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RIASSUNTO
L’interesse verso l’indebitamento estero dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) è cresciuto nei
primi anni Ottanta, come conseguenza dell’esplosione delle crisi debitoria internazionale e della
necessità di evitare un collasso del sistema bancario ed economico internazionale. La questione
del debito estero riveste tuttora un’importanza rilevante, anche a causa delle difficoltà circa la
sua soluzione. In effetti, il cosiddetto “debito” se per alcuni paesi potrebbe essere considerato
fisiologico ed utile alla crescita in altri casi si è, di fatto, trasformato in una vera e propria
“zavorra”. Le economie, infatti, invece di decollare si trovano “schiacciate” dal peso del debito
e del servizio del debito, non riuscendo nemmeno a soddisfare le esigenze primarie della
popolazione. E’ questo, per esempio, il caso dei paesi dell’Africa sub sahariana (ASS). A difesa
dei PVS sono scesi in campo associazioni, gruppi, Organizzazioni Non Governative (ONG) e
singoli individui eterogenei dal punto di vista politico ma accomunati dall’idea che una
possibile soluzione sia la cancellazione del debito stesso.
Gli obiettivi di questa tesi sono: l’analisi dell’evoluzione storica del debito dei PVS, la
comprensione delle principali cause che determinarono l’esplosione della crisi debitoria
internazionale degli anni Ottanta, l’individuazione degli interventi approntati dal Fondo
Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Mondiale (BM) dalla seconda metà degli anni
Novanta nonché i relativi risultati, focalizzando l’analisi sul caso dell’ASS.
La tesi è articolata in quattro capitoli. A parte il primo capitolo introduttivo, il secondo
rassegna la letteratura riguardante la relazione tra debito estero e crescita economica. Il terzo
capitolo, invece, analizza il caso dell’ASS con riguardo alla situazione economica, sociale e
debitoria (storica ed attuale). Un fattore che ostacolò la crescita dei PVS ed in particolare
dell’ASS, fu il peso del debito estero, contratto tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta. Tra i
fattori che determinarono l’esplosione della crisi debitoria degli anni Ottanta una causa fu,
probabilmente, l’errata valutazione della natura della crisi ed i conseguenti interventi approntati
da parte delle istituzioni finanziarie internazionali (aumento e ristrutturazione dei prestiti).
Solamente a partire dalla seconda metà degli anni Novanta il focus della questione si spostò
verso la riduzione dello stock di debito con l’adozione, inoltre, di politiche volte a promuovere
la crescita economica. Grazie, quindi, alle iniziative di riduzione del debito approntate, i paesi
dell’ASS, in particolare, assistettero alla diminuzione dello stock e del servizio del debito
nonché al miglioramento dei principali indicatori economici e sociali. La riduzione dello stock
di debito, tuttavia, sembrerebbe uno strumento non sufficiente a risolvere in maniera adeguata i
problemi sociali ed economici dell’ASS. Il divario rispetto ad altri PVS e soprattutto ai paesi
avanzati rimane, infatti, ampio.
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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
1.1 Origine ed obiettivi della tesi
L’interesse verso l’indebitamento estero dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) è cresciuto
nei primi anni Ottanta, come conseguenza dell’esplosione delle crisi debitoria
internazionale e della necessità di evitare un collasso del sistema bancario ed economico
internazionale. La questione del debito estero continua a rivestire un’importanza
rilevante, anche a causa delle difficoltà per la sua soluzione. In effetti, il cosiddetto
“debito” se per alcuni paesi potrebbe essere considerato fisiologico ed utile alla crescita
(in ossequio, per esempio, alla teoria dei due gap); in altri casi si è, di fatto, trasformato
in una vera e propria “zavorra”. Le economie, infatti, invece di decollare si trovano
“schiacciate” dal peso del debito e del servizio del debito, non riuscendo nemmeno a
soddisfare le esigenze primarie della popolazione. E’ questo, per esempio, il caso dei
paesi dell’Africa sub sahariana (ASS). A difesa dei PVS sono scesi in campo
associazioni, gruppi, Organizzazioni Non Governative (ONG) e singoli individui
eterogenei dal punto di vista politico ma accomunati dall’idea che una possibile
soluzione sia la cancellazione del debito stesso. Il debito, secondo le varie anime del
movimento no global, si è trasformato in uno strumento di dominio nonché in una
nuova strategia di colonizzazione che rende impossibile qualsiasi tipo di sviluppo
umanamente sostenibile nel Sud del mondo. Il debito, inoltre, è immorale e spesso
odioso (Millet e Toussaint, 2006).
