8
INTRODUZIONE
Il rischio è un elemento che condiziona la vita umana, in tutto il
suo svolgersi. Il modo di convivervi, limitando le sue conseguenze, è un
problema sia del singolo individuo sia della comunità, di cui è parte
integrante l’azienda. “Quello in cui viviamo è un mondo di mutamenti ed
un mondo di incertezza. Noi viviamo solo perché conosciamo qualche cosa
del futuro; mentre i problemi della vita o almeno della condotta derivano
dal fatto che noi conosciamo troppo poco. Questo è altrettanto vero degli
affari come delle altre sfere dell’attività”
1
.
Il presente lavoro si propone di analizzare le problematiche di
risk management in maniera organica tenendo in considerazione tutti gli
elementi pratici e teorici alla luce degli sviluppi degli ultimi anni in termini
di best practice e in particolare della stesura, nel settembre del 2004, del
fondamentale documento Enterprise Risk Management – Integrated
Framework da parte del CoSO. Tale lavoro ha introdotto un cambiamento
di focus dal controllo interno alla gestione dei rischi aziendali. Il risk
management è diventato un componente rilevante non solo alla luce
controllo interno ma soprattutto in virtù dell'intera gestione aziendale.
Quindi, si tratta di un processo integrato che coinvolge l'intera
organizzazione aziendale.
Il primo capitolo illustra le varie definizioni di rischio proposte
sia dal decennale dibattito teorico che dalla pratica professionale. In
particolare la definizione di rischio, negli ultimi anni, si è evoluta sempre
più verso una concezione simmetrica del rischio stesso inteso sia come
minaccia che come opportunità. Il rischio è correlato ad altri concetti come
1 Knight S.K., Rischio, incertezza e profitto, La Nuova Italia, Firenze, 1960, p. 189.
9
l'incertezza. In seguito viene definito il risk management e ne viene
mostrata l'evoluzione nel tempo.
Nel secondo capitolo vengono elencati i diversi criteri di
classificazione dei rischi. Partendo poi dalla basilare distinzione tra rischi
puri e rischi speculativi, vengono descritte le varie metodologie di gestione
delle singole tipologie di rischio aziendale.
Nel capitolo terzo si fa riferimento all'influenza del rischio nel
processo decisionale e, in particolare nel meccanismo di decisione-azione-
controllo. Vengono considerati diversi approcci: probabilistico, economico-
finanziario e altri approcci alternativi. Si esamina inoltre il rapporto tra
rischio e controlli interni (con particolare riferimento al processo di risk
assessment) e i vari metodi di stima del rischio (risk estimation). Infine, si
analizza il supporto dell'internal auditing all'attività di risk management.
Il quarto capitolo è dedicato all'innovativo approccio del CoSO:
l'Enterprise Risk Management. Vengono spiegate le ragioni che hanno
indotto allo sviluppo di tale approccio e agli elementi di novità rispetto al
precedente documento del CoSO (Internal Control – Integrated
Framework, 1992). Si illustrano dunque tutti i componenti dell'ERE,
considerando lo spostamento del focus dal controllo ai rischi e i ruoli
all'interno dell'organizzazione aziendale secondo la nuova visione integrata
della gestione integrata proposta. Infine viene precisato come il modello
ERM del CoSO non sia l'unico standard internazionale in materia di risk
management e vengono dunque richiamati i più importanti elementi di
differenziazione.
Nel quinto capitolo si prende in esame il processo di valutazione
del rischio (risk evaluation) secondo un approccio tipicamente legato alle
problematiche di ragioneria e finanza aziendale. L'ottica è quella della
10
creazione del valore, poiché il modello ERM è volto a sostenere il processo
di creazione del valore di cui il rischio è una delle determinanti
fondamentali. Dopo aver analizzato i vari metodi di valutazione del rischio,
si descrive la teoria razionale neoclassica che approfondisce la valutazione
del rischio come supporto alle scelte aziendali.
Il sesto capitolo si sofferma sugli aspetti normativi rilevanti ai
fini della gestione del rischio, analizzando in particolare la normativa
italiana, europea e statunitense e i vari codici di autodisciplina ormai
sempre più diffusi nelle borse europee. Inoltre si analizzano i rischi che è
possibile far emergere dal bilancio.
