III
introduzione
EPITAFFIO,
“Q UANTO
TERRIBILE
È
AMARE
QUALCOSA
CHE
LA
MORTE
PUÒ
TOCCARE ”
Tra
le
canzoni
che
compongono
la
colonna
sonora
di
Saturno
Contro
ce
n’è
una
che
ho
ascoltato
a
ripetizione,
si
chiama
“Passione”.
Il
testo,
intriso
di
una
malinconia
-‐
dolce,
vitale
e
rassegnata
insieme
–
è,
allo
stesso
tempo,
un
addio
all’
amore
e
un
addio
alla
vita,
in
esso
si
dice:
“Abbracciami
e
fammi
illudere
/
Che
importa
se
questo
è
il
momento
in
cui
/
tutto
comincia
e
finisce,
giuriamo
per
sempre
/
però
siamo
in
un
soffio
di
vento
che
già
se
ne
va” 1
.
Uno
stesso
testo
e
le
idee
di
amore
e
di
morte
che
si
fondono
in
un
inno
cantato
a
una
vita
fragile
ed
effimera.
Nell’arte,
infatti,
l’intrecciarsi
di
Eros
e
Thanatos
ha
spesso
significato
proprio
questo:
un
celebrare
la
caduca
e
sfuggente
bellezza
della
vita.
In
realtà
credo
che,
dietro
a
tutto
questo,
ci
sia
anche
molto
di
più,
qualcosa
di
molto
più
concreto
di
quello
che
in
genere
siamo
abituati
ad
attribuire
–
e
forse
nel
farlo
dimenticandoci
anche
da
dove
veniamo
–
alla
poesia.
In
questi
prodotti
culturali,
di
ieri
e
di
oggi,
e
che
proprio
oggi
più
che
mai
affollano
il
nostro
mondo,
io
vedo
il
segno
di
quel
che
siamo,
strutture
1
Neffa
-‐
Passione
IV
sociali
cristallizzate
in
cultura
colta
o
popolare
che
sia.
Mi
piace
pensare
che
anche
Cesare
Pavese,
che
spesso
verrà
preso
come
spunto
in
questa
tesi
per
far
riflettere
su
concetti
importanti
che
sembrano
essere
sepolti
nel
fondo
della
memoria,
la
pensasse
in
qualche
modo
come
me
quando
presentò
così
i
suoi
Dialoghi
con
Leucò:
“Cesare
Pavese
che
molti
si
ostinano
a
considerare
un
testardo
narratore
realista
[…]
ha
smesso
per
un
momento
di
credere
che
il
suo
totem
e
tabù,
i
suoi
selvaggi,
gli
spiriti
della
vegetazione,
l’assassinio
rituale,
la
sfera
mitica
e
il
culto
dei
morti,
fossero
inutili
bizzar rie
e
ha
voluto
cercare
in
essi
il
segreto
di
qualcosa
che
tutti
ricordano.”
2
Ciò
che
voglio
spiegare,
e
che
è
stato
al
centro
della
mia
riflessione
in
questo
lavoro,
è
che
le
narrazioni,
i
consumi,
gli
antichi
rituali,
i
telefilm,
le
vecchie
simbologie
e
le
mode
sono
segni
eminenti
della
strutturazione
del
potere
all’interno
della
nostra
società.
Come,
infatti,
afferma
Grossberg:
“la
cultura
in
cui
viviamo,
le
pratiche
culturali
che
usiamo,
le
forme
culturali
che
sovrapponiamo
e
inseriamo
nella
realtà,
hanno
conseguenze
sul
modo
in
cui
organizziamo
e
viviamo
la
realtà
stessa.
Ecco
perché
la
cultura
è
importante,
perché
è
la
dimensione
chiave
della
continua
trasformazione
e
costruzione
della
realtà”
(Grossberg,
2002,
p.
17)
e
con
essa
delle
relazioni
di
potere.
Questi
miti
di
oggi,
per
dirla
alla
Roland
Barthes,
ci
parlano
giorno
dopo
giorno
di
noi
e,
ancor
di
più,
di
ciò
che
regola
l’ordine
nella
nostra
società
post-‐moderna:
il
sesso
e
la
morte.
