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“…Questa giovane donna sapeva che sarebbe morta nei prossimi giorni. Quando le
parlai, era serena, nonostante tutto. “Sono grata al mio destino, per avermi colpita
così duramente “, mi disse, e ricordo bene ogni sua parola: “PerchØ nella mia vita di
prima, quella borghese, ero troppo viziata e non avevo nessuna vera ambizione
spirituale”. Nei suoi ultimi giorni era come trasfigurata. “Quest’albero è il solo amico
nei miei momenti di solitudine”, disse, accennando attraverso la finestra della
baracca. Fuori c’era un castagno, tutto in fiore, e chinandomi sul tavolaccio della
malata, potevo scorgere ancora un ramoscello verde con due grappoli di fiori,
guardando dalla finestrella dalla baracca-infermeria. “Con quest’albero parlo
spesso”, disse poi. Ne fui meravigliato e non sapevo come interpretare le sue parole.
Sta forse delirando, ha delle allucinazioni? Le chiesi dunque, curioso, se l’albero può
risponderle - Sì! - e che cosa le dice. Mi rispose: “M’ha detto: Io sono qui - io sono
qui - io sono la vita, la vita eterna.”... “
da Uno psicologo nei lager di Viktor Frankl.
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RIASSUNTO
La crescita post- traumatica è l’esperienza di cambiamenti positivi che si
manifestano in seguito al misurarsi con eventi altamente sfidanti della vita
(Tedeschi e Calhoun, 2004). Lo scopo dello studio è indagare la presenza di
crescita post-traumatica in un campione di pazienti che hanno subito un
trapianto di fegato. A tal fine è stato utilizzato un approccio multi-metodo:
un’analisi quantitativa attuata tramite l’utilizzo del Post Traumatic Growth
Inventory ed una scala a 5 items per approfondire i cambiamenti avvenuti
nel dominio delle relazioni personali; un’analisi qualitativa in primo luogo
concentrata sulla presenza di temi di redemption come indicatori di crescita
post-traumatica in sequenze narrative elaborate dai pazienti e
secondariamente concentrata sulla presenza di eventuali temi nuovi e
ricorrenti nelle sequenze narrative, connessi all’esperienza del trapianto, al
fine di dare un contributo alla ricerca scientifica sull’argomento.
I risultati di entrambe le tipologie di analisi confermano che l’esperienza del
trapianto sia in grado di innescare nei pazienti dei processi di crescita post-
traumatica.
Parole chiave: crescita post-traumatica, trapianto di fegato, sequenze di
redemption
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ABSTRACT
Posttraumatic growth is the experience of positive changes that occur as a
result of the struggle with highly challenging life crises (Tedeschi e
Calhoun, 2004). The aim of this study is to investigate the presence of post-
traumatic growth (PTG) in a sample of patients after liver transplantation.
This study was conduct using a multi-method approach: a quantitative
analysis using the Post Traumatic Growth Inventory and a scale with 5
items to deepen the changes in the field of relationships; a qualitative
analysis focused first on the presence of redemption patterns in narrative
sequences elaborated from the patients (McAdams, 1999) as indication of
post-traumatic growth and subsequently focused on the presence of new and
recurrent themes in the narrative sequences linked with the transplantation
experience, to give a contribute to the scientific research on this topic. The
results of both kinds of analysis confirm that the transplantation experience
generates in the subjects processes of post-traumatic growth.