Nell'ultimo capitolo sono mostrati alcuni casi applicativi
(Telecom Italia, AEM, SKF, Benetton, Microsoft), che rappresentano
alcune importanti esperienze di risk management in settori diversi. Infine è
descritto il peculiare sistema di risk management delle aziende sanitarie.
Le conclusioni “tirano le somme” del lavoro svolto, ribadendo i
concetti rilevanti ed esponendo ulteriori riflessioni critiche.
11
CAPITOLO I
Risk management: aspetti introduttivi
1.1. Il rischio
1.1.1. Le nozioni di «rischio»
Nella società in cui viviamo, noi tutti siamo sottoposti a diversi
tipi di rischio
1
che derivano dalle attività svolte da ciascuno. Non esistono
attività prive di un qualsiasi grado di probabilità del manifestarsi di un
determinato evento dannoso, benché nella mentalità corrente si tenda
spesso ad affermare la necessità di eliminare ogni pericolo insito
nell'esercizio di alcune di esse. Il rischio scaturisce in linea generale
dall’accostamento di due fenomeni: il mutevole manifestarsi degli eventi
(profilo oggettivo) e l’incapacità umana di prevedere tali mutamenti
(profilo soggettivo)
2
.
In letteratura e nel linguaggio corrente non vi è unanimità sul
significato da attribuire al termine «rischio»
3
. Infatti, ciascun soggetto
interessato a definire il concetto di rischio è influenzato dallo specifico
1 L'etimologia del termine «rischio» deriva dalla parola araba rizq, termine utilizzato per indicare la
tassa in natura che gli indigeni pagavano per il mantenimento delle truppe di occupazione. Fu grazie ai
navigatori inglesi e veneziani che, in riferimento a un'assicurazione marittima a garanzia dei carichi
trasportati, il termine rizq si diffuse in tutto il bacino mediterraneo assumendo la forma neolatina
risicum o resicum. D’Avino D., De Rosa M., Ferrara F., La Pietra M.P., Letterese L. Scarpa S.,
Germano M.R., I concetti di rischio, in Serini F., Piscitelli V. (a cura di), Strumenti per l'analisi del
rating nelle pmi. http://www.uniparthenope.it , p. 7.
2 Bertini U., Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, Giuffrè, Milano, 1987, p.11.
3 Nonostante sia di uso comune in una pluralità di contesti, il concetto di «rischio» non sempre è inteso
in maniera univoca, né in ambito operativo, né in quello accademico; in particolare si è notato, con un
cero imbarazzo, come vi sia un disaccordo tra i studiosi di risk management e quelli di assicurazione
sul vero significato da attribuire alla parola «rischio». Crowe R.M., Horn R.C., The meaning of risk, in
«Journal of Risk and Insurance», vol. 34, 1967.
12
problema che intende risolvere e di conseguenza utilizza la nozione di
rischio che meglio si adatta ad esso
4
. Il concetto di rischio è utilizzato non
solo dalle discipline economiche aziendali, ma anche dalla statistica, la
matematica, la fisica, l’ingegneria, ecc., addirittura ciascuno potrebbe dare
una valutazione personale al rischio in base alla sua esperienza e alla sua
“ottica di vita”
5
.
L'oggetto precipuo del seguente lavoro è il risk management,
ovvero “il processo attraverso il quale gli istituti si occupano dei rischi
associati alle attività svolte con l'obiettivo di ottenere dei benefici
riguardanti le singole attività e/o l'insieme delle stesse.
6
”.
Dall'analisi e dalla catalogazione
7
delle varie definizioni di risk
management contenute nei testi di risk management statunitensi, emerge
che la maggior parte di esse fanno riferimento al concetto di incertezza o di
variabilità dei risultati. Accogliendo questa tendenza, per rischio può
intendersi l'eventualità che si manifesti una deviazione sfavorevole da un
risultato atteso
8
.
Le molteplici nozioni di rischio introdotte in letteratura possono,
4 Il concetto di rischio difficilmente assume uguale significato in situazioni d'azienda apparentemente
simili; anzi, a situazioni d'azienda analoghe corrispondono molto spesso, gli errori di valutazione che
fanno assumere al rischio il carattere di fenomeno decisamente soggettivo. Bertini U., Introduzione
allo studio dei rischi nell’economia aziendale, op. cit., p. 13.
