CAPITOLO UNO.
Prima del cinema.
1.1. Rosebud Palermo, primi anni Ottanta: nelle strade della città imperversa la
seconda guerra di mafia che porterà, dopo decine di morti, al controllo del
territorio da parte delle famiglie dei Corleonesi, alla metà del decennio. Il
3 settembre del 1982 viene ucciso, insieme alla moglie, il generale Dalla
Chiesa, divenuto prefetto della città, dopo aver ottenuto risultati
importanti nella lotta, senza quartiere, contro le Brigate Rosse; le poche
speranze di un cambiamento di rotta, nella lotta alla criminalità
organizzata, subiscono un duro colpo. Il paese sta attraversando un
periodo molto difficile: gli "anni di piombo", iniziati con la strage di
Piazza Fontana, a Milano, nel 1969 e proseguiti per tutti gli anni Settanta,
nel resto d'Italia, sono dietro l'angolo; e anche se già sembrano così
lontani, portano con sé gli ultimi inevitabili strascichi, politici e sociali,
anche nel decennio successivo. Dalla Chiesa non è, purtroppo, l'unico
della lista ad essere stato ammazzato per mano della mafia in quegli anni:
basti ricordare, per tutti, la morte del magistrato Rocco Chinnici, del
commissario Boris Giuliano, o ancora dei politici Pio La Torre e Piersanti
Mattarella, il primo segretario regionale del P.C.I. e il secondo presidente
della regione siciliana.
La Sicilia è ancora un feudo della Democrazia Cristiana, e in quel
periodo i nomi che contano sono quelli di Vito Ciancimino e Salvo Lima,
“fedelissimi” di Giulio Andreotti, il vero e proprio punto di riferimento
per il serbatoio di voti democristiani nell'isola. In quel lasso di tempo
proseguirà l'abusivismo edilizio, dopo la scandalosa speculazione delle
costruzioni nei decenni precedenti; e che porterà ad un enorme aumento
della corruzione morale, prima ancora che politica o finanziaria. Gli
esponenti della classe dirigente hanno saldamente le mani sulla città, o
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meglio sull'isola; la società civile, reale, sembra appiattirsi sempre di più,
schiacciata dall’assenza delle istituzioni e dalla distruttiva forza della
mafia.
È in questo periodo che Franco Maresco, nato a Palermo nel 1958,
inizia a muovere i primi passi nel mondo della radio, lavorando sul finire
degli anni Settanta a Radio Palermo Centrale, un'emittente importante
della città, allora. Si occupa di programmi culturali, e offre agli ascoltatori
inusuali letture della musica jazz accompagnate da selezionati consigli sui
film d'autore; fin da subito queste due grandi passioni, il jazz e il cinema,
condivise più tardi con Daniele Ciprì, sono il punto fermo nella
formazione culturale dei futuri registi. Finita l'esperienza in radio,
Maresco approda nel 1980 al cineclub <<Nuovo Brancaccio>>, un
fondamentale passaggio nella sua ulteriore evoluzione intellettuale: il
locale, gestito da un gruppo di ragazzi che orbitavano nell'area del P.C.I.,
era in una delle zone a più alta densità mafiosa. Un quartiere governato da
alcune tra le famiglie più potenti di Cosa Nostra, tagliato fuori dal resto
della città, e considerato una zona morta abitata solo da rifiuti e
delinquenti. L'attività svolta dal cineclub procedeva nonostante tutto, e
offriva una programmazione di tutto rispetto: si proiettava il nuovo
cinema tedesco, la triade Fassbinder - Herzog - Wenders, come pure il
cinema classico, da Stroheim a Bergman. In sala, però, c'erano raramente
più di cinque persone, la risposta del pubblico deludeva le aspettative;
anche perché si aggiungeva l'oggettivo problema dell'incolumità fisica per
le strade del quartiere. Durante il sanguinoso regolamento di conti tra i
clan si arrivavano a contare anche tre morti al giorno.
