Introduzione
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Introduzione
a mia scelta di scrivere una tesi riguardante la traduzione e
gli aspetti che ruotano intorno ad essa è maturata nel corso
degli anni universitari, durante i quali ho da subito provato un forte
interesse verso questo argomento.
La traduzione è quel processo che comporta l'interpretazione del
significato del testo di origine e la successiva produzione di un nuovo
testo, equivalente a quello di origine, in un'altra lingua. In questo lavoro
mi prefiggo lo scopo di descrivere il procedimento traduttivo e le sue
componenti e di prendere in considerazione in particolare la traduzione
della fiaba per bambini, approfondendo teorie e tecniche poste in
evidenza da diversi autori. Secondo questa chiave di lettura la traduzione
rappresenta un modo di avvicinarsi all‟universo infantile quasi in punta
di piedi.
Ho successivamente analizzato, seguendo un approccio di tipo
descrittivo, una fiaba tradotta dalla lingua inglese alla lingua italiana.
Dopo questa breve rassegna circa gli argomenti delineati nella mia
tesi, propongo nel dettaglio la strutturazione del lavoro in capitoli: il mio
elaborato è suddiviso in quattro capitoli, di cui i primi tre sono teorici,
mentre l‟ultimo è applicativo e prevede appunto l‟analisi della fiaba di
Winnie the Pooh nella sua versione italiana.
Nel primo capitolo propongo una serie di presupposti atti a definire la
traduzione; a questo proposito, dopo aver brevemente inquadrato il
ruolo della traduzione nella storia, sottolineo la centralità del concetto di
equivalenza, seguendo le teorie di Jackobson e Nida, e passo poi a
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considerare nello specifico il contesto, con le teorie di Hall, Firth,
Malinowski e Halliday, le tipologie testuali, prestando attenzione
soprattutto al modello proposto da Werlich, e le funzioni linguistiche,
tenendo in considerazione il modello di Jackobson. In seguito prendo in
esame il ruolo del traduttore, operando delle distinzioni tra traduzione
letterale e traduzione libera, traduzione palese e traduzione nascosta,
lettore escluso, osservatore o partecipe. Infine mi occupo della
ritraduzione, quel processo grazie al quale un testo viene attualizzato
nonostante l‟esistenza di versioni precedenti nello stesso ambito
culturale; per definire al meglio questa procedura sottolineo l‟importanza
della dimensione culturale e di quella editoriale. Il paragrafo conclusivo
riguarda la differenza tra interpretare e tradurre, seguendo il pensiero di
autori come Jackobson, Ricoeur e Gadamer.
Il secondo capitolo è interamente dedicato all‟argomento della
traduzione per l‟infanzia, e da questo presupposto scaturisce la mia scelta
di prendere in analisi i processi di adattamento e di trasformazione,
supportando il tema con le teorie di due autori che hanno apportato un
contributo fondamentale alla materia, Shavit e Klingberg. Ho poi
riservato un paragrafo all‟importanza delle illustrazioni nella traduzione,
infatti tradurre per i bambini significa dare anche un‟interpretazione
visiva del contenuto oltre a quella verbale, mentre ho destinato il
paragrafo successivo all‟esposizione del discusso problema traduttivo dei
nomi propri, inserendo l‟elenco di alcune tecniche di traduzione di
questi.
Il terzo capitolo è incentrato sulla fiaba, dalle sue origini ai giorni
nostri; inizialmente mi soffermo su alcune teorie di Freud e di Jung che
vedono come protagonista appunto la fiaba in relazione al sogno, alla
dimensione sociale e a quella culturale. Dopodiché passo a considerare la
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narrazione come metafora di viaggio, dotato di uno specifico rituale di
iniziazione e con funzioni educative ben precise. Nel paragrafo seguente,
che descrive lo stile della fiaba sia sul piano estetico sia sul piano
stilistico, mi occupo di due aspetti fondamentali di essa: il concetto di
meraviglioso, vale a dire la componente straordinaria e surreale che
rende possibile la composizione della fiaba stessa, e i simboli
caratteristici dei racconti, dal bosco al tesoro alla casa. In conclusione
esamino anche l‟immagine della società che si trova racchiusa in ogni
fiaba, fornendo tre differenti interpretazioni di questa, ovvero la fiaba
della società tradizionale, aristocratica e attuale.