5 Per il Bertini il rischio oltre l'azienda interessa anche l'individuo e la collettività. Per l'individuo il
rischio ha un significato più ampio, che va oltre i problemi di natura economica, poiché l'uomo, nella
sua vita, mira al soddisfacimento dei propri bisogni materiali e spirituali. La collettività, invece, tende
al soddisfacimento dei bisogni sociali, cioè di quei bisogni che gli uomini, da soli, non sarebbero in
grado di soddisfare. Bertini U., Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, op. cit.,
pp. 18-19.
6 Si tratta di una definizione generale secondo AIRMIC, ALARM, IRM, a Risk Management Standard,
Institute of risk management, Association of insurance and risk managers, National forum for risk
management in the public sector, www.airmic.com, 2002, p. 2.
7 In merito a tale catalogazione v. Pritchett S.T., Schmit J.T., Doerphinghans H.I., Athearn J.L., Risk
Management and Insurance, VII ed., West Publing Corporation, St. Paul, 1996.
8 Così, per esempio, Vaughan: “Risk is a condition in which there is a possibility of an adverse
deviation from an desired outcome that is expected...”. Vaughan E, Risk Management, Wiley. New
York, 1997.
13
in generale, confluire nei seguenti approcci
9
:
- approccio tradizionale assicurativo;
- approccio statistico – finanziario;
- approccio manageriale.
Ogni approccio ha una motivazione storica molto profonda, un
suo ambito preferito e dei limiti di applicabilità. Il fatto che nessuna
definizione sia migliore delle altre spiega il perché della loro coesistenza.
Nell'approccio tradizionale-assicurativo il rischio è inteso come
insieme delle possibili minacce. La visione solo negativa di tale approccio
deriva dal fatto che fino a pochi decenni fa veniva prestata attenzione solo
ai rischi puri. Quest’ultimi si caratterizzano per la presenza di solo due
scenari possibili, ovvero o che non si verifichi alcun effetto economico per
l’azienda (altamente probabile) o che si verifichi un evento che determina
un danno molto elevato (bassa probabilità di realizzazione). Anche i rischi
puri hanno delle “evenienze favorevoli”, cioè migliori rispetto al danno
atteso. Tali rischi sono detti anche «assicurabili» poiché si prestano ad
essere gestiti mediante il procedimento assicurativo
10
. Tuttavia seguendo
tale approccio si può incorrere in due tipi di errori. Il primo riguarda la
considerazione solo di evenienze negative di un fenomeno, trascurando
così anche le opportunità di eventi favorevoli. Un’altra grave conseguenza
che può derivare da una superficiale applicazione di tale approccio è quella
di trascurare o sottostimare gli effetti di eventi estremi (scenari a bassissima
probabilità ma con danni molto ingenti)
11
.
9 Floreani, Introduzione al Risk Management, Etas, Parma, 2005, p. 5.
10 «[Il procedimento assicurativo] consiste nell'aggregare numerosi rischi individuali omogenei ed
indipendenti in modo che, applicando la legge dei grandi numeri, sia possibile prevedere con notevole
approssimazione l'entità dei sinistri che subirà la collettività degli assicurati e su cui calcolare il
contributo di ciascuno (premi)». Paci S., Le frontiere competitive delle imprese di assicurazione, in
Paci S. (a cura di), Le imprese di assicurazione. Profili gestionali, Egea, Milano, 1990, p. 5.
11 Secondo il Cassandro le cause di variabilità degli andamenti economici nelle aziende di assicurazione
14
L'approccio statistico – finanziario considera i rischi come
“aleatorietà stocastica”, cioè come il possibile scostamento di una variabile
aleatoria rispetto alle aspettative. Esso trae la sua origine dallo sviluppo
delle scienze statistiche e può essere adottato da tutte le tipologie di rischio,
anche se può risultare meno consona se applicata ai rischi puri (infatti un
soggetto avvertirebbe un certo disagio ogni anno a scoprirsi fortunato
perché la propria impresa non è stata ancora distrutta da un terremoto)
12
.
