II
Premessa.
Il presente lavoro si propone l’obiettivo di chiarire, attraverso l’analisi del lavoro svolto dalla
Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, le modalità, i fini e le
premesse storiche che portarono questa organizzazione massonica segreta ad inserirsi
costantemente, a partire almeno dall’inizio degli anni settanta, nella vita politica, economica e
sociale del nostro Paese. Indubbiamente la natura stessa dell’oggetto della nostra indagine ha
costituito nel corso degli anni un limite ineluttabile al raggiungimento di un giudizio univoco
sulla reale portata del fenomeno: la massoneria è di per sØ un ambiente assai difficilmente
penetrabile ed elementi come riservatezza e solidarietà tra gli affiliati, basilari nella “libera
muratoria”, in molti casi hanno dato il via libera a pratiche chiaramente omertose (e questo
lavoro lo mostrerà). Se poi si considera che per buona parte della documentazione, riguardante
le vicende su cui aleggia lo spettro piduista, è gravato o grava ancora il “segreto di stato”, si
comprende come sia arduo, partendo dal principio della presunzione di innocenza, arrivare a
formulare dei giudizi di responsabilità penale. I pronunciamenti della magistratura, spesso,
andrebbero anche letti in questo senso; ed è quanto ha fatto la Commissione parlamentare
d’inchiesta che, nell’esprimere il proprio giudizio politico sulla Propaganda 2 (che riguarda in
sostanza la sua responsabilità storica e morale), ha fatto spesso ricorso, piø che alle sentenze,
alle motivazioni delle sentenze emesse sugli oscuri episodi sottoposti a processo.
Vista la vastità della materia, è stato necessario operare una selezione dei temi trattati.
L’attenzione, come si avrò modo di constatare, sarà rivolta soprattutto a quella che la
Commissione d’inchiesta ha individuato come la prima fase di vita della P2 (tra il 1970 e il
1975), in cui la Loggia viene a collocarsi in una posizione di sospetto fiancheggiamento nei
confronti dei protagonisti della cosiddetta “strategia della tensione”. Tale scelta è stata in un
certo senso naturale, visto che una proficua analisi delle vicende in cui essa si è inserita nella
seconda metà degli anni settanta (riguardanti soprattutto i crack bancari di Michele Sindona e
Roberto Calvi, la scalata della P2 al gruppo editoriale Rizzoli e il sistema di finanziamento ai
partiti) richiede, a parere di chi scrive, una conoscenza non superficiale dei complessi
meccanismi che regolano l’economia bancaria e la finanza nazionale e internazionale.
Nel primo capitolo si ripercorrerà l’escalation degli eventi che portarono all’esplosione dello
scandalo, dai suoi prodromi sino agli esiti piø immediati, ponendo attenzione anche all’idea che
di esso si venne facendo l’opinione pubblica, tramite il richiamo frequente ai quotidiani e ai
III
periodici dell’epoca. Si noterà che in questa ricostruzione il richiamo alle relazioni di minoranza
sarà piø frequente rispetto a quella di maggioranza. Ciò è dovuto al fatto che quest’ultima è, in
linea generale, imperniata su di un’analisi del fenomeno piduista complessivamente considerato
che, in luogo di ricostruzioni particolareggiate di singoli eventi, lascia ampio spazio a sforzi
interpretativi e logici che talvolta rischiano di scadere nella dialettica, conferendo al testo una
notevole complessità. In questo senso, si può dire che le relazioni di minoranza risultano piø
indicate per un uso “didattico”, in quanto contengono interventi specifici su moltissimi
avvenimenti che invece la relazione di maggioranza dà per acquisiti.
Il secondo capitolo si concentrerà invece sull’esame diretto del lavoro svolto dalla
Commissione, mostrando le differenti conclusioni cui pervengono, sulle questioni piø
significative, i relatori di maggioranza e di minoranza. Si tenga presente che in questa parte del
lavoro, essendocisi cimentati in un’analisi frontale delle relazioni, per lo piø mancano
riferimenti bibliografici. Inoltre occorre precisare che per il testo della relazione di maggioranza,
a differenza di quelle di minoranza, ci si è affidati ad una versione reperita sul web che
evidentemente non è fedele, nell’impaginazione, all’edizione ufficiale prodotta dal Parlamento.
Pertanto, nei riferimenti a piè di pagina, ci si richiamerà ai titoli delle sezioni e dei paragrafi
piuttosto che alle singole pagine.
