disegnatore.
Il ruolo del fotografo di moda non è stato dunque sempre lo stesso nel corso degli
anni, anzi, è cambiato notevolmente. Da semplice ritrattista di aristocratiche signore
vestite alla moda, oggi è diventato un elemento determinante del complesso meccanismo
di vendita del prodotto. A lui si devono i successi delle campagne pubblicitarie dei
servizi giornalistici e di quant’altro ruota intorno a questo favoloso mondo.
La professionalità in questo settore è importantissima, più che in qualunque altra
attività, nella mani del fotografo c’è la chiave del successo di una griffe. Tuttavia non
basta la bravura per emergere, bisogna possedere delle doti artistiche innate.
Guy Bourdin è considerato uno dei fotografi più importanti del XX secolo, il suo
messaggio non facilmente decifrabile, il sesso, la violenza e i suoi tableaux narrativi mi
hanno da subito affascinato. Prima di lui nessun fotografo di moda aveva sconvolto in
modo tanto forte le convezione e le consuetudini. Da quando è entrato nel mondo dei
periodici illustrati, con la forza di un ciclone ha saputo imporre il suo stile e descrivere
un universo dove le modelle sono personaggi di un’affascinante scenario urbano, e
selvaggio insieme, sempre immerso in un’atmosfera rarefatta e sofisticata.
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L’interesse per la moda e per la fotografia mi ha spinto ad analizzare l’operato di
questo grande artista, imprevedibile e mai ripetitivo, cercando di soffermarmi su eventi,
influenze artistiche e fotografiche.
Il primo capitolo dell’elaborato ha come oggetto la situazione storica prima in
generale, poi nello specifico, con riferimento ai fatti che riguardano Parigi, città natale di
Bourdin, e centro importante per la fotografia. In modo più specifico ho ritenuto
opportuno citare alcuni dei più importanti fotografi, ed analizzare quel particolare filone
della fotografia di moda. Attraverso un racconto cronologico ho accennato ai personaggi
più influenti ed alle città europee ed internazionali che hanno visto crescere i loro
maestri.
Nel secondo capitolo ho analizzato la figura di Bourdin, con particolare attenzione
verso stile, tecnica e temi, creando un parallelismo diretto con le immagini. Vista l’ampia
produzione dell’artista ho cercato di cogliere quali fossero le sue preferenze sulla scelta
dei colori e dei soggetti da ritrarre, e indicato alcune particolarità che ho riscontrato
analizzando le sue opere e le dichiarazioni del figlio Samuel, utilissime per ricostruire
alcune tappe della sua vita.
Il capitolo finale dell’elaborato ha come oggetto il surrealismo prima in generale, poi
in modo specifico riguardo l’attenzione degli appartenenti a questo movimento verso il
mezzo fotografico. La scelta di questa corrente artistica deriva da un mio personale
interesse e da alcune similitudini che ho riscontrato tra artisti appartenenti a tale filone e
alcune opere bourdiniane. In particolare si analizzano alcuni degli artisti più influenti,
menzionando alcune delle loro opere che a mio parere hanno influenzato la produzione
di Bourdin, riassumendo attraverso parole e immagini le tappe più importanti della sua
breve ma intensa carriera.
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Nella seconda parte ho cercato di esporre un giudizio personale facendo una breve
analisi stilistica per evidenziare punti di contatto tra le opere dell’artista parigino e dei
surrealisti, cercando di individuare similitudini tematiche e nella scelta dei soggetti.
L’elaborato si propone l’obiettivo di delineare in modo compiuto gli sviluppi della
materia in questione, di fornire un quadro generale sulla fotografia di moda e
sull’avanguardia artistica del novecento.
Tuttavia, la parte che più mi ha interessato è quella posta come appendice
dell’elaborato, in cui ho svolto un vero e proprio lavoro operativo. Prendendo spunto da
alcune foto di Bourdin infatti ho cercato di reinterpretare il suo pensiero, lasciandomi
trascinare dalla mia immaginazione, e spiegando passo passo le tappe che hanno portato
il mio lavoro a compimento.
Immedesimandomi nel ruolo di fotografo di moda ho perciò realizzato alcuni scatti,
scegliendo location a volte insolite altre volte banali, immaginando di realizzare una
pubblicità, e utilizzando le moderne tecnologie per dare più spazio alla mia creatività.
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CAPITOLO 1
IL CONTESTO STORICO
1.1 UN AIUTO DALLA STORIA
Per comprendere le tappe che portano alla formazione di Guy Bourdin credo sia
opportuno fare un’analisi dal punto di vista storico. Gli anni Trenta rappresentano un
periodo denso di contraddizioni dal punto di vista politico, economico e sociale. La
drammatica crisi economica cominciata nel 1929, che si prolungò fino alla fine degli
anni Trenta, segnò profondamente la storia europea fino allo scoppio della II guerra
mondiale.
