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INTRODUZIONE
Il percorso di studi da me effettuato durante questi anni al corso
di laurea di teorie e tecniche dell‟informazione e della
comunicazione della facoltà di Scienze Linguistiche mi ha
permesso di entrare in contatto con un mondo che mi ha sempre
affascinato, quello della televisione e del cinema, e mi ha dato
l‟occasione di approfondirne gli argomenti, da un punto di vista
sociale, culturale, storico e anche linguistico. Quando al terzo
anno era in programma un corso di Semiotica, non ho avuto
dubbi nel scegliere, tra le due possibili opzioni, quello del
Professor Armando Fumagalli, che aveva in programma l‟analisi
di quella che il linguista Jakobson chiama “traduzione
intersemiotica”, cioè quel passaggio da un sistema di segni ad un
altro completamente diverso, nel quale però si mantiene lo stesso
significato. Nella fattispecie, il corso prevedeva l‟analisi di diversi
adattamenti della letteratura per il cinema o la televisione. Inutile
dire che rimasi subito colpita da tutto il lavoro e lo studio che
prevede il trasformare un romanzo in un film, e di quante
questioni fosse necessario tenere presente nel passaggio da un
testo all‟altro. Ne rimasi affascinata anche per la facilità con cui
sono riuscita a seguire le lezioni del Professore, facilità dovuta un
po‟ alla bravura dello stesso e un po‟ dalla “fortuna” che ho avuto
nel vedere analizzato per primo un romanzo a me molto caro,
Ragione e Sentimento, di Jane Austen, il cui adattamento,
sceneggiato da Emma Thompson, era a me molto noto.
Poter scrivere la tesi con il Professore, quindi, è stata una bella
opportunità per verificare gli studi compiuti durante il corso, la
possibilità per mettere in pratica quelle teorie intorno alle quali si
sviluppano gli adattamenti.
La scelta del romanzo di Hosseini si può dire che sia stato un
caso. Non avevo ancora né letto il libro né visto il film, ma ne
avevo molto sentito parlare in modo entusiasta da più parti.
Inoltre mi incuriosiva il fatto che un film con tematiche così sui
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generis avesse attirato l‟attenzione di Hollywood, proprio nel
momento in cui la guerra americana in Afghanistan stava
attraversando uno dei suoi momenti più caldi.
Il suggerimento del Professore di dividere il lavoro in tre parti,
analizzando per primo il romanzo, poi il film e infine
analizzandone le differenze, si è rivelato la scelta migliore. Un film
del genere, infatti, non può prescindere dal suo romanzo, non
solo per tutte le questioni di adattamento, quanto per il contenuto
e il contesto storico, sociale e politico su cui la storia poggia le
sue basi. È impossibile, a mio parere, comprendere a fondo le
vicende dei personaggi del romanzo, che poi verranno
sceneggiate nel film, senza avere almeno un‟idea di come e dove
vivessero questi protagonisti così universali per caratteristiche,
sogni, pregi e difetti, ma così diversi dal pubblico occidentale a
causa del loro Paese di appartenenza. Il primo capitolo, dunque,
è l‟occasione proprio per analizzare il contesto in cui si sviluppano
le vicende e per conoscere un po‟ più da vicino le origini e le
motivazioni di un autore così sconosciuto che ha scritto un
romanzo conosciuto in tutto il mondo.
Il secondo capitolo invece si concentra sul film, sui suoi processi
produttivi, le scelte di sceneggiatura e regia che sono state fatte,
sui risultati che ha avuto al botteghino, i problemi di censura e,
infine, sulla sua analisi strutturale.
Il terzo capitolo si concentra sull‟analisi dell‟adattamento, sulle
differenze che sono state apportate alla storia per poterla
trasporre sul grande schermo, confrontando come quelle che
sono le caratteristiche più importanti della storia, i personaggi e
gli eventi, ad esempio, sono state rese nel passaggio dal testo
scritto al testo cinematografico. Nel corso dell‟analisi si è anche
cercato di dare uno spunto per capire se e perché il film abbia
avuto successo o meno, se sia stato un buon adattamento di un
romanzo che, non c‟è bisogno di dirlo, ha una potenza narrativa
fuori dal comune.
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CAPITOLO 1: IL ROMANZO “IL CACCIATORE DI
AQUILONI”.