Anche nel caso dell'approccio manageriale il rischio è visto
come possibile scostamento rispetto agli obiettivi. In questo filone rientra la
seguente definizione: “i rischi sono eventi futuri e incerti che possono
influenzare il raggiungimento degli obiettivi strategici, operativi e
finanziari di un’istituzione”
13
. Per il Bertini la tesi dello scostamento non è
accettabile poiché il rischio è, per definizione, ignoto nella sua entità e non
può essere esattamente determinato
14
. Come rileva l'Oberpaileter, i rischi
relativi alla manifestazione del mondo aziendale possono essere
qualificabili ma non quantificabili
15
. Un'altra critica alla tesi dello
scostamento è rappresentata dal fatto che mentre il rischio precede sempre
il fenomeno dal quale scaturisce, lo scostamento può essere determinato
solo a manifestazione compiuta
16
.
L’approccio manageriale è molto simile a quello statistico –
vanno ricercate, oltre che negli scarti della legge di frequenza, nella insufficiente massa di rischi
assunti, nella diversa gravità dei sinistri che si verificano, nell'effettivo mutarsi attraverso il tempo
dell'andamento dei rischi assicurati, e, infine, nei cosiddetti elementi soggettivi del rischio, cioè
«...nello stato d'animo che si stabilisce in chi assicura». Cassandro P. E., Economia e finanza delle
imprese di assicurazione, Cacucci, Bari, 1963, p. 90.
12 D’Avino D., De Rosa M., Ferrara F., La Pietra M.P., Letterese L., Scarpa S., Germano M.R., I
concetti di rischio, op. cit., p. 10.
13 Floreani, Introduzione al Risk Management, op. cit., p. 7.
14 Bertini U., Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, op. cit., p. 14.
15 «Die Manningfaltigkeit der einwirkenden Faktoren lässt die Ermittlung von
Wahrscheinlichkeitswerten nicht zu. Risiken dieser Art sind zwar qualifiziebar, nicht aber exakt
quantifiziebar». Oberparleiter K., Risiko, in “Handwörterbuch der Betriebwirtschaft”, Band III,
Stuttgart, Poeschel, 1960, p. 4694.
16 Bertini U., Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, op. cit., p. 15.
15
finanziario. Infatti entrambi considerano minacce ed opportunità. Tuttavia
se nel precedente filone sono rilevati gli scostamenti rispetto al valore
atteso, in quello esaminato gli scostamenti rispetto agli obiettivi. Se questi
ultimi fossero uguali ai valori attesi, allora tra i due approcci in esame non
vi sarebbero differenze. L’approccio manageriale è generalmente più
flessibile rispetto agli altri due. Infatti esso si adatta sia alla gestione dei
rischi puri (l’obiettivo in questo caso è quello di “non subire alcun danno”)
che alla gestione dei rischi speculativi (in questo caso l’obiettivo potrà
coincidere con le aspettative o essere leggermente migliore). Bisogna però
evitare di considerare gli obiettivi come se fossero delle aspettative, anche
quando essi non lo sono, altrimenti vi è il pericolo di prendere decisioni
errate
17
.
Un’altra classificazione che è possibile fare in merito al concetto
di rischio, è quella che si sofferma sulla distinzione di 2 filoni di studio:
1) Concezione qualitativa sostenuta soprattutto dalla dottrina europea.
2) Concezione quantitativa affrontata dalla dottrina anglosassone.
L’approccio qualitativo utilizza parole o scale descrittive per
rappresentare effetti economici e probabilità, e si può a sua volta
distinguere in quelli che hanno visione negativa e sfavorevole del rischio e
quelli che invece contemplano il rischio anche come probabilità di un
evento positivo.
Tra i primi possiamo distinguere:
– Sassi: “Il rischio può considerarsi come l’eventualità di un
17 D’Avino D., De Rosa M., Ferrara F., La Pietra M.P., Letterese L., Scarpa S., Germano M.R., I
concetti di rischio, op. cit., p. 11.
16
andamento sfavorevole nello svolgimento dell’azione futura”
18
.
– Borghesi: “Il rischio è la potenzialità di un evento sfavorevole”.
