2
nell'America latina che in estremo oriente, le missioni diplomatiche
affidate ai comandanti di queste, nonché la partecipazione a numero-
se coalizioni internazionali volte a proteggere gli interessi dei cittadi-
ni italiani, ma anche europei, sono un esempio di come questa co-
struenda grande flotta sia stata impiegata attivamente dalla politica
estera nazionale. La guerra contro la Turchia e il primo conflitto
mondiale ripropongono la flotta in primo piano ed imprese quali la
beffa di Buccari o l'affondamento della corazzata "Santo Stefano"
pongono la nostra marina tra le maggiori flotte uscenti dal conflitto.
Nel dopoguerra sarà ancora la marina (accanto alla neonata aviazio-
ne) a ricevere le attenzioni maggiori dal governo fascista e, sotto la
guida del Duca del Mare, Thaon di Revel, e dello stesso Mussolini,
che resse il ministero della marina quasi ininterrottamente fino al
1943, si cominciò la costruzione della grande flotta. Essa sarà lo
strumento con cui verranno misurati i traguardi raggiunti nella conte-
sa con la Francia ma anche quello che renderà possibile l'impresa
etiopica nonché un'affermazione di prestigio nella questione spagno-
la.
Uscita sconfitta dal secondo conflitto mondiale la marina subì le
ingiuste umiliazioni del trattato di pace e cadde quasi nell'oblio fino
al 1975 quando la "legge speciale" consentì alla repubblica di dotarsi
di una moderna ed efficiente flotta. Per trovare un utilizzo concreto
3
della flotta quale strumento della politica estera, fatta eccezione per il
ruolo della marina all'interno dell'Alleanza Atlantica, sarà però ne-
cessario arrivare all’intervento in favore dei Boat People vietnamiti
nel 1979 e alla partecipazione di nostre unità alla forza di pace nel
Sinai (pattugliamento dello stretto di Tiran) avvenuta nel marzo del
1982. Da allora tale impiego non è mai venuto meno, basti elencare
alcune tra le missioni principali: Libano 1 e 2 (1982), Mar Rosso
(1984), crisi con la Libia (1986), Golfo 1 e 2 (1987, 1990), missione
in Somalia (1992).
Scopo di questa tesi è quello di analizzare, dall'unità d'Italia ai
giorni nostri, l'utilizzo dello strumento navale per scopi di politica
estera; in particolare è intento di chi scrive dare risposta alle seguenti
domande:
1) Quali caratteristiche fanno della marina uno strumento della politi-
ca estera?
2) A quali esigenze di politica estera la marina è in grado di assolve-
re?
3) Quali fattori, geografici, economici e politici, influiscono e in che
grado sulle capacità di uno Stato di possedere uno strumento na-
vale e di utilizzarlo per i suoi scopi ?
4
4) In che modo le risposte alle domande di cui sopra possono rispon-
dere esaustivamente alle vicende della flotta nel nostro paese ?
5) Quali conclusioni se ne possono trarre ?
A tal fine si pensa di procedere dapprima analizzando in senso
generale ed astratto i quesiti sollevati dalle domande 1 e 2; seguendo
i suggerimenti di Mahan, Nimitz, Potter e Kearsley verranno indivi-
duati ed analizzati singolarmente i fattori di cui al quesito 3; succes-
sivamente i criteri analitici individuati e discussi nelle domande da 1
a 3 verranno applicati al caso italiano in modo di dare risposta ai
quesiti 4 e 5. Per meglio analizzare il caso italiano saranno individua-
te tre fasi della storia della nostra penisola: l'età liberale (1861-1922),
il periodo fascista (1922-1943), il periodo repubblicano (1943-1992).
PARTE PRIMA
Le Forze Navali
5
CAPITOLO PRIMO
Caratteristiche Tecniche che Fanno
della Nave uno Strumento di Politica
Estera
Per quale motivo uno Stato si dota di uno strumento militare navale?
Quali esigenze esso soddisfa e perché?