Il Cacciatore di Aquiloni è un romanzo che deve il suo successo
al passaparola dei lettori e ai suggerimenti dei librai. Pubblicato
negli Stati Uniti da Riverhead nel 2003 in un‟edizione rilegata in
70 mila copie, non ha riscosso un gran successo, ma una
successiva edizione in paperback ha venduto 3 milioni di copie in
poche settimane. Il libro è stato tradotto in 49 Paesi ed è
diventato un bestseller quasi ovunque, dalla Norvegia, alla
Danimarca, fino a Israele.
E' stato nella classifica dei bestseller del New York Times per 75
settimane (ed è stato primo per 51 settimane), in quella del
Publishers Weekly per 73 settimane (primo per 49 settimane) e in
quella di Usa Today per 92 settimane.
1.1. Un autore sconosciuto per un libro molto conosciuto.
“Recentemente mi è capitato più volte di ripetere il suo nome
schiarendo la voce, e di ricevere in cambio occhiate perplesse e
indagatrici.
«L‟autore de „Il Cacciatore di Aquiloni’», cerco di chiarire, «Khaled
Hosseini».
«Ah, vero. Wow. Ho amato quel libro».
Per ragioni indecifrabili (sindrome da primo libro? Mancanza di un
percorso artistico segnato da decenni di successi?), alcuni dei
quattro milioni di lettori che resero il debutto di Khaled Hosseini
un fenomeno editoriale non si ricordano subito il suo nome. Se
però nomini „Il Cacciatore di Aquiloni’, il loro viso assume
un‟espressione incantata come se, di punto in bianco, si
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ritrovassero di nuovo immersi nella lettura: Amir e Baba, Hassan
e Sohrab… strano.”
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L‟introduzione di Dave Weich alla sua intervista all‟autore di The
Kite Runner è quanto di più appropriato si possa dire a riguardo
dello stesso: la fama del suo primo romanzo, pubblicato nel 2003
negli Stati Uniti e poi in quarantanove Paesi e venduto in
8.000.000 di copie, precede di gran lunga il suo stesso nome.
Khaled Hosseini nasce a Kabul, in Afghanistan, il 4 marzo 1965,
primo di cinque fratelli. I genitori nascono a Herat, grande città
dell‟Afghanistan occidentale, in un‟epoca in cui non ci sono
infrastrutture, elettricità e acqua corrente. Il trasferimento a Kabul
permette loro un grande cambiamento e di frequentare
l‟università. Il padre diventa un diplomatico, lavorando presso il
Ministero degli Esteri afghano e la madre insegnante di persiano
e storia in un liceo femminile di Kabul.
Nel 1970 il Ministero manda la sua famiglia a Tehran, in Iran,
dove il padre lavora presso l‟ambasciata dell‟Afghanistan. Nel
1973 tornano a Kabul. A luglio, il re afghano, Zahir Shan, viene
spodestato in un colpo di stato dal cugino, Mohammed Daoud
Khan.
Nell‟ottobre del 1976 il Ministero trasferisce ancora la famiglia,
questa volta a Parigi, dove il padre di Khaled ottiene un incarico
come secondo segretario presso l‟ambasciata. Dovevano
rimanere quattro anni, ma nel 1978 il presidente afghano, Daoud
Khan viene assassinato in seguito a un colpo di stato da parte di
fazioni filo-comuniste, appoggiate dall‟Armata Rossa. La
situazione in
Afghanistan precipita: grazie alla posizione ricoperta dal padre, la
famiglia Hosseini viene a conoscenza di ciò che stava
accadendo. Storie di esecuzioni e arresti sono all‟ordine del
giorno. Nel dicembre 1979 i Sovietici invadono il Paese,
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Khaled Hosseini‟s Splendid Second Act. Intervista a Khaled Hosseini di Dave Weich, apparsa su “Powells.com”
(http://www.powells.com), 12 giugno 2007. L’intervista è stata realizzata a Portland, dove lo scrittore si era recato in
visita per una lettura al Bagdad Theatre.
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favorendo la presa del potere da parte di Babrak Karmal e
facendo esplodere la rivolta dei mujahidin.
