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Capitolo I
L’organismo di diritto pubblico e problematiche in ordine
alla sua nozione
Premessa. La “ pubblica amministrazione”: una nozione a “geometrie
variabili”
In via generale nel nostro ordinamento non esiste una norma che
definisca la nozione di ―ente pubblico‖ (l’unica individuabile è quella di
cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n.165/2001, ma è limitata
alla nozione di pubblica amministrazione in materia di lavoro pubblico):
per questo l’elaborazione dei criteri di identificazione è stata rimessa in
prevalenza agli sforzi ricostruttivi di dottrina e giurisprudenza.
In ambito nazionale però, nonostante l’intrinseca varietà e multiformità
tipologica dei diversi organismi qualificati come enti pubblici, si è
tentato di elaborare una concezione tendenzialmente unitaria di
soggetto pubblico attraverso l’oscillante ed incerto percorso
giurisprudenziale volto all’individuazione dei cosiddetti ―indici di
riconoscibilità‖ del carattere pubblico di un ente.
Di recente, tuttavia, una tale nozione di soggetto pubblico si è rivelata
insufficiente ad affrontare le diverse questioni emerse: si pensi, in
particolare, allo sviluppo di nuovi soggetti pubblici quali sono le autorità
indipendenti, all’ammissibilità di enti pubblici aventi forma societaria e,
soprattutto, alla necessità di trovare una soluzione al fine di evitare
l’elusione delle norme comunitarie in materia di appalti ed in particolare
di ―amministrazione aggiudicatrice‖. Per questo è avvenuta
l’introduzione nel nostro ordinamento, prima per mano
giurisprudenziale e di recente in via legislativa, di un concetto
comunitario di pubblica amministrazione: esso si basa, per un verso,
sulla valorizzazione del profilo sostanziale del controllo pubblico rispetto
a quello formale della veste organizzatoria pubblicistica; per altro verso
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sull’utilizzo della nozione ―a geometrie variabili‖ (F. Caringella,
Compendio di diritto amministrativo, Milano, 2008.)
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che non considera
quello di ente pubblico uno status immanente ad ogni campo di azione
ma, al contrario, un concetto elastico da applicare rationae materiae.
Il diritto comunitario sposa, infatti, una nozione flessibile di ente
pubblico che ben si coniuga con la sua natura sostanzialistica, che nel
risolvere problemi qualificatori si avvale del cosiddetto ―principio
dell’effetto utile‖ (art. 10 Trattato), il quale fa sì che la migliore soluzione
del caso concreto sia quella più corrispondente al fine che la norma
comunitaria vuole perseguire.
Nel presente elaborato si esporrà una breve panoramica del dibattito
giurisprudenziale- comunitario e nazionale- rispetto alla esatta
definizione dei requisiti caratterizzanti la nozione di organismo di diritto
pubblico.
Scopo della nostra indagine altresì consisterà nell’individuare l’influenza
esercitata dalla normativa ma soprattutto dalla giurisprudenza
comunitaria nei confronti degli ordinamenti dei singoli Stati membri e
segnatamente di quello italiano, segnalando allo stesso tempo quei casi
in cui a fungere da esempio sono state invece le decisioni del Giudice
interno.
Approccio sostanziale della Corte di Giustizia alla nozione di pubblica
amministrazione
Palmare esempio della polivalenza della nozione comunitaria di soggetto
pubblico si ha nel raffronto tra la definizione giurisprudenziale di
pubblica amministrazione fornita dai giudici comunitari in materia di
deroga al principio della libera circolazione dei lavoratori all’interno
della Comunità (art. 39, § 4 del Trattato), prevista per gli impieghi nella
pubblica amministrazione, rispetto a quella elaborata in materia di
efficacia delle direttive, ai fini dell’individuazione dei soggetti costituenti
apparati dei singoli stati membri tenuti al rispetto di determinati
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obblighi e divieti dettati al diritto comunitario, così dunque da definire
l’imputabilità dell’eventuale violazione di tali statuizioni al singolo Stato
di appartenenza.