Essi
si
trasformano
dunque
in
qualcosa
d i
ben
più
grande
di
qualche
querelle
da
talk -‐show
sul
nudo
femminile
in
televisione
o
di
una
morbosa
passione
delle
cronache
per
il
dettaglio
macabro.
La
gestione
di
sesso
e
morte
all’interno
delle
nostre
società
pare
infatti
indicare
precise
geometrie
di
potere,
così
come
il
loro
sbilanciamento
sul
piano
pubblico
della
rappresentazione
sociale
indica,
in
maniera
sempre
più
decisa,
l’incapacità
delle
attuali
strutture
post -‐moderne
di
gestire
la
realtà
creando
un
equilibrio
sano
fra
questi
due
elementi.
Ciò
che
verrà,
infatti,
messo
in
evidenza
in
questa
tesi
è
come
l’iper -‐razionalizzata
società
di
oggi
si
sia,
nel
tentativo
di
allontanare
l’insostenibile
spettro
di
quell’irrazionale
che
è
la
morte,
consacrata
ad
un
2
Cesare
Pavese,
Dialoghi
con
Leucò
V
potere
fondato
sul
controllo
delle
pratiche
legate
al
sesso
e
di
come
gli
sviluppi
conseguenti
a
questa
definizione
dell’ordine
abbiano
generato,
oggi,
una
saturazione
dello
stesso
ambito
sessuale
e
favorito
il
risorgere,
a
principio
ordinatore,
proprio
di
quello
che
si
era
designato
essere
il
grande
escluso
dei
nostri
giorni:
la
morte.
Nel
tentare
di
delineare
l’attuale
panorama
post-‐moderno
ci
imbatteremo
-‐non
senza
incappare
nelle
contraddizioni
3
che
popolano
la
post-‐modernità
e,
ancor
di
più,
i
periodi
di
cambiamento
e
di
transizione
–
nell’osse ssione
per
il
limite
e
in
quella
che
trasforma
il
corpo
in
packaging;
nella
femminilizzazione
del
sociale
e,
allo
stesso
tempo,
nel
ritorno
del
tradizionale;
nell’enorme
successo
delle
storie
di
vampiri
e
nei
miti
che,
da
sempre,
hanno
regolato
e
popolato
gli
ambiti
legati
al
sesso
e
alla
morte;
ma,
soprattutto,
ci
imbatteremo
continuamente
in
storie,
narrazioni,
più
o
meno
moderne,
che
ci
parleranno
di
noi,
che
ci
racconteranno
da
dove
veniamo,
dove
siamo
e
forse
dove
stiamo
andando.
Sperando
possano
essere
anche
in
grado
di
salvarci,
come
ogni
buon
racconto
dovrebbe
saper
fare
4
.
Nel
primo
capitolo,
dunque,
si
constaterà
per
lo
più
come
la
modernità
e
la
post-‐
modernità,
nei
loro
vari
consumi
e
nelle
loro
svariate
espressioni
culturali,
dalle
mode
estetiche
all’uso
dei
social
network ,
tendano
a
essere
fortemente
influenzate
dall’idea
del
limite.
Limite
visto
come
un
costante
superamento
prova
della
nostra
immortalità
piuttosto
che
come
un
monito
di
quel
che
in
fondo
siamo.
Il
fulcro
portante
delle
riflessioni
sviluppate
nel
secondo
capitolo,
in
gran
parte
a
partire
dai
concetti
enunciati
da
Bataille
ne
“L’erotismo”,
sarà,
invece,
la
constatazione
del
legame
che
incorre,
anche
a
livello
tradizionale
e
mitico,
fra
sangue,
sesso
e
morte.
Questo
stesso
legame
ver rà
poi
sviluppato
nel
terzo
capitolo
e
riletto
alla
luce
delle
teorie
di
organizzazione
di
potere
di
Foucault.
Quelle
stesse
teorie
che
chiamano
in
causa
le
idee
di
società
del
sangue
(e
dunque
della
morte)
e
società
del
sesso.
Questa
analisi
ci
condurrà,
infine,
nel
quarto
e
ultimo
capitolo,
a
constatare
nelle
pratiche
e
nei
consumi
culturali,
non
solo
una
generalizzata
saturazione
dell’ambito
sessuale,
ma
anche
un
diffuso
ritorno
di
simboli
legati
alla
morte.
