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IL LATTE CRUDO: CARATTERISTICHE CHIMICHE
Il latte è un fluido a pH ipoacido (6,8 – 6,9) costituito da un'emulsione di
grassi e acqua in cui sono disciolte proteine (caseina, lattoalbumina,
lattoglobulina), sali minerali (cloruri, fosfati), vitamine, zuccheri (lattosio,
glucosio), enzimi e anticorpi preposti all'immunità del lattante.
Le proteine contenute nel latte, la caseina (80%) e la lattoalbumina (20%
insieme alla lattoglobulina), sono ad alto valore biologico, un aspetto che
contraddistingue il grado di assimilabilità da parte dell'organismo; queste
contengono tutti gli aminoacidi essenziali, cioè quelli che il corpo umano
adulto non è in grado di sintetizzare. I grassi contenuti nel latte sono
anch'essi più facilmente digeribili, rispetto ai grassi di altri alimenti proteici
(come carne e formaggi), in quanto sono presenti in forma emulsionata,
frazionati in goccioline. Sono per due terzi di tipo saturo, con un contenuto
di colesterolo ridotto (da 14 mg per il latte intero, 8 mg per quello
parzialmente scremato e 2 mg per quello scremato). Oltre all'apporto
proteico, il latte è importante per l'elevato contenuto di calcio, intorno a
120 mg ogni 100 g. Esistono altri alimenti ricchi di calcio, come alcuni
vegetali e i cereali, ma la loro forma non è facilmente assimilabile dal
corpo umano per la concomitante presenza di sostanze (come l'acido
ossalico) che ne contrasta l'assorbimento intestinale. Nel caso del latte, il
calcio è più assimilabile e, dato l'alto fabbisogno di calcio giornaliero (da
800 mg a 1200 mg a seconda di età e sesso), il latte ne rappresenta una
fonte difficilmente sostituibile. Il secondo minerale presente nel latte in
forma rilevante è il fosforo, intorno a 95 mg ogni 100 g.
In Tabella 1 sono riportati gli elementi componenti il latte e nelle Tabelle 2
e 3 sono stati approfonditi rispettivamente i quantitativi di amminoacidi
essenziali e di calcio e fosforo.
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TABELLA 1 – elementi che compongono il latte
Componenti Valori medi Valori più comuni
Grasso 3,8 % 3,6 – 3,8 %
Proteine 3,2 % 3,3 – 3,5 %
Lattosio 4,8 % 4,5 – 5,0 %
Sali minerali (ceneri) 0,75 % 0,7 – 0,8 %
Acqua 87,5 % 87 – 88 %
pH 6,7 6,5 -6,8
Acidità in S.H. 7 S.H. 7 -8 S.H.
Peso specifico (a
15°C)
1,031 1,029 – 1,034
Peso specifico del
siero
1,027 1,027 – 1,030
Residuo secco totale 12,5 % 12 -13 %
Residuo secco magro 8,7 % 8,2 -9,0 %
Punto crioscopico - 0,55 °C 0,54 – 0,58 °C
Fosfatasi > 500 unità > 500 unità
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TABELLA 2 – Amminoacidi essenziali nel latte
Nuriente Unità Valore per
100g
L – Isoleucina g 0.338
L – Leucina g 0.587
L – Lisina g 0.513
L – Metionina g 0.155
L –
Fenilalanina
g 0.284
L – Triptofano g 0.084
L – Valina g 0.448
L – Treonina g 0.286
TABELLA 3 – Calcio e Fosforo nel latte
Nutriente Unità Valore per
100g
Calcio mg 193
Fosforo mg 158
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IL LATTE CRUDO: PRINCIPALI ALTERAZIONI
Le cause della comparsa di difetti nel latte sono molto numerose, ma senza
dubbio quella più frequente e grave è rappresentata dallo sviluppo di
microorganismi aerobi. A temperatura ambiente, il latte si altera soprattutto
per lo sviluppo di microorganismi produttori di acido lattico dal lattosio
con conseguente acidificazione e coagulazione del mezzo. A temperatura
compresa tra 10°C e 37°C i batteri che entrano in gioco nel processo di
acidificazione sono Streptococcus lactis, coliformi, enterococchi,
stafilococchi e lattobacilli mentre a temperature superiori a 37°C sono
Streptococcus thermophilus, Lactobacillus bulgaricus e Lactobacillus
thermophilus. A temperature più basse sono invece le specie psicrofile,
spesso proteolitiche, che sviluppano. Le specie in grado di attaccare il
lattosio danno origine a formazione di acido lattico e quindi coagulazione
della caseina; il coagulo così formato viene successivamente più o meno
rapidamente disciolto. Le specie invece non saccarolitiche attaccano
direttamente la caseina provocando a volte una debole coagulazione
enzimatica; la proteolisi così indotta porta alla comparsa di peptidi che
conferiscono al prodotto un sapore amaro.