L'autore, con riferimento alla teoria economica classica, fa notare
come A. Smith affermi che “il saggio ordinario di profitto s'eleva
sempre più o meno con il rischio”
19
; tale affermazione va interpretata
considerando il rischio come l'eventualità di una perdita
20
.
– Bertini: “In pratica si ha il rischio ogniqualvolta, di un certo evento,
può essere razionalmente formulata una prospettiva di danno. Tale
prospettiva può riguardare una situazione nuova, oppure una pre-
esistente. Se riguarda una situazione nuova, il rischio è ex novo; se la
situazione non è nuova implica l’accrescimento del rischio
esistente”
21
.
Secondo l'ottica di Risk Management, in particolare, si può dire
che esiste un rischio quando sono contemporaneamente presenti:
1) la possibilità di una perdita, cioè quando il soggetto è esposto ad un
avvenimento che gli può causare un danno di qualsiasi tipo;
2) un difetto di conoscenza circa il prodursi di tale perdita, cioè nel
caso in cui non si ha la certezza del suo futuro manifestarsi
22
.
La probabilità del suo verificarsi deve essere diversa da zero ma
anche diversa da uno, altrimenti non ci si troverebbe di fronte ad un rischio,
bensì ad un costo, poiché il verificarsi della perdita sarebbe la conseguenza
di un evento certo. Soprattutto, in questo senso, è molto pregnante la
concezione del tempo inteso come binomio indissolubile tra futuro e
18 Sassi S., Il sistema dei rischi d'impresa,Vallardi, Milano, 1940, p.21.
19 Smith A., An inquiry into the nature and causes of wealth of the nations, 1776, trad. it. La ricchezza
delle nazioni, UTET, Torino, 1975, p. 209.
20 Borghesi A., La gestione dei rischi di azienda. Economia e organizzazione, teoria e pratica, CEDAM,
Padova, 1985, p. 28.
21 Bertini U., Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, op. cit., p. 11.
22 Cfr. Misani, Introduzione al al Risk Management, Egea, Milano, 1994.
17
rischio.
Tra gli Autori che contemplano anche l’eventualità positiva, si
notano:
– Gobbi: “Un’eventualità può essere economicamente favorevole o
sfavorevole per una persona a seconda che la renda più o meno
dotata di mezzi per la sua vita; è indifferente, se non ha l’uno né
l’altro effetto”
23
.
– Caprara: “Il rischio è una eventualità che presenta due aspetti: l’uno
favorevole e l’altro sfavorevole; non è possibile eliminare l’aspetto
sfavorevole senza eliminare quello favorevole”
24
. Quindi, affinché ci
sia una prospettiva di crescita e sviluppo, bisogna necessariamente
rischiare. Il rischio è una sorta di propedeuticità affinché ci sia la
probabilità di un evento favorevole.
– Chessa: “…il termine rischio non ha ancora un significato tecnico
preciso e viene adoperato sia per l’eventualità favorevole che
sfavorevole…anche se l’ultima ipotesi ha la prevalenza sulla
prima”
25
.
– Per il Floreani “se valutati rispetto a una situazione media o attesa,
tutti gli eventi rischiosi hanno delle possibili manifestazioni negative
(minacce o downside risk), a cui corrispondono dei risultati peggiori
rispetto alle apettative, e delle manifestazioni positive (opportunità o
upside risk) a cui corrispondono dei risultati migliori rispetto alla
situazione attesa”
26
.
23 Gobbi U., L'assicurazione in generale, INA, Roma, 1974, p. 15 (prima edizione 1898, seconda
edizione 1937).
24 Caprara U., Liquidità bancaria e controllo dell'inflazione, in «Rivista Bancaria», n. 10-11, Milano,
1952, p. 506.
25 Chessa F., La nozione economica di rischio, in «Giornale degli Economisti e Rivista di Statistica»,
Milano, 1927, Anno XLII, Vol. LXVII, pag. 67.
26 Per esempio, il rischio legato ai volumi di vendita di un'impresa può generare effetti economici
18
L’approccio quantitativo giunge, invece, a determinare la
distribuzione di probabilità associata ai possibili risultati economici. Tra gli
Autori che contemplano tale approccio, possiamo ricordare:
– Spencer: “….il rischio può essere considerato come espressione
quantitativa del risultato sia di perdere che di guadagnare”
27
.