A
fare
da
trait
d’union
tra
quelli
3
Questo
anche
perch é
i
cultural
studies
infatti
si
rifiutano
di
semplificare
la
complessità
della
realtà
sociale
e
sono
guidati
da
una
logica
congiuntiva
che
tende
a
vedere
aspetti
culturali
apparentemente
contrastanti
come
coesistenti.
4
“L’obiettivo
dei
cultural
studies
è
quello
di
analizzare
non
solo
l’organizzazione
del
potere,
ma
anche
le
possibilità
di
sopravvivenza,
lotta,
resistenza
e
cambiamento”
(Grossberg,
2002,
p.14).
VI
che,
a
mio
parere,
sembrano
due
principi
d’ordine
che
si
stanno
avvicendando
nella
nostra
società
–
la
morte
e
il
sesso-‐,
troveremo
le
mode
e,
ancora
una
volta,
il
racconto
nella
sua
post-‐moderna
veste
telefilmica.
Quello
che
inoltre
non
è
stato
dimenticato
è
il
fine
politico
di
quest’analisi.
Essa,
infatti,
legando
sesso
e
morte
al
potere,
considera
la
possibilità
di
vedere
messi
in
discussione
-‐
in
assenza
di
adeguate
strutture
comunicative
e
culturali
di
supporto 5
-‐
i
principi
su
cui
la
nostra
democrazia
si
fonda
e
constata,
inoltre,
l’avvento
nel
sociale
di
strutture
che,
se
non
riequilibrate
all’interno
delle
logiche
democratiche,
tutto
potranno
essere
tranne
che
promotrici
di
uguaglianza.
5
Quelle
stesse
strutture
comunicative
che
Bechelloni
vede
artefici
essenziali
di
una
Svolta
Com unicativa
(Bechelloni
2007).
CAPITOLO
PRIMO
POST-‐MODERNITÀ
E
SENSO
DEL
LIMITE
“Riconoscersi
radicanullnelle
oscure
regioni
dell'Ade
è
un
privilegio
di
pochi.
Meglio
sapere
l'oscuro
che
non
volerlo
vedere.
Tanto
l'ombra
c'è,
comunque.”
Francesca
Tacca,
drammaturga
L’utopia
e
il
limite.
Dall’incontro
con
l’altro
ai
paradisi
ritrovanull.
“Non
posso
impedirmi
di
vedere
nel
mio
amore
una
forma
raffinata
di
dissolutezza,
uno
stratagemma
per
passare
il
tempo,
per
negare
il
Tempo”
Fuochi
–
Marguerite
Yourcenair
Fra
amore
e
morte
c’è
una
sola
lenullra
di
differenza,
“fra
la
morte
e
noi”,
dice
Marguerite
Yourcenar;
“talvolta
non
c’è
che
lo
spessore
di
una
sola
creatura.
Tolta
quella
creatura,
non
ci
sarebbe
che
la
morte”.
Fin
dalla
nonull
dei
tempi
l’uomo
ha
tracciato
confini,
stabilito
liminull
inciso
linee
di
separazione
e
discernimento
tra
“questo
e
quello”,
tra
“noi
e
loro”,
il
limes,
nel
suo
duplice
senso
di
confine
e
di
limite,
è
stato
da
sempre
l’imprescindibile
mezzo
anullaverso
il
quale
abbiamo
definito
la
nostra
idennullà.
In
epoche
1
governate
da
imperi
infininull
a
ribadirci
chi
eravamo
e
a
separarci
dall’altro
che,
prima
di
tunull,
era
il
simbolo
dell’ignoto
e
dell’ingovernabile,
c’erano
la
muraglia
cinese,
il
Vallum
Hadriani
1
o
le
colonne
d’Ercole.
Nell’era
degli
infininull
imperi
del
sé
finiamo
dove
un
corpo
ne
tocca
un
altro
o
dove,
corteggianull
dalla
morte,
cessiamo
d’esistere.
Bauman
ci
ricorda
che,
a
differenza
di
tunull
gli
altri
animali,
noi
siamo
gli
unici
a
sapere
di
dover
morire,
Bataille
fa
notare
che
“l’anullità
sessuale
di
riproduzione
è
comune
agli
animali
sessuanull
come
all’uomo,
ma,
a
quanto
sembra,
solo
quest’ulnullo
ha
fanull
della
propria
anullità
sessuale
un’anullità
eronulla”
(Bataille,
2009,
p.