Uno Stato
1
si dota di una forza militare perché intende ricorrevi
per garantire la difesa della comunità nazionale, per tutelare i propri
interessi, assecondare i propri disegni, raggiungere i propri traguardi
politici. Lo strumento militare si presenta dunque come un investi-
mento di autotutela e come strumento di politica estera le cui dimen-
sioni, spessore e qualità devono necessariamente essere in sintonia
1
Monego L., Una Marina oggi. Perché?, Rivista Marittima, 3/93
6
sia con le potenzialità materiali del paese che lo esprime, sia con i
disegni progettati in materia di politica estera.
Nel caso di un paese costiero economicamente sviluppato la di-
mensione marittima dello strumento militare assume proporzioni non
trascurabili. Infatti, il paese che vi rinunciasse in pratica affiderebbe
alla discrezionalità di terzi le arterie lungo le quali passa la sua linfa
vitale; è pensabile che un paese che riceve ed avvia via mare gran
parte delle proprie attività economiche rinunci ad occuparsi di tale
vitale problema? Quale senso avrebbe preoccuparsi di allestire una
solida economia se poi la sua prosperità verrebbe lasciata alla discre-
zionalità di terzi, seppure amici?
L'agibilità, senza eccezioni e discriminazioni, di tutte le vie ma-
rittime internazionali costituisce pertanto un problema di essenziale
rilevanza; le stesse proiezioni della politica estera, la capacità di esse-
re presenti nei luoghi, nella misura e con l'esposizione stabiliti dagli
organi di governo, richiedono la disponibilità di un proporzionato
strumento navale.
Una capacità esclusiva delle forze navali è costituita dal fatto che
esse possono svolgere alcuni tipi di operazioni già durante le attività
ordinarie del tempo di pace. Una visita in un porto straniero, un'eser-
citazione complessa, sono attività quotidiane di qualsiasi marina ma
7
qualora svolte in determinati momenti possono assumere rilevanti
significati politico-diplomatici che sono tipici delle forze navali pro-
prio per il fatto che esse operano fuori dal territorio nazionale
2.
Quando un gruppo navale viene inviato in una qualche area esso
esercita un'importante e insostituibile azione diplomatica. Che tale
azione possa essere limitata al semplice "mostrare bandiera" oppure
si trasformi in un'azione più esplicita di pressione, fino a giungere
all'impiego della forza, dipende ovviamente dalle situazioni contin-
genti di tempo e di luogo. Infatti, già in tempo di pace le forze navali
quando vanno per mare sono in condizioni di totale prontezza al
combattimento (organici e dotazioni al completo); possono pertanto
passare pressoché istantaneamente dall'assolvimento di un compito
puramente addestrativo o di pacifica presenza allo svolgimento di
missioni operative in condizioni reali.
Tale peculiarità offerta dallo strumento navale è possibile grazie
alle caratteristiche tecniche intrinseche del mezzo che ne consentono
l'impiego con modalità molto ampie che spaziano dalla semplice rap-
presentanza in tempo di pace all'impiego in una guerra termonuclea-
re.
2
Annati M., Conflitti a bassa intensità, Rivista Marittima 1/94
8
Possiamo ora con l'aiuto di una semplice tabella prendere visione
di tali caratteristiche e delle possibilità operative da esse offerte.
caratteristiche tecniche conseguenze operative
1) Lungo raggio d'azione (dipendenza scarsa o nulla
da eventuali basi d'appog-
gio; possibilità di operare a
grandi distanza dal territorio
nazionale)
2)elevata autonomia in zona d'operazioni (durata della presenza
pressoché illimitata)
3) grande capacità di trasporto
4) sistemi d'arma impiegabili contro un ampio ( flessibilità e credibilità
della pressione)
spettro di bersagli
5) relativa celerità di impegno/disimpegno (prontezza operativa;
possibilità di graduare la
pressione; possibilità di
rendere visibile a piacimen-
to la propria azione; possi-
bilità di recedere tempora-
neamente o definitivamente
in modo discreto con limita-
te cadute politiche)
Sarà nostro scopo nelle pagine seguenti analizzare tali specificità
dal punto di vista tecnico, le implicazioni operative verranno solo
accennate in quanto oggetto del capitolo successivo.