– Demaria, poi, distingue quattro elementi collegati al rischio: a)
l’esistenza di valori economici esposti al rischio; b) il possibile
cambiamento di tali valori; c) la durata dell’esposizione al rischio; d)
l’insieme dei fattori o eventi futuri e incerti che presentandosi
muteranno la consistenza di tali valori. In particolare l’autore parla di
“rischio tecnico” in quanto prodotto da ragioni tecniche di
conoscenza. Infatti afferma “[…] Se il rischio è costituito da
un’influenza producibile da un evento futuro ed incerto tale che
l’influenza stessa venga valutata al presente sotto specie di una
distribuzione alternativa di più valori conosciuta nei suoi parametri
caratteristici (valore medio, asimmetria,…..), allora esso viene
chiamato tecnicamente rischio. Altrimenti se i parametri della
distribuzione non sono conosciuti, il rischio dicesi solitamente
incertezza (incertezza come una sottospecie del rischio)”
28
. Demaria,
in pratica, dà una versione più completa ed innovativa perché non si
limita ad affermare che un rischio è tale solo se i suoi effetti sono
“misurabili quantitativamente” ma indica che qualora la
quantificazione non sia possibile, si va nell’incertezza che è una
positivi, nel caso in cui le quantità effettivamente vendute siano superiori a quelle attese, ed effetti
economici negativi, nel caso in cui le vendite si rivelino inferiori alle aspettative. Floreani,
Introduzione al Risk Management, op. cit., p. 2.
27 Spencer. M., Sielgman L., Managerial economics – Decision Making and forward planning,
Homewood, Irvin, 1964, p. 5.
28 Demaria G., Logica della produzione e della occupazione, Malfasi, Milano, 1950, p. 647.
19
grandezza non misurabile a priori
29
.
Mentre la dottrina si dilunga nella ricerca della definizione più
appropriata del concetto di rischio, nel campo professionale il problema
viene affrontato in maniera più laconica e pragmatica: “il lessico ci offre
due estremi: possiamo vedere il rischio come un pericolo o come una
opportunità positiva
30
”.
L'ultima, autorevole definizione di rischio è quella fornita dal
CoSO (Committee of Sponsoring Organization) nell'Enterprise Risk
Management – Integrated Framework, secondo il quale “il rischio è la
possibilità che un evento si verifichi e influisca in senso negativo sul
conseguimento degli obiettivi”. Eventi con un impatto positivo possono
compensare impatti negativi o possono costituire opportunità. Quest'ultima
può essere definita come “la possibilità che un evento si verifichi e
influisca in senso positivo sul conseguimento degli obiettivi”
31
. Come è
possibile notare, la definizione del CoSO si allaccia alla concezione del
rischio sia come eventualità negativa, che come eventualità positiva, e, in
quest'ultimo caso si parla di opportunità.
1.1.2. Il rischio e concetti correlati
Le nozioni di rischio, cui si è accennato, sono intimamente legate
al concetto di incertezza. In realtà i due termini, sebbene assimilabili sotto
diversi profili, hanno significati differenti. Per il Floreani “il rischio (o
29 D’Avino D., De Rosa M., Ferrara F., La Pietra M.P., Letterese L., Scarpa S., Germano M.R., I
concetti di rischio, op. cit., p. 13
30 Così Luigi Veridani, CISA (Certified Information Systems Auditor) della Deloitte & Touche SpA
Enterprise Risk Services. Veridiani L., Rischiare per il miglioramento, http://www.uni.com
31 CoSO (Committee of Sponsoring Organization), Enterprise Risk Management – Integrated
Framework, 2004, edizione italiana: Associazione Italiana Internal Auditors (IIA) e
PriceWaterhouseCoopers (a cura di), La gestione del rischio aziendale. ERM – Enterprise Risk
Management: un modello di riferimento e alcune tecniche applicative, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006,
p. 15. Il Conceptual Framework è stato inserito come “executive summary”, nella versione definitiva
(Integrated Framework).
