INTRODUZIONE
Il presente lavoro nasce dall’intento di evidenziare se nella realtà sarda, in
particolare in quella settentrionale, esista una propensione da parte delle aziende
pubbliche e private ad attuare una prevenzione dello stress lavorativo e se la figura
dello psicologo, in questo ambito, sia o meno accettata. Ma perchè questo
interesse? La risposta a questo interrogativo è presto data da un’indagine svolta
dall’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL)
condotta su un campione di dipendenti dell’Unione Europea, la quale evidenzia
come il 22% dei lavoratori, ovvero 40 milioni di persone, soffra di stress da
lavoro, indipendentemente dal ceto, dal titolo di studio e dalla professione svolta.
Con la dicitura “stress da lavoro” s’intende un insieme di reazioni fisiche ed
emotive che si manifestano quando le richieste dell’ambiente di lavoro superano
le capacità del lavoratore di affrontarle: ritmi pressanti, tensione, frustazione,
incertezza nella definizione delle mansioni e dei compiti, difficoltà nei rapporti
interpersonali, ma anche monotonia e ripetitività sono solo alcuni dei fattori che
incidono sulla nascita dello stress da lavoro. A questi aspetti esterni si aggiunge
una componente individuale, che varia da persona a persona, la quale risulta
rilevante nel determinare il modo in cui vengono vissute le situazioni lavorative.
La soluzione del problema appare duplice: da un lato occorre maggiore
consapevolezza e conoscenza dei rischi collegati allo stress occupazionale, sia da
parte dei lavoratori che dal datore di lavoro; dall’altro le persone devono imparare
a gestire il proprio stress attingendo dalle proprie risorse per affrontare i momenti
di crisi.
Precisamente, l’attenzione del nostro lavoro è rivolta ad indagare il primo aspetto,
ovvero cercare di capire se le aziende siano a conoscenza dei diversi rischi
occupazionali che in ambito lavorativo si possono presentare e, in particolare, se
le stesse aziende siano o meno propense ad attuare un’adeguata prevenzione
primaria, in maniera tale da evitare in anticipo qualsiasi situazione stressante.
Ecco perchè il lavoro si è focalizzato prima sulla disciplina psicologica emergente
a livello internazionale, conosciuta come Occupational Health Psychology, e in
secondo ordine, sull’attuazione delle disposizioni del Testo Unico sulla sicurezza,
il D.lgs. 81/08, ovvero sulla stesura del Documento di valutazione dei rischi dello
Introduzione.
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stress lavoro – correlato. Per analizzare questi aspetti si è effettuata una ricerca
empirica, basata sul confronto tra il settore pubblico e privato in relazione agli
obiettivi suddetti. Tale ricerca sottolinea come, in realtà, gli enti privati hanno
maggiore padronanza degli adempimenti, definiti dalla normativa italiana, rispetto
agli enti pubblici e la presenza dello psicologo è, invece, ritenuta adeguata e
necessaria da entrambi per poter svolgere un lavoro di tale importanza.
1. OCCUPATIONAL HEALTH PSYCHOLOGY
Premessa
Le persone trascorrono la maggior parte della loro vita sul lavoro, proprio per
questo motivo risulta utile creare degli ambienti lavorativi adeguati sia da un
punto di vista fisico che psicologico, intendendo con questo la necessità di
prestare attenzione non solo agli infortuni o alle malattie ma focalizzando
l’interesse sulla promozione e sulla prevenzione di tutti i rischi, compresi quelli
psicosociali. Con questo intento nasce una nuova area in psicologia che prende il
nome di Occupational Health Psychology (OHP). Nel presente capitolo verrà
presentata la storia dell’OHP con i suoi successivi sviluppi.
1. Contesto storico e nascita dell’Occupational Health Psychology
Per affrontare la nascita e lo sviluppo dell’Occupational Health Psychology
bisogna fare un ritorno al XIX e XX secolo per poter capire quali furono gli
autori, che per primi, si interessarono al mondo del lavoro, quali avvenimenti
hanno caratterizzato quel periodo e che cambiamenti nel mondo lavorativo hanno
contribuito alla creazione dell’OHP.