9
1.1 LUNGO RAGGIO D'AZIONE
L'autonomia della nave
3
è un concetto che esprime il tempo durante il
quale l'unità può continuare ad operare in determinate condizioni
senza rifornirsi (durata della missione espressa in giorni); la distanza
percorribile ad una certa velocità in determinate condizioni senza
rifornirsi (autonomia in miglia) prende il nome di limite di distanza o
raggio d'azione. L'autonomia alla velocità di crociera, requisito speci-
fico di ogni marina, è dipendente, da un punto di vista politico, dagli
obiettivi di politica nazionale, dalla posizione geografica, dal bacino
di preminente interesse, da un punto di vista tecnico, dalla capacità
della nave di immagazzinare carburante, viveri, munizioni e dal con-
sumo che di questi viene fatto.
Le navi del periodo velico avevano il sistema di propulsione lun-
go l'asse della nave da prora a poppa, costituito da vele sostenute da
una serie di "alberi". Elemento di potenza di questo tipo di navi era la
loro grande autonomia nel tempo, e di conseguenza nello spazio, do-
vuta all'inesauribilità e gratuità del motore. Seppure notevolmente
limitate dalla dipendenza totale dal vento, avevano come unico limite
3
Fiorini E., L'apparato di propulsione per le navi militari, Rivista Marittima, 1/92
10
alla loro autonomia quello delle riserve di cibo e acqua per l'equipag-
gio, il che comportava notevoli vantaggi di flessibilità operativa. La
loro mobilità utile era, in media, dell'ordine di grandezza di 50 miglia
al giorno
4
.
Le prime navi a propulsione meccanica
5
non furono che navi a
vela in cui venne installata una macchina a vapore in funzione di
mezzo ausiliario. Ben presto si abbandonarono le vele per una pro-
pulsione interamente meccanica. Rispetto alle navi a vela, la propul-
sione meccanica ha il vantaggio di svincolare la rotta e la velocità
dalla dipendenza dal vento, ponendo, per contrappasso, il vincolo
della riserva di carburante. La velocità di una nave a propulsione
meccanica non differiva di molto, agli inizi, da quella fornita dal ven-
to specie se si considera l'ultimo stadio dell'evoluzione velica, il clip-
per , ma, ben presto, nuove forme per le carene e l'alleggerimento
progressivo degli apparati motore
6
consentirono velocità prima im-
4
Media calcolata tenendo conto dei periodi di vento favorevole, contrario e di
bonaccia
5
Il periodo elico viene fatto partire dalla battaglia di Lissa. Si veda: G. Fioravan-
zo, 1973, Storia del pensiero tattico navale, Roma, Uff. Storico MM
6
La velocità dipende dalla potenza motrice in relazione con le forme e le dimen-
sioni della carena. A parità di altre condizioni la velocità è proporzionale alla
radice quadrata della lunghezza dello scafo; con l'aumentare del dislocamento
aumenta in proporzioni minori la potenza necessaria ad ottenere una data veloci-
tà; per imprimere velocità sempre crescenti la potenza necessaria cresce in ra-
gione del quadrato fino a 20 nodi, del cubo tra i 20 e i 30, oltre il cubo per supe-
rare i 30 nodi.
11
pensabili abbinate a piattaforme sempre più grandi, con l'effetto di
far diminuire i tempi di percorrenza ed aumentare il carico utile. Ri-
maneva il vincolo della disponibilità del carburante richiesto in quan-
tità sempre crescenti. Vi si pose rimedio creando una rete di basi di
rifornimento sparsa in tutto il globo, diminuendo i consumi e, sosti-
tuendo il carbone con la nafta, a parità di spazio fu possibile imbarca-
re una quantità maggiore di carburante, infine apparve la nave ausi-
liaria per il rifornimento (nave logistica).
Ultimo stadio dell'evoluzione della propulsione navale è stato l'u-
tilizzo dell'energia nucleare che consente un'autonomia teoricamente
illimitata
7
alle imbarcazioni dotate di tali apparati, limitate solo dalle
disponibilità di cibo e dall'autonomia delle unità di scorta.
La tabella seguente si propone di visualizzare l'evoluzione della
velocità e dell'autonomia del naviglio a propulsione elica dalla se-
conda metà del 1800 ai nostri giorni.
7
In realtà anche il combustibile nucleare si esaurisce, ciò avviene in proporzione
diretta con le ore di moto del reattore, ma anche in relazione al fattore velocità;
sembra infatti, che all’aumentare della velocità corrisponda un maggior consu-
mo di combustibile fissile. Fonti marina USA
12
ANNO NAVE DISLOC.