Questo porta alla decisione della famiglia di non tornare in patria,
e nel settembre del 1980, in seguito alla richiesta di asilo politico,
si trasferisce a San Josè, in California. La situazione è quella di
una famiglia, come tante altre, che si lascia alle spalle una casa e
una terra, in particolare i genitori, che avevano una vita, una
carriera e un‟identità affermate. Negli Stati Uniti godono di un
sussidio, fino a quando il padre trova lavoro come istruttore di
guida, cancellandosi volontariamente dalla lista degli aventi
diritto.
Anche Khaled deve darsi da fare per iniziare la sua nuova vita, in
un Paese nuovo, dalle dimensioni esagerate, pieno di dubbi ( Se
non sono all‟altezza? Se non trovo degli amici? Se non riesco a
imparare l‟Inglese? Se gli altri mi prendono in giro?), ma anche
con un grande senso di sicurezza e “la vertiginosa speranza che
niente di brutto sarebbe successo, o sarebbe potuto succedere in
questo luogo”.
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Dopo gli eccellenti risultati conseguiti al College, Khaled decide di
iscriversi alla facoltà di medicina. È una decisione meditata,
razionale, dovuta al desiderio di creare per sé e la sua famiglia
una stabilità economica insperata per una famiglia che vive di
sussidi statali. “rispettavo la professione medica – dice – speravo
di essere bravo, e che mi sarebbe piaciuto alla fine”.
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Per otto anni esercita la professione di medico internista in un
ospedale della Kaiser Permanente, un‟organizzazione no profit,
nella Bay Area della California.
Grazie allo straordinario – e inaspettato – successo de Il
Cacciatore di Aquiloni riesce a prendersi un congedo
temporaneo, un “anno di congedo sabbatico”, come gli piace
definirlo, durante il quale scrive ogni giorno.
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Khaled Hosseini talks about his first novel, “The Kite Runner”. Intervista a Khaled Hosseini della casa editrice
RiverHead Books, 2003.
3
Khaled Hosseini‟s Splendid Second Act, intervista di Dave Weich, vedi nota 1.
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È sposato con una donna afghana e ha due bambini, con i quali
parla persiano, mantenendo così la tradizione della sua famiglia.
1.2. Come nasce un romanzo.
La stesura de Il Cacciatore di Aquiloni non è stata semplice, né
immediata e veloce. L‟autore, nato in Afghanistan ma emigrato da
bambino negli Stati Uniti, si considera uno scrittore afghano che
vive in America e scrive in inglese, nonostante in casa, con la
famiglia e i parenti, parli ancora persiano, la lingua del suo Paese.
È ancora molto forte, dunque, il senso di appartenenza alla sua
patria. Tanto che decide di scrivere storie sul suo Afghanistan fin
da bambino, quando viveva ancora a Kabul. Continua a scrivere
in Francia, e poi ancora in America, pubblicando qualche
racconto su piccole riviste. E come racconto nasce anche il suo
“Cacciatore”, con gli stessi personaggi e la stessa trama. Per
molto tempo, però, Hosseini lo lascia da parte, non essendone
soddisfatto: “Il mio testo non mi piaceva particolarmente, perché
trovavo che i personaggi venissero un po‟ soffocati dalle
costrizioni imposte dal racconto”.
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D‟altra parte, la sua
professione di medico non gli lascia troppo tempo per impegnarsi
nella scrittura. Le vicende di Amir e Hassan prendono una prima
forma nella primavera del 1999, ma rimangono solo un racconto
fino al marzo del 2001, quando, per caso, la moglie e il suocero lo
leggono. Quest‟ultimo esprime il desiderio si sapere di più circa le
vicissitudini dei protagonisti, ed è così che, tornando a leggerlo e
trovando che non funzionasse, Hosseini lo riprende in mano,
approfondendo e ampliando la storia originale. “Prima che me ne
rendessi conto, mi sono ritrovato completamente assorbito dal
suo mondo” – afferma.
Il romanzo completato viene spedito alle agenzie nel giugno del
2002, ma incontra diversi rifiuti, fino a trovare il sostegno di un
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Rencontre avec Khaled Hosseini. Intervista a Khaled Hosseini di Colette d’Orgeval, apparsa su Le Litteraire.com
(http://www.lelitteraire.com), 23 maggio 2005.
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agente che nel giro di due mesi, a settembre, mette in contatto
autore e casa editrice, la RiverHead Books, una divisione della
Penguin Group.
