INTRODUZIONE
Il settore della disabilità è fra quelli che nel corso degli ultimi decenni ha
conosciuto un repentino sviluppo di conoscenze, teorie, prassi, approcci, volti al
miglioramento della qualità della vita del disabile ed alla sua piena integrazione
nella società.
È sempre più attuale l'importanza da dare a queste tematiche, ai servizi che si
occupano di disabilità e di riabilitazione, in modo da tenere sotto monitoraggio
gli enti stessi, le associazioni, le strutture pubbliche e quelle private al fine di
avere un costante aggiornamento sulla qualità della vita degli operatori dei
servizi, delle persone e delle famiglie delle persone con disabilità, sugli obiettivi
raggiunti e sul lavoro che deve essere ancora svolto.
Il presente lavoro di tesi affronta la tematica dell'handicap e dei servizi in
maniera piuttosto ampia per poi illustrare l'argomento centrale che è
l'organizzazione di una struttura residenziale riabilitativa, gli aspetti riabilitativi
e il ruolo della psicologa nel servizio stesso.
L'obiettivo di questa tesi è di descrivere l'organizzazione e il funzionamento
dell'Istituto Medico-Psico-Pedagogico “G. Mancinelli”,un servizio residenziale
riabilitativo per disabili presente a Montèlparo, un piccolo paese della nuova
provincia di Fermo. Il mio intento è far conoscere questa struttura ed in
particolare mostrare l'importanza degli interventi e dell'offerta riabilitativa di
tutti i servizi che l'istituto eroga in ambito assistenziale, riabilitativo e sanitario.
Punti di forza del Servizio sono: la posizione centrale in un piccolo e tranquillo
centro, la presenza di una coesa e valida équipe multidisciplinare e una presa in
carico globale del paziente, dall'assistenza alla riabilitazione medico-psico-
pedagogica. È centrale nell'ambito dell'équipe il ruolo svolto dalla psicologa
6
dell'Istituto nell'elaborazione dei piani educativi individualizzati e nella gestione
del programma terapeutico.
Nello specifico la tesi è divisa in due parti e si compone di sei capitoli.
La prima parte della tesi è intitolata “Handicap e Servizi” e delinea un quadro
storico e normativo del concetto di handicap e dei servizi che si occupano di
disabilità.
Nel primo capitolo viene presentata l'evoluzione storica della condizione di
handicap dalle prime civiltà ad oggi, attraverso una rassegna dei contributi
teorici forniti da filosofi e terapeuti.
Il secondo capitolo è indirizzato a definire alcuni concetti fondamentali relativi
alla classificazione dell'handicap; quando si vuole parlare di menomazione, di
disabilità e di handicap si deve utilizzare una terminologia corretta al fine di non
sostenere degli stereotipi e delle barriere mentali che risultano, alle volte, più
insormontabili di quelle architettoniche. Il capitolo illustra il passaggio
dall'ICIDH all'ICF che sostituisce i termini negativi “menomazione”,
“disabilità” ed “handicap” rispettivamente con i termini “funzionamento”,
“grado di attività” e “partecipazione sociale”.
Nel terzo capitolo si presenta la normativa nazionale e regionale a tutela della
persona diversamente abile: a partire dalle prime leggi emanate nel XIX secolo
attraversando gli anni della “deistituzionalizzazione”, fino alla tanto attesa
Legge 104/1992 che sancisce i diritti delle persone handicappate e ne promuove
l'assistenza e l'integrazione sociale. Dopo l'excursus sulle leggi nazionali,
seguono i provvedimenti legislativi della Regione Marche in materia di
handicap.
Il capitolo quattro inizia con un'ampia illustrazione della Legge 328/2000 con la
quale viene introdotto in Italia “Il Sistema Integrato di Interventi e Servizi
Sociali”; segue un approfondimento dell'articolo relativo all'autorizzazione e
7
all'accreditamento delle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie residenziali
e semi-residenziali con particolare riferimento alla Legge regionale n.20 del
2000.