Keywords: Post-traumatic growth, liver transplantation, redemption
sequences
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INTRODUZIONE
Il corso della vita è segnato costantemente dal succedersi di eventi carichi di
sofferenza e dolore, che con il loro impatto possono ostacolare il regolare
andamento delle esistenze. In questa luce, gli stati di equilibrio
rappresentano una condizione transitoria che a fronte delle difficoltà che la
vita riserva, vanno riconquistati attraverso una continua ridefinizione del
proprio assetto (Antonovsky, 1987). Le esperienze altamente sfidanti dietro
la facciata di eventi negativi che si manifestano in maniera improvvisa al di
là della volontà del singolo, offrono però la possibilità di attuare una
trasformazione positiva attraverso una ri valutazione delle percezioni, degli
atteggiamenti e dei comportamenti dei soggetti nei confronti della realtà in
cui sono immersi (Park e Folkman, 1997). Gli equilibri esistenti prima
dell’impatto di questi eventi vengono spazzati via, forzando il singolo alla
realizzazione di nuovi scenari appropriati alla nuova realtà. La malattia è un
esperienza che rientra a pieno titolo nella categoria di evento traumatico, in
quanto tocca profondamente a livello fisico, emozionale e cognitivo coloro
che ne sono vittima e tutte le persone circostanti. Per affrontarla è necessaria
una profonda trasformazione dei significati attribuiti a se stessi, al rapporto
con gli altri e ai significati attribuiti al mondo. Si tratta di un mutamento
profondo capace di portare ad un prodotto finale di sØ stessi dai tratti
inaspettati, che prende il nome di crescita post-traumatica (PTG) (Tedeschi
e Calhoun, 2004). Con la presente ricerca abbiamo voluto indagare la natura
di questo costrutto nell’ambito del trapianto d’organi, per capire se
analogamente alle patologie cronico-degenerative, di cui il cancro è la piø
rappresentativa, possa il trapianto avere dei risvolti positivi e dare avvio,
nelle persone che ne fanno esperienza, ad una crescita post-traumatica.
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CAPITOLO 1
ESPERIENZE DI VITA ALTAMENTE SFIDANTI: IL
TRAPIANTO
“…mi rivolgo a lui come se da qualche parte ci fosse ancora e gli dico:
‹‹Qualcosa di te vive in me. Ti ringrazio di questo››”
(testimonianza di un paziente trapiantato)
1.1 STRESS, TRAUMA E PTSD
Il corso della nostra esistenza è segnato costantemente dal succedersi di
eventi carichi di sofferenza e dolore, che ostacolano il normale andamento
della quotidianità. Per indicare questa classe di esperienze altamente
stressanti, peculiari per la loro criticità ed ineluttabilità, vengono utilizzati il
termine crisi, derivante dal greco Krisis= scegliere e il termine trauma, dal
greco Traμma=ferita, lacerazione. Gli eventi critici e traumatici colpiscono
le vite delle persone con la stessa intensità di un evento sismico. L'intero
sistema psico-fisico viene destabilizzato, rendendo necessaria una
ridefinizione degli atteggiamenti e dei comportamenti dei soggetti circa la
realtà in cui sono immersi (Tedeschi e Calhoun, 1999, 2004). Nelle
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popolazioni abitanti il centro e il sud America, il trauma prende il nome di
Susto, che significa “perdita dell’anima”: dopo un evento traumatico,
l’anima delle persone reagirebbe fuggendo dal corpo spaventata e
lasciandolo vuoto, pervaso da tristezza e malattia (Sgarro, 1997). Questi
accadimenti vengono denominati dalla psicologia clinica “stressors
traumatici” e si differenziano sulla base della durata e della scansione
temporale con la quale si presentano. ‘Stress’ è un vocabolo inglese entrato
in uso comune anche nella lingua italiana, che significa ‘sforzo, spinta,
tensione’; sul dizionario Garzanti si trova la definizione di “nome attribuito
ad ogni agente o stimolo dannoso che, agendo sull’organismo, ne provochi
una reazione capace talora di dare origine a manifestazioni morbose”.
Lazarus e Folkman definiscono come stress “una particolare relazione tra la
persona e l’ambiente, valutata dalla persona stessa come gravosa o
eccedente le sue risorse e pericolosa per il suo benessere” (1984, p.19).