Il difetto più tipico, pertanto, del latte è la coagulazione i cui caratteri
variano notevolmente a seconda del microrganismo preso in causa; il
coagulo può essere omogeneo e di colore acidulo oppure grumoso, gassoso
e di odore sgradevole variabile.
La descrizione dei vari difetti del latte non è facile sia perché possono
dipendere da un gran numero di fattori (microbici, enzimatici, chimici) sia
soprattutto perché lo stesso processo alterativo viene variamente definito
dal consumatore e quasi sempre il tecnico è chiamato a giudicare il
prodotto quando ormai il difetto è tanto avanzato da aver modificato
profondamente i caratteri organolettici del prodotto stesso.
Per comodità di descrizione i difetti del latte vengono suddivisi in due
grandi categorie :
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Difetti originari: presenti nel latte al momento della mungitura e possono
presentarsi come
Variazioni percentuali dei componenti normali del latte
(quantitative)
Variazioni qualitative dei componenti
Variazioni per presenza di composti estranei che determinano
variazione dei caratteri organolettici (colore, odore, sapore)
Le cause di queste anomalie del latte vanno ricercate in: alimentazione
irrazionale, stati di malattia, età, stadio di lattazione, condizioni ambientali,
tecniche di mungitura, ecc.. Tra tutti questi la causa maggiore è insita
nell‘alimentazione che inciderà poi sul colore, sull‘odore e sul sapore del
latte. In questo caso le alterazioni sono conseguenti alla ingestione di certe
erbe e al passaggio di particolari sostanze in esse presenti direttamente nel
latte; queste sostanze sono per la maggior parte liposolubili e sono in grado
di provocare i loro danni a dosaggi molto bassi (0,10 ppm di
benziltiocianato, presente in Coronopus didymus, può determinare un gusto
bruciante ed un odore vivo ben percepibile nel latte.
Vengono riportate nella Tabella 4 le più importanti alterazioni del latte
causate dalle erbe più frequentemente legate al problema.
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TABELLA 4 – alterazioni del latte causate da vegetali
Difetto Per ingestione di
Colore rossastro Euforbiacee, ranuncolacee, canna palustre, ecc..
Colore bluastro Isatis tintoris, giunco fiorito, trifoglio, grano
saraceno, ecc..
Odore di pesce Foglie e colletti di barbabietole, farina di pesce,
ecc..
Odore di senape Pannello di ravizzone
Odore sgradevole Rape, aglio, cipolle, ecc..
Odore di rancido Residui della fabbricazione dell‘amido
Odore di menta Erba menta
Sapore amaro Pannello di lino, edera, camomilla, rododendro,
lupini, fave, ecc..
Sapore di sego,
oleoso, saponoso
Pannello di cotone, colza rafano, ecc..
Difetti acquisiti: si verificano nel latte dopo la mungitura e sono causati da
fenomeni fisici (agitazione durante il viaggio, ecc..), chimici
(contaminazione con ioni metallici, ossidazioni, ecc..) ed organici (enzimi e
microorganismi).
I principali difetti acquisiti sono dati da:
Scuotimento e agitazione del prodotto. Si verifica la scomparsa della
CO
2
ed un aumento, anche considerevole, dell‘ O
2
; di conseguenza si
la vitamina C viene distrutta ed inoltre si determina l‘ossidazione dei
grassi (sapore ossidato), la frammentazione dei globuli di grasso con
conseguente affioramento lento ed incompleto della crema e infine
disgregamento della struttura colloidale con successiva cattiva resa
della cagliata
Azione sui lipidi. Questa consiste in un irrancidimento ossidativo
prettamente a carico di latti con bassa carica microbica ed enorme
assorbimento di ossigeno; tale processo conferisce il così detto
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―gusto ossidato‖ o ―gusto metallico‖ al prodotto. L‘irrancidimento
ossidativo è una reazione catalitica ed una volta avviata non la si può
più arrestare.