I successivi paragrafi presentano le diverse strutture residenziali per disabili e
illustrano come vengono elaborati il Progetto operativo, la Programmazione e il
Piano Educativo-Individualizzato in una struttura per disabili.
La seconda parte della tesi, invece, presenta il Servizio residenziale riabilitativo
di Montèlparo, L'Istituto Medico-Psico-Pedagogico “G. Mancinelli” e descrive il
ruolo svolto dallo psicologo nel servizio.
Il quinto capitolo descrive le origini storiche, i rapporti con il territorio e la
comunità, le prestazioni erogate e lo scopo principale che l'Ente persegue: la
promozione delle iniziative sociali, nell'ambito della prevenzione,
dell'assistenza, della riabilitazione e l'integrazione sociale a favore di persone
disabili. È presentata l'organizzazione della struttura in cui si può distinguere
un'area amministrativa e un'area sanitaria. Nell'ambito sanitario è prioritario il
ruolo dell'équipe multidisciplinare riabilitativa con le diverse figure
professionali che predispongono il progetto terapeutico-riabilitativo.
Nel capitolo sesto viene affrontato il ruolo dello psicologo nell'Istituto Medico-
Psico-Pedagogico “G. Mancinelli” e quindi le attività che svolge nell'ambito
dell'équipe riabilitativa: la valutazione delle richieste d'inserimento, la fase
valutativa e la stesura del Piano Educativo-Riabilitativo-Individualizzato e la
programmazione delle attività educative e riabilitative. A tal proposito nel
capitolo sono presentate alcune programmazioni di attività educative. Viene
inoltre illustrato anche il programma educativo rivolto alla famiglia con
particolare riferimento agli incontri di parent training svolti dalla psicologa.
Un paragrafo affronta il tema del Burnout e gli interventi attuati dal Servizio al
fine di prevenirne il rischio d'insorgenza nel personale educativo ed ausiliario.
8
Infine si accenna alle prestazioni psicologiche erogate in regime ambulatoriale
data la presenza nell'istituto di un Centro ambulatoriale di riabilitazione
multidisciplinare.
9
PARTE I
HANDICAP E SERVIZI 10
CAPITOLO 1
L' HANDICAP NELLA STORIA
1.1 Introduzione
Nel corso della storia, la maggior parte degli individui ha avuto nei confronti
degli “ anormali” un atteggiamento altalenante tra l'accettazione ed il rifiuto; in
generale prevaleva una concezione emarginante del soggetto handicappato: stare
vicino al diverso provocava sempre uno stato di disagio.
Ricercando le tracce degli handicappati nelle epoche del passato, si trova
solo il concetto di non disabilità, o meglio la non citazione della disabilità come
condizione umana e quindi come possibilità di una sua elaborazione di pensiero.
Mancano le tracce perché “... il peso di chi passava era troppo leggero per
lasciare il suo segno...l'assenza di tracce è il segno di una presenza diversa” 1
.
Si incontrano più assenze che presenze, più silenzi che voci; credo che le
persone con disabilità non abbiano mai potuto raccontare la loro storia e oggi noi
conosciamo il loro passato solo attraverso gli occhi di quanti hanno scritto di
loro: le istituzioni, lo psichiatra, il medico ci permettono di ricostruire la
posizione e il ruolo degli handicappati nell'evoluzione storica.
1 A. Canevaro, A. Goussot, La difficile storia degli handicappati , Carocci, Roma, 2000
11
1.2 Da monster naturae a persona da integrare: evoluzione
storico-culturale di una condizione.
La storia degli handicappati è riconducibile alle varie epoche storiche, poiché
sono state sempre mutevoli e diverse le posizioni che la società ha assunto verso
di loro. É una storia tormentata, piena di incomprensioni, pregiudizi ed
emarginazione 2
caratterizzata da momenti iniziali di rifiuto o compassione nei
confronti dell'handicappato e successivi e graduali tentativi di un approccio
migliore volto alla possibile integrazione del disabile nella società.
