INTRODUZIONE
Negli ultimi anni, operatori ed analisti hanno iniziato a dedicare una crescente attenzione al
tema della quantificazione e della efficace gestione di una forma di rischio di notevole
rilevanza per molti attori del sistema economico-finanziario: il rischio di credito. Si è
giunti, così, nel giro di relativamente poco tempo, ad elaborare raffinati modelli matematici
e a sviluppare metodologie di contenimento di tale rischio sempre più avanzate. Fra queste
ultime, particolare interesse hanno destato, fin dalla loro prima comparsa sui mercati
specializzati, i cosiddetti contratti derivati su crediti.
Si tratta, nello specifico, di uno strumento, nato dalle spinte innovative dell’ingegneria
finanziaria, attraverso il quale è possibile separare, prezzare e, di fatto, trasferire il rischio
di credito, incorporato in una determinata esposizione creditizia, indipendentemente dalla
forma tecnica da essa assunta. La novità di maggiore portata, legata all’operatività in
derivati creditizi, risiedeva nella opportunità, che essi offrivano, di isolare il rischio di
insolvenza rispetto a qualsiasi altra forma di rischio, riconducibile all’attività di
riferimento, e di farne oggetto di valutazione e di negoziazione, lasciando impregiudicate
tutte le altre relazioni esistenti.
Ecco, quindi, che, già a partire dalla prima metà degli anni ’90, si assiste ad una crescita
esponenziale nei volumi di derivati creditizi scambiati, soprattutto nelle piazze più evolute
di New York, Londra e Tokyo, oltre che al moltiplicarsi delle forme tecniche elaborate, in
alcuni casi caratterizzate da un elevato grado di personalizzazione dello schema
contrattuale di riferimento.
Agli osservatori più attenti, però, non erano sfuggiti, già nei primi anni della loro
diffusione, le problematiche che l’impiego di tali prodotti strutturati, in alcuni casi
particolarmente complessi, lasciava aperte.
La recente crisi economico-finanziaria globale, poi, ne ha fatto emergere ulteriori e più
inquietanti profili di rischio.
Ebbene, nell’attuale quadro di generale ripensamento in materia, in termini soprattutto di
trasparenza e regolamentazione, l’obiettivo del presente lavoro è quello di svolgere
un’analisi essenziale sui derivati creditizi, con particolare attenzione alle tipologie
contrattuali inquadrabili nella fattispecie tecnica dello swap. Nello specifico, lo scopo
perseguito sarà quello di metterne in luce le reali potenzialità di utilizzo nonché i relativi
multiformi aspetti di criticità.
3
Il lavoro è organizzato in quattro capitoli.
Nel primo capitolo, di carattere introduttivo, si illustrano gli elementi chiave nella
definizione di rischio di credito; si fornisce una visione d’insieme dei contratti derivati su
crediti, di cui si andranno ad enucleare i termini maggiormente ricorrenti nella definizione
e a descrivere le tipologie contrattuali maggiormente diffuse; si accenna brevemente alle
ragioni del loro sviluppo e ai principali attori del relativo mercato.
Nel secondo capitolo il livello di dettaglio della trattazione diventa maggiore e si procede,
pertanto, ad un’analisi più approfondita delle principali fattispecie di credit swap,
supportata da schematizzazioni e dall’illustrazione di esempi concreti.
Il terzo capitolo, sicuramente quello più corposo e più ricco di contenuti, è completamente
dedicato alle problematiche poste dalla complessa fase del pricing dei derivati su crediti in
generale e dei credit swap in particolare. Nello specifico, verranno innanzitutto illustrati i
criteri da seguire e le variabili da stimare, preliminarmente rispetto a qualsiasi
considerazione di carattere valutativo. Successivamente verrà esposto un modello in forma
ridotta, sviluppato allo scopo di “prezzare” un qualsiasi derivato creditizio,
indipendentemente dalla rispettiva forma tecnica. Si passerà, poi, a proporre un contributo
teorico finalizzato alla valutazione di uno specifica tipologia contrattuale di credit swap.
Nel quarto capitolo, infine, si procederà a mettere in luce alcuni dei più importanti rischi
collaterali che, in generale, possono insorgere all’atto della negoziazione in prodotti
derivati. Ampio spazio, in ultimo, sarà dedicato ad una ricostruzione delle origini e degli
sviluppi dell’attuale crisi economico-finanziaria così da far emergere, con maggiore
chiarezza, le insidie che possono celarsi dietro l’apparente linearità teorica dello schema
strutturale di taluni strumenti sintetici, quando se ne faccia un uso spregiudicato.
4
CAPITOLO I
I CONTRATTI DERIVATI SU CREDITI
1.1 Il rischio di credito: elementi chiave nella definizione
“Il rischio nell’attività finanziaria rappresenta la possibilità di perdita che
un dato patrimonio può subire in conseguenza di determinati eventi”
1
.
E’ possibile identificare diverse tipologie di rischio, a seconda della causa che ne sia
all’origine, ma è chiaro che, almeno in linea di principio, soltanto alcune di esse sono
presenti in una specifica operazione finanziaria.