Un'altra azione a livello lipidico è l‘irrancidimento lipolitico che conferisce
al latte il caratteristico gusto rancido o saponoso.
Azione sui carboidrati. E’ forse il difetto più frequente ma poco
evidente nella pratica perché mascherato da difetti più vistosi. E‘
dovuto all‘azione di microrganismi saccarolitici su lattosio e
oligosidi cui segue la formazione di vari acidi organici; pertanto la
proliferazione di questi microrganismi determina un abbassamento
del pH che, quando raggiunge valori intorno a 4,6, determina la
precipitazione della caseina per cui il latte appare coagulato.
Azione sulle proteine. Il processo proteolitico viene favorito da una lunga
conservazione a basse temperature per cui difficilmente è evidenziato nel
latte fresco.
Altri difetti:
Gusto di malto caramellato: in latti con alta carica microbica, raccolti e
conservati in maniera non idonea. L‘agente responsabile sembrerebbe
essere una particolare variante di Streptococcus lacris var. maltigenes
o Difetto di vacca : dovuto alla produzione di metilsolfuro ad
opera di A. aerogenes
o Gusto o aroma di luce: dovuto all‘azione di radiazioni
luminose, in presenza di O
2
e riboflavina, sulla metionina con
formazione di prodotti vari che determinano vari sottodifetti,
come l‘ ―odore di penne bruciate‖ o l‘‖odore di cavoli‖
o Gusto di acido: dovuto alla presenza di germi saccarolitici che
attaccano il lattosio con produzione di acido lattico o altri
acidi.
o Latte amaro : ad esempio dato dallo sviluppo di Bacillus
cereus che provoca sia coagulazione non acida del latte che la
comparsa di un gusto amaro nella crema
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o Colori particolari: quasi sempre conseguenti allo sviluppo di
particolari microorganismi. Ad esempio il latte rosso è
conseguente allo sviluppo di Serratia spp, il latte azzurro di
varie specie di Pseudomonas, il latte giallo di Flavobacterium
spp, il latte nero di Actinomyce spp
o Sapore di frutta: per sviluppo di Pseudomonas fragi
o Latte filante: alterazione microbica caratterizzata da aumento
della viscosità del prodotto conseguente allo sviluppo di
Alcaligenes viscolactis o di Micrococcus freudenreichii spp
(Tiecco, 2000).
La comparsa di alterazioni del latte crudo all‘origine è determinata da
alcuni eventi che è opportuno di seguito approfondire.
Influenza della alimentazione della bovina sulla qualità del latte
Logica vuole che la buona qualità degli alimenti per il bestiame sia la
caratteristica principale per poter fornire alle bovine la migliore
alimentazione (Pezzi, 2006). Per potersi definire di buona qualità gli
alimenti devono essere:
- Sani e ben conservati
- Nutrienti
- Appetibili
Sanità e stato di conservazione. Si considera sano si intende un alimento in
cui siano assenti residui, microorganismi o loro metaboliti che possano
causare intossicazioni, tossinfezioni, avvelenamenti o semplicemente
patologie da parte di molecole pericolose per la salute umana oltre che per
quella animale.
Fra gli esempi più comuni ci sono:
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- Muffe e micotossine da esse derivate
- Pesticidi (esteri fosforici, carbammati, organo clorurati)
- Clostridi
- Nitrati e nitriti
- Ammoniaca, amine biogene ed altri cataboliti delle proteine
- Perossidi (indice di ossidazione per irrancidimento dei grassi)
- Metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio)
- Altri inquinanti ambientali come il benzene
- Certi conservanti vietati (parabeni ad esempio)
Per quanto riguarda l‘aspetto della sanità degli alimenti da preferire
saranno:
- Secchi anziché umidi : nei fieni ad esempio vengono naturalmente
ostacolati, se manipolati correttamente, processi fermentativi
indesiderati. Inoltre gli alimenti umidi sono spesso trattati con
conservanti proprio per evitarne le fermentazioni
- Puliti e non imbrattati con terra, colaticcio, polvere e smog (ricco di
piombo e/o benzene)
- Poveri di grassi : la grassatura delle razioni è bene che sia effettuata,
quando necessaria, con prodotti specifici, ben controllati, e
soprattutto con elevato turnover, vale a dire che devono essere
consumati in breve tempo e controllati ad ogni approvvigionamento
A proposito delle modalità di accertamento delle eventuali presenze di
sostanze indesiderate, occorre precisare che gli eventuali accertamenti di
laboratorio per micotossine, nitrati, metalli pesanti, ammoniaca, acido
butirrico ecc… non sostituiscono mai, ma completano soltanto, l‘esame
visivo, olfattivo e tattile realizzato sul campo dall‘allevatore e dal tecnico
nutrizionista. Il solo esame di laboratorio positivo non indica che l‘animale
abbia assunto sostanze tossiche in eccesso; molto spesso la positività di tale
esame indica carenze nutrizionali dovute alla scarsa qualità della razione.