20
variabilità stocastica) attiene all’aleatorietà intrinseca degli eventi, mentre
l’incertezza riguarda la mancanza di conoscenza”
32
. Il Rowe parla di
incertezza come “l'assenza di informazioni su parti di un sistema sotto
considerazione”
33
. In particolare si parla di incertezza descrittiva con
riferimento alle informazioni necessarie a descrivere il sistema in senso
tassonomico e che rappresentano il «grado di libertà del sistema»; si parla
invece di incertezza di misurazione con riferimento alle informazioni
necessarie a misurare le variabili, cioè a determinare il loro valore
specifico
34
.
Il Saraceno osserva opportunamente che nella vita aziendale sono
presenti sia “situazioni di rischio” che “situazioni di incertezza”. Le prime
sono relative a scelte nelle quali è possibile tener conto sia della frequenza
con le quali certi eventi si sono prodotti in passato, sia del loro grado di
probabilità futura; le seconde invece riguardano le decisioni prese in ordine
ad eventi futuri che rimangono del tutto inconoscibili
35
.
Nella recente letteratura nordamericana è possibile individuare
una relazione «tecnica» tra rischio e incertezza
36
:
RISK = UNCERTANLY (INCERTEZZA) + DAMAGE (DANNO)
si noti che, se il danno non è quantificabile, allora il rischio sarà pari
all'incertezza.
Altri concetti connessi con il rischio sono il caso, la congiuntura,
la casualità e il pericolo.
Il caso e la congiuntura, come il rischio e l'incertezza, sono
32 Floreani, Introduzione al Risk Management, op. cit., p.29.
33 Rowe W. D., An anatomy of risk, Wiley and Sons, New York, 1977, p.17.
34 Borghesi A., La gestione dei rischi di azienda, op. cit., p. 31.
35 Saraceno P., Il calcolatore elettronico fattore di progresso scientifico e civile, in «Notizie IRI», n.110,
novembre 1968, pp. 21-22.
36 Sottoriva C., Introduzione al sistema dei rischi d'impresa: inquadramento economico-aziendale,
classificazione e politiche d'impresa, in «Rivista dei Dottori Commercialisti», n. 4, luglio-agosto
1999, p. 569.
21
dovuti al manifestarsi di fatti indipendenti dalla volontà dei soggetti
interessati. Ma mentre nei primi confluiscono elementi soggettivi, i secondi
sono fenomeni esterni agli individui e presentano, pertanto, un netto
carattere oggettivo
37
.
La congiuntura è stata definita come “...il complesso delle cause
economiche, sociali e giuridiche che determinano modificazioni nel valore
dei beni, indipendentemente dalla volontà del proprietario o dal costo
sostenuto dal medesimo”
38
. Essa si manifesta da un lato come conseguenza
del caso e da un altro, dello svolgimento del rischio
39
. Mentre il rischio può
essere, soprattutto per grandi masse, previsto con una certa
approssimazione, così non può dirsi per la congiuntura
40
.
Il caso è, invece, l'insieme degli eventi non conosciuti e quindi
non prevedibili a priori. La principale differenza dal concetto di rischio è
che il caso non può essere ipotizzato, in quanto determina fenomeni ignoti
nelle loro origini e nei loro effetti
41
.
Il Borghesi parla invece di casualità
42
e la definisce come “la o le
condizioni che possono accrescere la probabilità del verificarsi di un evento
sfavorevole sorgente da un dato pericolo
43
”. Quest'ultimo è definito come
“la causa o la sorgente dell'evento sfavorevole
44
”.
37 Bertini U., Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, op. cit., p. 24.
38 Chessa F., La nozione economica di rischio, op. cit., p. 78.
39 Bertini U., Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, op. cit., p. 25.
40 Chessa F, La teoria economica del rischio e della assicurazione, Vol. I, Cedam, Padova, 1929, pp. 54-
55.
41 Bertini U., Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, op. cit., p. 25.
42 La terminologia anglosassone ricorre al termine hazard.
43 Si riconoscono in generale tre grandi classi di casualità: quella fisica, quella morale (moral hazard) e
quella psicologica. Borghesi A., La gestione dei rischi di azienda, op. cit., pp. 37-38.
44 Sono pericoli ad esempio il fuoco, la grandine, i fulmini, le collisioni automobilistiche, i terremoti e
così via. Borghesi A., La gestione dei rischi di azienda, op. cit., p. 37