Le principali istituzioni finanziarie internazionali, Fondo Monetario
Internazionale (FMI) e Banca Mondiale (BM) in particolare, avevano interpretato,
inizialmente, la questione del debito estero come un problema di liquidità e, quindi, di
breve periodo. I primi interventi approntati furono, di conseguenza, l’aumento e la
ristrutturazione dei prestiti. Una differente interpretazione della crisi debitoria degli anni
Ottanta, come un problema di solvibilità e, quindi, di lungo periodo, avrebbe implicato
soluzioni differenti, come, per esempio, la riduzione dello stock di debito. In effetti,
dalla seconda metà degli anni Novanta, il focus della questione si è spostato proprio
dall’aumento dei prestiti alla riduzione dello stock di debito, con l’adozione, inoltre, di
politiche volte a ridurre la povertà ed a promuovere lo sviluppo economico. Grazie,
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quindi, alle iniziative Heavily Indebitated Poor Countries (HIPC), Enhanced HIPC e
Multilateral Debt Relief Initiative (MDRI), gli Stati più indebitati, in particolare i paesi
dell’ASS, hanno beneficiato della riduzione dello stock di debito. Ciò, tuttavia, non
sembra sufficiente a risolvere in maniera adeguata i problemi economici e sociali dei
paesi più poveri. In relazione all’ASS, per esempio, i principali indicatori sociali ed
economici presentano, infatti, livelli bassissimi, soprattutto se paragonati a quelli dei
paesi avanzati o di altri PVS.
Numerose furono, e sono tuttora, le interpretazioni teoriche del debito estero.
Esse, tuttavia, possono essere ricondotte a due grandi scuole di pensiero: la scuola
neoclassica e keynesiana. La teoria neoclassica sostiene che la crescita possa essere
accelerata mediante l’afflusso di finanziamenti esterni. La teoria keynesiana, invece,
individua nell’intervento dello stato, al fine di porre rimedio alle deficienze che avevano
causato il ricorso a risorse esterne, l’unico modo per risolvere il problema
dell’indebitamento.
Gli obiettivi di questa tesi sono: l’analisi dell’evoluzione storica del debito dei
PVS, la comprensione delle principali cause che determinarono l’esplosione della crisi
debitoria internazionale degli anni Ottanta, l’individuazione degli interventi approntati
dal FMI e dalla BM dalla seconda metà degli anni Novanta nonché i relativi risultati,
focalizzando l’analisi sul caso dell’ASS.
1.2 Struttura della tesi
La tesi è articolata in quattro capitoli. A parte questo primo capitolo introduttivo, il
secondo rassegna la letteratura riguardante la relazione tra debito estero e crescita
economica. La prima sezione illustra la definizione delle componenti del debito estero,
secondo la ripartizione del FMI. Ciò al fine di rendere più chiara la comprensione
dell’evoluzione nel tempo del debito. La seconda sezione, invece, si sofferma sulla
classificazione dei paesi in base ai tre criteri adottati dalla BM. La terza sezione espone
le principali interpretazioni teoriche del debito estero presenti nella letteratura
economica. Viene così esposta la teoria dei gap (vincolo interno, esterno e fiscale), che
ha rivestito un ruolo decisivo nel processo di accumulazione del debito estero negli anni
Settanta. Le strategie di riduzione e cancellazione del debito, invece, trovano
fondamento nella teoria del Debt Overhang di Krugman. Questa interpretazione
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sostiene che, un livello elevato di debito estero, ostacola la realizzazione d’investimenti
produttivi nel paese. Vengono, infine, esposte le interpretazioni di due importanti scuole
di pensiero: la scuola neoclassica e keynesiana. Successivamente, vengono illustrate le
principali ripercussioni del debito estero sulla povertà, in termini di risorse distolte da
impieghi quali la sanità, l’assistenza e l’istruzione (quarta sezione). Ampio spazio
trovano, nella quinta sezione, le recenti iniziative per la riduzione del debito estero,
approntate a partire dalla seconda metà degli anni Novanta: l’iniziativa HIPC,
l’Enhanced HIPC ed, infine, la MDRI del 2006. In relazione ad ogni iniziativa,
vengono esposte le caratteristiche, eventuali critiche, nonché i risultati ottenuti in
termini di riduzione dello stock di debito estero. Nell’ultima sezione, infine, sono
riportate le principali tesi per la cancellazione del debito estero. Millet e Toussaint
(2006) individuano giustificazioni morali, politiche, economiche, legali, ambientali e
religiose.
Il terzo capitolo analizza il caso dell’ASS. La prima sezione presenta il livello
economico e sociale dell’ASS, evidenziando la relativa arretratezza rispetto sia ai paesi
avanzati sia ad altri PVS. Ciò emerge dall’analisi temporale dell’Indice di Sviluppo
Umano (ISU), del livello del PIL pro-capite e delle quote mondiali del PIL, delle
esportazioni di beni e servizi e degli IDE. Successivamente trova ampio spazio l’analisi
della situazione debitoria dell’ASS dagli anni Settanta fino ad oggi (seconda sezione).
Viene, quindi, riportata l’evoluzione temporale dello stock di debito estero, delle
relative componenti, del servizio e degli indicatori d’indebitamento. L’ultima sezione,
infine, si occupa dell’analisi degli effetti dell’attuale crisi economica-finanziaria sul
debito estero. Vengono, innanzitutto, analizzati i tre canali di trasmissione degli effetti
della crisi e le principali conseguenze sulle esportazioni, sulla crescita ed, in particolare,
sul debito estero.
Il quarto capitolo espone i principali risultati della tesi e gli ulteriori spunti per la
ricerca futura.