Concentrazione e biodisponibilità dei nutrienti. Gli alimenti più nutrienti
sono quelli che riescono ad apportare all‘animale le maggiori quantità di
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principi nutritivi nell‘unità di peso. E‘ ovvio quindi che a parte la ricchezza
intrinseca di tali principi nell‘alimento, è fondamentale la digeribilità e
quindi la loro biodisponibilità. Siccome questa caratteristica è inversamente
correlata con l‘abbondanza di fibra ed in particolare di lignina, tanto
minore sarà il contenuto di lignina di un alimento e tanto più quest‘ultimo
sarà nutriente. Questo discorso è certamente valido per i mangimi ma
ancora di più per i foraggi. I mangimi infatti sono caratterizzati da una
vastissima diversità di origine e varietà di composizione mentre i foraggi,
che provengono tutti dalla parte aerea delle piante, hanno questi aspetti in
comune:
- Il contenuto di proteina è inversamente correlato a quello di fibra e di
lignina;
- Il contenuto di zuccheri solubili è inversamente correlato a quello di
fibra e di lignina;
- Il contenuto di acidi organici è inversamente correlato a quello di
fibra e di lignina;
- Il contenuto in vitamine è inversamente correlato a quello di fibra e
di lignina;
Dal momento che la quantità di sostanza secca ingerita è inversamente
correlata al quantitativo di fibra ne consegue che i foraggi con basso
contenuto di componenti fibrose e di lignina in particolare verranno assunti
in quantità nettamente superiori rispetto a quelli più maturi (piante raccolte
ad uno stadio vegetativo avanzato).
Si può quindi affermare che nutriente per un alimento è quasi sempre
sinonimo di ridotta quantità di fibra ed in particolare per i foraggi significa
l‘ origine da pianta giovane.
Appetibilità. Alcuni concetti espressi a proposito della sanità dei prodotti
possono chiaramente riguardare anche l‘appetibilità, la quale tende a calare
ad esempio per imbrattamento con colaticcio, contatto con terra e polvere,
odore di ammoniaca, presenza di proteine degradate, di perossidi (grassi
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rancidi) od ancora di certe micotossine (vomitossina), che conferiscono al
prodotto un sapore sgradevole.
Tutte queste caratteristiche negative è bene che siano ovviamente assenti,
mentre soprattutto per quanto riguarda i foraggi sono da considerare anche
le qualità positive rappresentate da olii essenziali oltre che ai sopracitati
zuccheri solubili ed acidi organici. Anche sotto l‘aspetto della appetibilità i
foraggi giovani sono superiori a quelli maturi.
Per massimizzare la qualità del latte è inoltre fondamentale:
- Massimizzare il lavoro del rumine permettendo all‘animale di
assumere frequentemente fonti di energia e proteine velocemente
degradabili;
- Flate – rate feeding: quantità fissa di mangimi per tutta la lattazione,
in particolare è fondamentale non ridurre eccessivamente la
somministrazione di mangimi nella seconda metà della lattazione.
Questo errore produce una carenza energetica proteica che conduce
a:
Riduzione della persistenza della lattazione
Peggioramento della qualità del latte in termini di titoli
proteici, caseinici, lipidici, del livello di acidità (inferiore), e
dell‘indice lattodinamografico (coagulazione lenta)
- Foraggi giovani a volontà
- Mantenimento di una buona salute dell‘animale e del suo fegato in
particolare (Epatoprotettori)
In particolare, il lavoro del rumine può essere massimizzato grazie alla
presenza contemporanea al suo interno di fonti energetiche proteiche
fermentescibili e complementari per le esigenze della micro popolazione
presente. I foraggi giovani, le polpe di barbabietola e il pastazzo d‘agrumi
sono sicuramente fra i migliori apportatori di fibra velocemente
degradabile; i cereali, specie se umidi o trattati termicamente (fioccati,
estrusi) sono invece i classici apportatori di carboidrati non fibrosi, anche
se non bisogna dimenticare il melasso (ricchissimo di zuccheri solubili e
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quindi immediatamente disponibili per le fermentazioni). Infine sul
versante proteico, la materia prima che spicca per importanza commerciale
è la farina di estrazione di soia, senza dimenticare ma anche i foraggi
giovani e in particolare le leguminose.