1.1 XIX e XX secolo
Una delle prime voci, della metà del XIX secolo, fu quella di Friedrich Engels che
con la sua opera intitolata “The Condition of the Working in England” (prima
edizione pubblicata in Germania fra il 1845 e il 1987) ha descritto in dettaglio i
problemi di salute fisici e psicologici subiti dai lavoratori impegnati in una
moltitudine di mestieri; l’autore riteneva che questi disturbi fossero causati
dall’organizzazione e dall’ambiente fisico e sociale nel quale si operava.
Successivamente fu Karl Marx che nel “Il Capitale”(1867/1999) denunciò i modi
terribili mediante i quali il capitalismo industriale sfruttava i dipendenti. Portò
così alla luce un termine nuovo per quell’epoca, quale “l’alienazione”, intendendo
con questo la modalità con la quale gli individui venivano trattati come merci
all’interno del sistema economico capitalistico e mettendo in evidenza come i
luoghi di lavoro erano sempre più caratterizzati dalla specializzazione e
1. Occupational Health Psychology.
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suddivisione dei compiti. Molti studiosi e ricercatori europei si sono interessati
alle attività di questi due autori, infatti le loro opere sono ancora oggi in stampa e
utilizzate come spunto per l’analisi degli effetti sulla salute nelle organizzazioni. È
agli inizi del XX secolo che troviamo l’opera di Frederick Taylor, “The principles
of Scientific Management”, nella quale si propone di dare una serie di principi
guida alle imprese per poter superare la crisi presente in varie attività negli Stati
Uniti. Taylor sostiene che il principale obiettivo sia l’addestramento di ogni
dipendente così che possa utilizzare al meglio le sue abilità naturali. Nei Principi
lui elenca quattro punti che le aziende devono rispettare e sono: effettuare uno
studio scientifico dei compiti; selezionare, formare e sviluppare il lavoratore;
fornire istruzioni dettagliate e una continua supervisione nelle mansioni e infine
dividere le responsabilità quasi equamente tra datori di lavoro e subordinati, in
modo tale che i dirigenti applichino i principi dell’organizzazione scientifica e i
lavoratori svolgano di fatto il compito assegnatogli (Barling, e Griffiths, 2001). Il
“Scientific Management”, caposaldo dell’opera di Taylor con il quale definisce
l’organizzazione scientifica suddetta, è stato un elemento cruciale per la nascita
dell’Occupational Health Psychology. Nel suo sviluppo ne riprende, criticandoli, i
concetti chiave quali: percezione del lavoratore come un automa inserito in una
catena di produzione, il quale in nessun modo può partecipare al processo
produttivo con iniziative di tipo personale ed è costretto ad eliminare qualsiasi
tipo di emozione in moda tale che questa non interferisca con l’attività produttiva.
Successive ricerche evidenziarono i limite della teoria di Taylor mettendo in
risalto come percezioni, sentimenti e stati d’animo devono essere presi in
considerazione se si vuole raggiungere uno sviluppo organizzativo adeguato. È
con Elton Mayo, il fondatore del “Human Relations Movement”, che si arriva a
privilegiare le motivazioni psicologiche dei lavoratori, valutando i comportamenti
e le diversità che distinguono gli essere umani. Si integra così il “fattore umano”
al concetto di produzione e lo stesso lavorante è inteso come persona con proprie
capacità ed esigenze, che soddisfa i bisogni sociali nel posto di lavoro, tramite
l'inserimento in gruppi in cui si verifica un interscambio di informazioni, un
confronto, una crescita professionale (Sauter, Hurrell, Fox, Tetrick, e Barling,
1999). Da Mayo in poi vari autori in tutto il mondo seguirono il suo pensiero ed
1. Occupational Health Psychology.
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effettuarono ricerche tutte orientate alla creazione e miglioramento degli ambienti
lavorativi, nei quali la soddisfazione e la motivazione era l’obiettivo principale.