Dal punto di vista politico l’Europa vide accentuarsi lo scontro tra democrazie e
fascismi. A partire dal 1933 si assistette ad un progressivo allentamento delle relazioni
internazionali in nome di un rinnovato nazionalismo aggressivo. In Europa nel 1939 si
era andato definendo sempre più il disegno imperialistico tedesco, volto a espandere il
territorio abitato dai tedeschi. Dopo aver annesso l'Austria, conquistato la Boemia,
sottomesso la Slovacchia, nel settembre 1939 Hitler invase la Polonia, avendo prima
firmato un'alleanza militare con l'Unione Sovietica di Stalin.
Di fronte a questo ulteriore grave atto, le potenze occidentali, Francia e Gran Bretagna,
dichiararono guerra alla Germania, ma non riuscirono ad impedire la conquista, da parte
dei tedeschi, della Polonia, della Danimarca e della Norvegia.
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Nella primavera del 1940, Hitler volse l'esercito tedesco contro la Francia, che in
poche settimane venne spazzato via. Il 10 giugno 1940, quando ormai la Francia era allo
stremo, l'Italia fascista di Mussolini dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna.
Conquistata la Francia e la Danimarca cercò, inutilmente, di invadere la Gran Bretagna,
mentre in Africa l'Italia perdeva la colonia etiopica a vantaggio degli inglesi. Nell'ottobre
del 1940 l'Italia intraprese la conquista della Grecia, partendo dalla colonia albanese, ma,
di fronte ai disastri militari italiani, dovette intervenire la Wermacht tedesca, che, in
pochi giorni, conquistò la Jugoslavia e invase la Grecia. Nel giugno del 1941 la
Germania iniziò l'invasione dell'Unione Sovietica, sostenuta anche in quest'opera
dall'esercito italiano. Le armate nazi-fasciste giunsero fino a Mosca, Leningrado e
Stalingrado, ma nel febbraio 1943 subirono una pesante sconfitta che le costrinse a
ritirarsi disordinatamente verso ovest. In Oriente, frattanto, il Giappone nel dicembre
1941 aveva aggredito gli statunitensi, provocandone l’intervento in guerra. Nel settembre
1943 anche l’Italia venne occupata dagli alleati anglo-americani, così il 25 luglio di
quell’anno il re fece arrestare Mussolini, nominò Badoglio capo del governo ed il
fascismo venne dichiarato decaduto. L’8 settembre dello stesso anno l’esercito tedesco
invase l’Italia ed iniziò la guerra di resistenza in Italia. Nel maggio 1945 la guerra in
Europa finì con la conquista dell’intera Germania da parte degli eserciti alleati, il
Giappone continuò la guerra ancora fino ad agosto, quando le due bombe atomiche
americane di Hiroshima e Nagasaki posero fine al conflitto mondiale. In questo clima di
disordini e restrizioni il piccolo Bourdin si avvicinò dapprima alla pittura, e
successivamente alla fotografia, vista anche la grande importanza che aveva per la città
di Parigi.
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1.2 PARIGI E LA FOTOGRAFIA
La fotografia nacque sulle rive del Saone, ma fu presso la Senna che fece il suo
ingresso in società. La sua invenzione, tradizionalmente attribuita a Daguerre, in realtà
può farsi risalire a tutto quel patrimonio di ricerche che condussero successivamente alla
sua "invenzione". Pur essendo Daguerre il nome che è più diffusamente collegato alla
sua nascita, in realtà, il suo merito, fu quello di saper sintetizzare e concretizzare le teorie
altrui, poiché altri prima di lui erano giunti a quei procedimenti che permisero la scoperta
delle tecniche fotografiche, prima il fisico e politico Francois Arago e poi Joseph
Nicèphore Niepce. Ma la data più importante per la storia della fotografia resterà pur
sempre il 1829, anno in cui Daguerre definì la tecnica del dagherrotipo. La dagherrotipia,
dal suo nome, fu un perfezionamento dell'eliografia di Niepce.
Fig. 1: Daguerre, L’Atelier de l'artiste, Parigi 1837.