Il rischio di credito può essere definito, in termini generali, come il rischio che un inatteso
deterioramento del merito creditizio (downgrading) di una controparte, verso la quale
sussiste una determinata esposizione, abbia come conseguenza una corrispondente
variazione inattesa del valore di mercato della posizione creditizia in questione,
indipendentemente dalle oscillazioni dei tassi di riferimento. Si tratta, ovviamente, di una
forma di rischio cui tipicamente sono esposti gli istituti di credito, dato il ruolo
preponderante che essi svolgono nell’assolvimento della funzione creditizia.
A partire dalla definizione di cui sopra è possibile effettuare alcune considerazioni.
Innanzitutto, da essa si evince che il rischio di credito si manifesta nell’eventualità in cui,
per le più svariate ragioni, si modifichino le condizioni iniziali della controparte debitrice
relativamente alla propria capacità di rimborso. Tale variazione, però, può avere luogo sia
nel caso di insolvenza, totale o anche solo parziale, del debitore, che nel semplice caso di
migrazione di quest’ultimo verso classi di merito creditizio caratterizzate da maggiore
probabilità di insolvenza. Il valore di mercato di un’attività finanziaria, infatti, si ottiene
attualizzando opportunamente i flussi finanziari futuri che essa è in grado di generare ed
una delle componenti del tasso di sconto che si utilizza è rappresentata dal cosiddetto
‘premio al rischio’ che, per ovvie ragioni, è direttamente proporzionale rispetto alla
probabilità di insolvenza della controparte debitrice. Pertanto, un deterioramento del merito
creditizio di quest’ultima determina un inevitabile aumento della probabilità di insolvenza
della stessa che, a sua volta, produce un incremento del premio al rischio e quindi del tasso
di attualizzazione (con conseguente riduzione del valore di mercato del titolo).
In secondo luogo, è opportuno evidenziare, sempre a partire dalla definizione riportata,
che, affinché un effettivo rischio di credito si possa manifestare, è necessario che il
1
Cfr. Caputo Nassetti F., Fabbri A., 2001, pag. 241.
5
deterioramento del merito creditizio della controparte risulti inatteso e, quindi, non previsto
inizialmente dal creditore. Qualora, infatti, il concedente riesca a stimare, al momento
stesso dell’assunzione dell’esposizione, l’entità del deterioramento di merito creditizio che
la propria controparte subirà, ne terrà conto, ovviamente, ai fini della valutazione del
premio al rischio connesso, il che, come già evidenziato, influisce sul valore di mercato
della posizione creditizia.
L’ultimo concetto da esplicitare, poi, della definizione di cui sopra, riguarda il fatto che
essa identifichi come conseguenza dell’inatteso deterioramento del merito creditizio della
controparte debitrice la variazione del valore di mercato della connessa posizione
creditizia. La maggior parte delle esposizioni che vengono assunte, però, sono riconducibili
ad attività finanziarie molto poco liquide, ossia per le quali non esistono ancora mercati
secondari adeguatamente sviluppati. In molti casi, quindi, il valore di mercato di una certa
posizione creditizia può soltanto essere stimato attraverso l’utilizzo di modelli matematici.
Ragionando in termini più tecnici, possiamo osservare che una determinata esposizione
creditizia genera sempre, per il concedente, una perdita attesa e una perdita inattesa.
Per perdita attesa (o Expected Loss, EL) si intende il valore medio della perdita che il
creditore si attende di subire, relativamente ad un credito, in un certo arco temporale;
Per perdita inattesa (o Unexpected Loss, UL) si intende, invece, il grado di variabilità del
tasso di perdita attesa intorno al proprio valore medio
2
.
Ebbene, proprio perché viene stimata ex-ante dal concedente (e, tra l’altro, quantificata
dallo spread che costituisce il premio al rischio), è chiaro che la perdita attesa non è
riconducibile al reale rischio di credito associato ad una certa esposizione. La perdita
inattesa, invece, fornendo una misura della probabilità che la perdita effettiva, rilevata a
posteriori, risulti superiore rispetto a quella stimata a priori costituisce il vero fattore di
rischio connesso ad un credito.
La perdita attesa è direttamente proporzionale:
a) alla probabilità di insolvenza del debitore (o Probabiliy of default, PD)
3
;
b) al tasso di perdita in caso di insolvenza (o Loss Given Default, LGD), esprimibile anche
come complemento ad uno del tasso di recupero (o Recovery Rate, RR);
2
Cfr. Sironi A. - Savona P., 2000, par. 1.2.
3
I cosiddetti rating emessi da agenzie specializzate (come Moody’s o Standard & Poor’s) o da banche di
notevoli dimensioni sono dei giudizi (espressi mediante un codice appartenente a scale che variano da
agenzia ad agenzia) che sintetizzano il merito creditizio di un certo debitore e che, quindi, rappresentano un
modo per misurare indirettamente la relativa probabilità di insolvenza.