La terza ed ultima parte è infine dedicata ad una rapida disamina di alcuni aspetti particolari del
contesto storico italiano a partire dal dopoguerra, che aiuterà sicuramente a trovare la giusta
chiave di lettura per gli argomenti trattati nei capitoli precedenti.
1
I. LO SCANDALO P2
1. Da Sindona a Gelli.
La vicenda politica e giudiziaria di quello che Sergio Flamigni
1
considera “ il piø grave
scandalo della storia repubblicana” ha inizio in modo alquanto fortuito a partire dalle indagini,
condotte dai magistrati milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo, nell’ambito
dell’inchiesta scaturita dal falso rapimento inscenato da Michele Sindona
2
tra l’agosto e
l’ottobre 1979.
Col senno di poi è facile affermare che l’affare Sindona è profondamente interconnesso con la
Loggia P2 che, in quella vicenda, ha avuto modo di esprimere tutta la sua capacità di
condizionare le istituzioni dello Stato e modificare gli eventi a favore dei propri interessi e di
quelli dei propri fratelli. “Dalle carte della stessa relazione di maggioranza emerge, con grande
chiarezza e al di là delle diverse interpretazioni che dei fatti si possono dare, il succedersi degli
1
Sergio Flamigni è stato parlamentare del PCI dal 1968 al 1987. Ha fatto parte delle Commissioni parlamentari
d’inchiesta sul caso Moro, sulla Loggia P2 e Antimafia.
2
Michele Sindona nasce a Patti, in Sicilia, nel 1920. Trasferitosi a Milano, si afferma durante gli anni 50 come
abile fiscalista, nonchØ superesperto di elusione fiscale. Mediante la gestione del denaro della sua clientela avvia la
propria attività di finanziere, maturando una rapida conoscenza dei paradisi fiscali esteri. Allaccia ben presto
rapporti con i servizi segreti americani ed inglesi, con il Vaticano, la Dc e con Richard Nixon, prima ancora della
sua elezione alla Casa Bianca. Fin dalla sua giovinezza sono accertati stretti rapporti con gli esponenti piø in vista
della mafia italo-americana. Attraverso spericolate operazioni finanziarie metterà su un impero fatto di una miriade
di società finanziarie, industrie, complessi immobiliari e nuove banche, tra cui spiccano in Italia la Banca Privata
Finanziaria, la Banca di Messina e il Banco Unione; in Svizzera la Finabank; negli USA la Franklin National Bank.
All’inizio degli anni 70 la spericolatezza con cui Sindona conduceva le sue redditizie manovre finanziarie suscita i
primi allarmi. In seguito a controlli ordinati dalla Banca d’Italia, il 27 settembre 1974 la magistratura milanese
sentenzia la messa in liquidazione coatta della sua Banca Privata Italiana (nata il 5 agosto 1974 dalla fusione di
Banco Unione e Banca Privata Finanziaria). Il 3 ottobre negli Stati Uniti la Franklin National Bank viene dichiarata
insolvente, originando il piø grave crac bancario della storia degli Stati Uniti.
Il 19 marzo 1979 la magistratura americana incrimina formalmente Sindona per il fallimento della Franklin. Fu
questo, assieme ai guai giudiziari in Italia, a spingerlo ad inscenare il rapimento con la collaborazione degli
ambienti mafiosi e massonici, allo scopo presumibilmente di reperire documenti utili alla sua difesa giudiziaria.
Il 23 marzo 1980 Sindona viene condannato dalla giustizia americana a 25 anni di carcere per il fallimento della
Franklin. Il 15 marzo 1985 il Tribunale di Milano lo condanna a 15 anni di carcere per la bancarotta della Banca
Privata Finanziaria e del Banco Unione. Il 18 marzo 1986 è condannato all’ergastolo quale mandante dell’omicidio
di Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca Privata Italiana, uomo di grande integrità che aveva sempre respinto
le insistenti pressioni politiche di quanti gli proponevano ambigue manovre finanziarie miranti al salvataggio di
Sindona.
Il 22 marzo muore in circostanze misteriose, avvelenato dal caffè al cianuro servitogli durante la prima colazione
nel carcere di Voghera.
L’intera vicenda di Sindona è raccontata in N. TOSCHES, Il mistero Sindona, SugarCo, Milano, 1986.
La storia delle indagini di Giorgio Ambrosoli e del suo omicidio è riportata in C. STAJANO, Un eroe borghese,
Einaudi, Torino 1991.