13
).
Solo
l’uomo
ha
pensato
il
limite,
interrogato
instancabilmente
i
suoi
rappornull
con
l’altro
da
sé
e
con
quell’altro
per
eccellenza,
quel
diverso
inconoscibile,
che
è
la
morte.
Essa
“è,
dopo
tunull,
proprio
l’impensabile:
una
condizione
senza
pensiero,
che
non
possiamo
visualizzare
e
nemmeno
interpretare
concenullalmente”,
pensando
alla
morte
non
possiamo
che
vivere
“l’irreparabile
disgiunzione
tra
mente
e
corpo,
tra
quello
che
la
mente
può
pensare
e
quello
che
il
corpo
può
vedere”
(Bauman,
1992,
p.
25).
Il
sesso
è
godere
nel
contanull
con
un
altro
di
un
piacere
che
si
desidera
essere
condiviso,
ma
che,
in
realtà,
per
l’altro
non
potrà
mai
essere
perfenullmente
intellegibile.
È
la
costante
illusione
di
essere
lì
lì
per
scavalcare
un
muro
che
si
rivelerà
sempre
un
po’
troppo
alto.
2
Con
sesso
e
morte
viviamo
il
dramma
Winullensteiniano
dell’impossibilità
del
linguaggio
privato,
il
limite
d’esser
noi
e
non
anche
tunull
gli
uomini,
mortali
e
non
eterni.
2
1
Il
Vallo
di
Adriano
(in
lanullo
Vallum
Hadriani),
fanull
costruire
dall'imperatore
Adriano,
era
una
fornullcazione
in
pietra
che
annullamente
segnava
il
confine
tra
la
provincia
romana
occupata
della
Britannia
e
la
Caledonia
(ovvero
l'anullale
Scozia).
Questa
fornullcazione
divideva
l'isola
in
due
parnull
Il
vallo
di
Adriano
faceva
parte
del
limes
romano
e
venne
costruito
per
prevenire
le
incursioni
delle
tribù
dei
Pinull
che
calavano
da
nord.
Il
nome
viene
ancor'oggi
talvolta
usato
come
eufemismo
per
indicare
il
confine
tra
Scozia
e
Inghilterra,
anche
se
il
muro
non
seguiva
il
confine
anullale.
Il
muro
rappresentò
il
confine
più
senullntrionale
dell'Impero
Romano
in
Britannia
per
gran
parte
del
dominio
romano
su
queste
terre,
era
inoltre
il
confine
più
pesantemente
fornullcato
dell'intero
impero.
2
“Noi
siamo
esseri
frammentari,
individui
che
muoiono
isolatamente
nel
corso
di
un’avventura
inintellegibile,
colmi
di
nostalgia
per
la
perduta
unità”
(Bataille,
2009,
p.
16).
La
storia
dell’umanità
è
costellata
dall’idea
del
limite
quanto
da
quella
della
consapevolezza
3
,
allo
γν ῶθι
σεαυτόν
(conosci
te
stesso)
apollineo
è
sempre
associato
il
μηδ ὲν
ἄγαν
(niente
di
troppo),
sul
fondo
delle
coppe
usate
per
brindare
all’amore
e
alla
vita
nei
simposi
della
Grecia
classica
è
sempre
raffigurato
il
volto
della
Gorgò ,
la
morte.
L’umanità,
in
sostanza,
si
è
sempre
evoluta
4
,
sulla
base
di
connullui
correnulli
socio-‐
culturali
che,
a
seconda
della
situazione
storica,
mantenevano
o
riportavano
in
auge
un
equilibrio
tra
i
principi
sui
quali
la
percezione
del
limite
si
basa:
il
sesso
e
la
morte.
Con
l’avvento
della
supremazia
dell’uomo
e
della
ragione,
con
l’Illuminismo
e
il
progresso,
con
il
Romannullismo
e
la
volontà
di
supremazia
sul
mondo
dell’uomo,
l’Ulisse
che
ha
sempre
rappresentato
metaforicamente
ognuno
di
noi
si
trasforma
in
un
vecchio
annoiato
dalla
sua
Itaca,
ossessionato
dal
pensiero
di
rimenullrsi
per
mare
e
varcare
le
colonne
d’Ercole.