Ripercorrerò in questo capitolo, attraverso le varie epoche della storia, il difficile
cammino dell'umanità nella conquista dei diritti civili sulle diversità.
1.2.1 Dalle prime civiltà al Rinascimento
La visione della persona affetta da disturbi psichici o fisici è rimasta pressoché
identica dalle società primitive al Rinascimento.
Nell'Antico Egitto le persone con handicap erano perfettamente integrate
nella comunità e potevano occupare anche cariche importanti. Sono state
rinvenute tra i reperti, immagini e sculture di persone handicappate raffigurate
con la statura elevata che, nella raffigurazione egiziana, vuol dire occupare un
posto importante nella vita reale. Nella civiltà mesopotamica, sorta intorno al
Tigri e all'Eufrate, le persone con handicap rivestivano ruoli importanti, lo
testimoniano gli affreschi e le immagini di alcuni defunti.
Nella Grecia del IV secolo a. C.. era diffusa la concezione secondo cui solo
2 F. De Felice, S. Dottori, H andicap Grave, I servizi Residenziali e la qualità , Edizioni goliardiche,
Urbino, 2002, p. 8
12
il kal òs, vale a dire l'uomo sano e bello, può essere agath òs , buono; infatti per i
greci l'aspetto fisico era connotato alle caratteristiche morali, ne consegue che la
deformità e la malattia avevano “qualcosa di immorale” 3
. Colui che non
rientrava nelle caratteristiche ritenute “normali” veniva considerato inferiore,
invece si riteneva che colui che presentava un handicap grave fosse posseduto
dalla divinità 4
. Si riteneva che la nascita di un bambino handicappato
annunciasse possibili mali e la collera delle divinità 5
; nessun stupore quindi sulle
regole che Licurgo aveva imposto a Sparta nel IX secolo a.C., dove una
commissione governativa una volta esaminati i neonati faceva lanciare “i
minorati” dal monte Taigete e dormire gli altri all'aperto, anche d'inverno, in
modo che solo i più robusti sopravvivessero.
Questo passaggio è molto interessante perché, dotando l'uomo di un' immoralità
dovuta alla malattia, riconosce l'esistenza stessa di quest'ultima. Quella che non
viene riconosciuta come propria dell'uomo era la disabilità, percepita come una
sorta di condizione impossibile , negando così l'esistenza di chi ne fosse affetto.
Nella Bibbia si riscontra una distinzione tra Vecchio e Nuovo Testamento 6
.
Nell'Antico Testamento la persona handicappata era tutelata e integrata per
volere divino, dunque si riduce l'eliminazione fisica in uso nei secoli precedenti.
Nel Nuovo Testamento vigono i principi di amore e carità che invitano ad aiutare
il povero, il disabile, anche se l'handicap è visto come conseguenza del peccato e
allo stesso tempo come mezzo di redenzione mediante la carità.
Nel periodo storico noto come Feudalesimo, si assiste alla nascita da parte
di ecclesiastici di luoghi d'accoglienza con fini caritatevoli per poveri e malati,
si trattava di istituzioni gestite da confraternite religiose, o da benefattori ricchi e
3 Luisella Bosizio Fazzi, Presidente del consiglio nazionale della disabilità.
4 F. De Felice, S. Dottori, Handicap Grave i servizi residenziali e la qualità , Edizioni goliardiche,
Urbino, 2002, p.11
5 Ibidem p.12
6 Ibidem p.13
13
devoti alla chiesa. Si inizia a distinguere tra i “veri poveri” con danno fisico
evidente (malati, ciechi, disabili) che hanno bisogno d'aiuto e i “mendicanti
validi” senza handicap che vanno perseguitati poiché potrebbero lavorare 7
.