a) L’accezione restrittiva
Nel primo caso la Corte, muovendo dalla premessa per cui, stante il
carattere fondamentale dei principi di libera circolazione e parità di
trattamento dei lavoratori, non può riconoscersi alle deroghe previste
dal paragrafo 4 dell’art. 39 ―una portata più ampia di quella connessa al
perseguimento del loro specifico scopo‖, onde evitare la sottrazione alla
libera circolazione di un numero rilevante di posti ( S. Cassese, La
nozione di pubblica amministrazione, Milano, 1996)
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ha formulato una
nozione di pubblica amministrazione con accezione fortemente
restrittiva, sostenendo che la stessa debba essere elaborata ricorrendo
ai criteri della ―partecipazione diretta o indiretta all’esercizio dei pubblici
poteri‖ o della ―tutela degli interessi generali dello Stato e degli enti
pubblici‖: dunque, affinché operi la deroga al principio della libertà di
circolazione dei lavoratori, è necessario che si tratti di impieghi
implicanti la titolarità o l’esercizio di compiti di responsabilità da parte
del dipendente ovvero la gestione di interessi squisitamente
pubblicistici. La stessa Corte di Giustizia sottolinea che la nozione di
pubblica amministrazione, elaborata attraverso il riferimento a quei
parametri, ha carattere ―funzionale‖: la definizione giurisprudenziale di
soggetto pubblico operata con riferimento alla questione specifica della
libera circolazione e dell’accesso agli uffici pubblici, pertanto, non può
considerarsi vincolante allorché all’elaborazione del concetto di ente
pubblico si proceda in altri settori di incidenza del diritto comunitario.
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b) L’accezione ampia
È in materia di efficacia diretta delle direttive contenenti disposizioni
precise ed incondizionate che la Corte di Giustizia ha messo in evidenza
la sua preferenza per le ragioni dell’integrazione rispetto a quelle della
coerenza e dell’uniformità dell’ordinamento, implicanti queste ultime
l’elaborazione di nozioni operanti in modo uniforme nei diversi ambiti in
cui è operante il diritto comunitario. Il Giudice comunitario, atteso il
principio di efficacia diretta delle suddette direttive e limitatamente ai
c.d. rapporti verticali, ha dovuto concretamente individuare quegli
apparati organizzativi operanti nei singoli Stati membri, non
qualificabili come soggetti privati e nei cui confronti le direttive rimaste
inattuate possono essere invocate mediante l’esercizio delle apposite
azioni.
Emblematico appare il precedente Foster c. British Gas, in causa
188/89: la Corte di Giustizia era stata chiamata a decidere sulla natura
statale di un ente, ai fini dell’applicazione o meno nei suoi confronti
della Direttiva 9 febbraio 1976, n. 207, in materia di discriminazione
sessuale sul lavoro.
In particolare la ―British Gas Corp‖ consisteva in un ente britannico
successivamente privatizzato e denominato ―British Gas plc‖, società di
diritto inglese: costituito con legge per la fornitura del gas in monopolio,
i suoi amministratori, nominati dal ministro competente, erano tenuti al
rispetto delle direttive di carattere generale e delle istruzioni attinenti
alle modalità gestionali impartite dall’autorità politica.
Nella sentenza si afferma che ―fa comunque parte degli enti ai quali si
possono opporre le norme di una direttiva idonea a produrre effetti
diretti un organismo che, indipendentemente dalla sua forma giuridica,
sia stato incaricato, con un atto della pubblica autorità, di prestare,
sotto il controllo di quest’ultima, un servizio di interesse pubblico e che
dispone a questo scopo di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti
dalle norme che si applicano nei rapporti tra singoli ‖ (CGCE, causa v.
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12/7/1990, causa C-188/89, - A. Foster e altri contro British Gas PLC,
in Racc. 1990 I-3313 ).
Il più alto Giudice comunitario in questa fattispecie ha, come è evidente,
adottato criteri molto più ampi ed elastici rispetto a quelli utilizzati in
sede di interpretazione dell’art. 39, § 4 del Trattato.
Amministrazione aggiudicatrice e rispetto delle norme di evidenza
pubblica: origine e ratio del concetto di “organismo di diritto pubblico”
Infine, anche in relazione all’applicazione della normativa sugli appalti
la giurisprudenza comunitaria si è posta il problema di chiarire cosa si
intende per pubblica amministrazione: da tale ricerca ha avuto origine
la nozione di organismo di diritto pubblico. L’identificazione di un ente
in termini di organismo di diritto pubblico o meno, infatti, determina
significative ed importanti implicazioni applicative, tutte connesse alla
perimetrazione della nozione (R. Garofoli, Organismo di diritto pubblico:
il recente allineamento tra Giudice comunitario e nazionale e i profili
ancora problematici. Milano, 2005)
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: dal punto di vista squisitamente
processuale ma anche da quello sostanziale.
Da una tale qualificazione deriva, infatti, il radicamento della
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo quanto al contenzioso
non afferente alla fase dello svolgersi del rapporto contrattuale.