La situazione era davvero critica: si doveva superare non solo la
distanza mentale della città rispetto al tipo di proposte culturali presentate,
ma anche problemi pratici visto che gli elicotteri della polizia sorvolavano
in continuazione Palermo, presidiata inoltre, soprattutto a Brancaccio, da
numerosi posti di blocco, che scoraggiavano, così, i pochi potenziali
spettatori. La sala fu costretta a chiudere, sommersa dai debiti, lasciata a
se stessa e senza che il Partito promuovesse alcuna mobilitazione per
evitare ciò; dimostrando così una totale mancanza di solidarietà, oltre che
19
un'evidente incapacità di capire, di ascoltare la base, e di aggregare le
forze intellettuali più giovani, lontane dalla logica politica di bottega.
Nello stesso periodo Maresco organizza, sempre con il gruppo del
cineclub, anche la prima grande rassegna jazz a Palermo: il titolo era
<<Jazzcittà>>, ed è stata fondamentalmente un incontro tra giovani
musicisti di talento, anche se poco conosciuti; ma anche in quell'occasione
la città sembrava non essere interessata a queste manifestazioni.
Gli anni del Brancaccio, sebbene non esaltanti, sono stati
un'importante occasione per Maresco per confrontarsi con la realtà
palermitana, facendo i conti fin da subito con il pubblico cittadino, oltre
che soprattutto con la pochezza delle istituzioni addette alla promozione
culturale. È stata comunque, per il giovane ventiquattrenne, una lezione
decisiva sul proprio ambiente di riferimento, considerando anche il
particolare contesto storico e sociale in cui iniziò a confrontarsi. E
quell’esperienza, in ogni caso, ha rappresentato una vitale valvola di sfogo
per l'irrequieto ragazzo, uscito dalla maturità scientifica con non poche
difficoltà, dopo un problematico periodo vissuto nell'adolescenza, prima
del diploma. Come ricorderà in una delle prime interviste 8
: <<Sono
indisciplinato di natura, ho sempre avuto problemi a stare dentro un
ordine…del liceo ho ricordi da incubo, avevo anche dei problemi
familiari; nel '74 mio padre se ne andò di casa, ed è morto senza che lo
rivedessi più. Non riuscivo a stare né a scuola né in famiglia>>. Eppure lo
studente liceale ha la fortuna di avere come professoressa di lettere la
figlia di Antonio Pizzuto, uno scrittore palermitano (1893-1976), autore di
una serie di romanzi, poco conosciuto al grosso pubblico, ma considerato
narratore originalissimo, tra i più significativi dell'avanguardia degli anni
'50
9
. Sarà l'unica insegnante di cui Maresco si ricorderà con piacere,
l'unica che riuscirà a trasmettergli la passione per la letteratura, coltivata
poi nel tempo da autodidatta, al di fuori dei canali culturali istituzionali;
finito il liceo, infatti, non s'iscriverà all'università ma preferirà partire
subito per il servizio militare. Una volta tornato a casa prende la decisione
8
Goffredo Fofi, Enrico Ghezzi, (a cura di), Lo zio di Brooklyn , Milano, Bompiani, 1995, p.
10.
9
AA. Vv., Letteratura , Milano, Garzanti, 1999, p. 813.
20
di non proseguire gli studi, considerandoli <<una perdita di tempo>>, ma
di mettersi alla ricerca di un lavoro, che troverà più tardi in radio.
Terminata l'attività con il <<Nuovo Brancaccio>>, sul finire del 1982
nasce la cooperativa <<Rosebub>>, fondata da Maresco stesso: al gruppo
di persone del cineclub non sono venute meno le speranze di continuare
nello stesso campo, occupandosi nella nuova veste sempre di cinema e
promozione culturale. Tanto che nel 1983 la cooperativa inizia a fare
piccole proiezioni nelle scuole; un rapporto di favore che permette ai
gestori della <<Rosebud>> di non dipendere esclusivamente dal gusto del
pubblico, ma di poter contare, questa volta, su discreti contributi
istituzionali. Palermo sembra, adesso, prendere un po' di respiro: la guerra
tra i clan pare vicina ad una svolta, il nuovo equilibrio criminale si va
assestando, e con esso vanno diminuendo le terribili uccisioni dei mesi
precedenti. L'assetto politico mantiene, inalterato, il suo "equilibrio": il
sindaco di Palermo è Ciancimino, anche se nessun effetto sembrano
suscitare le contemporanee sortite di Leonardo Sciascia, sui quotidiani
nazionali, riguardo alla situazione siciliana, e non solo, di quegli anni.