1
VEL.
2
AUTON.
3
PROP.
4
1866 Ancona 4224 13 2600 Alternative
1869 Incostant 5782 16 43000 alternative
1880 Duilio 12265 15 3760 alternative
1885 Italia 15654 17 16700 alternative
1901 Garibaldi 8100 19,7 9300 alternative
1907 Scharnhost 12985 22 7500 alternative
1910 S.Giorgio 11300 23 3100 alternative
1914 G.Cesare 25086 21,5 4800 turbine
1920 Hood 44700 31 4000 turbine
1927 Akagi 47000 30 8000 turbine
1931 Fiume 14530 33 5361 turbine
1940 V.Veneto 45752 30 4580 turbine
1961 Long.Beach 17350 25 illimitata nucleare
1972 Audace 4554 33 4000 turbine
1985 Garibaldi 10000 30 7000 COGAG
1 dislocamento in tonnellate; 2 velocità in nodi (un nodo, Km/h 1,8); 3
autonomia in miglia (un miglio, Km 1,8); 4 propulsione tramite caldaie
con, macchine alternative o turboriduttori, propulsione turbo con caldaie
nucleari (vd. anche nota 7), propulsione COGAG (apparato turbogas; tur-
bina di derivazione aeronautica)
13
1.2 AUTONOMIA IN ZONA D'OPERAZIONI
La caratteristica più importante del mezzo navale è la sua capacità di
restare in zona d'operazioni per un tempo lunghissimo, ciò è princi-
palmente dovuto al fatto che, risolto il problema del rifornimento
logistico, la permanenza in mare non richiede l'autorizzazione di nes-
suno.
Un contingente di terra, non importa quanto grande e come com-
posto, per operare lontano dai propri confini richiede un punto d'ap-
poggio che, ai giorni nostri, non può che essere un territorio soggetto
alla sovranità di terzi; come è facile immaginare ciò comporta gravi
problemi politici. Infatti, poiché il solo ospitare un contingente stra-
niero sul proprio suolo implica una corresponsabilità politica dell'uso
che ne viene fatto ed un coinvolgimento nelle vicende ad esso colle-
gate, chi ospita è portato a sottoporre al proprio assenso questioni
delicate quali: consistenza numerica e armamento del contingente,
dislocazione, tempo di permanenza in zona e, cosa più importante,
sul tipo di operazioni che il contingente deve svolgere. Una forza
navale, indipendentemente dal numero di unità di cui è composta,
operando in acque internazionali, è soggetta alla sola autorità del
proprio governo e, di conseguenza, la sua permanenza in zona non è,
in teoria, limitata da fattori politici esterni ma solo dalle capacità lo-
14
gistiche delle unità impiegate. Il fattore “logistica” è dipendente in
proporzione diretta dal numero di unità operanti e dal tipo di missio-
ne che esse sono chiamate a svolgere; come è facile immaginarsi, una
crociera addestrativa pone problemi logistici diversi rispetto ad una
missione di guerra (per citare i casi opposti).
Qualche esempio permetterà di comprendere la portata della lo-
gistica nelle operazioni navali.
I rifornitori classe Stromboli della nostra marina militare traspor-
tano 3.000 tonn. di nafta; 1.000 tonn. di gasolio; 400 tonn. di carbu-
rante avio JP5; 300 tonn. di rifornimenti solidi più missili e munizio-
namento. Queste capacità permisero nell'agosto 1979 a nave Vesuvio,
rifornitore, con gli incrociatori Vittorio Veneto ed Andrea Doria, di
operare nelle acque del Vietnam.
Durante la prima guerra del Golfo
8
la MM operò ininterrottamen-
te dal 3 ottobre 1987 (arrivo nel golfo delle prime unità) al dicembre
1988; nella seconda guerra del golfo le navi operarono dall'agosto
1990 all'agosto 1991 percorrendo complessivamente 287.208 miglia.
8
Per prima guerra del Golfo si intende la guerra Iran-Irak; per seconda guerra del
Golfo si intende quella intrapresa in seguito all’invasione del Kuwait da parte
delle truppe irachene