Ma da dove nasce l‟idea per questa storia? Hosseini ha sempre
desiderato scrivere una storia ambientata in Afghanistan, ma non
sapeva in che periodo e in che contesto ambientarla. La
letteratura sul suo Paese troppo spesso ha proposto storie sulle
guerre, sul commercio di oppio, sulla lotta al terrorismo; inoltre
l‟Occidente conosce l‟Afghanistan per l‟invasione e la guerra
dell‟Unione Sovietica, per i Talebani e la repressione. Decide così
che per renderla interessante, la sua storia deve essere
ambientata in un contesto nuovo, mai sentito prima, oppure,
semplicemente, dimenticato: l‟Afghanistan che non è sempre
stato così, l‟Afghanistan che esisteva prima dell‟invasione
sovietica, l‟Afghanistan di prima di quel 1979. Che è anche
l‟Afghanistan che Hosseini conosce meglio, è l‟Afghanistan nel
quale lui è vissuto, prima di trasferirsi con la famiglia a Parigi e
poi in California. In un‟intervista, infatti, dice: “Vorrei che (i lettori)
si rendessero conto che gli afghani esistono da prima della guerra
contro i Sovietici e da prima dei Talebani. Vorrei che capissero
che le radici di ciò che vediamo ora in Afghanistan – i capi tribù,
in competizione l‟uno con l‟altro per proteggere i propri interessi
personali e le varie etnie in lotta l‟una con l‟altra – sprofondano
nei secoli”.
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Certo è che l‟intero romanzo non si sviluppa solo in quel periodo,
essendo composto di tre parti, la prima ambientata, appunto, a
Kabul prima dell‟invasione, la seconda in California, dove si
rifugia il protagonista in seguito all‟invasione, e la terza nell‟
Afghanistan di Talebani e mujahidin. Le prime due sono realtà
vissute dall‟autore in prima persona, la terza invece è stata
descritta in modo molto nitido nonostante non sia stata vissuta.
Tale esperienza però è stata ampiamente sostituita da un
approfondito lavoro di documentazione e di studio attraverso
5
Khaled Hosseini talks about his first novel, “The Kite Runner”, cit.
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cronache, libri, documentari e, soprattutto, testimonianze dirette
di afghani che avevano vissuto l‟Afghanistan di quel periodo.
Raccoglie così aneddoti, dettagli significativi, storie e racconti,
fino a riuscire a creare la Kabul in cui il protagonista tornerà da
adulto dopo anni negli Stati Uniti.
1.3. Trama del romanzo
1.3.1. Prima Parte. Kabul.
Siamo nella Kabul degli anni Settanta. Amir, figlio di un uomo
facoltoso e importante di origine pashtun, vive con il padre, Baba,
in una villa in un ricco quartiere al nord della città. Insieme a loro
vivono Ali e Hassan, due servi hazara, padre e figlio. Amir e
Hassan crescono come fratelli, allattati dalla stessa donna. Il
protagonista, che narra le vicende in prima persona, ricorda di
come, ancora molto piccoli, la prima parola pronunciata da lui è
stata “Baba”, quella di Hassan “Amir”
6
. E sottolinea come “le
radici di ciò che accadde nell‟inverno del 1975 – e di tutto ciò che
ne seguì – affondassero già in quelle prima parole”.
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Già, perché
il primo crescerà sotto l‟ombra ingombrante del padre, un uomo
potente e un po‟ mitico, per il quale il figlio prova grande rispetto e
timore, vivendo nel costante desiderio di compiacerlo. Hassan
invece vivrà sempre per Amir, per difenderlo, per accontentarlo,
non rifiutandogli mai nulla e assumendosi le colpe delle
mancanze del “padroncino”.
La vita di Amir scorre tra giochi, letture, gare con gli aquiloni, ma
anche dubbi sulla sua religione, sulle differenze etniche tra lui e
gli hazara, e anche sull‟amore del padre, del quale è molto
geloso. Piano piano anche il suo rapporto con Hassan si incrina.
Si accorge infatti dell‟affetto particolare che Baba nutre per il
compagno di giochi, richiedendo sempre la sua presenza ad
6
Khaled Hosseini, The Kite Runner, Riverheads Books, 2003; tr.it. Il Cacciatore di Aquiloni, Piemme, Casale
Monferrato 2004, p. 17.
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Ibidem.