Nel quarto e ultimo capitolo, dopo una breve panoramica riguardante
lo sviluppo dell‟approccio descrittivo nella storia e le sue caratteristiche,
riassumo brevemente la vita del noto autore di racconti per l‟infanzia
Alan Alexander Milne, e il caso letterario della sua opera di maggior
successo, quella dedicata all‟orsetto Winnie the Pooh.
Successivamente, dopo aver effettuato un confronto tra la versione
inglese e quella italiana del libro, al fine di riscontrare le eventuali
somiglianze e differenze che scaturiscono dal parallelo tra i due testi,
giungo al fulcro del mio lavoro, ossia l‟analisi esemplificativa, secondo
l‟approccio descrittivo, dell‟introduzione e dei primi due capitoli della
fiaba.
Concludo il mio lavoro riportando il dialogo che ho avuto occasione
di intrattenere con il signor Luigi Spagnol, amministratore delegato di
Salani nonché traduttore italiano di Winnie the Pooh, che mi ha
permesso di verificare sul campo quello che ho appreso durante il mio
percorso di studi.
La traduzione
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1 La traduzione
La traduzione
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1.1 Il termine „traduzione‟
n latino il termine translatio appare inizialmente nel senso di
“cambiamento”, ma anche di “trasporto”, passaggio
bancario di denaro, innesto botanico, metafora. Solo in Seneca appare
come versione da una lingua all‟altra. Parimenti traducere significava
“condurre oltre”. Anche nel Medioevo si parlava di translatio imperii
come appunto di trasporto, passaggio dall‟autorità imperiale da Roma al
mondo germanico (Folena, 1991).
Tradurre si diffonde nel Quattrocento nel significato che ha oggi, e
soppianta (almeno in italiano e francese) translatare, che viene sostituito
da traductus, nel senso antico del termine, ovvero trapiantato, come to
translate nella lingua inglese. Inoltre, il termine in greco antico era
metaphrasis, che ha fornito all‟inglese la parola metaphrase, che sta per
“traduzione letterale”, in contrasto con paraphrase, ossia “dire in un altro
modo”. Quindi tradurre ci arriva nel significato primario nel senso di
versione da una lingua all‟altra (Folena, 1991).
Il termine “traduzione” oggi porta con sé due valori distinti: per una
prima analisi, è sufficiente esaminare le definizioni di “traduzione” e
“tradurre” comunemente proposte. Alle voci “traduzione” e “tradurre”, il
Lessico Universale Italiano riporta le seguenti definizioni: “l‟atto del
tradurre o il risultato di quest‟azione”, e l‟azione di “volgere in altra
lingua, fornire a voce o in iscritto un testo equivalente a uno dato, ma in
lingua diversa”.
Definizioni simili si possono trovare nei lessici delle altre lingue
indoeuropee: lo stesso termine “traduzione” è utilizzato ad indicare sia
un processo sia il suo risultato, e questo porta alla possibilità di assumere
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La traduzione
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due prospettive di studio: da un primo punto di vista, quando ci si
concentra su un testo che presenta una relazione con un altro testo
costruito in una lingua differente, la traduzione diviene oggetto della
critica letteraria, che si occupa di analizzare i testi tradotti e di stabilire la
loro accettabilità confrontandoli con gli originali, e della linguistica
contrastiva, il cui scopo è quello di utilizzare i due testi come uno
strumento di analisi delle lingue, che sia in grado di evidenziare i tratti
per cui sono simili e quelli per cui si differenziano.