Hans Selye (1936, 1950) descrisse una sindrome connessa alla risposta
fisiologica a stimoli esterni (stressors), che chiamò Sindrome Generale di
Adattamento (General Adaptation Sindrome, G.A.S). Questa risposta si può
sviluppare in tre fasi denominate fase di allarme, di resistenza e di
esaurimento, durante le quali si ha un’attivazione delle risorse che
l’organismo rende disponibili nei comportamenti messi in atto di fronte a
situazioni pericolose: l’attacco o la fuga. In queste circostanze, a livello
fisiologico si osservano scariche di adrenalina, erosioni gastro-intestinali,
ipoglicemia, concentrazione di sangue verso gli arti, ecc. Se la risposta
fisiologica ha successo nell’allontanare o eliminare la fonte dello stress, già
nella prima fase l’organismo può tornare al suo stato di equilibrio iniziale,
senza incorrere in nessun danno; nel caso questo non si verificasse nella
prima fase, si passa alla seconda fase, durante la quale l’organismo viene
sottoposto ad un ulteriore consumo di risorse che vengono sottratte alle
funzioni vitali a cui sarebbero destinate, mettendo così a dura prova
l’organismo. Nel caso in cui lo stressor continui a permanere nonostante gli
sforzi per combatterlo, si varcherà la soglia dell’esaurimento psico-fisico,
letale per l’organismo, che sarà sottoposto ad una grave debilitazione dai
segni indelebili. Gli effetti fisici e psicologici delle esperienze altamente
stressanti rientrano clinicamente sotto la categoria di Disordine da Stress
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Post Traumatico (Ptsd). Nel 1980 la Ptsd compare per la prima volta sul
Dsm–III, come patologia causata da agenti esterni. Viene considerata come
reazione normale ad eventi abnormi, la cui risposta implica un forte
sentimento di paura e di totale inermità di fronte agli eventi (Foa e
Rothbaum, 1998). Il criterio A per diagnosticare la Ptsd presente nel DSM-
IV (American Association Psychologist- APA, 1994, p.424) è determinare
se lo stressor a cui il soggetto è sottoposto viene percepito come traumatico
(Nightingale et al., 2010) La percezione di sØ e delle proprie capacità viene
alterata e soprattutto nei periodi immediatamente successivi si verifica una
forte caduta dall’autostima. La sensazione della perdita di controllo sulle
situazioni, sul proprio ambiente e su sØ stessi può sopraffare anche i soggetti
piø forti e la sua presenza aumenta fortemente la probabilità che si verifichi
il malessere da stress. Sebbene gli eventi fortemente traumatici abbiano
sempre conseguenze sui soggetti, la gravità e la modalità di risposta può
essere modulata da caratteristiche individuali e differenze culturali (Sgarro,
1997). Secondo Tedeschi e Calhoun (1999) la comparsa di emozioni
spiacevoli che pervadono la realtà interiore dei soggetti è una caratteristica
molto saliente del vissuto post traumatico. Queste possono variare a seconda
del tipo di circostanze: la depressione e la tristezza sono molto comuni nei
casi in cui i soggetti sperimentano una perdita, che sia di valore affettivo o
materiale; ansia e paura sono le risposte piø frequenti nei confronti di
condizioni che possano presagire il ri-presentarsi dell’evento traumatico; il
senso di colpa si presenta con emozioni negative connesse a pensieri
tormentosi su ciò che il soggetto poteva fare o non fare per evitare le
conseguenze negative dell’evento traumatico. E’ molto spiccato negli
individui con un locus of control interno in quanto si percepiscono come
agenti attivamente coinvolti nel verificarsi degli eventi. Si possono
presentare anche emozioni di rabbia e d‘irritabilità nei confronti di coloro
che si ritiene responsabili dell’accaduto. Gli eventi traumatici hanno effetti
anche sui processi cognitivi. Tipicamente shock, stordimento ed incredulità
sono le prime reazioni che i soggetti presentano. Nei giorni e nei mesi
successivi, la mente delle vittime viene occupata da pensieri ripetitivi ed
inconsapevoli; ciò avviene involontariamente anche durante lo svolgimento
di attività quotidiane. I traumi sono in grado di andare ad intaccare il
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sistema di credenze e la visione del mondo dei soggetti, fondamentale per
comprendere e rapportarsi alla realtà che si vive. Il comportamento essendo
frutto dei pensieri e delle emozioni del soggetto, sarà anch’esso
inevitabilmente influenzato dagli stressors traumatici. Nel periodo
successivo il trauma, è molto comune tra le vittime presentare difficoltà di
socializzazione. Il supporto sociale è un elemento fondamentale per il
superamento della crisi, ma spesso le vittime bloccate dal trauma hanno
molte difficoltà a chiedere e ricevere aiuto. Il desiderio di allontanare da sØ
gli effetti del trauma può spingere alcuni soggetti all’uso e all’abuso di
droghe e sostanze che allevino la loro sofferenza. Il trauma porta con sØ
anche reazioni fisiche spiacevoli. E’ molto facile che la forte debilitazione a
livello emotivo e cognitivo, aumenti il rischio di provare una debilitazione
fisica. Un persistente stato di allerta del fisico, a lungo andare porta a fatica,
tensione muscolare, difficoltà a respirare profondamente, disturbi gastro-
intestinali e altre reazioni psico-somatiche.