Nel Medioevo la malattia e l'infermità sono ritenuti segni esteriori del peccato,
mentre il bene e la sanità erano identificati nella grazia divina. Tutta la diversità
è un peccato contro l'ordine sacro, è colpa; essere sani non vuol dire soltanto
godere di buona salute fisica quanto piuttosto non vivere nel peccato, e
comunque la malattia era anche concepita come utile stato d'espiazione per la
salvezza dell'anima
8
. Esclusi dalla comunità che li temeva, gli handicappati,
assieme ai poveri e ai malati mentali, affollavano le piazze e le chiese
mendicando.
“Essendo il corpo il luogo d'incarnazione del peccato, gli handicappati ne sono
l'immagine vivente, il risultato dell'azione del demonio.”
9
Il caso più interessante è offerto da una delle malattie ad impatto sociale
maggiormente diffuse durante quei secoli: la lebbra. I lebbrosi venivano
condannati, rifiutati e confinati in luoghi particolari, i lebbrosari, che non erano
luoghi di cura ma solo ospizi in cui i malati conducevano la loro misera
esistenza aspettando la morte.
Sconfitta la lebbra i lebbrosari vennero usati per internare gli emarginati, gli
handicappati: nasce l'ospedale come luogo di assistenza per coloro che sono in
una condizione di debolezza e di dolore. Molti individui delle classi agiate si
dedicarono all'assistenza dei poveri e degli infermi per obbligo di fede e carità,
come una forma d'assolvimento dal senso di colpa per la fortuna che Dio aveva
donato loro.
7 Ibidem p.14
8 L.Meraviglia, M.V. Meraviglia, Storia della Sanità, idee fatti protagonisti , Editrice Montefeltro,
Urbino, 2003, p.16
9 A. Canevaro, A. Goussot, La difficile storia degli handicappati , Carocci, Roma, 2000
14
Già dopo la metà del XIV secolo la concezione teologica della malattia fu
incrinata dall'epidemia della peste nera che colpiva con tassi elevati di contagio e
di mortalità tutti, poveri e ricchi, peccatori e sacerdoti. Non si poteva più
giustificare come unica forma di salute quella dell'anima bisognava salvare e
curare il corpo che non è più solo spirituale ma anche carne. La paura determinò
un cambiamento di mentalità che condusse ad un aumento degli studi e delle
pratiche nel campo della medicina e i provvedimenti che vennero presi per
contenere il diffondersi del contagio (i lazzaretti) diedero luogo alla prima
legislazione sanitaria
10
.
Al clima di generale accettazione degli infermi che caratterizza il Medioevo,
l'età moderna oppone l'età della segregazione. Nel Periodo compreso tra XV e
XVI secolo si afferma un nuovo ideale di vita al centro del quale vi è l'uomo
come un piccolo mondo che rispecchia l'universo. L'uomo ideale viene
identificato con la creatura perfetta, le eccezioni alla normalità, di conseguenza,
inaccettabili vanno escluse anche dalla vista. Nella cultura umanistico-
rinascimentale le condizioni dei poveri e degli handicappati tendono quindi a
peggiorare poiché si stabilì che questi emarginati venissero caricati su dei battelli
e lasciati a se stessi oppure affidati a mercanti che dovevano liberarsene lungo il
tragitto. Questa immagine è stata rappresentata dal dipinto di H. Bosch, “La
Nave dei Folli” (Louvre, Parigi) attorno a cui Focault fa ruotare la propria
interpretazione dell'esperienza medioevale della follia, analizzandone i
significati impliciti. Nel dipinto il folle è lo stereotipo della sregolatezza e
dell'insensatezza della condizione umana, protagonista di un viaggio alla volta
del nulla, o del sapere universale. La navigazione è anche dell'isolamento e della
purificazione e preludio dell'internamento. L'espulsione dei mendicanti dalle
10 L. Meraviglia, M.V. Meraviglia, Storia della Sanità idee, fatti, protagonisti , Editrice Montefeltro,
Urbino, 2003, pp.27-32
15
mura della città non basta ancora ad appagare il desiderio di igiene sociale, né ad
esorcizzare la paura del crimine: le persone che non riescono ad integrarsi
devono essere rinchiuse. Le strutture lasciate libere dai lebbrosi si rivelano utili
per accogliere una vasta umanità di individui respinti dalla città, diventando
ospedali e carceri per folli, malati e handicappati. Emblema delle nuove strutture
destinate all'isolamento è l'Hopital General de Paris, fondato nel 1656, che viene
definito da Focault “ il terzo stato della repressione ” 11
. I malati e gli handicappati
sono trattati senza rispetto per le condizioni in cui versano, e tutta
l'organizzazione ricorda da vicino quella di un carcere. Con il Rinascimento
nasceva una nuova concezione: l'handicap non è legata al soprannaturale, è una
diversità umana ed è solo un problema sociale non una conseguenza della colpa.