Da un secondo punto di vista, quando ci si concentra su un processo
di generazione di testi, la traduzione diviene oggetto di teorie specifiche,
generalmente teorie linguistiche, il cui scopo è quello di giustificare
l‟attuazione di un tipo di processo, utilizzando gli strumenti teorici di
queste discipline (Prencipe, 2006).
La traduzione
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1.2 La traduzione nella storia
lla questione traduttiva è sempre stato attribuito un ruolo di
secondaria importanza; tale disciplina infatti ha privilegiato
lo studio del significante dei segni linguistici lasciando in disparte quello
della semantica, intorno al quale dai tempi più remoti ha sempre ruotato
il dibattito sul tradurre (Alcini, 1993). In proposito Croce, ed anche la
maggior dei linguisti moderni, già dalla fine dell‟Ottocento, esprimono
opinioni di totale rifiuto dell‟attività traduttiva in nome di una presunta
“impossibilità” di tradurre qualunque espressione linguistica e, pur
dividendosi in correnti opposte, concordano nel negare la possibilità
della trasmissione dei significanti e della comunicazione interlinguistica,
finendo col dichiarare irrealizzabile ogni intento traduttivo (Fubini,
1973). Il problema del significato in rapporto al significante, da sempre
discusso e considerato come la più grande difficoltà nell‟opera di
traduzione, costituisce d‟altronde un‟antichissima questione di filosofia
del linguaggio le cui origini risalgono a Platone (Mounin, 2006).
Tuttavia Emile Benveniste, all‟inizio degli anni Cinquanta, riapre la
discussione sull‟effettiva possibilità del tradurre, e nel 1953 Andrej
Fedorov attesta il principio secondo cui la traduzione deve essere
considerata un‟operazione linguistica e come tale essa vada analizzata
seguendo un procedimento linguistico – scientifico che ne stabilisca
un‟adeguata metodologia teorica (Mounin, 2006).
Successivamente Roman Jakobson, nel noto articolo On translation
(1959), riafferma il valore dell‟atto traduttivo, anche nell‟ambito di
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La traduzione
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un‟analisi sincronica della lingua. Per Jakobson, come per Fedorov,
l‟esperienza umana risulta quindi traducibile.
La convinzione, ormai acquisita, della traducibilità delle lingue, viene
sostenuta ed avvalorata dagli studi effettuati durante gli anni Sessanta e
Settanta da Eugene Nida e dai linguisti della scuola di Lipsia; in tempi
più recenti dall‟inglese Peter Newmark che, rifacendosi a Nida ma
apportando un contributo del tutto nuovo allo studio del fenomeno
traduttivo, sostiene, a differenza del primo, l‟impossibilità di una singola
teoria della traduzione che si costituisca come scienza.
La linguistica moderna arriva con ritardo alla consapevolezza del
valore dell‟arte del tradurre, che viceversa, come afferma Theodore
Savory, „è antica quanto il lavoro originale, e protagonista di una storia
che ha visto impegnati i più grandi letterati, poeti e storici di tutti i
tempi‟ (Savory, 1968).
Basti ricordare, anche soltanto attraverso un parziale e sommario
flashback, i grandi traduttori romani a cominciare da Livio Andronico,
che in epoca arcaica tradusse l‟Odissea in versi latini, a Nevio, Plauto,
Ennio, Terenzio e soprattutto a Cicerone, traduttore di Demostene e
Eschine, primo teorico del tradurre, che nella Rhetorica formula i
princìpi che costituiranno la base del lavoro traduttivo nei secoli
successivi (Folena, 1991).
Agli albori dell‟epoca cristiana San Gerolamo rappresenta la figura
più interessante per l‟intensa attività traduttiva e per l‟Epistola ad
Pammachium, del De Optimo Interpretandi, che costituisce un trattato
organico sulla traduzione.