L'intellettuale, ormai anziano, dopo l'impegno politico nel parlamento
italiano ed europeo negli anni Settanta, e dopo aver dato alle stampe Todo
modo (1974), Candido (1977), e opere d'impegno civile come L'affaire
Moro (1978) seguito da Nero su nero (1979), sembra l'unico ad
interessarsi alla storia della sua terra, ai tempi del pentapartito. Le ultime,
amare ma lucidissime, riflessioni dello scrittore di Racalmuto sulla Sicilia
negli anni Ottanta confluiranno poi nel volume, uscito postumo, A futura
memoria (1990), un titolo emblematico, adatto a sintetizzare la sindrome
dell'oblio che sembra attanagliare, da sempre, i siciliani. Di Sciascia, pur
non amandolo particolarmente, anche Ciprì e Maresco si ricorderanno,
sempre nell'intervista di Fofi, citando una frase lapidaria dello scrittore:
<<La rassegnazione qui in Sicilia affonda le sue radici nella filosofia;
aveva ragione Sciascia quando osservava che i siciliani non hanno mai
creduto nella forza delle idee. Siamo un popolo che vive alla giornata, c'è
in noi un fatalismo assoluto>>
10
.
10
Goffredo Fofi, Enrico Ghezzi (a cura di), Lo zio di Brooklyn , cit., p. 29.
21
Le idee, invece, sono quelle che non mancano ai volenterosi
organizzatori della <<Rosebud>>: nel 1985 aprono anche un negozio di
videocassette, che continua a lavorare con il videonoleggio alle scuole. È
il periodo del boom dei videoregistratori in Italia, iniziati a circolare già da
alcuni anni, ma divenuti alla portata di tutti da poco tempo. I negozi che
noleggiano videocassette cominciano a proliferare sempre di più, e si
viene così creando un nuovo mercato per i film, che possono sfruttare
(oltre quello televisivo) un altro canale per la distribuzione, più
economico, ma in decisa espansione. E il discorso vale, forse per la
maggior parte, per i film a luce rossa: le sale specializzate in queste
proiezioni “vietate ai minori” cominciano a chiudere, dato che la domanda
si va spostando verso un utilizzo più “appartato” nelle mura domestiche;
tanto che pure i gestori della <<Rosebud>> si trovano in qualche modo
obbligati, per un ritorno economico, vista l'alta richiesta, a offrire al loro
pubblico anche videocassette di film porno.
Ed è proprio alla <<Rosebud>> che avviene l'incontro tra i due futuri
registi: nel 1986 si avvicina al cineclub - videonoleggio Daniele Ciprì,
nato anch'egli a Palermo nel 1962, figlio di un fotografo con studio
fotografico artigianale, specializzato in foto di matrimoni. Ciprì non ha
avuto studi regolari, provenendo da una famiglia d'artigiani in cui c'era il
bisogno di inventarsi continuamente un lavoro, e sceglie di interrompere
gli studi dopo la licenza media. Il padre viene dalle riparazioni, è un
tecnico: ha iniziato aiutando da ragazzino Moreno, uno dei riparatori più
apprezzati in Sicilia, che aveva riparato, tra le altre, la cinepresa di
Visconti durante le riprese di La terra trema . Il padre rimane una figura
chiave nella preparazione tecnica di Ciprì: intanto perché lo abitua fin da
piccolo a seguirlo per imparare il mestiere, insegnandogli così, pian piano,
tutta la propria esperienza sulle macchine fotografiche, sulle pellicole da
usare e su come utilizzare le luci. La pratica diretta, la manualità
diventano per lui un'esperienza molto importante per la successiva
preparazione tecnica; la bottega del padre è la sua vera e propria scuola. Il
padre, poi, assecondando la crescente passione del figlio, lo indirizza
verso il cinema regalandogli una cinepresa super8: è il coronamento di un
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sogno, è l'inizio di una pratica che lo porta, nel tempo, a diventare lui
stesso un esperto di telecamere e cineprese, tanto da iniziare a lavorare
come operatore in una piccola cooperativa di servizi audiovisivi 11
.