L’equilibrio
fra
i
due
principi
si
spezza
e
la
sfida
dell’uomo
diventa
quella
di
varcare
il
confine.
Di
superare
se
stessi
e
la
propria
limitante
umanità.
E
di
farlo
anche
a
costo
di
scendere
a
panull
con
il
diavolo,
sia
esso
il
Mefistofele
di
Faust,
l’ossessione
per
l’eterna
giovinezza
di
Meryl
Streep
e
Goldie
Hawn
in
“La
morte
null
fa
bella”,
la
brama
di
ricchezza
del
Peter
Schlemihl
senz’ombra
5
di
Von
Chamisso
o
la
tecnologia,
capace
di
farci
vivere
immortali
in
un
sogno
più
reale
del
reale,
del
3
3
Dove
consapevolezza
indica
in
primis
la
consapevolezza
della
morte,
non
a
caso
se
la
cultura
è
una
delle
tracce
più
evidennull
dell’umanità
nel
mondo,
essa
può
ben
dirsi
nata
a
parnulle
dalla
consapevolezza
della
morte.
“Alla
cultura
rimaneva
il
compito
di
improvvisare
quello
che
la
natura
non
aveva
fornito,
ma
le
melodie
che
la
cultura
era
in
grado
di
comporre
dovevano
essere
costruite
sulla
base
dei
suoni
che
la
natura
aveva
fornito
all’inizio.
La
natura,
per
così
dire,
aveva
determinato
l’indeterminazione
dell’uomo;
era
compito
della
cultura
solidificare
il
connullgente,
radicare
ciò
che
non
aveva
radici,
dare
all’impotenza
l’impressione
della
forza,
nascondere
l’assurdità
autennulla
dietro
significanull
costruinull
E
la
cultura
ha
fanull
quel
che
doveva
fare,
con
tale
dedizione
e
abbandono
e
con
risultanulltanto
spenullcolari
che
Hegel
potè
in
tunull
coscienza
riassumere
la
storia
come
una
registrazione
del
modo
in
cui
<<
l’uomo
dispone
della
morte>>,
e
W.B.
Yeats
potè
informare
i
propri
lenullri
che
fu
l’uomo
a
<<creare
la
morte>>”
(Bauman,
1992,
p.
34).
4
Evoluta
è
da
intendersi
come
vox
media,
progredita
negli
anni
e
nel
tempo,
non
in
una
scala
valoriale
che
ha
necessariamente
indicato
progresso
e
miglioramennull
5
Potrebbe
essere
interessante
leggere
il
racconto
di
Von
Chamisso
alla
luce
del
fanull
che
i
greci
definissero
i
mortali
come
“i
portatori
d’ombra”.
Tom
Cruise
di
“Vanilla
Sky ”.
Con
il
crollo
del
senso
del
sacro,
con
il
progressivo
sgretolarsi
dei
minull
e
delle
certezze,
l’uomo
moderno
trova
sempre
più
la
sua
essenza
nel
tentanullo
di
andare
oltre
il
possibile,
di
riconquistare
il
Paradiso
perduto;
nella
speranza,
più
o
meno
inconscia,
di
espiare
quella
priminulla
consapevolezza,
quel
peccato
originale
che
l’aveva
reso
tremendamente
umano
e
gli
era
costato
la
cacciata
dall’Eden.
È
così
che
la
società
occidentale,
fisicamente
prima
con
Colombo
e
idealmente
poi
con
l’americanizzazione
culturale,
si
ritrova
a
inneggiare
al
progresso,
a
varcare
le
famose
colonne
d’Ercole
e
a
solcare
un
oceano
mostruoso
per
giungere
in
quella
terra
dai
most
excellent
fruits
6
,
l’
America,
che
ha
tunull
il
sapore
della
possibilità
e
del
paradiso
ritrovato.
La
cultura
Americana,
che
ha
profondamente
segnato
la
storia
dell’Occidente,
è
il
simbolo
diffuso
del
desiderio
di
costruire
un’umanità
nuova:
legalmente
leginullata
a
onullnere
la
felicità,
quel
pursuit
of
happyness
sancito
dalla
dichiarazione
d’indipendenza,
e
libera
da
ogni
vincolo
che
possa
ostacolarla.