Durante il Medioevo Jacopo de Lentini appare quale grande esempio
di traduttore – poeta in lingua volgare, tra i primi ad occuparsi della
La traduzione
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trasposizione di forme e generi nella traduzione poetica, ancora rara a
quell‟epoca.
La fase umanistica, con la ricchezza di traduzioni dal greco in latino,
rappresenta un interessante momento di trasformazione che vede
protagonisti i traduttori e la nozione di traduzione artistica; tra questi
emerge il nome di Leonardo Bruni, attivo traduttore dal greco in latino.
È interessante notare come le innovazioni teoriche apportate da
Leonardo Bruni vengano a riflettersi sulla terminologia attinente la
traduzione stessa, in quanto la grande varietà sinonimica con cui si
definiva il processo traduttivo in epoca latina e medievale confluisce a
questo punto nell‟unica voce verbale traducere diffusa dal Bruni (Folena,
1991).
Dopo il Quattrocento, secolo in cui l‟attività di traduzione si
concentra sul lavoro dal greco in latino, il Cinquecento vede l‟attuarsi di
un‟intensa produzione di traduzioni in volgare, soprattutto dovuta alla
nascita delle lingue nazionali. La traduzione dalle lingue classiche alle
moderne diventa così una delle attività più interessanti del Rinascimento
in Italia e all‟estero, dove tra tutte spicca la prima traduzione completa in
tedesco della Bibbia compiuta da Lutero (1552-1534) (Osimo, 2002).
Si arriva poi in ambito preromantico dove appare il primo trattato
teorico moderno sull‟arte del tradurre, elaborato dall‟inglese Alexander
Fraser Tytler (1717-1814) che segna l‟affermarsi della traduzione fedele
all‟originale.
Col Romanticismo si apre senza dubbio una delle fasi più ricche
riguardo all‟attività traduttiva e si attua una svolta determinante
nell‟elaborazione teorica; Goethe ne rappresenta forse l‟esempio più
espressivo, formulando una moderna concezione del tradurre che egli
definisce traduzione „integrale‟, fedele all‟originale (Osimo, 2002).
La traduzione
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La grande svolta attuata dal Romanticismo, con l‟apertura verso
culture e lingue nuove e con l‟incremento delle traduzioni, resta decisiva
per gli studi successivi sviluppatisi nel novecento.
Vale inoltre la pena ricordare quanto la nascita del romanticismo
italiano sia profondamente connessa al vivace scontro di opinioni tra
classicisti e romantici, scatenato dalla pubblicazione dell‟articolo di
Madame de Staël “De l‟esprit des traductions” (1816) che costituisce la
pietra miliare del dibattito romantico europeo intorno al tradurre. La
baronessa nell‟articolo invita i letterati italiani a dedicarsi a tradurre la
letteratura europea con la stessa abilità con cui essi traducono i classici
greci e latini; il passo centrale sulla sua idea di traduzione sorprende
ancora oggi per la modernità delle idee esposte e per il messaggio
innovativo ed originale circa l‟interpretazione della pratica traduttiva
(Folena, 1991).
Sebbene in epoca contemporanea il tradurre tenda ad indirizzarsi in
senso pratico, tuttavia la traduzione letteraria e poetica, costituendo una
branca altamente specialistica, offre ancora continue possibilità di
approfondimento da ricercare nella vasta produzione di autori
contemporanei italiani e stranieri che hanno continuato a dedicarsi con
passione a questa attività.
Valgano come esempio i numerosi lavori di Ungaretti, Montale,
Quasimodo, Pavese, Vittorini, Mallarmé, Eliot e Pound. Tali opere, oltre
ad essere esempio di traduzioni artistiche di grande pregio,
contribuiscono con la loro testimonianza a fornire una risposta alla
vecchia questione della „possibilità o impossibilità‟ della traduzione
poetica, dimostrando che il tradurre coesiste naturalmente con la
creazione dell‟opera letteraria e sfugge ad ogni rigida schematizzazione