2
interventi effettuati da alcuni politici per ricercare una soluzione che evitasse la bancarotta delle
attività finanziarie di Sindona. Questi interventi si sono succeduti in piø tempi, anche quando la
posizione giudiziaria di Sindona era ormai compromessa, in Italia e negli Stati Uniti, e quando
era chiaro che il salvataggio delle banche sindoniane poteva avvenire solo scaricando sui conti
pubblici (o di banche pubbliche) esposizioni per centinaia di miliardi
3
”. Come ha scritto
Corrado Stajano, “ la vicenda Sindona, per la P2, è un affare di famiglia, non solo perchØ tutti i
suoi protagonisti, o quasi, sono uomini della Loggia […] La sua competenza è funzionale,
naturale. Per la P2 un caso come quello Sindona è l’essenza, la ragion di essere. La P2 è anche
lo stato maggiore, la stanza di compensazione, il luogo della mediazione, l’agenzia, il nodo di
una ragnatela capillare e diffusa che dispone i suoi uomini nei piø delicati settori della società e
delle istituzioni, possiede una banca, controlla il piø importante giornale italiano, è uno Stato
nello Stato
4
” .
Turone e Colombo, tuttavia, non sospettano alcun collegamento tra il rapimento di Sindona e la
Loggia P2, di cui si parla già da qualche anno senza però saperne ancora praticamente nulla. In
questa fase delle indagini essi mirano invece al reperimento del cosiddetto “tabulato dei 500”, la
lista dei correntisti per conto dei quali Sindona aveva trasferito illegalmente all’estero 37
milioni di dollari: “Quando esplose il dissesto di Sindona in Italia, saltò fuori che nel conto del
“dare” e dell’“avere” tra le banche del suo gruppo e le loro consociate straniere, risultava che la
svizzera “Finabank” era creditrice di circa 37.000.000 di dollari, corrispondenti a somme fatte
accreditare fiduciariamente presso i suoi sportelli dalle banche di Sindona a nominativi diversi
(oltre 500) di persone e di enti. Si trattava, in definitiva, di persone o enti che risultavano
ciascuno avere esportato illegalmente all’estero ingenti somme con il sistema dei depositi
fiduciari
5
”.
L’episodio determinante, nel mutare il corso degli eventi, è l’interrogatorio di Giuseppe Miceli
Crimi, personaggio che la relazione di maggioranza della Commissione P2 descrive come
“notoriamente legato al finanziere siciliano, per il quale aveva gestito in Sicilia l’operazione del
3
Commissione parlametare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2 (d’ora in avanti Commissione P2), relazione di
minoranza dell’on. Attilio Bastianini, pag. 17, Camera dei Deputati – Senato della Repubblica, Roma 1984.
4
C. STAJANO, Un eroe borghese, Einaudi, Torino, 1991, pagg. 156-157.
5
Commissione P2, relazione di minoranza dell’on. Giorgio Pisanò, pag. 99, Camera dei Deputati – Senato della
Repubblica, Roma 1984.
3
finto rapimento
6
”. I magistrati inquirenti “ volevano sapere da quell’italo americano […] già
medico della Questura di Palermo, specializzatosi a New York in chirurgia plastica, massone
dichiarato, perchØ avesse aiutato, tra l’agosto e il settembre 1979 Michele Sindona a simulare un
rapimento che mascherava invece il piø grande tentativo di ricatto mai organizzato ai danni dei
partiti e degli uomini politici che lo avevano sempre aiutato
7
”. Ai magistrati che gli
domandavano come mai, durante i mesi della latitanza di Sindona, avesse compiuto frequenti
viaggi ad Arezzo, Miceli Crimi rispose che ad Arezzo era andato “perchØ là c’era Licio Gelli,
fratello in massoneria e grande amico di Michele Sindona
8
”.
Licio Gelli era all’epoca un personaggio già molto discusso ed al centro di numerose inchieste
giornalistiche durante gli anni 70, che lo volevano al vertice di una potente loggia massonica
coperta chiamata “Propaganda 2” inserita nel Grande Oriente d’Italia. Ecco cosa scriveva sul
suo conto Pier Vittorio Buffa nel 1976: “Licio Gelli abita ad Arezzo, nella villa Wanda, in via S.