L'incontro tra Ciprì e Maresco avviene, perciò, attorno al cinema in
videocassetta, compreso quello porno; è così che il giovane Ciprì inizia a
frequentare la <<Rosebud>>, fino a diventarne parte integrante. Tra i due
si crea fin da subito una particolare affinità, basata soprattutto sugli stessi
film amati da entrambi: quelli del cinema classico americano degli anni
'30 e '40, i western di John Ford, come pure i noir di Howard Hawks,
passando per le commedie di Lubitsch, e i polizieschi di Anthony Mann.
Un legame che va rafforzandosi nel tempo, vista anche la voglia di
entrambi di cominciare a realizzare i primi lavori autoprodotti, in video.
Intanto il gruppo della <<Rosebud>> inizia a restringersi: la
cooperativa va disgregandosi sempre di più, cominciano i primi problemi
di scelte, anche politiche, tanto che alla fine a gestirla rimangono solo in
quattro, Maresco e Ciprì, con Umberto Cantone e Roberto Giambrone.
Insieme realizzeranno un lavoro collettivo nel 1986, Il lato estremo del
visibile , un “video – montaggio” con brani da Hitchcock, Ford, Kubrick, e
altri famosi registi, che sarà una sorta di prova generale, un'ideale palestra
di avvicinamento ai meccanismi del cinematografo.
La vera svolta, però, avviene nel 1987: il gruppo dei quattro si
avvicina ad una televisione palermitana, la T.V.M., di cui è proprietario
Giuseppe Manzo, che decide di dare visibilità a questi ragazzi pieni
d'entusiasmo. Cominciano così la produzione di piccoli prodotti per la
televisione: inizialmente, sulla scia del loro lavoro collettivo, proponendo
ancora piccoli montaggi con frammenti di film, approfondendo
ulteriormente l'approccio al cinema amato. Proseguendo poi nel biennio
tra il 1987 e il 1989, ideando e conducendo veri e propri programmi
televisivi all'interno del palinsesto quotidiano dell'emittente.
11
Ciprì ha collaborato, come operatore e/o direttore della fotografia, a molti dei primi tentativi
di video e film indipendenti a Palermo (Costa e Bonsangue, Cantone), oltre ad aver fatto
parte della cooperativa C.L.C.T. (che organizzò, nel 1984, la produzione del film Cento giorni
a Palermo , film su Dalla Chiesa, di Giuseppe Ferrara), cfr. Emiliano Morreale, Lampi
sull'isola , Palermo, Edizioni della Battaglia, 1996.
23
1.2. T.V.M.: i programmi, i video, Cinico Tv
E' così che vedono la luce, con la firma dei quattro della <<Rosebud>>, le
trasmissioni Interno notte (di Umberto Cantone, Ciprì e Maresco), una
sorta di <<Fuori Orario>> ante litteram , un programma contenitore in cui
vengono proposti spezzoni di vecchi film; o ancora Jazz, blues e altro…
(condotta da Maresco, con la regia di Ciprì), quasi una riedizione, in
versione televisiva, dei programmi radiofonici di Maresco. La possibilità
di poter utilizzare apparecchiature professionali permette così, almeno in
parte, ai due futuri registi di montare in “U-matic” (lo standard
broadcasting delle televisioni) i loro cortometraggi: una specie di
<<scambio in natura>>, in cui i quattro della <<Rosebud>> riempiono il
palinsesto di T.V.M., facendo allo stesso tempo della rete palermitana il
loro “banco di prova”. È all’interno di Interno notte che cominciano a
prevalere l’umorismo, la satira e soprattutto i personaggi di Ciprì e
Maresco: prima qualche apparizione di Francesco Puma, poi di Francesco
Tirone.