Con
il
modificarsi
in
questo
senso
della
società,
la
morte,
condizione
umana
per
eccellenza,
diventa
necessariamente
un
freno
da
superare,
scardinare,
confondere
con
ogni
mezzo
e
a
ogni
costo.
La
storia
degli
Stanull
Uninull
dimostra
chiaramente
la
volontà
di
un
“nuovo
popolo
elenull”
-‐
che,
a
causa
del
suo
melnullg
pot,
a
buon
dirinullo,
si
rinullene
rappresentanullo
dell’umanità
intera
-‐
di
stabilire
un
ordine
nel
mondo
che
sia
dimostrazione
della
vinullria
dell’uomo
sulle
connullgenze.
Un
ordine
che
si
fondi
sulla
gesnullne
della
vita
piunullsto
che
sulla
consapevolezza
e
la
gesnullne
della
morte.
Se
nella
Bibbia,
con
la
torre
di
Babele,
un’annulla
umanità
monolingue
e
monoculturale
aveva
tentato
di
arrivare
talmente
in
alto
da
toccare
il
Paradiso,
questa
nostra
nuova
umanità,
mulnullingue
e
cosmopolita,
sembra
affermare
con
la
diffusione
dell’
American
way
of
life
di
poter
trasformare
la
stessa
terra
in
un
paradiso.
Si
osnulla
a
varcare
ogni
limite
conquistando
addirinullra
la
luna
e
lo
spazio
e
a
abbanullre
ogni
muro
fisico
o
ideologico
come
è
avvenuto
a
Berlino
nel
1989.
Il
concenull
di
limite,
di
confine
diviene
funzionale
all’idennullà
americana,
e
poi
più
in
generale
anche
occidentale,
in
quanto
costante
possibilità
di
superamento.
Prova
empirica
dell’essere
più
che
uomini.
Fino
ad
ora
ho
parlato
dell’esportazione
del
modello
Americano
perché,
per
ragioni
culturali,
esso
ha,
da
sempre,
recato
in
sé
tunull
quei
caranullri
di
sogno
di
4
6
Questo
era
l’appellanullo
con
cui,
fin
dal
‘600,
in
molnull
depliant
“pubblicitari”,
venivano
descrinull
i
frunulldell’America
ai
primi
migrannull
immortalità
connaturanull
al
discorso
che
lega
l’uomo
all’incatenante
consapevolezza
della
morte
e
che,
spesso,
evolvono
nel
progenull
di
un
mondo
perfenull.
Inoltre
bisogna
considerare
che
con
la
globalizzazione
siamo
sostanzialmente
pervenunull
non
solo
a
un’estensione
su
scala
mondiale
di
determinanull
capisaldi
della
cultura
americana,
ma
anche
a
vivere
un
generale
clima
di
“simultaneità
despazializzata”
(Thompson)
nella
quale
il
presente
diviene
imperante
e
che,
proprio
per
questa
ragione,
non
può
lasciare
spazio
d’azione
a
quel
futuro
prossimo
che
è
la
morte.
7
In
modo
simile
anche
l’utopia
comunista,
alla
base
del
modello
sovienullo
–
altro
modello
culturale
totalizzante-‐,
è
connessa
al
medesimo
desiderio
di
costruzione
di
un
mondo
perfenull.
Un
mondo,
dunque,
nel
quale
la
morte
non
esista;
o
meglio,
nel
quale
la
morte
individuale
sia
resa
ininfluente,
assorbita
dalle
strunullre
sociali.
Da
una
razionalizzazione
altrenullnto
rigida
di
quella
che
investe
la
società
capitalista.
Nello
stato
proletario,
infanull
ogni
essere
umano
trova
la
sua
eternità
nell’esser
parte
dell’imperitura
nazione
socialista.
In
tunull
i
totalitarismi
moderni,
caranullrizzanull
spesso
da
forme
nazionaliste,
razziste
o
classiste,
si
combinano
in
realtà
due
nulliche
strategie
culturali
di
riscanull
dalla
mortalità.
Da
un
lato
quella
propria
dell’ebraismo,
nel
quale
l’individuo
trovava
una
fuga
alla
sua
mortalità
nel
suo
far
parte
di
una
comunità
immortale,
e
dall’altro,
quella
della
cultura
ellenica,
dove
la
sopravvivenza
dell’individuo
all’oblio
della
morte
si
onullne
grazie
all’eroismo
e
alla
fama,
meccanismi
capaci
di
mantenere
vive
nel
tempo
e
nel
ricordo
collenullo
le
gesta
del
singolo.