Maria della Pietà ed è considerato un finanziere ad altissimo livello. Ha cominciato la sua
carriera come dirigente della Permaflex, per poi passare alla Lebole, di cui è in seguito diventato
azionista. In Italia Gelli si è mosso soprattutto negli ambienti di destra e le sue idee sono
considerate decisamente reazionarie. E’ suo un documento (chiamato “schema
propagandistico”) elaborato poco prima delle elezioni ( quelle del 20 giugno 1976 ndr) dalla
loggia P2, in cui si parlava di revisione della Costituzione, di soppressione dell’unità
parlamentare, di revisione dell’ordinamento delle forze dell’ordine, di un controllo costante
sugli organi diffusori di notizie e di rafforzamento della censura cinematografica
9
”. Il nome di
Gelli era inoltre già emerso all’interno del memoriale difensivo presentato dai legali di Sindona
6
Su Miceli Crimi, Giorgio Pisanò afferma: “Era stato lui a tenere le redini delle operazioni, lui a sparare il colpo di
rivoltella alla gamba di Sindona. E fu proprio lui che, arrestato per questa sua partecipazione al falso rapimento di
Sindona, finì col raccontare nel dicembre del 1980 ai magistrati milanesi i contatti che aveva tenuto con Licio Gelli
per conto di Sindona nei giorni del falso rapimento”. Si veda la relazione di minoranza dell’on. Giorgio Pisanò,
pag. 108.
7
P. BUONGIORNO e M. DE LUCA, Storia di un burattinaio, in AA.VV, L’Italia della P2, Mondadori, Milano
1981, pp. 58-59.
Secondo Massimo Teodori, rappresentante radicale nella Commissione P2 e firmatario di una relazione di
minoranza, il vero obiettivo del viaggio siciliano fu “ la messa in opera di un ricatto ultimativo, attraverso la ricerca
e l’utilizzazione di documenti, nonchØ il relativo allargamento delle alleanze del sindonismo con ambienti
massonici e criminali ”.
La Commissione “Sindona” afferma, nella relazione conclusiva, di non essere stata “ in grado di accertare quali
fossero i documenti che effettivamente Sindona cercava, e se e di quali di questi documenti Sindona sia riuscito a
venire in possesso”. Si veda in proposito la relazione di minoranza dell’on. Giorgio Pisanò, pag. 110.
8
Ibidem.
9
P. V. BUFFA, Ma c’è un livello internazionale, “L’Espresso” 18 Luglio 1976.
4
alla Corte distrettuale di New York, come firmatario di uno degli affidavit
10
pro Sindona. Come
ci spiega Sergio Flamigni, “ il 13 dicembre 1976 i legali di Sindona presentano alla Corte
distrettuale di New York una memoria difensiva di 72 pagine per contrastare la richiesta di
estradizione in Italia. Alla ponderosa memoria sono allegati nove affidavit firmati Licio Gelli,
Carmelo Spagnolo, Edgardo Sogno, Flavio Orlandi, Francesco Bellantonio, John McCaffery,
Philip Guarino, Stefano Gullo, Anna Bonomi
11
”.
Così il 12 marzo 1981 il giudice istruttore di Milano Giuliano Turone firma una comunicazione
giudiziaria e ordini di perquisizioni domiciliari a carico del massone Licio Gelli, indiziato del
reato di estorsione continuata in concorso con Michele Sindona, Giuseppe Miceli Crimi e altri
12
.
Viene disposta la perquisizione di tutti i recapiti noti intestati a Licio Gelli ovvero la sua
abitazione di Arezzo (“Villa Wanda”), la suite personale dell’Hotel Excelsior a Roma, la sede di
un’azienda a Frosinone e gli uffici di una fabbrica d’abbigliamento: la “Giole” a Castiglion
Fibocchi.
La delicatezza dell’operazione è chiara da subito, se i magistrati decidono di affidare il compito
di eseguire le perquisizioni non già alle forze di polizia locali, come vorrebbe la prassi, bensì a
ufficiali del Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, sotto la
guida del colonnello Vincenzo Bianchi. Si tratta di una cautela adottata per evitare possibili
interferenze nelle attività perquisitorie, dal momento che da tempo circolano voci secondo le
quali i vertici degli ambienti militari avrebbero aderito alla loggia di Gelli. In proposito giova
ricordare quanto scrive Giuliano De Risi su “L’Espresso” del 13 giugno 1976: “ Le aderenze di
Gelli toccano ampi settori; sicuramente i piø importanti: dal Quirinale al Parlamento, al mondo
economico, a quello militare. Attorno alla sua loggia è riuscito infatti a chiamare a raccolta i piø
alti gradi dell’esercito e dei carabinieri. A cominciare dal capo dello stato maggiore della
10
L’affidavit è una dichiarazione scritta e giurata davanti ad un pubblico ufficiale che per la giurisprudenza
anglosassone ha valore di prova.