In questo periodo, intorno al 1988, iniziano intanto a diversificarsi le
scelte all'interno del piccolo gruppo: Giambrone, infatti, intraprende la
carriera giornalistica, mentre Cantone comincia ad occuparsi di teatro. Le
scelte artistiche verso cui Maresco e Ciprì decidono di orientarsi
cominciano a non rientrare nelle corde degli altri due; gli interessi di
Cantone e Giambrone sembrano più indirizzati verso la letteratura, il
teatro, o in direzione di un diverso approccio al cinema. Così i compagni
di sventure si separano, molto amichevolmente, dopo le varie esperienze
maturate assieme; il legame affettivo rimarrà saldo negli anni, non così
quello artistico.
Arriva dunque il fatidico momento di iniziare: Ciprì e Maresco
decidono di creare una piccola produzione, totalmente auto-finanziata; c'è
molta voglia di mettersi dietro una telecamera, di girare del materiale
audiovisivo, così come di dirigere qualcuno. Il primo "attore" dei loro
primissimi lavori in video sarà proprio Francesco Tirone, classe 1930,
24
soprannominato "Gimondi" o "il ciclista", conosciuto da Maresco alcuni
anni prima, durante delle gare di ciclismo, appunto. Da questa prima
scelta già si può intuire la direzione che i due decidono di intraprendere:
fin da subito è rifiutato un approccio professionistico per la definizione
del cast artistico. Così come è rinnegata un'impostazione standard per
quanto riguarda la regia, scandita dai vari momenti di scrittura (soggetto e
sceneggiatura) fino alla realizzazione delle riprese vere e proprie
(produzione e post-produzione). La decisione di far recitare Tirone nel
loro primo video, più che un corto di fiction una sorta di intervista, non è
casuale: la motivazione va ricercata in un approccio anticonformista al
mezzo audiovisivo, che non fa proprio il vezzo gratuito, e quasi snob, di
una scelta così radicale (un non attore, per di più di sessant'anni). Al
contrario, è l'espressione di un percorso culturale e intellettuale che porta,
inevitabilmente, a uno sviluppo anti-spettacolare, prediligendo vie insolite
e, se si vuole, naif ; frutto, però, di una lenta maturazione estetica, oltre che
esistenziale. Tale scelta, estrema e in qualche modo provocatoria, non è
perciò motivata solamente da questioni economiche: la scarsità dei mezzi
non giustifica la volontà di utilizzare un uomo anziano, preso dalla strada,
e messo di fronte ad una telecamera.
Dietro tutto ciò sta invece una precisa visione del mondo, una lucida e
disincantata filosofia che, figlia delle disillusioni sessantottine prima e
settantasettine poi, guarda alle cose da un punto di vista distaccato, e
perciò altro , rispetto al fluire degli eventi. Ma che allo stesso tempo non
rinnega una carica eversiva, vitale, che fa proprie le armi dell'ironia e del
sarcasmo trasformandole in tragica comicità. Ironia e sarcasmo che
sfociano da un ulteriore elemento caratterizzante il loro stile:
l'improvvisazione, o meglio la non preparazione di un testo scritto a fare
da canovaccio per i loro cortometraggi.
Quasi tutti i primi lavori in video di C. & M. nascono così: da un'idea
appena abbozzata, che viene sviluppata direttamente in fase di
realizzazione, senza preventivi vincoli di scrittura, ovvero di elaborazione.
Da questo strano impasto, da queste insolite radici nasce la poetica di C.
& M.: i due autori palermitani sembrano non avere né padri né maestri,
25
anche se si muovono all'interno di una tradizione geografica ben definita.
I loro più diretti riferimenti è meglio cercarli altrove, a quel jazz tanto
amato, o a quel cinema americano classico (che rimane un imprescindibile
punto di riferimento della loro cinefilia), o alla letteratura nera (Cioran,
Celine, Poe), o infine alla filosofia di Schopenhauer (autore prediletto da
Maresco). Ma anche così, come scrive Morreale nel suo saggio sul cinema
siciliano, C. & M. si inseriscono immediatamente nel cuore di una
tradizione alta: quella metafisica e funerea, barocca e feroce che va da
Pizzuto, appunto, a Lucio Piccolo, da certo Pirandello fino a Bufalino (che
era un estimatore dei due)
12
.