Micotossine. Un problema che si può presentare all‘allevatore è la presenza
di aflatossine nel latte la cui soglia massima, a partire dal Gennaio 1999, è
stata fissata a 50ppt (parti per trilione o nanogrammi/kg), pena la non
commerciabilità del latte.
Dal punto di vista scientifico le micotossine sono il prodotto del
metabolismo di alcuni tipi di funghi; la contaminazione può iniziare in
campo e perdurare durante le fasi di coltivazione e raccolta senza subire
modifiche, anzi spesso rinforzandosi durante la posa in magazzino e nelle
diverse fasi di trasformazione, stoccaggio e trasporto. Inoltre l‘elevata
stabilità termica di questi metaboliti fa sì che i processi di trasformazione
(pellettatura, fioccatura, tostatura, ecc…) non siano in grado di ridurne la
concentrazione.
Mentre la soluzione del problema è immediatamente attuabile con la
eliminazione del mais contaminato, la diagnosi non lo è altrettanto:
occorre monitorare continuamente il latte prodotto, e le forniture
alimentari in stalla, siano esse acquistate o prodotte in azienda. Il problema
delle aflatossine è a tutti gli effetti un problema di filiera e come tale và
affrontato. Nel caso di alimenti acquistati vanno perciò tenuti sotto
controllo i fornitori, verificandone la capacità di eseguire controlli a monte
sulle derrate in entrata e la loro adeguata gestione, mentre per gli alimenti
prodotti in azienda sarebbe opportuno mettere in atto una serie di misure
preventive a garantirne la qualità.
Qualora venissero riscontrati in azienda i così detti ―livelli di attenzione‖,
ovvero 30 – 40 ng/kg di aflatossina M1, l‘allevatore deve darne immediata
comunicazione a chi ritira il latte e l‘azienda deve:
- Considerare i componenti a rischio nella razione
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- Rilevare se sono state introdotte nella razione nuove partite di
mangimi semplici o composti negli ultimi giorni ed eventualmente
sostituirli
- Fare analizzare immediatamente i componenti più a rischio
Per tentare di inattivare le micotossine presenti negli alimenti sono state
messe in atto diverse tecnologie di carattere fisico (pulitura, lavaggio,
setacciatura, applicazione di calore), chimico (ammoniaca, idrossido di
calcio, formaldeide) e biologico (allumina, silice, zeoliti, carbone attivo,
ecc…) ; la maggior parte di queste tecniche però si sono rivelate poco
pratiche, inefficaci, costose e a volte pericolose
Influenza della mungitura sulla qualità del latte
Introduzione alla mungitura meccanica
La pratica della mungitura meccanica, l‘utilizzo della genetica e la
razionalizzazione dell'alimentazione, hanno contribuito a quel forte
aumento della produttività dei singoli animali che ha caratterizzato la
zootecnia nell'ultimo decennio (Gasparetto e Pessina 1998 – 1999)
La meccanizzazione dell'operazione di mungitura prevede l'estrazione del
latte mediante l'applicazione di una depressione alla parte distale del
capezzolo dell'animale, che non è possibile mantenere applicata per tutta la
durata della mungitura stessa; qualora questo accadesse, infatti, il flusso di
latte cadrebbe rapidamente, il sangue che si trova nel capezzolo stesso non
riuscirebbe a fluire verso l'alto, con conseguente congestionamento del
medesimo e dolore per l'animale. Si provvede, pertanto, a interrompere
ciclicamente la depressione applicata (fase di massaggio).
Se con la mungitura manuale il mungitore applica una pressione positiva
sull‘epidermide del capezzolo in modo graduale, partendo dall'attacco del
capezzolo stesso al corpo della mammella fino a raggiungerne la punta,
nella mungitura meccanica ciò non avviene. Il latte è fatto fuoriuscire dalla
cisterna del capezzolo applicando una pressione negativa (quello che in