6
c) alla esposizione attesa in caso di insolvenza (o Exposure At Default, EAD) (fattore,
quest’ultimo, che assume rilevanza nel caso di operazioni che concedono discrezionalità
alla clientela relativamente alla definizione dell’ammontare del finanziamento ricevuto: si
pensi al caso dell’apertura di credito in conto corrente).
Il grado di variabilità del tasso di perdita attesa attorno al proprio valore medio, invece,
ossia la perdita inattesa, dipende:
a) dalla probabilità che l’effettivo tasso di recupero, in caso di insolvenza, risulti inferiore a
quanto stimato ex-ante;
b) dalla misura in cui la probabilità di insolvenza si riveli maggiore di quella stimata ex-
ante;
c) dalla probabilità che l’effettiva esposizione, in caso di insolvenza, risulti superiore a
quanto stimato ex-ante.
A seconda delle cause che lo determinano, il rischio di credito può assumere diverse
configurazioni:
- rischio di insolvenza: si manifesta nell’eventualità in cui la controparte debitrice divenga,
in tutto o in parte, insolvente. In questo caso la perdita che il creditore subisce è
rappresentata dalla differenza tra il valore originario della posizione creditizia e quanto
riesca effettivamente a recuperare;
- rischio di migrazione: si manifesta in caso di deterioramento del merito creditizio della
controparte debitrice (e, quindi, di migrazione della stessa verso classi caratterizzate da più
elevata probabilità di insolvenza). Una situazione del genere è difficile che comporti
un’immediata perdita per il creditore, ma è chiaro che si configura come un importante
campanello d’allarme in relazione all’evoluzione futura della capacità di rimborso del
debitore in questione;
- rischio di recupero: si manifesta nel caso in cui il tasso di recupero di esposizioni
creditizie relative a controparti divenute insolventi si riveli, nei fatti, inferiore a quanto
originariamente stimato dal concedente;
- rischio di esposizione: si manifesta nel caso in cui l’entità dell’esposizione creditizia
aumenti vistosamente nel periodo immediatamente precedente al manifestarsi della
insolvenza della controparte debitrice (eventualità che può configurarsi solo quando il
debitore dispone di una certa discrezionalità nel determinare la dimensione del
finanziamento ottenuto);
- rischio di spread: si manifesta nel caso in cui il valore di mercato dell’attività finanziaria,
connessa alla posizione creditizia in esame, si riduca non a causa del deterioramento del
7
merito creditizio del debitore, ma a causa dell’aumento del premio al rischio, dovuto a
fattori esogeni.
1.2 Derivati su crediti: una visione d’insieme
I contratti derivati su crediti (noti con il termine anglosassone di credit derivative)
rappresentano, senza dubbio alcuno, lo strumento più innovativo, per una dinamica e
flessibile gestione del rischio di credito, che sia apparso sui mercati finanziari nell’ultimo
decennio. Si tratta di strumenti finanziari over-the-counter
4
che consentono di isolare,
attribuire un prezzo e trasferire il rischio di credito associato ad una determinata
esposizione creditizia, indipendentemente dalla forma specifica che essa assume, senza
incidere in alcun modo sulle restanti relazioni preesistenti.
Appare utile, ai fini di una maggiore chiarezza espositiva, individuare preliminarmente e
definire i concetti chiave che incontreremo nella descrizione dei credit derivative, facendo
ricorso alla terminologia tecnica elaborata, al riguardo, dall’Isda
5
:
a) acquirente di protezione: il soggetto che trasferisce il rischio di credito e, quindi,
acquista protezione dallo stesso;
b) venditore di protezione: il soggetto che assume su di sé il rischio di credito e,
quindi, vende protezione dallo stesso;
c) obbligazione di riferimento: l’esposizione creditizia cui si riferisce il rischio di
credito in esame;
d) ente di riferimento: il debitore finale dal cui merito creditizio dipenderà la stima del
rischio di credito oggetto del trasferimento;
e) tasso di riferimento: tasso di interesse di mercato, aumentato o diminuito di un
determinato spread, che assume rilevanza nei credit derivative in cui l’acquirente di
protezione e il venditore di protezione si scambiano, rispettivamente, i flussi di
cassa generati dall’obbligazione di riferimento con determinati altri, legati
all’andamento di tale rate;
f) attività sottostante: l’attività, iscritta nel bilancio dell’acquirente di protezione,
oggetto della copertura;
4
Letteralmente “sopra il banco”, espressione anglosassone che, nel linguaggio finanziario, sta ad indicare le
operazioni di compravendita di prodotti finanziari che non hanno una quotazione ufficiale in un mercato
regolamentato oppure la negoziazione di titoli quotati che, comunque, avviene fuori-borsa.
5
International Swaps and Derivatives Association, Inc., associazione, con sede a New York, costituita nel
1985 con lo scopo primario di uniformare e semplificare la contrattualistica relativa agli swap e ad altri
derivati negoziati fuori-borsa, così da ridurre al minimo tempi di negoziazione, spese legali ed eventuale
contenzioso. Allo stato attuale annovera oltre 820 membri rappresentati principalmente da banche ed altri
intermediari finanziari.
8