1.2 Cambiamenti nel lavoro: globalizzazione e forza lavoro
I paesi industriali più avanzati, negli ultimi due decenni, hanno visto cambiamenti
radicali nella natura del lavoro determinati dalla globalizzazione,
deregolamentazione, innovazione tecnologica e crescita della conoscenza dei
servizi e del lavoro stesso. La globalizzazione ha aumentato la concorrenza
internazionale a cui le organizzazioni sono soggette, facendo così crescere lo
stress all’interno delle aziende e diminuendo la sicurezza per le persone; inoltre
essendo caratterizzata da una interdipendenza globale tutte le economie, a partire
da quella degli Stati Uniti, hanno riportato dei cali notevoli. Più precisamente
l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha dichiarato che: nel periodo che va
dal 1988 al 1998 i gruppi professionali con la più lenta crescita erano
l’agricoltura, silvicoltura, pesca e professioni di precisione, quali l’artigianato;
operatori, costruttori e impiegati crescono lentamente mentre un rapido
incremento è stato riscontrato tra le occupazioni di specializzazione professionale,
amministrativa e gestionale (Schabracq, Cooper, e Travers, 2001); sono nate
nuove attività orientate ai servizi e sempre più persone effettuano un lavoro
autonomo o flessibile come il lavoro a domicilio, lavoro temporaneo e lavoro a
contratto (Benach, Fernando, Platt, Diez-Roux, e Muntaner, 2000)
, non è chiaro
quali effetti queste forme alternative possono avere sulla salute dei singoli
individui ma è probabile che condividano alcune delle stesse caratteristiche
sfavorevoli della disoccupazione; inoltre le ricerche mettono in evidenza come
sono sempre più le persone che contemporaneamente hanno più occupazioni.
Oltre a questi tipi di cambiamento, si verificarono modifiche da un punto di vista
strutturale riferite ai sistemi di gestione, pratiche di vigilanza, processi produttivi e
innovazione tecnologica. Un risultato importante della globalizzazione è che i
lavoratori sono potenzialmente esposti a diversi rischi professionali, tra cui lo
stress psicosociale. La forza lavoro determina un fattore incisivo per la nascita
dell’Occupational Health Psychology, in particolare diventa sempre più
diversificata per quanto riguarda l’età, l’origine etica e la razza, la maggiore
presenza delle donne e aumento della disabilità. La Commissione dell’Istituto di
1. Occupational Health Psychology.
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Medicina per la valutazione della formazione necessaria per la salute e la
sicurezza dei dipendenti negli Stati Uniti (Safe Work in the 21
st
Century, 2000) ha
registrato, nel 1990, un calo del numero dei lavoratori all’età di 25 anni e una
crescita di questi dell’età tra i 25 e 54 anni; questo aspetto rappresenta l’interesse
maggiore delle società industriali dell’occidente per la popolazione più anziana.
Uno studio condotto da Ilmarinen (Roberts, e Tracy, 1998) ha trovato tre
importanti fattori di rischio che presi singolarmente o in combinazione tra loro
possono determinare un declino della forza lavoro, ovvero: gli sforzi fisici, fattori
di natura ambientale e fattori psicosociali. Per quanto riguarda la presenza delle
donne si è verificato che le donne rappresentavano il 46% della forza lavoro;
ciononostante la continua divisione dell’impegno tra l’ambiente domestico e
lavorativo ha provocato l’insorgenza di disagi psicosociali. Di particolare rilievo è
un incremento dei disturbi fisici (quali artrite, mal di schiena, problemi muscolo
scheletrici e cardiaci) e sociali; stress e depressione si presentano in conseguenza
della diminuzione della qualità della vita, così come altri stati affettivi e
psichiatrici. Inoltre, in una ricerca effettuata nel 1993, si è messo in evidenza che i
lavoratori di sesso femminile tendevano ad essere concentrati in determinati
settori come commercio al dettaglio, di cura, istruzione e lavoro a tempo parziale,
e che la femminilizzazione del lavoro ha delle importanti implicazioni sociali e
strutturali sull’organizzazione delle attività (Cooper, Likkonen, e Cartwright,
1996). Infine la crescita di automazione nei luoghi di lavoro, in particolare della
tecnologia informatica, ha determinato una trasformazione sociale dei luoghi
lavorativi, determinando così una rivoluzione dei metodi tradizionali fino ad
allora praticati. Tutto ciò definisce le basi, nel 1990, per la nascita dell’OHP col
fine di fronteggiare le potenziali fonti di stress sul lavoro causato principalmente
dal cambiamento, dalla mancanza di controllo e da un elevato carico di lavoro.
1.3 Nascita dell’OHP
L’Istituto Nazionale Americano per la Salute e la Sicurezza nel Lavoro, meglio
conosciuto come “National Institute for Occupational Safety and Health”
(NIOSH), è l’agenzia federale responsabile per lo svolgimento di ricerche e per la
formulazione di raccomandazioni per la prevenzione degli incidenti e delle
malattie sul lavoro (http://www.cdc.gov/niosh/). In particolare ha giocato un ruolo