Al livello del diritto sostanziale, a parte l’aspetto di non poca importanza
dell’individuazione dei soggetti tenuti al rispetto della disciplina in
materia d’accesso ai documenti, la conseguenza dell’inquadramento di
un ente nella categoria ―organismo di diritto pubblico‖ è costituita
dall’applicabilità delle regole dell’evidenza pubblica: in particolare, in
materia di appalti, la qualificazione della stazione appaltante in termini
di organismo di diritto pubblico, comporta in primis per questa
l’osservanza della normativa comunitaria sulla scelta del contraente. Su
siffatto versante, la nozione assume rilievo in sede di delimitazione
dell’ambito soggettivo di operatività della disciplina comunitaria (e
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nazionale di recepimento) relativa alle procedure di aggiudicazione degli
appalti cosiddetti soprasoglia.
L’esigenza alla quale si risponde è quella di obbligare l’ente pubblico,
prima della stipulazione del contratto, a seguire procedura di evidenza
pubblica per la scelta del contraente, rispettose dei principi comunitari
sulla concorrenza; tali procedure sono di particolare rilevanza, in
quanto consentono ad ogni operatore economico e professionale, senza
alcuna discriminazione su base di nazionalità e residenza, di
partecipare ad una gara in condizione di perfetta parità e concorrenza.
La figura giuridica dell’―organismo di diritto pubblico‖ è stata costruita
dalla giurisprudenza comunitaria (Corte Giust. CE. 20 settembre 1988,
C-31/87, Beentjes Corte di Giustizia CE, sentenza 20 settembre 1988,
Gebroeders Beentjes Bv contro Stato dei Paesi Bassi, causa 31/87, in
Raccolta della giurisprudenza, 1988, p. 4635) e poi recepita nelle
direttive comunitarie sugli appalti, per ―snidare la pubblicità reale che si
nasconde sotto diverse forme‖ e che viene in rilievo laddove soggetti che
possono anche presentare natura giuridica privata presentano elementi
indizianti nel senso di una preordinazione all’interesse generale (G.
Torregrossa, in Appaltare in Europa 1992 e in Gli appalti nel settore
energetico, 1994 )
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.
La logica comunitaria consente pertanto di comprendere tra le
pubbliche amministrazioni tenute alla procedura di evidenza pubblica
non solo i soggetti formalmente pubblici, ma anche quelli con veste
privata sottoposti ad influenza pubblica, onde evitare che dando rilievo
alla patina privatistica sia consentito l’uso da parte delle
amministrazioni di un facile congegno elusivo rappresentato dalla
creazione ad hoc di soggetti privati controllati da quelli pubblici, con il
solo fine di liberarsi da vincoli procedimentali che concernono i contratti
delle pubbliche amministrazioni. Le norme europee, cioè, hanno voluto
contrastare l’idea per cui una semplice modifica della veste giuridica
dell’attività (privatizzazione formale) potesse comportare un’immediata
fuoriuscita dell’ente dal circuito dell’evidenza pubblica: anche recenti
pronunce della Corte di Giustizia in argomento hanno dovuto sancire
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l’incompatibilità con il diritto comunitario di una norma nazionale che
continuava ad escludere dalle norme sull’evidenza pubblica le società
per azioni in quanto tali (v. sentenze Teckal, punto 50; 11-1-2005,
causa C-26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, in Racc. pag I-1, punto 49;
13-1-2005, causa C-84/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-139,
punto 38; 10-11-2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc.
pag. I-9705, punto 34; 11-5-2006, causa C-340/04, Carbotermo e
Consorzio Alisei, Racc. pag. I-4137, punto 33, nonché 19-4-2007, causa
C-295/05, Asemfo, Racc. pag. I-2999, punto 55).
Nella prospettiva delineata, l’ispirazione che ha portato alla costruzione
della figura dell’organismo di diritto pubblico sembra speculare a quella
che, parallelamente, portava la giurisprudenza comunitaria a costruire
la categoria delle organizzazioni private soggette a ―controllo (da parte di
enti pubblici) analogo‖ a quello che tali enti hanno sui propri uffici
interni, e come tali legittimate a ricevere affidamenti in house senza
gara, in quanto sostanzialmente corrispondenti, malgrado la forma
privatistica, ad articolazioni interne della pubblica amministrazione (M.
Libertini, Organismo di diritto pubblico, rischio d’impresa e concorrenza:
una relazione ancora incerta, 2008)
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Evoluzione della disciplina comunitaria sulla nozione di amministrazione
aggiudicante
Negli ultimi decenni il legislatore ed il giudice comunitari hanno dovuto
confrontarsi con il fenomeno del cosiddetto ―smembramento
amministrativo‖, il quale ricorre ogni qualvolta lo Stato affidi compiti e
funzioni amministrative a soggetti terzi che non appartengono
all’apparato amministrativo inteso in senso formale. La prima
conseguenza è stata l’elusione ripetuta della disciplina comunitaria in
materia di appalti e quindi l’inosservanza delle regole di evidenza
pubblica, atteso che la prima direttiva in materia, la 71/305/CEE,