Per mantenere l' ordine sociale e controllarlo, le piccole comunità urbane
utilizzarono la logica fondata sul lavoro e fondarono case di lavoro forzato dove
venivano impiegati poveri ed inabili che potevano svolgere mansioni.
1.2.2Il Settecento e l'Ottocento: una nuova concezione di
handicap
Con l'Illuminismo avvenne una rottura, una profonda mutazione culturale,
sociale e politica che si accompagna all'avvento di libertà, eguaglianza,
fratellanza e alla rinnovata fiducia nella ragione contro la tradizione filosofica
medioevale.
Accanto alla maturazione della coscienza sociale e politica, si afferma la
consapevolezza che la scienza e l'educazione erano componenti fondamentali dei
diritti dell'uomo indipendentemente dalla presenza di eventuali deficit. Il
11 M. Focault, Storia della follia nell'età classica , Bur, Milano, 1994, cit.p.34
16
tentativo di comprendere e ordinare il mondo e la vita, seppur limitato ad
un'attribuzione di etichette alle cose, agli individui e agli eventi, testimonia il
cambiamento che inizia a verificarsi in ambito sociale. Paradossalmente, proprio
la pratica dell'internamento indiscriminato di soggetti con caratteristiche diverse
e la loro coabitazione forzata, ha favorito l'osservazione, la comparazione e i
primi sforzi di definizione 12
. In questa nuova ottica si inizia a parlare di
interventi educativi con soggetti handicappati sempre meno centrati
sull'assistenza e la nutrizione ma sui problemi mentali e sul tipo di handicap e
soprattutto modellati su ogni singolo soggetto. La difformità diventa un oggetto
di studio e di sperimentazione da parte di filosofi, alienisti e terapeuti.
Uno dei pionieri nello studio dell'handicap è Denis Diderot che descrive le
difformità come semplici deficit da studiare. Il suo interesse si centrava sui sordi
e sui muti nei quali ricercava le radici del linguaggio. Infatti furono gli
handicappati sensoriali i primi ad essere ritenuti capaci di apprendere; vennero
fondati degli istituti in cui questi soggetti venivano aiutati ad educare e
sviluppare di più un organo di senso presente per compensare quello mancante.
I soggetti handicappati mostrarono ben presto la capacità sensoriale di
comprendere, comunicare ed integrarsi; i sordi cominciarono a parlare e a
scrivere anche per i ciechi furono elaborate tecniche per consentire loro
l'apprendimento.