Alcuni autori (Mehnert & Koch, 2007) hanno identificato le differenze che
intercorrono tra il trauma proveniente dalla diagnosi e dal trattamento di un
cancro e altri tipi di eventi altamente sfidanti. Sono state individuate cinque
differenze:
difficoltà nell’identificare un singolo stimolo stressante: nel cancro non è
possibile identificare una sola fonte di stress in quanto gli elementi che
intervengono sono molteplici a partire dalla prognosi, proseguendo con gli
effetti collaterali delle terapie, con il cambiamento dell’immagine del
proprio corpo, fino ad arrivare alla diminuzione dei livelli di autonomia
funzionale.
origine interna dello stressor: a differenza di molti eventi traumatici, i
cui stressors provengono dall’esterno, il cancro si origina all’interno del
soggetto. In questo modo diventa molto piø difficile sfuggire alla fonte di
stress.
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dimensione temporale: se nella gran parte degli eventi sfidanti le paure
dei soggetti colpiti sono orientate alla dimensione passata, nella quale si è
verificato il trauma, nel cancro le paure sono orientate nella dimensione
futura caratterizzata dall’evoluzione della malattia e dalla difficoltà di fare
progetti.
delimitazione temporale dello stressor: nel caso del cancro risulta molto
difficile determinare per quanto tempo si protrarrà la malattia
controllo percepito: a differenza di eventi traumatici inaspettati, il
soggetto colpito da cancro manifesta un maggior senso di controllo, in
quanto attraverso il cambiamento di cattive abitudini, con uno stile di vita
salutare può percepire dei cambiamenti positivi circa la qualità della vita e la
convivenza con la malattia.
1.2 LA GESTIONE DELLO STRESS E LE STRATEGIE DI
COPING
Il concetto di coping rinvia alle numerose strategie adottabili nella gestione
degli eventi altamente stressanti che colpiscono le persone (Lazarus, 1991,
Sica et al., 2008). Rupolo e De Bertolini (1996) definiscono coping come
“processo psichico messo in atto per elaborare, controllare e superare gli
stress legati alla malattia, presenti o soltanto attesi”. Sono processi cognitivi
che si attivano come risposta adattiva a circostanze avverse, che includono
l’uso di strategie per il raggiungimento di obiettivi di vita e di una crescita
personale (Schwarzer e Knoll, 2009 ). Sono costituiti da aspetti di carattere
intrapsichico (emozioni e cognizioni) e di azione, che intervengono in due
fasi. Nella prima fase (primary appraisal) si attua una valutazione degli
effetti che si sono verificati in seguito all’impatto dell’evento traumatico
sulle proprie risorse, mentre nella seconda fase (secondary appraisal) si attua
una valutazione circa le modalità con cui è possibile affrontare la situazione
(Lazarus e Folkman, 1984). La scelta della tipologia di coping viene