Inizia quindi con Tirone quello che, nel tempo, diventerà un vero e
proprio "carrozzone" di attori da strada, nel senso pieno della parola, cioè
presi dalla strada, tutti rigorosamente non professionisti 13
. E non è
difficile scorgere in questa predilezione per i volti genuini della gente
semplice, per questi corpi unici e allo stesso tempo indecenti, evidenti
influenze pasoliniane (uno dei pochi registi italiani apprezzato da C. &
M.). Se in Pasolini però questa scelta era motivata esteticamente, ed
emotivamente, da una ricerca di purezza “primitiva” perché
sottoproletaria, in C. & M. la stessa decisione non ha più un'aurea
ideologica o ideale; per loro gli unici attori possibili sono quelli non
professionisti. E questo risponde ad una precisa esigenza dei due registi:
utilizzare questi loro interpreti come una specie di materia da modellare,
da “scolpire”, attraverso dialoghi e situazioni inventate, che partono però
dalla insostituibile materialità significante dei volti, dei corpi, e delle voci
prescelte.
Nasce in questo modo Così , una sorta di intervista di 18 minuti a
Tirone, che racconta un suo fidanzamento con una ragazza, Provvidenza,
poi tristemente finito. Il video si può considerare il primo vero e proprio
lavoro della coppia Ciprì e Maresco: il primo, cioè, interamente ideato e
realizzato dai due registi, girato con una telecamere VHS e montato,
12
Cfr. Emiliano Morreale, Lampi sull’isola , cit., p. 19.
13
Cristina Cilli, Conversazione con D.C. e F.M. , cit., p. 193: <tutto è iniziato con Francesco
Tirone, il nostro ciclista; poi come in una sorta di passaparola familiare, sono arrivati gli altri,
Marcello, Giordano…>>.
26
artigianalmente, con un videoregistratore. È un momento importante per i
due registi: è una fondamentale verifica delle loro capacità, non solo
organizzative, ma anche stilistiche; un banco di prova che serve a
entrambi per muovere i primi passi nel mondo dell'audiovisivo. E questa
volta non più come semplici montatori di film d'autore, o come conduttori
e registi di programmi televisivi: adesso è l'inizio reale della loro duratura
collaborazione, è l'esordio come autori di un cortometraggio, seppure sui
generis , e seppure realizzato con precari mezzi tecnici. Non solo: questa è
la prima opera targata Ciprì e Maresco, e questo vuol dire, soprattutto,
l'utilizzo del bianco e nero al posto del colore. Il colore viene da subito
rifiutato dai due, assimilato alla piattezza del documento televisivo, al
servizio da telegiornale; rifiutato in nome di un'estetica del linguaggio che
nulla ha a che fare con la televisione, quella corrente, nazionalpopolare.
La scelta del video, in qualche modo obbligata, non potendo contare
su apparecchiature più sofisticate, e della pellicola, è comunque
decisamente orientata in direzione del cinema
14
. Un mezzo, il video, che
pur essendo considerato più povero rispetto alla pellicola, ha invece
proprie caratteristiche peculiari: permette di visionare subito il lavoro
girato, facilitando così la post-produzione; e, particolare non indifferente,
costa molto, ma molto meno della pellicola. Inoltre, anche potendoselo
permettere, in una città come Palermo, 15 anni fa, era realmente
impossibile girare in pellicola, mancando tutto il necessario (noleggio
cineprese, sviluppo e stampa, montaggio). Perciò il video permette di
girare del materiale audiovisivo con più libertà, con più immediatezza; e
accorciando i tempi tra la realizzazione, il montaggio, e l'edizione (ovvero
la visione), si rivela un'ottima palestra per qualsiasi aspirante regista, o
meglio, filmaker .
Così nasce la prima produzione di Ciprì e Maresco: che fanno di
necessità virtù, aguzzando l'ingegno, inventandosi da subito uno stile,
anche a partire dalla scarsità dei mezzi a disposizione. Ma talvolta la
fortuna aiuta gli audaci: è così che sul finire del 1988 i due registi hanno
14
Goffredo Fofi, Enrico Ghezzi, (a cura di), Lo zio di Brooklyn , cit., p. 13: <<il bianco e nero ci
faceva illudere che stessimo facendo cinema, cinema vero, il cinema che ci affascinava…Il
nostro lavoro è stato fatto per anni con poche lire, ma con grandi ambizioni estetiche>>.