Dal 1839 un certo amore si sviluppò tra Parigi e la fotografia, rapporto che divenne
più proficuo sul finire del decennio. Oggi il racconto di quell’amore ci permette di
tracciare una doppia storia: quella di una meravigliosa città e quella di una nuova arte
che eccelle nel catturare e testimoniare momenti di vita quotidiana. La fotografia, spinta
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da una innovazione tecnica dopo l’altra progrediva, come testimoniava l’Esposizione
Universale di Parigi che si teneva regolarmente. Quando fu possibile stampare e
riprodurre immagini fotografiche, la nuova arte decollò. Già nel 1873, tutta Parigi era
incantata per l’uscita della prima rivista che mostrava, incollate alle pagine, immagini
superlative color seppia di una straordinaria finezza. Il 5 Settembre 1886, la rivista
parigina “Le Jurnal illustrè” pubblicò il primo reportage con foto stampate: un’intervista
condotta da Nadar con il celebre chimico Michel-Eugène Chevreul. Nel luglio del 1893
il Photo-Club di Parigi annunciò la “Prima esposizione di Arte fotografica”, il bando di
concorso sottolineava in neretto: “Saranno accettate soltanto opere che, oltre a tecnica
eccellente, presentino un autentico carattere artistico”, a dimostrazione
dell’interdipendenza tra arte e fotografia (
1
). Gli ultimi anni del diciannovesimo secolo
videro un radicale cambiamento nella fotografia, molti artisti volsero uno sguardo
appassionato ed amorevole verso Parigi. Il più famoso di loro, Eugène Atget, lasciò una
serie eccezionale di lavori, che ricevettero un giusto riconoscimento solo dopo la sua
morte nel 1927; è stato senza dubbio il primo grande moderno fotografo della capitale
francese.
(1) Manodori A., Fotografia, Bononia University Press, Bologna 2005, p. 216.
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Fig. 2: Eugène Atget, Cenciaiolo, Parigi, 1899-1900. Stampa su carta aristotipo.
Agli inizi del Novecento la produzione industriale rese uniforme a livello mondiale
il procedimento fotografico. La creatività fu spesso sacrificata per soddisfare i desideri
dei consumatori, con il risultato di una quantità di immagini caratterizzate da una
lamentevole banalità. Allo stesso tempo persistette una tendenza puramente artistica, i
cui esponenti cercarono di superare questa fotografia invalidante, stereotipata. Gli artisti
e i fotografi intuirono le nuove potenzialità espressive del mezzo fotografico e le diverse
correnti artistiche, si appropriarono della fotografia attestandone le caratteristiche di
'nuova arte visiva'.
Fuori dall’Europa intanto, grazie a Stieglitz, New York divenne il centro artistico
della fotografia pittorica. Nel 1902 costituì una nuova società al fine di promuovere il
riconoscimento della fotografia pittorica come arte, con il nome di Photo-Secession. I
fondatori furono appunto Stieglitz, che era il presidente del consiglio, John Bullock,
William Dyer, Fank Eugene, Clarence H. White e Edward Steichen, che aveva solamente
vent’anni. Gli obiettivi che Photo-Secession si proponeva erano far progredire la
fotografia come espressione pittorica, promuovere incontri e associazioni fra gli
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americani che praticassero l’arte, organizzare esposizioni. Il centro Europeo di maggior
fermento fotografico era la capitale francese, ben presto Steichen, che divideva il suo
tempo fra la pittura e la fotografia, si stabilì a Parigi; lavorando nel suo studio nella Rive
gauche, conquistò rapidamente fama internazionale.
Intanto, la pratica fotografica, andava sottolineando le potenzialità del mezzo, e si
andava affermando una nuova estetica, volta ad elogiare “le fotografie che sembrano
fotografie” (
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), prive cioè di quelle manipolazioni così prevalenti nelle opere dei
fotografi pittorici che volevano costringere la fotografia ad emulare le immagini prese
con altri mezzi (
3
). La fotografia, definita “pura”, diretta si proponeva dunque di
depurare l'immagine fotografica dagli abbellimenti superficialmente attinti
dall'iconografia pittorica, come mostra l’immagine sopra di Stieglitz. Da qui la
secessione dalla "fotografia artistica", così veniva chiamata all'epoca la fotografia
pittorialista, e la tensione verso una fotografia pura e diretta, “Straight” per l'appunto.
Parallelamente, si svilupparono diverse pratiche fotografiche, che privilegiavano
prospettive distorte, come nelle immagini di Coburn per esempio, ottenute grazie
all’utilizzo di un apparecchio che al posto dell’obiettivo aveva un piccolo foro
stenopeico “perché in questo modo si può ottenere un angolo visuale più ampio di quello
dato da qualsiasi obiettivo grandangolare” (
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).
Anche Schad, uno degli artisti del gruppo Dada di Zurigo, fece alcune fotografie
astratte senza servirsi dell’apparecchio fotografico, collocando pezzi di carta e oggetti
(2) Newhall B., Storia della fotografia. Einaudi, Torino 1949, p. 235.
(3) Tausk P., Storia della fotografia del XX secolo, Mazzotta editore, Milano 1980, p. 67.
(4) Alvin Langdon Coburn a Beaumont Newhall, 8 settembre 1963, collezione d’autore.