In questo periodo di cambiamenti scientifici alle porte, di movimenti sociali,
nascono le prime forme di assistenza. Si valuta la necessità di sviluppare
assistenza domiciliare per mantenere il diverso in famiglia o nel proprio
ambiente; vengono create strutture di ricovero per vecchi e malati con deficit
fisici, invece per i folli si ricorre ancora all'internamento nei manicomi affinché
12 P. Zonca, L'handicap nella storia. Parole, teorie e immagini , Edizioni Libreria Stampatori, Torino,
2000 p.12
17
la società fosse al sicuro e protetta. Il medico filosofo Philippe Pinel (1745-
1826) era il responsabile di uno di questi luoghi di internamento il Biĉetre e
cominciò a distinguere i malati mentali dai poveri e dagli emarginati cui prima
venivano assimilati e divise gli alienati in quattro gruppi: i maniaci, i
malinconici, i dementi e gli idioti perché ciò era funzionale alla cura. Nel suo
“Trattato medico-filosofico sull'alienazione mentale ” 13
(1809) Pinel descrive il
suo famoso “trattamento morale” basato sulla rieducazione, sull'istruzione
morale ed intellettuale e soprattutto sull'ascolto e l'empatia tra medico e
paziente. Pinel giunse poi a lavorare alla Salpétrière in cui la categoria più
numerosa di malati era quella degli handicappati e lui stesso iniziò a pensare che
all'origine dell'handicap ci fosse un deficit organico o una insufficienza mentale.
Un primo passo verso la nascita di un interesse specificamente educativo nei
confronti delle persone disabili va individuato nell'opera di Gaspard-Marc Itard
(1744-1838) che si dedicò al recupero della capacità sensoriale nei soggetti
anormali. Postulò l'educabilità di qualsiasi soggetto handicappato tentando di
impostare un'educazione globale basata su un'azione intensa e duratura con il
soggetto. Il suo impegno fu continuato da Edouard Séguin che ipotizzò
l'educazione dell'handicappato come non diversa da quella degli individui
normali. Inoltre mentre Itard poneva l'attenzione sull'educazione sensoriale lui
prese in considerazione l'intervento pedagogico anche sul piano morale e
cognitivo 14
.
La rilevanza e la novità dei contributi di questi autori – qui brevemente
accennata – ben si comprende se si pensa che fino alla seconda metà
dell'Ottocento la necessità di assicurare una vera e propria istruzione agli
anormali non era un principio accettato, si puntava di più all'integrazione sociale
13 C.f.r P. Pinel, 1809
14 P. Zonca, L'handicap nella storia. Parole, teorie e immagini , Edizioni Libreria Stampatori, Torino,
2000, p.13
18
degli handicappati perché non fossero un peso per la società.
1.2.3 L'handicap nel XX secolo
L'interesse per i soggetti handicappati conobbe un forte salto di qualità in
concomitanza dell'apertura ai progressi scientifici, nel campo delle ricerche
neuropsichiatriche e psicologiche, che alimentarono il desiderio di applicare alla
pedagogia i mezzi che le scienze sperimentali ponevano a disposizione. Da
un'attenzione puramente assistenziale si arrivò, quindi, a porre l'accento
sull'aspetto medico e, infine, si giunge ad un intervento pedagogico tramite un
approccio globale al disabile.
In campo medico l'eredità di Séguin fu raccolta con interesse da Maria
Montessori , a dimostrazione che anche in Italia ci sono studiosi attenti e
impegnati in queste tematiche.
Maria Montessori (1870-1952) condusse le sue esperienze in istituti per
l'educazione ed il trattamento di fanciulli insufficienti mentali e visse in un clima
culturale impregnato di positivismo e sperimentazioni scientifiche. Questi
orientamenti la portarono ad asserire la necessità di intervenire presso i fanciulli
anormali non solo con le terapie mediche o interventi assistenziali generici,
bensì con un'attività educativa diretta. I bambini deficienti non dovevano essere
educati come bambini anormali anzi, i metodi in uso con i fanciulli handicappati
contengono principi di educazione più razionali ed efficaci di quelli in uso per i
soggetti normali.
Un altro medico educatore che molto si adoperò per l'educazione dei soggetti
handicappati fu Ovide Decroly (1871-1932) il cui metodo prese vita dal contatto
diretto con tali soggetti. Egli tentò di conciliare le esigenze dell'educazione, e
19