27
l'occasione di incontrare Anna Manzo, figlia del proprietario di T.V.M.,
che in seguito diventerà la moglie di Ciprì; lei stessa, poi, parteciperà alla
produzione di altri lavori della coppia artistica, permettendogli così di
poter pagare anche gli attori.
Attori che cominciano ad aumentare sempre di più: allo “storico”
Tirone (riutilizzato nella trasmissione Chi dice donna… , del 1988, puntata
sull'8 marzo, dove il ciclista è il presidente di una fantomatica
associazione di femministe) si affiancano così anche Francesco Puma e
Marcello Miranda. Il primo, utilizzato in uno spot per il cinema Gaudium,
sarà il commentatore del Festival di Sanremo 1990, in Controfestival
Italia , trasmissione andata in onda, in diretta, sempre su T.V.M.; il
secondo, invece, farà parte nel 1989 del secondo cortometraggio di C. &
M.: Trinidad , insieme a Tirone e Maria Amato (ambientato in una sala
porno di Palermo; una sorta di abbozzo del primo episodio di Totò che
visse due volte ).
A questo punto è necessario fare una piccola premessa, prima di
addentrarsi nella fitta selva dei lavori in video di C. & M.: è molto arduo
riuscire a catalogare, ordinatamente, tutte le produzioni dei due registi.
Intanto perché spesso i corti vengono riutilizzati in altri video; o, ancora,
vengono rititolati, rendendo così davvero un'impresa improba avere una
cronologia e una videografia che si possa ritenere completa. Come si
chiede, non senza ironia, Alberto Farassino:
Come filmografare la serie quotidiana di Cinico Tv? Come attribuire cast e
credits a cose che spesso non avevano neppure un titolo, e che mai avevano
titoli di testa? […] Se l'opera complessiva di C. & M. può raggiungere una sua
totalità, ciò avviene non per accumulo di unità, ma al contrario per la
sistematicità della dispersione, per la fluttuanza di ogni suo elemento 15
.
Certo, qui il riferimento è soprattutto a <<Cinico Tv>>, trasmesso da
Rai Tre nel 1992; ma, forse, è una regola che potrebbe valere per tutti i
corti della coppia. I due registi, in ogni caso, distinguono
15
Alberto Farassino, Cast e credits per C. & M., in Aa. Vv., InSenso Cinico, Palermo, ILA
Palma, 1993, p. 31.
28
convenzionalmente un settore più sperimentale, <<Cinico Video>>
16
, da
<<Cinico Tv>>, che invece indica i lavori legati a forme “tradizionali” di
televisione e di comicità (quasi sempre senza titolo).
Il 1989 è un anno tra i più prolifici della neonata coppia professionale:
intanto perché i due registi continuano a girare altri cortometraggi,
aumentando la loro esperienza e, di conseguenza, il numero degli attori. In
secondo luogo perché è l'anno di nascita della sigla <<Cinico Tv>>: inizia
così, sempre con T.V.M., la serie di episodi che farà conoscere C. & M. ai
palermitani, proponendosi adesso in un circuito più allargato, ancorché
locale, rispetto a prima. Tra i corti girati vanno ricordati: Pasta e patate ,
con Tirone, Miranda e Celano, un video di 5 minuti in cui due disgraziati
danno delle patate ad un ragazzo, affinché sua zia Rosa possa farci la
pasta; l'indomani arriva la notizia che la zia è morta scivolando su una
buccia di patata (e viene subito alla memoria l'inizio del romanzo di
Bulgakov, Il Maestro e Margherita 17
).
Poi è la volta di Romagnolo , un corto che ha per protagonisti Tirone e
Miranda in una giornata al mare, e che richiama, in qualche maniera, le
giornate da vitelloni felliniani, chiaramente in tutt'altra salsa. In seguito
viene girato Tantissime domeniche a tutti , ambientato in una trattoria con
tanto di fisarmonicista freak senza pollici, con protagonisti sempre Tirone
e Miranda, con l'aggiunta di un certo professor Miceli. Infine è la volta di
Mai , un corto di 4 minuti in cui in uno Z.E.N. (acronimo di zona
espansione nord, quartiere progettato sul finire degli anni Sessanta e mai
completato, divenuto uno dei quartieri più degradati della città) deserto,
appare improvvisamente Tirone.