“L’assunto
dell’immortalità
collenullizzata
del
popolo”
si
intreccia
nel
culto
dello
stato
totalitario
“alla
promessa
di
una
presenza
perpetua
degli
eroi
individuali
nella
memoria
popolare.
Le
grida
di
banullglia
[…]
<<
per
la
patria>>,
<<
per
la
gloria
della
nostra
Nazione
>>,
[…]
–
sono
metafore
appena
velate
del
modo
in
cui
la
specie
si
assicura
la
sopravvivenza
anullaverso
l’esnullzione
dei
propri
membri”
(Bauman,
1992,
p.
38).
Credo
inoltre
che
lo
stesso
meccanismo
possa
spiegare
in
gran
parte
a
quale
discorso
concenullale
possa
essere
ricondonull
l’uso
di
anullcchi
suicidi
che
negli
ulnulli
anni
ha
caranullrizzato
il
terrorismo
islamico.
In
episodi
del
genere
possiamo,
infanull
spesso
scorgere
quell’estremo
sacrificio
di
sé
5
7
Questo
presente
dilatato,
oltre
a
minare
la
concezione
di
futuro,
mina
allo
stesso
modo
la
concenzione
del
passato,
in
quanto
esso
significa
riflenullre
sulla
morte
che
è
già
stata
e
renderla
così
parte
integrante
della
propria
esperienza
della
vita.
che
può
essere
ben
descrinull
come
una
funerea
riaffermazione
del
proprio
esistere.
Ancora
una
volta
si
trova
da
un
lato
un
espediente
per
negare
il
limite
e
dall’altro,
allo
stesso
tempo,
per
definire
se
stessi
e
la
propria
comunità
affermandolo.
Estenullca
del
limite.
Cultura,
moda
e
morte.
L’uomo
reagisce
alla
consapevolezza
della
morte
con
la
cultura.
Bauman,
per
esempio,
anullibuisce
alla
cultura
la
stessa
paternità
che
Heidegger
assegnava
alla
storia
e
afferma:
“non
esisterebbe
cultura
probabilmente
se
gli
esseri
umani
non
fossero
consapevoli
della
propria
mortalità;
la
cultura
è
uno
strumento
annullnemonico
per
dimennullare
quello
di
cui
gli
umani
sono
consapevoli”
(Bauman,
1992,
p.
43).
Appare
illuminante
a
tale
proposito
il
dialogo
che
si
sviluppa
nella
Genesi
fra
il
serpente,
intento
a
stuzzicare
l’appenullo
per
la
famigerata
mela,
e
Eva:
Rispose
la
donna
al
serpente:
«Dei
frunull
degli
alberi
del
giardino
noi
possiamo
mangiare,
3
ma
del
frunull
dell'albero
che
sta
in
mezzo
al
giardino
Dio
ha
denull:
Non
ne
dovete
mangiare
e
non
lo
dovete
toccare,
altrimennull
morirete».
4
Ma
il
serpente
disse
alla
donna:
«Non
morirete
affanull!
5
Anzi,
Dio
sa
che
quando
voi
ne
mangiaste,
si
aprirebbero
i
vostri
occhi
e
diventereste
come
Dio,
conoscendo
il
bene
e
il
male».
6
Allora
la
donna
vide
che
l'albero
era
buono
da
mangiare,
gradito
agli
occhi
e
desiderabile
per
acquistare
saggezza.
(Genesi
3,
2-‐6)
Dal
morso
alla
mela
derivano
dunque
quella
consapevolezza
del
morire
e
quella
“paura
di
essere
nudi”
che
obbligano
l’uomo
ad
affidarsi
alla
cultura,
in
primis
nel
suo
aspenull
di
tèchne,
per
sopravvivere
alla
realtà
del
mondo.
“La
donna
ne
diede
da
mangiare
all’uomo
e
allora
si
aprirono
gli
occhi
di
tunull
e
due
e
si
accorsero
di
essere
nudi;
intrecciarono
foglie
di
fico
e
se
ne
fecero
cinture.”
Genesi
(3,
7)
6