11
Questo è il testo della dichiarazione di Gelli: “L’influenza dei comunisti è già giunta in certe aree del governo
(particolarmente il ministero della Giustizia) dove, durante gli ultimi cinque anni, c’è stato uno spostamento del
centro verso l’estrema sinistra. Ho passato tutta la mia vita combattendo il comunismo. Quando avevo 17 anni ho
lottato contro i comunisti in Spagna assieme a mio fratello. Soltanto io sono tornato vivo. Nella mia qualità di
uomo d’affari, sono conosciuto come anti-comunista e sono a conoscenza degli attacchi dei comunisti contro
Michele Sindona. Egli è un bersaglio per loro, ed è continuamente attaccato dalla stampa comunista. L’odio dei
comunisti per Michele Sindona è dovuto al fatto che egli è un anticomunista e che è sempre stato favorevole al
sistema della libera impresa in un’Italia democratica”. SERGIO FLAMIGNI, Trame atlantiche, storia della Loggia
massonica segreta P2, Kaos edizioni, Milano, 1996, pag.157.
12
Commissione P2, volume 1, tomo 1, pagg. 293-301, citato in S. FLAMIGNI, Trame Atlantiche, pag. 7.
5
Difesa, Andrea Viglione, per arrivare al generale dei carabinieri Missori, comandante della
divisione di Roma
13
”.
Le perquisizioni piø importanti, ad Arezzo e Castiglion Fibocchi, iniziano alle ore 9 del 17
marzo 1981. Proprio dagli uffici della Giole emergeranno, da una valigia giacente nell’ufficio di
Gelli e dalla cassaforte, i documenti piø scottanti. Esaminando il contenuto della valigia
emergono immediatamente tre tipologie di documenti: una massiccia presenza di carte ed atti di
varia natura relativi alle vicende di Sindona e Calvi, tra i quali non mancano copie di atti
giudiziari vincolati dal segreto istruttorio; elenchi di nominativi di eminenti personalità con le
quali il Venerabile ha intrattenuto una regolare corrispondenza, tra cui i finanzieri non possono
fare a meno di notare il nome del generale Orazio Giannini, comandante generale della Guardia
di finanza; documenti dei servizi segreti classificati come Riservato e Segreto
14
.
All’interno della cassaforte i finanzieri trovano invece “una busta chiusa con l’intestazione
Documentazione per la definizione del Gruppo Rizzoli, e una cartella intestata Generale
Alexander Haig contenente corrispondenza tra Gelli e Philip Guarino (i due, firmatari di un
affidavit in favore di Michele Sindona, si scrivono in merito all’amico Michele). Poi trovano un
elenco di 962 iscritti alla Loggia massonica P2, nel quale il nome Michele Sindona è barrato con
un evidenziatore giallo, così come molti altri importanti nominativi
15
”.
Informato del ritrovamento della lista della Loggia P2, il magistrato Turone autorizza il
colonnello Bianchi al sequestro dei documenti, dopo che la segretaria di Gelli, come da
istruzioni telefoniche ricevute dal Venerabile, aveva contestato ai finanzieri che l’elenco dei 962
nominativi potesse riguardare il merito della perquisizione disposta dalla magistratura milanese.
A dimostrazione della fondatezza delle precauzioni prese dai magistrati milanesi nell’affidare il
compito delle perquisizioni, vi è agli atti della Commissione P2 il testo della conversazione
telefonica tra il colonnello Bianchi e il comandante generale delle Fiamme gialle Orazio
Giannini, avvenuta a perquisizioni concluse
16
. La Relazione di maggioranza sottolinea la gravità
13
G. DE RISI, Si chiama loggia ma è una caserma, “L’Espresso” 13 giugno 1976.
14
Per un dettagliato resoconto del contenuto della valigia si veda S. FLAMIGNI, Trame atlantiche, pagg. 9-10-11.
15
S. FLAMIGNI, Trame atlantiche, pag. 12
16
Questo è il testo della conversazione telefonica:
Giannini: “ Ti debbo comunicare che hai trovato degli elenchi. Ci sono anch’io in tali elenchi. Statti accorto che ci
sono anche i massimi vertici dello Stato…Stai attento che il Corpo si inabissa.”
Bianchi: “Eccellenza, stia pur certo che il corpo non si inabissa.”
Giannini: “Mi raccomando la riservatezza.”