Si cominciano così a definire meglio le caratteristiche stilistiche e di
contenuto che C. & M. iniziano a comporre nei loro lavori; si va affinando
sempre di più quello che rimarrà costante negli anni: una sorta di
primordiale "Ciprì e Maresco touch ". Ovvero gli elementi costitutivi che
si sottolineavano prima: l'uso del bianco e nero, la curata messa in scena,
16
Cristina Cilli, Conversazione con C. & M. , cit., p.193: <<Cinico Video è la produzione di
cortometraggi dove rappresentiamo questa smagnetizzazione, dove tutto se ne va, come se
nulla potesse avere una traccia di vita visiva>>.
17
Michail Bulgakov (1891-1940) scrisse il suo romanzo più famoso tra il 1929 e il 1940,
lasciandolo incompiuto; fu pubblicato solo nel 1966, in clima di disgelo tra i due blocchi,
quello sovietico e quello americano.
29
la ricercata inquadratura rigorosamente fissa (o quasi), l'utilizzo infine di
attori non professionisti. A cui bisogna aggiungere un dosato uso del
montaggio e la funzione pregnante del sonoro, che sia esso parola, suono
o musica. Un sonoro che diventa dall'inizio costitutivo del linguaggio che
i due iniziano, lentamente ma costantemente, a formare; un'attenzione alla
parola, più che al gesto, riscontrabile più in questi primi corti. Il dialetto è
da subito la "parola", forse l'unica possibile, visto lo scenario dove
vengono ambientate le storie: un condominio popolare, una trattoria, la
periferia. Tre spaccati che potrebbero stare benissimo uno accanto
all'altro, uno dentro l'altro; e che si fondono con il gesto di chi ci sta
dentro, di chi li vive, e da cui si staglia allo stesso tempo. Si veda il Tirone
in Mai : preceduto da carrellate sui palazzoni periferici, il ciclista
attraversa i viali deserti in ralenti , con una musica lenta in sottofondo, per
poi ritrovarsi fermo davanti un camion, appoggiato all'inseparabile
bicicletta. Quasi una presentazione, una sorta di “intervallo” sospeso nel
tempo, un passaggio in uno dei più tipici scenari di C. & M., che scrutano
in maniera geometrica il susseguirsi di finestre, porte e portoni dei palazzi,
insieme alla fissità di posti abbandonati al tempo, in rovina. Questo video
è (quasi) muto, al contrario del primo, Pasta e patate , che seppure con
dialoghi all'osso, è recitato in italiano, o meglio in un siciliano
italianizzato. Un confine labile, questo tra la lingua italiana e il dialetto
palermitano, che sarà sfruttato in tutte le salse nelle interminabili
"ciniche" interviste, che contrapporranno in maniera netta l'italiano
corretto della voce off e il siciliano parlato dai malcapitati intervistati.
Inizia in questo modo la serie di <<Cinico Tv>>, trasmessa da T.V.M.
dal 1989 fino al 1991, fino a quando cioè C. & M. non saranno prima
"scoperti" da Mimmo Lombezzi 18
, e poi lanciati da Enrico Ghezzi,
all'interno della striscia quotidiana di Blob (anche se ciò avverrà in
maniera continua solo dal 1992). Tra i vari titoli degli episodi, ricordiamo
Più soffri e più vinci , (con Tirone); La famiglia Ciancimino, (con Gaetano
Lo Nano, che sempre nel 1989 partecipa anche alla trasmissione di C. &
M. Com'è bella la Tv ); Chi li vuole , (con Tirone e Miranda); infine,
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<<Cinico Tv>> venne infatti prima visto da Lombezzi che lo volle inserire nel programma,
suo e di Didi Gnocchi, andato in onda su Italia 1 nel 1990, e dal titolo <<Isole comprese>>.
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